https://drive.google.com/file/d/1_K7DYb7EVGOTFgKaZBZe1mskHT2h3hm0/view?usp=drive_web
Per
la maggioranza delle donne la condizione di doppio sfruttamento,
precarietà, miseria dei salari, discriminazioni per e sul lavoro, si
è manifestata nella maniera più tragica con gli assassinii seriali
nelle fabbriche.
Laila
El Harim, ad agosto è morta sul lavoro e in modo orribile,
assassinata dai padroni, a 40 anni, madre di una bimba di quattro
anni, lavorava in un’azienda di imballaggi a Bombonette di
Camposanto (Modena), è stata trascinata e schiacciata da un
macchinario, una fustellatrice. Anche per Laila, come a Prato per
Luana, come per l'operaia di Piacenza finita incastrata coi capelli
in una macchina agricola si è trattato di tragedie annunciate: Laila
aveva denunciato e segnalato invano più volte il malfunzionamento
del macchinario che l'ha uccisa.
Una
realtà che non è un caso! Sono
assassini che accusano apertamente
questo sistema capitalista sfruttatore
e criminale in cui la condizione di maggiore necessità e maggiore
difficoltà a trovare un lavoro, a mantenerlo viene usata dai padroni
che se ne approfittano in pieno per ottenere più lavoro, con meno
sicurezza e meno diritti e che in un sistema sociale che trasuda da
ogni ambito, sessismo, maschilismo, patriarcalismo si dà anche per
scontato.
Gli
assassini seriali delle operaie gridano vendetta! E’
una condizione quella della maggioranza delle donne, non solo sul
lavoro/non lavoro, ma di vita più in generale che richiede una lotta
senza quartiere!
Per
le operaie uccise non basta il lutto! Per le operaie e lavoratrici
sfruttate e oppresse, porci padroni pagherete tutto!
Sono sì slogan che gridiamo nelle iniziative di lotta, ma c’è la
necessità ogni giorno di più che si concretizzi in ribellione, in
lotta, in azione e organizzazione.
In
questo senso l’azione
messa in campo subito dopo la morte di Laila a Modena con i due
presidii organizzati da Slai Cobas s.c. e Si Cobas uno davanti alla
fabbrica, l'altro, cittadino,
dove
abbiamo partecipato come Assemblea donne lavoratrici e Mfpr, si è
calata in questa ottica, un
segnale piccolo ma immediato e importante di azione e lotta che ha
mostrato che così bisogna fare, partendo anche da piccole situazioni
ma agendo concretamente, invece di stare su internet a lanciare
parole d’ordine; ma poi che lotte si fanno su quelle parole
d’ordine?
Oggi
l’azione dello sciopero generale dell’11 contro i padroni, contro
questo governo al servizio della classe dominante borghese deve
calarsi nuovamente e concretamente nella pesante condizione che vive
la maggioranza delle donne proletarie in questo paese e che la
pandemia ha aggravato e amplificato con la odiosa ipocrisia dei
governi che parlano di "aiuti" alle donne per conciliare
lavoro e famiglia mentre i padroni licenziano direttamente le
lavoratrici o le inducono a dimettersi, lo dimostrano i dati
presentati in agosto per esempio dall'Ispettorato in una commissione
in Comune Bologna, che mette in fila centinaia di dimissioni
volontarie di donne a seguito di orari part-time negati dalle imprese
o trasferimenti che rendono complicata la cura dei figli più
piccoli.
Mentre
aumentano gli orrendi femminicidi ormai quasi quotidiani, una vera e
propria guerra di bassa intensità contro le donne.
Questa
è una condizione che non può emergere solo l’8 marzo, quando va
bene, e poi sparire o che si circoscrive in alcuni momenti solo ad
alcune lotte del propria vertenza sindacale, anche quella più
conflittuale; proprio perchè si tratta di un attacco a 360 gradi
pretende una risposta adeguata che
deve guardare ad ogni lotta delle donne/lavoratrici/proletarie che ci
può essere in atto grande o piccola che sia e lo sciopero in questo
senso può essere un’arma efficace per collegarle.
La
lunga lotta delle lavoratrici hotel Gallia che si è chiusa con la
loro riassunzione per esempio è una lotta che abbiamo fatto
conoscere a livello nazionale e sostenuto concretamente, dandone
visibilità, cercando di estendere il sostegno e solidarietà in
diverse mobilitazioni da Milano o in Sicilia; come abbiamo fatto con
la lotta delle operaie di Bergamo, delle instancabili lavoratrici di
Palermo e ultimamente della Dupon a Pavia, e tante altre. Questa è
l'ottica e l'azione che si deve porre anche nel percorso verso lo
sciopero generale, ma deve essere reciproca, verso tutte le lotte:
“lotta una lottano tutte”,
contro dannose logiche settarie e
autoreferenziali.
Questo
è la ragione e il lavoro dell’Assemblea nazionale
donne/lavoratrici, per
creare legami con altre lavoratrici in lotta, o quella che ancora non
lottano a cui va portato il messaggio della lotta, per sviluppare il
protagonismo diretto delle donne proletarie su tutti i terreni di
attacco.
Le
inchieste che abbiamo fatto in questi mesi estivi verso lavoratrici
di vari settori, dalle operaie di Montello la cui lotta difficile ma
di forte resistenza sta portando a processare i padroni il 14
ottobre, ad altre operaie di fabbriche metalmeccaniche, della Evoca,
Brembo, alle lavoratrici delle pulizie, precarie del settore
turistico e delle coop sociali/servizi di assistenza del sud,
lavoratrici della scuola… mettono chiaramente in luce la necessità
urgente di riprenderci in mano la lotta, di rafforzarla laddove si
fa, di portare il messaggio laddove ancora non c’è. E'
per questo che lo sciopero dell'11 deve impattare con tutto questo,
finiamola con le generiche affermazioni di “discriminazioni di
genere”, basta con il ridurre le donne ad un generico punto della
piattaforma che anche gli stessi sindacati confederali
sottoscriverebbero.
Si
devono portare e si deve invece lavorare per rivendicazioni
necessarie, chiare e articolate secondo le diverse situazioni di
lavoro, di non lavoro, di precarietà, di doppio sfruttamento, ecc ma
anche secondo le diverse situazioni di lotta che si stanno già
mettendo in campo (le precarie di città del Sud come Palermo o
Taranto lottano in particolare per l’internalizzazzione dei servizi
e per un reddito in attesa del lavoro, le operaie Montello lottano
contro condizioni sul piano della sicurezza e contro le
discriminazioni che subiscono rispetto ai lavoratori maschi, le
lavoratrici Ata della scuola costrette a lavorare in condizioni di
rischio/stress correlato lavoro amplificato dall’emergenza
sanitaria), rivendicazioni che concretizzino e rendano visibile il
nuovo protagonismo delle lavoratrici anche nello sciopero generale
dell’11 ottobre, perchè anche quando si tratta di obiettivi simili
per le donne essi hanno un significato più complessivo; per esempio
la rivendicazione del lavoro per tutte le donne è sempre anche un
motivo di emancipazione per le donne, ed è legato alla lotta contro
le discriminazioni, le oppressioni sul posto di lavoro e in casa.
Questo
sciopero è una nuova sfida contro i padroni, il governo in cui la
marcia in più delle donne/lavoratrici deve portare una spinta in
avanti nel percorso di lotta più generale.