Torino, operaio di 59 anni si
ammala di Parkinson: licenziato perché "inabile al lavoro"
L'uomo, che
scrive una lunga lettera-appello, lavorava per l'azienda raccolta rifiuti del
Canavese: caso-fotocopia di quello avvenuto a Rivoli un mese fa. L'azienda: "Qui
ci sono diversi disabili, lui non ha accettato il confronto"
di JACOPO
RICCA
|
04 aprile
2017
Licenziato
dall'azienda di raccolta rifiuti perché affetto dal morbo di Parkinson. Franco
Minutiello, 59 anni, di Cuorgnè in provincia di Torino, a metà marzo ha
ricevuto dalla Teknoservice, la società che si occupa della raccolta rifiuti
del Canavese, una lettera di licenziamento perché il medico aziendale lo ha
valutato “inabile al lavoro”. Un caso che sembra la fotocopia di quello
avvenuto un mese fa a Rivoli, dove un operaio della Oerlikon
Graziano, rientrato
dal trapianto di fegato, è stato mandato via per lo stesso motivo e poi reintegrato dopo la bufera mediatica che ne è
seguita.
Franco Minutiello, l'operaio licenziato
Minutiello
ha scritto una lunga lettera-appello per denunciare la sua storia: “Una persona
che viene, non per causa sua, colpita da una malattia nel corso della sua vita,
può esser buttata - questo è il termine giusto - in mezzo ad una strada senza
che l’azienda cerchi una ricollocazione interna, senza che ci sia un ente, che
non sia il tribunale, che controlli se esistono o meno le causa idonee del
licenziamento per giustificato motivo oggettivo?” si domanda.
Della sua vicenda
ora si dovranno occupare i giudici del lavoro di Ivrea, il suo licenziamento è
stato infatti impugnato dall'avvocato Silvia Ingegneri: “La società sostiene
che non ci siano mansioni adatte alla sua invalidità. Lui prima guidava i
camion dell'immondizia e questo non può più farlo – spiega la legale – Ma fino
al licenziamento ha continuato a lavorare e le sue condizioni di salute non
sono peggiorate”.L'amarezza del lavoratore è tanta: “Mi sento abbandonato da tutti, dal sindacato e dai miei colleghi con cui abbiamo combattuto a lungo durante il fallimento di Asa”. Quella di Minutiello è una storia tragica, ma comune: “Io ho sempre lavorato, sin da giovane età, come operario e trasportatore, poi nel 2006 sono stato assunto presso un’azienda municipalizzata del mio territorio, l’ASA per la raccolta rifiuti – racconta – sono stato sempre presente e fedele al mio lavoro, donando tutto me stesso, e quando nel 2013 l'azienda fallisce sono passato alla ditta Teknoservice srl di Piossasco che svolge le stesse funzioni. Anche qui sempre fedele e presente, e a tutte le visite mediche interne sempre idoneo senza limitazioni, senza se e senza ma”. I primi sintomi della malattia, per cui non è ancora stata trovata una cura arrivano nel 2014: “A ottobre inizio a vedere degli strani tremolii alla mano destra che non riesco a controllare, non do retta e vado avanti, ma a novembre decido di fare i primi accertamenti per capire bene e dopo pochi mesi scopro di avere il Morbo di Parkinson”.
Una scoperta che cambia tutto: “Seppur per me il lavoro rimanga al primo posto, per la prima volta devo per un attimo pensare alla salute e capire come arginare l’avanzare della malattia, perché so che è incurabile – spiega nella lettera aperta – Sono costretto a mettermi in mutua. Giro tutti gli ospedali della mia zona e di Torino, i tempi con il servizio sanitario sono lunghi e io non posso però permettermi di pagare privatamente tutto”. Per un alcuni periodi deve assentarsi dal lavoro, ma alla fine trova una cura: “Mi stabilizzo e sono pronto a tornare al lavoro, mia unica fonte di reddito e di vita e si stimolo a non arrendermi – conferma l'uomo – A quel punto chiamo l’azienda, comunico che sono disponibile a rientrare e che, per agevolarli, ho attivato la legge 104 comma per avere il part time, cioè due ore pagate dall’Inps e le altre 4 dal datore di lavoro”. Una scelta che però non sembra essere gradita all'azienda: “Da una parte mi tranquillizzano, dicendo che stanno trovando la soluzione per ricollocarmi, e dall’altra, dopo avermi mandato a visita medica interna - due ore dopo - mi inviano il telegramma per licenziarmi”. L'evoluzione della malattia non lo fa arrivare ad avere una invalidità assoluta, ma secondo il medico dell'azienda lo rende inabile al lavoro: “Io però continuo a guidare la mia macchina e potrei proseguire a fare il mio lavoro. Tra poco più di un anno potrei andare in pensione proprio per la mia malattia, ma mi darebbero poco più di 500 euro, non mi bastano per vivere e poi io voglio continuare a lavorare. Quella che mi è capitata è una grande ingiustizia, secondo me per la mancanza di una legge sulla salvaguardia delle categorie protette, seria ed efficace”.
Alberto Garbarini, direttore della Teknoservice di Piossasco, replica: “Abbiamo già un disabile al numero verde, come in altri settori della società. E' una storia molto complessa. Nel processo di licenziamento il lavoratore non si è presentato alle udienze di conciliazione, né lui né l’avvocato, e si è rifiutato di farsi assistere dal patronato. Si tratta di un caso sociale, di un caso che ha bisogno di assistenza, ma non è l’azienda che può aiutarlo. L’azienda fa la sua parte, sempre che ci sia la disponibilità del lavoratore. Secondo noi in questo momento è malconsigliato. Se fosse venuto ai confronti avremo già trovato una soluzione, conciliando”.
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