dagli amici di gongchao (mars 2013)
http://www.gongchao.org
(Traduzione: clashcityworkers.org)
1 Prologo
Foxconn è
la più grande azienda terzista del mondo nel settore elettronico, e nelle sue
grandi fabbriche in Cina ed altri paesi, produce per Apple, Sony, Google,
Microsoft, Amazon ed altre marche. I lavoratori della Foxconn sono gli
“iSlaves” (“schiavi 2.0″) che in terribili condizioni di lavoro producono i
nostri apparecchi elettronici – come gli iPhones, i Kindles o le
Playstations. Nel 2010, una serie di suicidi tra i lavoratori scosse le
fabbriche cinesi della Foxconn e richiamò l’attenzione del mondo intero.
Messa sotto pressione dalle grida di protesta, la Foxconn promise un
miglioramento delle condizioni di lavoro ed un aumento dei salariali, ma in
realtà da allora la situazione non è cambiata in meglio; la Foxconn ha
accelerato le delocalizzazioni verso l’entroterra cinese, impiega
studenti-apprendisti e quindi manodopera ad ancor più basso costo, nasconde
gli incidenti sul lavoro per risparmiare e continua ad amministrare
adoperando un regime paramilitare.1 Ad ogni modo, i
lavoratori della Foxconn sono lungi dall’essere le vittime silenti dello
sfruttamento e della repressione dell’azienda. A parte le forme di resistenza
quotidiane contro i ritmi della catena di montaggio, i lavoratori della
Foxconn hanno organizzato scioperi e rivolte.
2
Produzione miserevole
Le aziende
terziste sono compagnie che offrono le proprie capacità produttive a marche
prive di fabbriche vere e proprie, un sistema sviluppato negli anni 1970 e
1980 non solo nel settore elettronico, ma anche in quello tessile e
calzaturiero. Molte di queste fabbriche si trovano in zone economiche
speciali in paesi a basso costo della manodopera – in Asia, America Latina ed
Europa dell’Est. Dagli anni 1980 la Foxconn è cresciuta, passando dall’essere
una piccola prestatrice d’opera ad una delle più grandi aziende
manifatturiere del mondo, con più di un milione di lavoratori nella sola
Cina. Nelle sue fabbriche con decine, o addirittura centinaia, di migliaia di
lavoratori nei centri industriali di tutto il paese (come Shenzen, Kunshan,
Taiyuan, Hangzhou, Chengdu, Zhengzhou, Langfang) Foxconn gestisce “in-house”
(internamente) quasi tutti i processi di sviluppo e produzione dei prodotti
elettronici e le sue strutture includono tanto la manifattura low-tech quanto
l’assemblaggio high-tech. Foxconn ha affinato un sistema produttivo che
rappresenta un modello per le aziende che producono per il mercato mondiale e
nelle filiere mondiali di produzione.
3
Semplicemente sfruttamento
“iSlave”
può esser inteso come “I (io) slave (faccio da schiavo)”2: vuol dire servire padroni
nell’era di internet, essere soggetti allo sfruttamento capitalistico ed ad
un violento regime di fabbrica. Le condizioni di lavoro nella Foxconn seguono
un processo lavorativo Taylorista per quanto riguarda la catena di montaggio
e le postazioni lavorative, un sistema di turni con straordinari obbligatori
ed in parte non pagati, un controllo sul lavoro rigido e spesso dispotico,
ritmi di lavoro veloci ed intensi ed un ambiente lavorativo pericoloso sia a
causa dell’utilizzo di macchinari ad alto rischio sia per via di materiali
tossici, che porta ad incidenti e malattie professionali.3 Le forme
autoritarie di gestione comprendono controlli rigidi sul lavoro, punizioni
severe anche per piccole “trasgressioni”, perquisizioni corporali da parte
dei servizi di sicurezza aziendali, ed altro ancora. I dormitori
sovraffollati dove la maggior parte dei lavoratori vivono sono l’estensione
del luogo di lavoro e della catena di montaggio, con cancelli sorvegliati,
pulizie obbligatorie per i residenti e una distribuzione di lavoratori di
diversi dipartimenti e turni nello stesso dormitorio, che conduce ad
isolamento, privazione di sonno e conflitti tra lavoratori – una
politica usata dalla Foxconn per dividere i lavoratori e prevenire la
resistenza collettiva.
4 A prezzo
più che stracciato
La maggior
parte degli operai sono migranti tra i 16 ed i 25 anni, il 60% dei quali
maschi4. Sono pagati generalmente tra
i 1300 ed i 2300 RMB al mese (inclusi straordinari tra i 160 e i 280 RMB). A
livello nominale questo è oltre il salario minimo regionale, ma non
abbastanza per stabilirsi in città, avere una famiglia e permettersi la vita
che si desidera. Per aggirare la legislazione sul lavoro, inclusa quella che
regola il salario minimo, Foxxcon impiega ogni anno anche decine di migliaia
di studenti delle scuole tecniche ed “apprendisti” di 16-18 anni5. Spesso sono obbligati dalla
scuola stessa a lavorare, come parte della loro formazione al lavoro e
formalmente svolgono apprendistati al fine di sviluppare “competenze
lavorative”. Ma di fatto lavorano sulla catena di montaggio accanto agli
altri lavoratori, per salari più bassi e vengono facilmente licenziati senza
compenso. Questi studenti fungono da riserva di manodopera flessibile e molte
altre compagnie in Cina, oltre la Foxxcon, hanno accesso a questa scorta di
lavoratori.
5
Ribellioni e rivolte
La storia
degli iSlave è una storia di sfruttamento e repressione – e di quotidiana
resistenza e lotta. Questo lotte riguardano il comando capitalistico ed il
controllo della produzione, l’intensità e la velocità del lavoro (produzione
di valore di scambio) così come la qualità delle merci prodotte (produzione
di valore d’uso). I lavoratori della Foxxcon si lamentano di un insieme di
problemi: i bassi salari, i ritmi meccanici brutali, l’insensatezza e la noia
del lavoro, la pericolosità dell’ambiente di lavoro, il dispotismo dei
superiori ed il sovraffollamento dei dormitori. Paragonano la Foxconn ad una
prigione, il cibo della mensa a mangime di maiali, odiano la sfiancante
fatica quotidiana durante e dopo il turno e dicono cose come: “Se stai a
lungo alla Foxconn diventi scemo!” o “La Foxconn mi ha tradito, gliela farò
pagare!”6 A parte il “voto
con i piedi” – la Foxconn ha un alto turn-over di manodopera –, i lavoratori
ricorrono frequentemente a forme di resistenza quotidiane come il sabotaggio
o i rallentamenti e qualche volta si impegnano in lotte collettive come gli
scioperi, per esempio negli stabilimenti di Zhengzhou ad Ottobre 2012 e a
Fengcheng a Gennaio 2013. Quando queste forme di lotta sono state bloccate
dal regime paramilitare della Foxconn, sono scoppiate anche rivolte, come in
Chengdu a Giugno 2012 ed in Taiyuan a Settembre 2012.7
6
Risolvere l’irrisolvibile
In molti
centri industriali di tutta la Cina, il numero di lotte dei lavoratori
migranti è cresciuto sin dai primi anni 2000 – raggiungendo un primo picco
con l’ondata degli scioperi nell’industria automobilistica nell’estate 2010.
Le aziende sono state costrette ad alzare i salari. Un fattore determinante è
stata la paura del Partito Comunista Cinese (PCC) che le agitazioni operaie
potessero destabilizzare il suo comando, cosa che lo ha portato ad alzare il
salario minimo regionale ufficiale di una media annua del 12.5% dal 2006 al
2011, con una ulteriore crescita annua prevista di almeno il 13% entro il
2015.8 Foxconn si è
ritrovata sotto la pressione dell’opinione pubblica dopo la serie di suicidi
nelle fabbriche Cinese nel 2010 ed ha alzato i salari (giusto per tagliare
premi e straordinari), ma ha anche accelerato la delocalizzazione delle unità
produttive dalla costa Sud-Est all’entroterra Cinese, dove i salari sono fino
al 50% più bassi. Nel far ciò, ha sfruttato la competizione per ottenere
investimenti tra regioni e tra municipalità ed ha ricevuto abbondante
supporto finanziario statale. Allo stesso tempo Foxconn ha continuato ad
investire in nuovi macchinari e tecnologie, finadesso non tanto per sostituire
lavoro umano, ma per dequalificarlo e svalorizzarlo ulteriormente ed
ottimizzare il suo assoggettamento ai ritmi dei macchinari. Ad ogni modo, né
la soluzione spaziale, né quella tecnologica, sono riusciti a risolvere
l’irrisolvibile: dopo il 2010, la maggior parte delle lotte note sono
avvenute nelle fabbriche dei nuovi siti di sviluppo.
7 Tattiche
diversive
Per anni
il PCC ha provato a prevenire i disordini operai non solo attraverso
l’innalzamento dei salari minimi e la repressione, ma anche canalizzando lo
scontento proletario nei corpi intermedi, nei tribunali del lavoro e
nell’impegno diretto degli uffici del lavoro. Dato che queste misure non
hanno scongiurato il ricorrere di ondate di disordini negli ultimi anni –
nello specifico la grande onda dell’estate 2010 –, il PCC si sta ingegnando
in trasformazioni del sistema sindacale, in parte rimpiazzando le nomine
dall’alto dei quadri sindacali e permettendo le elezioni dei delegati
sindacali nei reparti di alcune aziende con una storia recente di agitazioni
operaie (come lo stabilimento dell’Honda a Foshan dove ebbe inizio l’onda di
scioperi del 2010). Ad inizio 2013, la Foxconn annunciò che avrebbe tenuto
delle elezioni sindacali nei reparti fino a Luglio e quindi ogni cinque anni.
Il sindacato ufficiale del PCC è attivo negli impianti della Foxconn sin dal
2006, sotto stretto controllo della dirigenza aziendale. Una legittimazione
“democratica” dei delegati sindacali dei reparti si suppone possa contrastare
l’immagine di “fabbrica sfruttatrice” della Foxconn. La Foxconn vuole minare
la resistenza autorganizzata che è alla base degli scioperi e delle altre
azioni dei lavoratori. La riforma dei sindacati garantirà maggiori
informazioni alla direzione aziendale in merito alle insoddisfazioni dei lavoratori,
così che possa prendere le contromisure necessarie a prevenire sin da subito
azioni collettive.
8 Semplici
macchine di fango
La Foxconn
si attira moltissime critiche ed attacchi per via dello sfruttamento brutale
e delle pesanti condizioni di lavoro – così come la Apple: la compagnia
statunitense è una scintillante etichetta erta a simbolo di una cultura
capitalistica globale fondata su forme spietate di schiavitù salariale –
nelle aziende fornitrici come la Foxconn, nei rivenditori Apple (Apple-stores),
ed in altri luoghi. La campagna internazionale contro queste compagnie inizio
già prima dei suicidi del 2010 e mira a gettar discreto, aumentare la
pressione dell’opinione pubblica e ad organizzare boicottaggi – sperando che
questo spingerà la Foxconn a migliorare le condizioni.9Quanto impatto abbia avuto
questa campagna è difficile dirlo. Ad esser onesti, Apple è preoccupata delle
ricadute della sua immagine sulle vendite, ma finadesso la Apple e la Foxconn
si sono limitate a promesse teatrali e cambiamenti di facciata. Ma che altro
potremmo aspettarci? La reale pressione è dovuta all’alto turn-over della
forza lavoro misto alla carenza di lavoratori nei centri industriali cinesi
ed alle frequenti lotte operaie negli stabilimenti Foxconn. Ad ogni modo, non
si tratta tanto dell’efficacia delle “macchine del fango” contro certe
compagnie. La maggior parte di queste campagne rischiano di portare (o aggravare)
i seguenti problemi: (1) spesso si limitano a critiche dell’
“ultra-sfruttamento”, dei “capi crudeli”, di “aziende non democratiche”, o
“antisindacali”. Questo le porta a richiedere una direzione “socialmente
responsabile”, una mediazione “democratica” nei conflitti tra capitale e
lavoro, o peggio: l’intervento dello Stato (autoritario) per stabilire o
riportare la “giustizia sociale”; (2) spesso promuovono sindacati
(indipendenti), la contrattazione collettiva, o altre forme di negoziato tra
capitale e lavoratori; (3) domandano un supporto delle lotte dei lavoratori
dall’esterno, dai “consumatori” dei “paesi ricchi” ai “produttori”,
presentati come deboli (o come vittime), dei “paesi poveri”.
9 Niente
più schiavitù (iSlavery)
Al di là
delle buone intenzioni, (1) queste critiche semplicistiche (ideologiche) del
capitalismo portano all’illusione di possibili cambiamenti profondi
attraverso mediazioni riformiste. Piuttosto che un’oscillazione tra lotte
operaie e soluzioni capitalistiche, all’interno dello schema di un
capitalismo riformato, la lotta di classe riguarda l’abolizione dello
sfruttamento. Inoltre, (2) i lavoratori della Foxconn miglioreranno le loro
condizioni se svilupperanno il potere operaio espresso attraverso il rifiuto
del lavoro tramite scioperi o altre forme di lotta negli impianti Foxconn.
Qualsiasi sindacato in sede di contrattazione collettiva può negoziare
accordi favorevoli solo e fintanto che i lavoratori sono in grado di portare
avanti questo tipo di azioni collettive. In ultimo, (3) la misinterpretazione
fatale di come porre le basi per un’unione delle lotte dei soggetti proletari
a livello globale amplifica le divisioni tra le classi lavoratrici di diverse
parti del mondo. In tempi di profonda crisi capitalistica, con nuovi movimenti
di classe in tutto il mondo che manifestano la loro capacità di
autorganizzazione, le campagne hanno senso se attaccano tutte le strutture
capitalistiche di sfruttamento, non cercano mediazioni interclassiste, e si
basano su di un mutualismo solidale tra pari. La solidarietà è possibile
quando soggetti (potenzialmente) ribelli e capaci di azione condividono scopi
comuni e connettono le proprie lotte. Nel caso della Foxconn, ciò significa
che gli operai delle fabbriche della Foxconn in Cina (o in Repubblica Ceca o
altri paesi), i minatori del coltan in Congo, i commessi degli Apple store e
dei Call Center di tutto il mondo ed altri, lottino contro il loro proprio sfruttamento e si
relazionino allo sfruttamento ed alle lotte dell’intera filiera produttiva.
10 Epilogo
Ciò che
impressiona della Foxconn non è il lato aberrante ed eccezionale, bensì
l’abitudinarietà e l’apparente normalità dello sfruttamento e della
mortificazione. Il termine iSlave non riguarda solo questa particolare forma
di schiavitù salariale, ma l’essenza dello sfruttamento mediante il lavoro
salariato stesso: la subordinazione ad un regime autoritario di produzione,
l’estrazione di plusvalore attraverso processi lavorativi massacranti. In
altre parole, l’oscena forma dello sfruttamento nella Foxconn non ha origine
nelle menti diaboliche dei capitalisti a capo dell’azienda (benché
effettivamente ce l’abbiano), ma nella logica dell’accumulazione
capitalistica. La gestione dispotica è una strategia per dominare e spremere
la forza lavoro, ed in quanto tale, una reazione alla resistenza quotidiane
ed alle lotte “dal basso” degli operai. La lotta quotidiana degli iSlaves
riguarda quanto ed a quale prezzo verrà sfruttata la loro forza lavoro – o il
fatto stesso di dover fare un lavoro estenuante, monotono e pericoloso in
fabbrica. Non sono degli ingranaggi sottomessi nel macchinario del capitale –
come li vede il punto di vista del capitale – ma una forza che interferisce
costantemente con i piani di produzione e riproduzione del capitale. I
lavoratori della Foxconn esprimono il conflitto di classe nella fabbrica
globale Cinese, ed in quanto tali, le loro lotte sono parte delle
intensificatesi lotte di classe globali che sono la fonte ed il risultato
della crisi del capitalismo stesso. Se il potere dei lavoratori nella
fabbrica globale Cinese cresce fino al livello di distruggere l’attuale
filiera globale di accumulazione, tutto è possibile. Non stiamo semplicemente
a guardare, aspettare, e sperare.
* * *
Yang,
studente ed operaio in linea – “Il macchinario è il tuo signore e padrone”10
Le quote
di produzione ed i controlli-qualità opprimono i lavoratori tanto quanto
l’uso della violenza verbale. Questo era lampante durante le assemblee
mattutine. Innanzitutto ognuno veniva chiamato per nome. Dopodiché il
caporeparto spiegava i compiti del giorno ed indicava problemi come la
mancanza di pulizia nel luogo di lavoro, il disordine delle postazioni, le
chiacchiere durante l’orario di lavoro ed il lavoro svolto male. Ogni mattina
dovevamo ascoltare questa predica. (…) Il sorvegliante sottomette il
lavoratore, i macchinari esautorano la capacità dell’operaio di esperire il
significato ed il valore della vita. Il lavoro non richiede nessuna capacità
di pensiero autonomo. Ogni giorno gli stessi movimenti corporei basilari sono
ripetuti, e così l’operaio perde piano piano ogni sentimento e diventa
apatico. Non sono più presenti a sé stessi. Ho realizzato come, durante il
lavoro, avessi frequenti blackouts. Avevo già interiorizzato tutti i
movimenti ed all’improvviso mi ridestavo senza sapere se avessi già preparato
o meno l’ultimo pezzo. Mi toccava chiederlo ai colleghi. (…) Il macchinario
sembra una strana creatura che risucchia materie prime, se le digerisce, e le
sputa fuori nella forma del prodotto finito. Il sistema di produzione
automatizzato semplifica i compiti dell’operaio, che non ha più nessuna
funzione importante. Sono loro piuttosto che servono la macchina. Abbiamo
perso il valore che dovremmo avere in quanto esseri umani, e siamo diventati
un’estensione delle macchine, le loro appendici, sì, i loro servi. Ho spesso
pensato che la macchina fosse il mio signore e padrone, i cui capelli dovessi
pettinare in quanto suo schiavo. Non potevo pettinare troppo velocemente, né
troppo piano. Dovevo pettinarli metodicamente ed ordinatamente, nessun
capello doveva rompersi, nessun capello cadere. Se non l’avessi fatto nella
maniera giusta, sarei stato fatto fuori. (…) Un giorno una lavoratrice mi
disse che a Gennaio dello stesso anno gli straordinari non vennero pagati e
di conseguenza gli operai incrociarono le braccia. (…) Alcuni avevano preso
l’iniziativa e quel giorno si rifiutarono di fare gli straordinari. Gli altri
lavoratori della linea si unirono immediatamente ed alla fine del turno
ordinario, molta parte degli operai non fecero gli straordinari e lasciarono
la linea. Alcuni di quelli che avevano preso l’iniziativa all’epoca in
seguito lasciarono l’azienda o vennero trasferiti in altri dipartimenti. In
linea si potevano osservare i vari modi in cui gli operai provavano a battere
la fiacca. Un giorno il mio collega Ming mi venne vicino. Siamo buoni amici,
ma ancora mi chiedevo come facesse a non avere nulla da fare durante il suo
turno. “Il mio apparecchio si è rotto”, disse. “Fantastico!”, risposi. Rimase
lì un po’ e poi mi sussurrò: “Ho danneggiato apposta la strumentazione. Ho
dovuto soltanto spingere il pulsante di emergenza, e l’apparecchio si è
fermato. Ho riavviato e rimesso tutto com’era, così che nessuno possa sapere
cos’è successo”. Un altro lavoratore mi disse che quando c’era troppo lavoro
o quando voleva avere un po’ di pace, trattava i pezzi normali come fossero
degli scarti e li distruggeva così da doverli rifare. In questo modo poteva
ridurre la quota dovuta di produzione e rallentare l’andatura del lavoro.
Disse “I miei colleghi del turno notturno hanno scartato addirittura due
scatoloni di pezzi normali”. Chiaramente, c’è una forma semplice e diretta di
resistenza: votare con i piedi, cioè semplicemente andarsene. Una volta, dopo
un turno, ricevetti un SMS di un lavoratore: “Me ne vado! Niente di strano,
semplicemente non ho intenzione di sopportare ancora la tortura notturna”.
Stava lavorando alla Foxconn da giusto 35 giorni.
Note
1 Queste
sono le conclusioni di un progetto di ricerca alla Foxconn documentato nel
libro: Pun Ngai, Lu Huilin, Guo Yuhua, Shen Yuan (2012): Wo Zai Fushikang (Io
alla Foxconn), Pechino. Attualmente c’è una versione tedesca del libro,
mentre è quasi ultimata una versione inglese ed è in preparazione una
italiana. Più info qui: http://www.gongchao.org/de/islaves-buch (in
tedesco)
2 La
parola “Schiavo” deriva dall’antico Francese “sclave”, dal Latino medievale
“sclavus”, dal Greco Bizantino σκλάβος (sklábos). Questa parola, a sua volta,
deriva dall’etnonimo Slav, perchè in varie guerre dell’Alto medioevo molti
Slavi vennero catturati e schiavizzati (http://en.wikipedia.org/wiki/Slave); la “i”
di iPhone o iPad sta per “internet”, ma anche per individuo, per la parola
inglese “I” (io), si veda: http://www.quora.com/History-of-Apple-Inc/How-did-Apple-choose-the-i-naming-convention-iMac-iPod
3 Più
info in inglese qui: http://www.gongchao.org/en/islaves-struggles.
Un interessante intervista con un ex-lavoratore che descrive le condizioni di
lavoro si può trovare qui: http://www.youtube.com/watch?v=lhf0tgtXd8c&feature=youtu.be
4 Questo
è cambiato negli ultimi dieci anni. Una volta, la grande maggioranza dei
lavoratori era donna, ma a causa della carenza di manodopera nei centri
industriali, in particolare nel Delta del Fiume delle Perle, Foxconn ha
iniziato ad ingaggiare più lavoratori maschi.
5 Gli
apprendisti costituiscono fino al 15% della forza lavoro totale della Foxconn
nel 2010: Pun Ngai/Chan, Jenny: The Spatial Politics of Labor in China: Life,
Labor, and a New Generation of Migrant Workers. The South Atlantic Quarterly
112:1, Winter 2013
6 Per
altre storie operaie si veda: Pun Ngai, Lu Huilin, Guo Yuhua, Shen Yuan
(2012), menzionato nella nota 1
7 Per
una lista degli scioperi e delle rivolte negli stabilimenti Foxconn si veda
la tabella in: http://www.gongchao.org/en/Texts/2013/list-of-labor-unrest-at-foxconn
8 Si
veda: http://www.reuters.com/article/2012/02/08/us-china-economy-jobs-idUSTRE8170DY20120208;
stando ad un’altra rilevazione, “i salari reali misurati col valore del
dollaro del 2005 sono saliti del 350% negli ultimi 11 anni” in Cina:http://www.ft.com/intl/cms/s/0/7412b714-6fc3-11e2-8785-00144feab49a.html#axzz2LeN0U055
9 Su
queste campagne si veda ad esempio il sito si “Good Electronics” http://goodelectronics.org/ e
di “Make IT Fair”http://makeitfair.org
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