… c’è ancora un giudice a Berlino (*)
Nuovi elementi inquietanti e disumani, purtroppo prevedibili, sono emersi a proposito del duplice omicidio colposo di Said e Samir (***) a Moltrasio.
È emersa la “solita” catena di subappalti con la quale si tenta di rendere difficile individuare le responsabilità penali: il che rende necessario maggior rigore, anche sul piano giudiziario, nel responsabilizzare il primo committente; obiettivo logico e assolutamente necessario ma un po’ difficile in Italia visto che, senza voler maramaldeggiare o fare qualunquismo politico, un incidente mortale si è verificato “persino” nella villa di montagna della ministra Marta Cartabia, persona da cui ci si aspettava qualche cambiamento nella disumana realtà carceraria…
Uno dei “nostri “ (cioè nell’ambito della «RETE NAZIONALE LAVORO SICURO») fa notare, assieme alla pertinenza del discorso sulla fatica da pendolarismo, che forse i due giovani operai Said e Samir dormivano in baracca in funzione di una doppia attività (ma un solo salario, di fame): operai e custodi notturni
Sta di fatto che la luttuosa, tragica vicenda dei due giovani operai ci porta indietro persino rispetto ai tempi degli antichi romani che hanno fondato l’abominevole impero usando lo schiavismo ma che con Marco Porzio Catone (che lo schiavismo lo “legittimò”) hanno sancito condizioni alimentari e abitative per gli schiavi che (almeno) ne garantivano la sopravvivenza; è che il sanguinario capitalismo contemporaneo approfitta dell’eccesso di offerta di forza lavoro per far prosperare forme di schiavismo sempre più estese e cruente.
Ancora stavamo riflettendo amaramente sulla vicenda dei due giovani morti che è giunta, attraverso i media, una sequenza impressionante di ulteriori eventi gravi o peggio mortali. Non sono tutti uguali nelle dinamiche ma spesso evocano omissioni palesi di misure di sicurezza e/o organizzazioni del lavoro costrittive, usuranti, umanamente insopportabili (dove le omissioni non sono evidenti dalle notizie giornalistiche occorre approfondire e seguire le indagini):
Alla Nuova Staffolani di Tolentino (MC) un giovane nigeriano di 26 anni, Peter Victor, muore sotto lastre di vetro ; le cronache dicono che in quel territorio (appunto Macerata) gli eventi acuti lesivi sono stati 441 nel 2021 e già 301 nei primi sei mesi del 2022;
A Soresina muore Alberto Pedrazzi 49 anni contitolare della azienda metalmeccanica “Giacomo Pedrazzi” ; non moduliamo il dispiacere e il sentimento di lutto a seconda della posizione gerarchica della vittima in azienda; la sicurezza deve valere per tutti e l’insicurezza di un sistema economico che si impone per questioni di costi e di competitività capitalistica si può ripercuotere su tutti, anche sui “contitolari” e sui piccoli imprenditori e artigiani o sui cosiddetti “padroncini” ma – come abbiamo visto – si ripercuote frequentemente anche sui familiari (tragico l’esempio dell’amianto, solo per citarne uno) dei lavoratori e sui cittadini che vivono nei pressi di aziende inquinanti.
Oltre i morti una serie impressionante di eventi acuti non mortali ma con lavoratori ricoverati «in gravi condizioni», formula che ci lascia col fiato sospeso: dall’edilizia a Buttapietra (Verona), due operai caduti dall’alto questa mattina (si lavora il sabato ma per quante ore settimanali? e il recupero della fatica?) all’agricoltura dove una persona «travolta da mezzo agricolo» è grave a Viadana, vale ricordare che l’agricoltura è un comparto che dà ogni anno un enorme contributo di morti, molto spesso non censiti e quindi non menzionati nelle statistiche ufficiali. Purtroppo e in qualche caso (ora vedremo) per fortuna , le “notizie “ dal mondo del lavoro non finiscono qui:
A Bologna un intervento ispettivo alla fiera Cersaie evidenzia 3 ditte su 5 “infestate” da lavoro nero;
A Caltanissetta applicate dieci misure cautelari per sfruttamento di braccianti marocchini, “pagati” 4 euro l’ora;
Finalmente una “buona notizia” (perdonate l’entusiasmo, sia pure per un intervento “il giorno dopo”): il giudice accoglie la richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla pm (a cui va il nostro plauso per il lavoro di indagine) Gianfederica Dito per sedici pazienti morti per Covid e un lavoratore deceduto per la stessa causa nella casa di riposo Giovanni XXIII di Roma; FINALMENTE UNA CHIAVE DI LETTURA OBIETTIVA E REALISTICA: IL COVID FU UNA STRAGE COLPOSA; UN EVENTO CATASTROFICO CHE CERTO NON POTEVA AVERE UN IMPATTO SANITARIO UGUALE A ZERO MA CHE HA ASSUNTO LE DIMENSIONI DI STRAGE A CAUSA DELLA PALESE, GENERALIZZATA OMISSIONE DI MISURE DI SICUREZZA A PARTIRE DAI LUOGHI DI LAVORO: OMISSIONI CHE CONSTESUALMENTE SI SONO ESTESE A TUTTA LA COLLETTIVITA’; LA NOTIZIA CHE ARRIVA DAL TRIBUNALE DI ROMA CI DICE CHE «C’E’ UN GIUDICE» E NON SIAMO DESTINATI A SUBIRE GLI INSABBIAMENTI CHE LA GRANDE MAGGIORANZA DELLE PROCURE ITALIANE HA PRATICATO SULLA TRAGICA VICENDA PANDEMICA. C’E’ ANCORA UNA FIAMMELLA ACCESAE CI FA SPERARE CHE LA “GIUSTIZIA” E LA CIVILTA’ GIURIDICA NON SIANO DEFINITIVAMENTE SEPOLTE E CHE IL DIRTTO ALLA SALUTE E ALLA PREVENZIONE ESISTANO ANCORA, PUR SE SIAMO COSTRETTI A INTERVENIRE TROPPO SPESSO “IL GIORNO DOPO”
(*) Qualche pignolo potrebbe obiettare che il giudice sotto citato è a Roma e non a Berlino… anzi è una pm. In effetti è così: ma la frase di Totire rimanda alla espressione «Ci sarà un giudice a Berlino» (o la variante «esiste dunque un giudice a Berlino») entrata ormai nel linguaggio giornalistico anche se molte persone ne ignorano il significato. C’è all’origine la vecchia storia (variamente tramandata) di un mugnaio. A Potsdam, vicino Berlino, l’imperatore Federico II di Prussia vuole espropriare un mulino perchè “danneggia la visuale” del suo nuovo castello. Il mugnaio si oppone però l’imperatore (o chi per lui) corrompe i giudici e gli avvocati della zona. Il mugnaio irriducibile si rivolge ad altri giudici finchè ne trova uno onesto a Berlino e vince.
(**) Vito Totire, medico del lavoro, portavoce «RETE NAZIONALE LAVORO SICURO»
(***) Ancora due omicidi colposi: a Moltrasio…
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