Vi parlo dello stato dell’arte della nostra vertenza Gkn. La prima fase contro il licenziamento in tronco si è conclusa, dopo manifestazioni, lotte, con la vittoria in Tribunale.
Proprio quando si andava al ritiro dei licenziamenti si fa vivo un privato che presenta un cosiddetto “piano di reindustrializzazione”. Come voi sapete benissimo anche dall'esperienza della fabbrica Tessitura di Mottola le promesse sul futuro della fabbrica è in cambio dell'accettazione della distruzione della fabbrica che esiste e in cambio soprattutto di tanta cassa integrazione. Ma l’ammortizzatore sociale è sì uno strumento di continuità del reddito ma può servire ad ammortizzare la lotta, a trasformare un licenziamento in tronco solo in un processo più dilazionato. Questa è stata sin dall'inizio la nostra preoccupazione.
Allo stesso tempo nel gioco dei rapporti il fatto che fosse arrivato un privato che mettesse nero su bianco che sarebbe arrivato del lavoro, ci ha obbligato ad una faticoso impegno per andare a vedere le carte e per capire che cosa avevamo di fronte; perché purtroppo, e questo capita tante volte nella storia del movimento delle lavoratrici e dei lavoratori, difficilmente si riesce a capire le vere intenzioni della controparte. Questo ci ha portato a un accordo quadro che come tutti gli accordi è stato disatteso e il 31 agosto si doveva avere una parola fine dell'investitore con il piano industriale che però non arriva mai. Noi sapevamo che il nuovo proprietario non aveva una capacità industriale, e che quindi inevitabilmente avrebbe richiamato in causa il pubblico. Quello che non potevamo immaginare è la rapidità con cui questo privato ha immediatamente chiesto dei fondi pubblici. Dopo il 31 agosto c'è stato un altro incontro che ha portato a niente di fatto; è stata fatta una richiesta al Mise di accordo che noi non sappiamo se verrà accettata, una richiesta 50 milioni, di cui 35 dati sotto varie forme sono pubbliche con intervento diretto di Invitalia. Quindi, la fabbrica verrebbe rimessa in piedi totalmente dal pubblico; quindi ci troviamo di fronte allo scenario in cui o il pubblico non procede a dare questi fondi oppure li concede a “babbo morto”.
La terza parte della lotta. Ci siamo dichiarati fabbrica pubblica e socialmente integrata. Fabbrica
pubblica perché a questo punto pretendiamo questi fondi pubblici ma vogliamo anche che l'assemblea permanente e i lavoratori e le varie espressioni territoriali esercitino un controllo pubblico sulla struttura societaria.
Noi abbiamo tenuto viva la mobilitazione attorno ad “insorgenza”.
Il 23 settembre c'è un nuovo Global strike, ci auguriamo che si scioperi contro l'alternanza scuola lavoro dopo il nuovo assassinio avvenuto ieri. Il giorno 22 ottobre vi è la manifestazione, questa volta si terrà su Bologna secondo la logica “per questo per altro per tutto”, qui c’è la lotta contro la cementificazione; a Bologna sono forti le reti contadine che sono state travolte dalla crisi idrica e dai prezzi delle grandi catene della distribuzione, a Bologna inoltre è forte il riferimento alla logistica e la lotta contro la repressione che i compagni hanno subito particolarmente in Emilia.
Per questo è prevalente la mobilitazione. Questa volta vogliamo aggiungere un ragionamento perché ogni lotta non è mai una mera restituzione di stessa ma si deve allargare, ma non chiederemo questa volta alle compagne, compagni del Sud di venire a Bologna,ma gli chiederemo di ragionare su una propria data. Quindi a Bologna sarà soprattutto una mobilitazione centro settentrionale, mentre crediamo che l'altra piazza che può emergere in questo processo di mobilitazioni che si rapportano l'una con l'altra è Napoli a novembre, dove questa volta il prevalente vogliamo che sia la disoccupazione, l'odio classista che parte della borghesia porta avanti contro il reddito di cittadinanza che non è una misura che noi abbiamo voluto, non è una misura che riteniamo sufficiente, ma nello stesso tempo rifiutiamo l'attacco di odio classista contro la povertà che viene portato avanti. Che Napoli possa essere la capitale dell’insorgenza che contenga tutte le tematiche che attanagliano in particolare le nostre compagne e compagni. La nostra è una “famiglia allargata”. Queste non sono delle date, è un processo di crescita della scienza sociale, della nostra capacità di fare rete, della nostra capacità di accumulare una classe dirigente che sappia non solo ripetere ma entrare dentro le tematiche che stiamo affrontando nella concretezza delle lotte.
Ci aspettiamo che da questo punto di vista Napoli sia anche il riferimento per un'eventuale movimento di classe e non piccolo borghese contro il carovita e contro il pagamento delle bollette.
Aggiungo che il 9 ottobre lanceremo un'assemblea di fabbriche per la realizzazione della fabbrica pubblica socialmente integrata. Abbiamo l’obiettivo di ricostruire un nostro team contabile, tecnico scientifico per dimostrare che noi siamo in grado di essere l’alternativa all'attuale classe dominante che ha sempre più ha tratti parassitari non soltanto dal punto di vista del salario e diritti della lotta, dello sciopero ma perfino nei meandri della gestione dell'economia e della produzione.
Questa è una fase nuova a cui in un certo senso siamo totalmente impreparati perché è una fase che non abbiamo mai sviluppato; e quindi è un viaggio per cui partiamo con circostanze molto sfavorevoli non ce lo vogliamo nascondere, ma speriamo di poter continuare a ragionare insieme e di fare errori nuovi e di non commettere invece errori vecchi.
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