Calano complessivamente le denunce d’infortunio sul lavoro nel 2020 ma rispetto all’anno precedente si registra un incremento significativo degli incidenti mortali. Le denunce sono state poco più di 571 mila, meno 11,4% rispetto al 2019, un quarto delle quali relative a contagi da covid di origine professionale. Gli infortuni riconosciuti sul lavoro sono stati 375.238, meno 9,7% rispetto all’anno precedente, di cui 48.660, il 12,97%, avvenuti fuori dell’azienda, ovvero con “mezzo di trasporto” o “in itinere”, nel tragitto di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro.
La relazione annuale del’Inail, presentata dal suo presidente Franco Bettoni, si rivolge direttamente alla Presidenza della Camera dei deputati, al ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Andrea Orlando, per fare il punto sulla situazione del mondo del lavoro emersa dai dati dell’Istituto, che indica anche gli obiettivi prioritari per il futuro.
I casi mortali denunciati all’Inail sono stati 1.538, con un incremento del 27,6% rispetto ai 1.205 del 2019 che deriva soprattutto dai decessi causati dal covid, che rappresentano oltre un terzo del totale delle morti segnalate all’Istituto. Gli infortuni mortali per cui è stata accertata la causa lavorativa sono 799, un incremento del 13,3% rispetto ai 705 del 2019, di cui 261, circa un terzo del totale, occorsi “fuori dell’azienda”, con 93 casi ancora in accertamento. Gli incidenti plurimi, che hanno comportato la morte di almeno due lavoratori contemporaneamente, sono stati 14, per un totale di 29 decessi.
Secondo Bettoni il fenomeno infortunistico nel 2020 è stato fortemente condizionato dalla pandemia. Da un lato, infatti, ha comportato la riduzione dell’esposizione a rischio per gli eventi ‘tradizionali’ e ‘in itinere’, a causa del lockdown e del rallentamento delle attività produttive, dall’altro ha generato la specifica categoria di infortuni per il contagio da covid.
Sono calate notevolmente le denunce di malattia professionale, con poco meno di 45 mila patologie denunciate, una diminuzione del 26,6% rispetto al 2019. Ne è stata riconosciuta la causa professionale al 35,34%, mentre il 3,33% è ancora in istruttoria. Anche su questa flessione, in controtendenza con gli incrementi rilevati nel quinquennio precedente, ha influito l’emergenza epidemiologica. Le denunce riguardano le malattie e non i soggetti ammalati, che sono circa 31.400, di cui il 38,06% per causa professionale riconosciuta dall’Istituto. I lavoratori con malattia asbesto-correlata, causata cioè dalle fibre di asbesto, amianto, sono stati circa 900, mentre quelli deceduti nel 2020 con riconoscimento di malattia professionale sono stati 912, meno 19,79% rispetto al 2019, di cui 205 per silicosi/asbestosi.
“Il pesante bilancio infortunistico ci fa comprendere che non si fa ancora abbastanza – ha sottolineato il presidente dell’Inail presentando il rapporto – Non è sufficiente indignarsi ma occorre agire. Le norme ci sono e vanno rispettate. È necessario un impegno forte e deciso di tutti per realizzare un vero e proprio ‘patto per la sicurezza’ tra istituzioni e parti sociali. Coinvolgere gli attori del sistema nazionale di prevenzione, rafforzare i controlli, promuovere una maggiore sensibilizzazione di lavoratori e imprese, potenziare la formazione e l’informazione per costruire una cultura della sicurezza, a partire dal mondo della scuola, dare sostegno economico alle aziende: sono tutte azioni da perseguire con determinazione e l’Istituto è pronto a fare la sua parte”.
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