domenica 9 ottobre 2016

7 ottobre - di M. Spezia: SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 07/10/16




INDICE

AMIANTO: CRITICITA’ DEL “DECRETO SALVA ITALIA”, CONOSCIUTO COME LEGGE FORNERO

Posta Resistenze posta@resistenze.org
L’ITALIA CHE AFFONDA

LA TRAGEDIA DI ABD ELSALAM E IL LAVORO AL TEMPO DEL JOBS ACT

Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
REPORT MORTI PER INFORTUNI AL 30 SETTEMBRE 2016

Assemblea 29 Giugno assemblea29giugno@gmail.com
A PROPOSITO DI BERTOLASO

Clash City Workers cityworkers@gmail.com
TUTTA L’ITALIA CON ABD ELSALAM!

Clash City Workers cityworkers@gmail.com
DIECI MOTIVI (PIU’ UNO) PER CUI SIAMO TUTTI ABD ELSALAM


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Sent: Tuesday, September 27, 2016 5:24 PM
Subject: AMIANTO: CRITICITA’ DEL “DECRETO SALVA ITALIA”, CONOSCIUTO COME LEGGE FORNERO

Matera, 22 settembre 2016
LETTERA APERTA
Ministro della Giustizia
Andrea Orlando
Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
Giuliano Poletti
CRITICITÀ DEL “DECRETO SALVA ITALIA”, CONOSCIUTO COME LEGGE FORNERO, RISPETTO ALLA LEGGE 257/92 ED ALLA DIRETTIVA COMUNITARIA 477/1983/CEE.
Considerazioni in merito all’Articolo 1, comma 276, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208, concernente benefici previdenziali riconosciuti agli ex lavoratori occupati nelle imprese che hanno svolto attività di scoibentazione e bonifica, affetti da patologia asbesto-correlata, derivante da esposizione all’amianto. Decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze del 29 aprile 2016, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Negli ultimi tempi stanno manifestandosi casi preoccupanti di lavoratori ex esposti o esposti che, pur avendo i requisiti previsti dalle norme precedenti la legge FORNERO quali: esposizione ultradecennale all’amianto nonché il riconoscimento di cui articolo 13, comma 7, della Legge 257/1992 non potranno essere avviati al trattamento di quiescenza INPS a causa dei requisiti previsti dalla stessa Legge n.214 del 22/12/11 e si ritroveranno senza alcuna remunerazione per sostenere la propria famiglia.
Molti lavoratori, pur avendo già raggiunto il tetto massimo di 40 anni di contributi previsto dalla Legge 257/92, non potranno utilizzare gli anni dell’esposizione all’amianto perché tali anni non possono essere aggiunti ai 40 anni lavorativi già maturati. In ambito previdenziale, tali anni sono funzionali al solo ricalcolo dell’importo pensionistico, come previsto dall’articolo 47 del D.L. 269/03 che recita: “A decorrere dal 1° ottobre 2003, il coefficiente stabilito dall’articolo 13, comma 8, della Legge 257/92, è ridotto da 1,5 a 1,25. Con la stessa decorrenza, il predetto coefficiente moltiplicatore si applica ai soli fini della determinazione dell’importo delle prestazioni pensionistiche e non della maturazione del diritto di accesso alle medesime”.
L’applicazione della norma contenuta nel cosiddetto “Decreto Salva Italia” (conosciuta anche come “Legge Fornero”) anche a questi lavoratori, si pone in netto contrasto con la ratio stessa della norma di cui alla Legge 257/92. Ratio che va infatti ravvisata nella finalità di offrire ai lavoratori esposti all’amianto per un apprezzabile periodo di tempo, un beneficio correlato alla possibile incidenza invalidante proveniente da lavorazioni che provocano una minore aspettativa di vita, generalmente sette anni in meno, rispetto all’aspettativa di vita di un lavoratore non esposto. La quiescenza per i lavoratori che hanno contratto patologie asbesto correlate era l’aspetto più importante della norma, con l’applicazione dei nuovi parametri della legge Fornero si sono create le condizioni per generare drammi sociali.
Anziché semplificare la normativa a tutela delle vittime dell’amianto, si continua a legiferare con emendamenti che centellinano parvenze di giustizia per pochi, facendo aumentare le diseguaglianze tra i lavoratori ex esposti. Tali diseguaglianze potrebbero aver provocato violazione dei diritti umani, in particolare, il diritto alla salute e alla sicurezza personale.
Le istruzioni operative contenute nel messaggio inviato dalla Direzione Centrale Pensioni ai Direttori Regionali e ai Direttori delle Strutture Territoriali INPS dimenticano completamente tutti coloro che hanno inficiato la propria esistenza a causa del lavoro con l’amianto. Esse si riferiscono solo “agli ex lavoratori occupati nelle imprese che hanno svolto attività di scoibentazione e bonifica che hanno cessato il loro rapporto [...] per effetto della chiusura, dismissione o fallimento dell’impresa [...] il cui sito è interessato da piano di bonifica da parte dell’ente territoriale”. Tale esplicazione ignora i lavoratori occupati in aziende non chiuse, né fallite, né dismesse e “il cui sito non è interessato da piano di bonifica da parte dell’ente territoriale”.
QUESTO PASSAGGIO È DOPPIAMENTE NEGATIVO E DA RIGETTARE PERCHE’:
a - Il punto “a” dei “destinatari” si rivolge a coloro “che non svolgono alcuna attività lavorativa alla data di presentazione della domanda di cui al successivo punto 5”: coloro che sono in mobilità possono presentare domanda?
b - quale colpa si può addossare all’operaio se l’azienda non ha chiuso, non è fallita né dismessa?
c - molti enti territoriali non si sono mai adoperati per la bonifica dei siti delle aziende che hanno usato l’amianto.
d - considerazione ancora più grave, nessun lavoratore può pagare, né può essere considerato colpevole se l’ente territoriale non si interessa alla bonifica.
e - quale beneficio può andare incontro agli ex esposti se pone il termine perentorio della presentazione della domanda (30 giugno 2016)?
f - quanti operai affetti da patologie così gravi possono accedere ad un fondo nazionale di soli 2 milioni euro?
g- perché Il sussidio di cui al precedente punto 4 può essere riconosciuto a decorrere dal 1° gennaio 2016 e non oltre il 31 dicembre 2018?
CONSIDERAZIONI GIURIDICHE SULLA LEGGE FORNERO
Numerosissime sono le critiche mosse nel tempo alla Riforma delle Pensioni del Ministro Elsa Fornero, e altrettanto numerose sono le criticità relative ad alcune categorie di lavoratori rimasti senza pensione né stipendio con l’entrata in vigore della Riforma pensionistica 2012.
Una delle questioni irrisolte riguarda I LAVORATORI E GLI EX LAVORATORI I QUALI, PUR AVENDO OTTENUTO LA CERTIFICAZIONE DI ESPOSIZIONE AD AMIANTO, e avendo raggiunto il tetto massimo di 40 anni di contribuzione, ex articolo 13, comma 7 e comma 8, della Legge 257/92, non possono accedere al pensionamento per i nuovi parametri previsti dall’articolo 24 del D.L. 201/11.
Al fine di meglio comprendere l’importanza della problematica in questione è necessaria una breve premessa.
Sin dalle sue origini, la storia dell’amianto è caratterizzata da una serie impressionante di diritti negati e di omissioni relative: a misure di protezione, rilevazioni e controlli, adeguate previsioni nel sistema assicurativo obbligatorio, violazione di norme perfino costituzionali, violazione di norme sia interne che comunitarie.
La rivalutazione contributiva per coloro che sono rimasti esposti all’amianto è riconosciuta in funzione compensativa dell’obiettiva pericolosità dell’attività lavorativa spiegata.
Su questo punto, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la Sentenza 4913/2001, ha evidenziato che le disposizioni di cui all’articolo 13, comma 8 della Legge 257/1992 hanno parzialmente risarcito quell’ingiusto pregiudizio derivante dalla non adozione delle normative comunitarie. La stessa Sentenza ha richiamato le norme di cui agli articoli 24 e 31 del D.Lgs. 277/1991, che recepiva la direttiva comunitaria 477/1983/CEE, dopo la condanna da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 13/12/90, con la quale era stata definita la procedura di infrazione n. 240 del 1989 a carico dell’Italia per non aver adottato le norme per la tutela dei lavoratori esposti all’amianto previste in sede comunitaria.
Tale norma configura una soluzione che, tenendo conto della capacità di subire danni in relazione al tempo di esposizione, consente una maggiorazione dell’anzianità contributiva per tutti i dipendenti che siano stati esposti all’amianto per più di dieci anni, in funzione compensativa dell’obiettiva pericolosità dell’attività lavorativa spiegata e ciò in attuazione dei principi di solidarietà di cui è espressione l’articolo 38 della Costituzione.
Il contenuto dell’articolo 13, comma 8 della Legge 257/92 (come modificata dal D.L.169/93, convertito con modifiche nella Legge 271/93), costituisce una trasposizione sul terreno della solidarietà sociale di due principi fondamentali della nostra Costituzione: la TUTELA DELLA SALUTE ed il PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA, da cui discende, come ulteriore portato di valore costituzionale, il criterio che a parità di rischio occorre garantire parità di tutela (Sentenze della Corte Costituzionale 206/74 e 114/77).
E invero, il testo attuale del comma 8 dell’articolo 13 della Legge 257/1992, elimina ogni riferimento all’attività svolta, e pone l’accento ESCLUSIVAMENTE SUL DATO DELLA ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO.
Orbene, la ratio della norma va ravvisata, come afferma la Corte Costituzionale nella sentenza n. 5 del 12 gennaio 2000, “NELLA FINALITA’ DI OFFRIRE AI LAVORATORI ESPOSTI ALL’AMIANTO PER UN APPREZZABILE PERIODO DI TEMPO (ALMENO DIECI ANNI), UN BENEFICIO CORRELATO ALLA POSSIBILE INCIDENZA INVALIDANTE DI LAVORAZIONI CHE, IN QUALCHE MODO, PRESENTANO POTENZIALITA’ MORBIGENE”.
La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 434 del 31 ottobre 2002, ha precisato che nell’ambito dei beneficiari della norma de qua si trovano “tutti i soggetti ancora inseriti nel mondo del lavoro alla data di entrata in vigore della Legge 257/92, qualunque fosse il loro stato occupazionale del momento (di occupato nel settore dell’amianto, di disoccupato, di sospeso ovvero di occupato in un settore diverso), a prescindere dall’attualità dell’esposizione [...]”; e ancora, a proposito del meccanismo della rivalutazione, che esso è “diretto a facilitare il raggiungimento dei requisiti assicurativi necessari per l’accesso al pensionamento e non come strumento finalizzato a incrementare i trattamenti pensionistici già erogati al momento di entrata in vigore della Legge 257/92”.
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Fatta questa breve quanto necessaria premessa, partendo dalla ratio e dall’ambito soggettivo di applicazione della normativa in materia di benefici previdenziali amianto, ben si comprende allora come l’applicazione della norma contenuta nel cosiddetto “DECRETO SALVA ITALIA” (conosciuta anche come “Legge Fornero”) anche per i lavoratori ex esposti o esposti, si pone in netto contrasto con la ratio stessa della norma di cui alla Legge 257/1992, della Direttiva comunitaria 477/1983/CEE, nonché della decisione di condanna da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 13/12/90 nei confronti dell’Italia.
Ratio che va infatti ravvisata nella finalità di offrire ai lavoratori esposti all’amianto per un apprezzabile periodo di tempo, un beneficio correlato alla possibile incidenza invalidante proveniente da lavorazioni che provocano una minore aspettativa di vita, rispetto all’aspettativa di vita di un lavoratore non esposto.
LA QUIESCENZA PER I LAVORATORI POTENZIALMENTE ESPOSTI AL RISCHIO MORBIGENO ERA L’ASPETTO FONDAMENTALE DELLA NORMA, CHE OGGI, CON L’APPLICAZIONE DEI NUOVI PARAMETRI DELLA LEGGE FORNERO, RISULTA PRESSOCHE’ SVILITO E FRUSTRATO, RISULTANDO CONSEGUENTEMENTE VANIFICATI GLI EFFETTI DI UNA LEGGE DELLO STATO.
Occorre dunque, che venga riaffermato il principio di legalità.
In chiara opposizione rispetto ai principi ispiratori della normativa del 1992, le scelte effettuate tanto dal legislatore, quanto dalla giurisprudenza sono state invece orientate esclusivamente da una preoccupazione di natura finanziaria ovvero dal timore esplicitamente espresso in molte pronunce, che l’applicazione della norma, nel giusto tenore voluto dal legislatore a favore di tutti i lavoratori esposti ultradecennali, avrebbe pesato eccessivamente sulle finanze dello Stato.
Questa chiave di lettura della normativa, determinata dall’opzione finanziaria di fondo, ha finito per determinare assurde negazioni di tutela e corto circuiti logico giuridici, portando a disparità di trattamento in alcun modo giustificabili all’interno dell’ordinamento.
Sono diversi ed emblematici alcuni casi.
Fra tutti, quello del signor G., il quale affetto da asbestosi, ha conseguito il riconoscimento di cui all’articolo 13, comma 7, della Legge 257/92, ma pur raggiungendo i requisiti dalla normativa pre-Fornero, non può oggi percepire la pensione non avendo raggiunto l’età anagrafica, rientrano a pieno titolo nella definizione di esodato, ormai nota.
Ancora più eclatante, il caso della Isochimica di Avellino, problematica tristemente nota, che nonostante i numerosi tentativi di intervento, risulta ancora lontano da una soluzione.
I lavoratori della Isochimica, che hanno bonificato la maggior parte dei vagoni ferroviari appartenenti alle ferrovie dello Stato italiano, sono stati tutti colpiti da gravi patologie asbesto–correlate. Essi, pur essendo stati presi in considerazione dalle leggi di stabilità del 2014 e del 2015, sono stati costretti a inoltrare ricorso al TAR del Lazio per chiedere l’annullamento e la sospensione dell’efficacia del Decreto del Ministero del Lavoro e del Ministero dello Sviluppo Economico del 29/04/16, il quale con un vero e proprio colpo di spugna dei benefici, ha sovvertito lo spirito e le finalità presenti nell’ultima legge di stabilità.
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LE CONCLUSIONI
Al fine di porre rimedio a questa ingiustizia, l’Associazione Italiana Esposti Amianto (AIEA) chiede che IL PUNTO “A” DELL’ARTICOLO 2 E L’ARTICOLO 3 del Disegno di Legge n. 1645, depositato alla presidenza del Senato il 22/10/14, avente per oggetto: “Misure sostanziali, processuali e previdenziali a tutela delle vittime, a qualsiasi titolo, dell’amianto” e della Proposta di Legge n. 3559, presentata alla Presidenza della Camera il 26/01/16, avente per oggetto: “Modifiche all’articolo 47 del Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 novembre 2003, n. 326, e altre disposizioni a tutela delle vittime dell’amianto”, VENGANO APPROVATI AL PIU’ PRESTO.
Si sottolinea che con il suddetto PUNTO “A” DELL’ARTICOLO 2 citato si dà al lavoratore la possibilità di scegliere tra l’anticipazione dell’accesso alla pensione o l’incremento della prestazione pensionistica. Con l’ARTICOLO 3 citato si chiede di escludere dalle “Disposizioni in materia di trattamento pensionistici” previste nel “Decreto Salva Italia” i lavoratori esposti o ex esposti all’amianto.
Il menzionato Disegno di Legge n. 1645, prodotto dall’AIEA, è fermo in Commissione Lavoro dal marzo 2015, i proponenti, con grande disappunto, prendono atto che, nonostante sia stato firmato da 42 senatori, non fa alcun passo in avanti, forse perché non esiste volontà politica per la sua approvazione; logiche di bilancio stanno calpestando non solo i principi costituzionali che sanciscono IL DIRITTO ALLA SALUTE dei cittadini ma possono generare drammi sociali causati dall’esclusione dal mondo del lavoro e dall’impossibilità di accedere al trattamento pensionistico.
Mario Murgia
Associazione Italiana Esposti Amianto

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From: Posta Resistenze posta@resistenze.org
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Sent: Thursday, September 29, 2016 2:24 AM
Subject: L’ITALIA CHE AFFONDA

Da Nuova Unità
di Michele Michelino
settembre 2016
TERREMOTI, CALAMITA’ NATURALI E INCIDENTI, SONO DOVUTI ALLA SEMPLICE FATALITA’ O SONO IL PRODOTTO DELL’AVIDITÀ DELLA BORGHESIA IMPERIALISTA?
Il terremoto accaduto nel rietino, tra Accumoli e Amatrice, che ha distrutto borghi storici tra Lazio e Marche e fatto quasi 300 morti e centinaia di feriti, è passato. Rimangono le macerie, le persone nelle tende e le inchieste giudiziarie che, con i tempi biblici della giustizia borghese, come sempre rischiano di lasciare impuniti i responsabili.
A oggi sono 298 i morti e più di 350 i feriti e poiché il 24 agosto (giorno del sisma) c’erano molti villeggianti, non si sa se ci sono altri morti sotto le macerie. Purtroppo altri disastri “naturali” sono prevedibili e attesi e certamente avverranno: ma non si potranno annoverare semplicemente fra le calamità.
L’ITALIA E’ UN PAESE CHE AFFONDA E NON SI PUO’ INCOLPARE SOLO LA NATURA.
I morti per “calamità” naturali e incidenti non sono dovuti alla semplice “fatalità”; questi disastri sono il prodotto dell’avidità della borghesia imperialista, il vero cancro del paese e dello sfruttamento intensivo degli esseri umani e della natura.
In 44 anni sono stati spesi 122 miliardi di euro, soldi rubati dalle tasche dei proletari e finiti in quelli dei padroni senza alcuna messa in sicurezza dei territori.
Tutti i governi (di centrodestra e centrosinistra) che hanno governato il paese hanno favorito l’interesse dei grandi capitalisti e le “grandi opere”, a scapito della messa in sicurezza di interi territori e oggi nelle zone a rischio ci sono ancora edifici e infrastrutture fatiscenti che non possono e non potranno certo reggere l’impatto di future altre calamità naturali.
Tuttavia le “disgrazie” non vengono mai da sole. Al disastro generato dal terremoto e dalla mancata prevenzione, alle ruberie di regime e degli amici degli amici, si aggiunge quello della presenza di amianto nelle costruzioni crollate che, in quantità grandi o piccole, ha contaminato e avvelenerà i soccorritori e i cittadini che rimangono nelle vicinanze dei paesi distrutti. E’ già successo con il crollo delle torri gemelle (World Trade Center), che provocò fra i soccorritori che avevano respirato le fibre di asbesto centinaia di morti per mesotelioma e altre malattie respiratorie, nel silenzio più vergognoso della stampa di tutto il mondo.
DISTRUGGERE PER RICOSTRUIRE SERVE A FAR RIPARTIRE L’ECONOMIA BORGHESE
Ma come sempre al danno si aggiunge la beffa. Come abbiamo appreso dalla denuncia che il 3 agosto 2016 il parlamentare del Movimento 5 stelle Riccardo Fraccaro ha fatto in aula alla Camera dei Deputati durante la discussione sul bilancio interno del 2015, “I cittadini pagano per i parlamentari l’assicurazione per punture e morsi di animali, malattie tropicali, affogamento, ernie addominali, escursioni in montagna, colpi di sole. Ma non è finita, in caso di calamità naturali pagheranno gli italiani: terremoto, inondazioni, alluvioni, eruzioni vulcaniche. Paghiamo anche l’assicurazione ai deputati se essi subiscono un infortunio in stato di ebbrezza. E’ una cosa inaccettabile”.
E ha rilevato: “Ma forse questa supera ancora quella precedente: un’assicurazione se subite dei danni in caso di sommosse, insurrezione o tumulti popolari. 350 mila euro che spendono i cittadini per assicurarvi, mentre fuori sono stati tagliati dal governo Renzi 4,3 milioni al Fondo Sanitario Nazionale e ci sono 11 milioni di italiani che rinunciano alle cure o le rinviano. Mentre la spesa sanitaria privata è aumentata del 3,2 per cento sotto il governo Renzi, chiedete 350 mila euro agli italiani ogni anno per coprirvi l’assicurazione sanitaria? Ora, signori, io credo che se un’assicurazione deve essere pagata è quella che i partiti devono pagare agli italiani per i danni che con le vostre leggi gli arrecate ogni giorno”.
A differenza del sistema socialista in cui si produce per il benessere della maggioranza della popolazione, nell’economia borghese, nel capitalismo si produce per il profitto di pochi e non per il benessere dell’umanità. Il massimo profitto è la molla che spinge i capitalisti a investire e produrre. Le grandi lobby economiche pagano le campagne elettorali dei loro uomini nel governo e nelle istituzioni, e i politici al loro servizio assolvono il loro ruolo di “servi” nella distribuzione degli appalti e dei favori a finanzieri, banchieri, imprenditori, faccendieri e speculatori.
Certo forse i terremoti oggi ancora non possono essere evitati, anche se c’è chi sostiene il contrario, tuttavia, se l’Italia cade a pezzi, prima di incolpare la natura bisogna denunciare la grossa responsabilità della classe dirigente di questo paese.
Che le calamità “naturali” siano viste come un affare l’ha affermato candidamente nel corso dello speciale TV “Porta a Porta” di giovedì 25 agosto anche il “giornalista” Bruno Vespa. Con i morti e i feriti ancora sotto le macerie, si compiaceva che il terremoto nell’Italia centrale può fare da volano per l’economia. Parlando con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Graziano Del Rio ha detto testualmente che “questa sarebbe una bella botta di ripresa per l’economia perché pensi l’edilizia che cosa non potrebbe fare”. Lo stesso Del Rio intervenendo ha altrettanto candidamente precisato: “adesso L’Aquila è il più grande cantiere d’Europa e anche l’Emilia è un grandissimo cantiere in crescita, farà Pil”. Vespa ha poi chiuso raggiante affermando che “il terremoto darà lavoro ad un sacco di gente”.
Queste dichiarazioni dimostrano tutto il cinismo e l’ipocrisia del potere.
Fare soldi sulla pelle delle persone, mandandole consapevolmente a morte in fabbrica o nel territorio (come dimostrano i morti per amianto e altre sostanze cancerogene, sfruttando gli immigrati che lavorano nei campi sotto il sole senza protezioni individuali e collettive o nelle logistiche per due euro l’ora) è considerato “normale”.
Molte vite si sarebbero salvate se invece dalle grandi opere inutili quali il Mose, la TAV Torino-Lione, e tutti gli enormi giri di affari a vantaggio della criminalità organizzata, della grande finanza e di Confindustria si fosse messa in sicurezza il paese.
Altro che eventi e disastri “imprevedibili”. E’ ancora presente nella nostra mente il disastro ferroviario di Andria in Puglia, che si poteva benissimo evitare con un investimento in sicurezza modesto. Per il solo studio di fattibilità del Ponte sullo Stretto i governi hanno preferito spendere centinaia di milioni di euro invece che mettere in sicurezza l’area dello Stretto, la più esposta d’Italia al rischio sismico e idrogeologico.
Ma si sa, le grandi opere muovono grandi interessi e le imprese multinazionali con fatturati miliardari che pagano per far eleggere deputati e senatori che devono rispondere ai loro padroni, esigono un ritorno economico. I morti e feriti dovuti alle calamità “naturali” che avvengono periodicamente sono l’occasione per i padroni di realizzare giganteschi profitti sulla pelle della popolazione e per il governo e i politici di avere una vetrina privilegiata in cui mostrarsi addolorati e “umani” andando per qualche ora al giorno in mezzo ai “disastrati”, accompagnati dalla stampa e TV di regime: così non pagano nemmeno la pubblicità.

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Sent: Wednesday, September 28, 2016 12:02 PM
Subject: LA TRAGEDIA DI ABD ELSALAM E IL LAVORO AL TEMPO DEL JOBS ACT

di Domenico Tambasco
21 settembre 2016
La tragedia di Abd Elsalam, professore egiziano passato dalla trasmissione della cultura a quella dei pacchi per la cruda necessità di mantenere la propria famiglia e la cui vita, in una notte di settembre, è stata stritolata dalle impietose ruote di un TIR, è innanzitutto la plastica rappresentazione del lavoro contemporaneo.
Un lavoratore in solitaria lotta contro l’altro, allo stesso modo di un duello medioevale (oggi definito “contest”): ma l’unico premio, in questo tetro presente, è un Job ovvero un “pezzo” di lavoro povero e senza futuro. Ecco servito l’affresco del lavoro 3.0, così beffardamente diverso dal Quarto Stato di Pelizza da Volpedo.
Osserviamone i particolari. Da un lato un “padroncino”, piccolo padrone di sé formalmente autonomo e indipendente, dall’altro un lavoratore di cooperativa all’apparenza “socio” nella forma più nobile di attività economica privata, per cui la “Repubblica riconosce la funzione sociale [...] a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità(articolo 45, comma primo della Costituzione).
Sopra le loro teste, tuttavia, incombe opprimente il “tallone di ferro” del “committente”, termine con cui la lingua dell’evo neoliberista ha imbellettato l’ottocentesco “padrone”.
Siamo al trionfo della manipolazione linguistica; il “committente”, il “padroncino”, il “socio di cooperativa” altro non sono se non i paraventi di una indegna realtà. Dinanzi a noi, se solo avessimo la volontà di aprire gli occhi e di abbandonare la nostra indotta inconsapevolezza, abbiamo milioni di lavoratori, autonomi soltanto gli uni rispetto agli altri e reciprocamente dissociati: in una parola, soggetti definitivamente “individualizzati”. Ed il padrone-committente, finalmente liberatosi di qualunque responsabilità ormai totalmente “esternalizzata”, trae compiaciuto profitto da una lotta tra impersonali figure in cui l’effimera vittoria arride ora al “padroncino” ora al “socio” ora al “lavoratore temporaneo” ora al lavoratore “a tutele crescenti” ora al “somministrato” ora al “lavoratore con voucher” ora al “collaboratore coordinato e continuativo” più spietato.
E’ l’essenza di un darwinismo sociale che, trasposto al mondo del lavoro, ha generato l’incubo di una crudele selezione naturale, sinonimo di una schiavitù mai tramontata.
La seconda considerazione ci viene offerta direttamente dalle parole delle Autorità intervenute a distanza di pochissime ore dalla tragedia, le quali si sono affrettate a smentire pubblicamente la tesi dell’omicidio del povero Abd Elsalam, derubricandola a mero “incidente stradale”: dichiarazioni che non possono non ingenerare serie perplessità, tanto da parere inopportune sia nei modi che nei contenuti.
Nei modi, poiché dinanzi a versioni dei fatti diametralmente opposte, con diverse testimonianze oculari di colleghi del lavoratore deceduto che affermerebbero il contrario, prudenza avrebbe voluto che si procedesse con cautela, senza prendere posizione sin da subito ed al contrario attendendo l’esito delle indagini. Rilievo tanto più significativo quanto più si pensi che le dichiarazioni provengono proprio da coloro che le indagini dovranno condurle.
Nei contenuti, poiché nel loro pubblico intervento le Autorità hanno senza remore sposato la versione dell’ “incidente stradale” in cui la vittima parrebbe non esente da responsabilità a fronte di un incolpevole autista che, invece, non si sarebbe accorto di nulla a causa proprio dell’imprevedibile condotta della vittima.
Dichiarazioni, queste, che nella loro immediatezza paiono quasi inconsapevole frutto di un “riflesso condizionato”, che ci riporta al diffuso atteggiamento recentemente manifestato anche da una parte della magistratura sulle tematiche del lavoro, espresso nell’affermazione della Scuola Superiore della Magistratura secondo cui “la cultura del novecento concepiva il diritto del lavoro come un ordinamento giuridico volto a soddisfare il bisogno di tutela del lavoratore ed a riequilibrare i rapporti di forza tra capitale e lavoro... ha mostrato, nel tempo, di non essere in grado di rappresentare la complessità del mondo del lavoro... in particolare, l’esigenza di attrarre investimenti stranieri e, al contempo, convincere le aziende a non delocalizzare verso mercati del lavoro più convenienti richiede, certamente, forti dosi di flessibilità”.
Questo diffuso orientamento, peraltro, sembra espressione non solo di scarsa sensibilità verso il lavoro così come delineato nella Carta Costituzionale ma anche di prossimità ai dettami della dominante ideologia neoliberista; tema che richiederebbe, all’interno della stessa magistratura, un vigoroso dibattito oltre ad una espressa presa di coscienza. La peculiarità e la forza della magistratura italiana, del resto, è sempre stata la sua autonomia ed indipendenza, anche rispetto ai pluridecennali assetti dei poteri costituiti (l’esperienza dell’indagine “Mani Pulite” e dei relativi processi sono lì a ricordarcelo).
C’è un terzo messaggio che la vicenda del professore egiziano veicola fino a noi: è la progressiva e incessante corruzione del linguaggio.
Un drammatico infortunio sul lavoro si trasforma nel dibattito pubblico in mero “incidente stradale”, ascrivibile alla disattenzione del conducente e all’imprudenza della vittima; non è tuttavia una mera disquisizione di lana caprina, ma involge la sostanza delle cose. Come sempre, alla forma della parola corrisponde la realtà delle “cose”. Se di infortunio si tratta, sarà allora possibile invocare la responsabilità solidale anche del committente, ai sensi dell’articolo 26, comma 4 del Testo Unico sulla Sicurezza; se si limiterà al mero incidente stradale, l’eventuale accertamento di responsabilità sarà ristretto al solo “padroncino” conducente: una guerra tra poveri.
Ecco la forza corruttiva del linguaggio, capace di manipolare il pensiero e al contempo di plasmare la realtà. Innumerevoli esempi, tratti proprio dal mondo del lavoro, sono qui a testimoniarcelo: le “tutele crescenti” che celano la decrescita dei diritti, la “moderazione salariale” che nasconde il lavoro povero, la flessibilità paravento della precarietà, il “mutamento di mansioni” che occulta la deregulation dei demansionamenti.
L’ipocrita neolingua del Jobs Act, apparente simbolo di modernità linguistica, cela un mondo vecchio come “i padroni delle ferriere”.
Ed infine ci siamo noi, chiamati in correità dalla splendida descrizione delle ore immediatamente successive alla morte di Abd Elsalam: “Un papà cammina lungo la strada e tiene il figlio per la mano. E’ venuto a controllare di persona perché non ha ancora ricevuto il pacco tanto atteso: Cos’è successo qui? Un operaio è morto schiacciato da un camion, durante una protesta sindacale. “Ma quindi oggi l’azienda è chiusa”. Quando i facchini si fermano se ne accorgono tutti”.
E’ il nostro io di utenti-consumatori ad essere chiamato direttamente in causa, con i nostri reclami sempre più astiosi a rivendicare il diritto di ricevere quasi istantaneamente, in modalità “Prime now, le più inutili chincaglierie.
L’ego ipertrofico del consumatore che è presente in ciascuno di noi, che si sente in diritto di segnalare i minimi ritardi o i più infantili capricci, si affianca al “tallone di ferro” del committente: è la “dittatura del cliente” che, dall’altro lato della barricata, dove scorre il sudore ed il sangue di chi lavora, corrisponde ad una vera e propria “ossessione”, da cui ha inizio la folle corsa dei pacchi online.
Non c’è tempo per piangere l’ultima delle tante vittime triturate tra gli ingranaggi di questo assurdo sistema. C’è solo un apprensivo click alla sezione “i miei ordini” per controllare la finestra “traccia il mio pacco”.
Per dirla con Giorgio Cremaschi: pietà l’è morta.

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From: Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent: Saturday, October 01, 2016 8:59 AM
Subject: REPORT MORTI PER INFORTUNI AL 30 SETTEMBRE 2016

Morti sul lavoro al 30 settembre 2016
SUPERATI NEL 2016 I 1000 I MORTI PER INFORTUNI, DI CUI 491 SUI LUOGHI DI LAVORO (tutti registrati). I rimanenti sulle strade e in itinere. Sono conteggiate tra tutte le vittime anche i morti in nero e le categorie non assicurate all’INAIL che monitora solo i propri assicurati.
Erano sui luoghi di lavoro 510 dall’inizio dell’anno al 30 settembre del 2015 (- 4%). Erano 461 il 30 settembre del 2008 (+ 6,2%).
E’ un agricoltore schiacciato dal trattore vicino a Montecatini di Pisa l’ultima vittima di settembre
MORTI PER INFORTUNI SUI LUOGHI DI LAVORO NEL 2016
Per Regione e Provincia in ordine decrescente.
(Sui luoghi di lavoro significa che sono esclusi da questo conteggio i morti per le strade e in itinere che richiedono interventi completamente diversi)
I morti sulle autostrade e all’estero non sono conteggiati nelle province. Se guardate qui sotto l’andamento delle regioni e delle province, calcolate che ci sono almeno altrettanti morti per infortuni sulle strade e in itinere
EMILIA ROMAGNA 50: Bologna 10, Forlì-Cesena 6, Ferrara 3, Modena 10, Parma 5, Piacenza 3, Ravenna 3, Reggio Emilia 9, Rimini 1.
CAMPANIA 50: Napoli 17, Avellino 6, Benevento 4, Caserta 9, Salerno 14.
VENETO 44: Venezia 7, Belluno 4, Padova 6, Rovigo 3, Treviso 3, Verona 5, Vicenza 16.
TOSCANA 38: Firenze 1, Arezzo 5, Grosseto 1, Livorno 7, Lucca 5, Massa Carrara 7, Pisa 3, Pistoia 2, Siena 3 Prato 3.
LOMBARDIA 37: Milano 2, Bergamo 6, Brescia 13, Como 3, Cremona 3, Lecco 1, Mantova 1, Monza Brianza 2, Pavia 3, Sondrio 3.
SICILIA 34: Palermo 7, Agrigento 3, Caltanissetta 6, Catania 6, Enna 1, Messina 4, Ragusa 3, Trapani 4.
PIEMONTE 34: Torino 10, Alessandria 4, Asti 5, Biella 1, Cuneo 13, Novara 1, Vercelli 1
LAZIO 30: Roma 10, Viterbo 5, Frosinone 5, Latina 7, Rieti 3.
Puglia 23 Bari 1, Barletta-Andria-Trani 6, Brindisi 1, Foggia 3, Lecce 4, Taranto 8.
TRENTINO ALTO ADIGE 16: Trento 7, Bolzano 9.
ABRUZZO 16: L’Aquila 2, Chieti 8, Pescara 3, Teramo 3.
MARCHE 14: Ancona 5, Macerata 4, Pesaro-Urbino 2, Ascoli Piceno 2.
CALABRIA 14: Catanzaro 4, Cosenza 6, Crotone 1, Reggio Calabria 2 Vibo Valentia 1.
SARDEGNA 10: Cagliari 4, Nuoro 1, Oristano 2, Sassari 3.
FRIULI VENEZIA GIULIA 10: Trieste 2, Gorizia 1, Pordenone 2, Udine 5.
UMBRIA 7: Perugia 2, Terni 5.
LIGURIA 6: Genova 3, Imperia 1, La Spezia 1, Savona 1.
BASILICATA 1: Potenza 1.
I lavoratori morti sulle autostrade, all’estero e in mare non sono segnalati a carico delle province.
Consigliamo a tutti quelli che si occupano di queste tragedie di separare chi muore per infortuni sui luoghi di lavoro, da chi muore sulle strade e in itinere con un mezzo di trasporto. I lavoratori che muoiono sulle strade e in itinere sono a tutti gli effetti morti per infortunio sul lavoro, ma richiedono interventi completamente diversi dai lavoratori morti sui luoghi di lavoro. E su questo aspetto che si fa una gran confusione. Ci sono categorie come i metalmeccanici che sui luoghi di lavoro hanno pochissime vittime per infortuni, poi, nelle statistiche ufficiali, non separando chiaramente le morti causate dall’itinere, dalle morti sui luoghi di lavoro, risultano morire in tantissimi in questa categoria che è numerosissima, e che ha una forte mobilità per recarsi o tornare dal posto di lavoro.
Anche quest’anno una strage di agricoltori schiacciati dal trattore, sono 105 dall’inizio dell’anno, Tutti gli anni sui luoghi di lavoro il 20% di tutte le morti per infortuni sono provocate da questo mezzo. 132 sono i morti schiacciati dal trattore nel 2015 e 152 nel 2014. Contiamo molto della sensibilità dei media e dei cittadini che a centinaia ogni giorno visitano il sito.
In questi nove anni di monitoraggio le percentuali delle morti nelle diverse categorie sono sempre le stesse: l’agricoltura è sempre la categoria con più vittime, seguono l’edilizia, i servizi, l’industria (tutta) e l’autotrasporto.
Come potete vedere, se si prendono in considerazione tutte le morti sul lavoro e non solo gli assicurati INAIL dal 2008 registriamo addirittura un aumento del 6,2%.
Conforta il piccolo calo del 4% rispetto al 30 settembre del 2015. Ma la situazione veramente preoccupante riguarda l’agricoltura con i suoi 105 morti schiacciati dal trattore dall’inizio dell’anno, e la percentuale complessiva delle morti in questa categoria in questi nove anni non è mai stata sotto il 30%.
Il 31,2% dei morti sui luoghi di lavoro nel 2016 sono in agricoltura, tra i morti per infortuni in questa categoria ben il 67% sono i morti schiacciati dal trattore che guidavano.
E’ l’edilizia col 20,60% delle morti al secondo posto di questa triste classifica. Una percentuale enorme di queste morti sono dovuta a cadute dall’alto. Moltissimi di questi morti lavoravano in nero.
Segue l’industria con il 12,85%.
L’autotrasporto continua a pagare un forte tributo di sangue con il 6,7%, Tra questi tanti gli autotrasportatori morti nelle diverse categorie.
Spero di sbagliarmi, ma con l’introduzione del Jobs Act i morti sul lavoro aumenteranno e questo per una ragione molto semplice. Il sindacato sarà indebolito (chi si iscriverà più se potrà essere licenziato senza giusta causa e con una scusa?). I lavoratori non potranno più rifiutarsi di svolgere lavori pericolosi pena il licenziamento, questo è ovvio, basta guardare quello che succede in edilizia.
Assistiamo a livello europeo ad introduzioni di leggi che incrementano la precarietà. E’ successo prima in Germania dove ci sono lavoratori con salari di 500 euro, alla Spagna, al Jobs Act in Italia, apprendiamo adesso che anche in Olanda i nuovi assunti sono per la maggioranza precari. Si legge che anche in Olanda sono aumentati i morti sul lavoro a causa delle condizioni di precarietà dei nuovi assunti. E’ ovvio che in un’Europa dove a dettare le regole sono Banche e Finanza non ci si può stupire dell’aumento del lavoro precario nei diversi paesi. Insomma ci mettiamo a competere coi paesi in via di sviluppo, sui salari, ma anche sui diritti dei lavoratori.
La percentuale di lavoratori ultrasessantenni che sono morti sui luoghi di lavoro in questi nove mesi del 2016 sono il 29,1%. A causa della legge Fornero i morti in tarda età per infortuni sul lavoro sono aumentati notevolmente. Cosa aspetta il Governo a porvi rimedio? E’ disumano far continuare a lavorare anziani per chi svolge lavori pericolosi per sé e per i cittadini inconsapevoli. Vediamo se con la nuova legge sul lavoro queste morti caleranno.
Grazie ai Sindacati per aver cercato di alleviare questa carneficina.
Gli stranieri morti sui luoghi di lavoro sono il 9,38% sul totale. Gli stranieri morti per infortuni stanno calando percentualmente, questo sta a significare che adesso i lavori più pericolosi li fanno anche gli italiani.
MORTI SUL LAVORO NEL 2015
Sono stati 678 i morti per infortuni sui luoghi di lavoro nel 2015, contro i 661 del 2014 (+2,6%). Erano 637 nel 2008 (+6,1%).
L’INAIL nel 2014 ha riconosciuto complessivamente 662 morti sul lavoro, di questi il 52% sono decessi in itinere e sulle strade ma le denunce per infortuni mortali sono state 1107. Crediamo che anche per il 2015 ci siano più o meno le stesse percentuali. Nel 2015 tra gli assicurati INAIL c’è stata un’inversione di tendenza, per la prima volta dopo tantissimi anni questo Istituto vede aumentare le denunce per infortuni mortali. Ma le denunce non comportano necessariamente un riconoscimento dell’infortunio mortale. Sta a noi che svolgiamo un lavoro volontario, senza interesse di nessun tipo, far conoscere anche questo aspetto ai cittadini italiani.
Carlo Soricelli dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro
Per approfondimenti mandare mail a Carlo Soricelli (carlo.soricelli@gmail.com).
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From: Assemblea 29 Giugno assemblea29giugno@gmail.com
To:
Sent: Sunday, October 02, 2016 10:23 AM
Subject: A PROPOSITO DI BERTOLASO

Bertolaso sì, Bertolaso no …
Finalmente è stato assolto per “non aver commesso il fatto”. Questo “signore” (perdonate l’eufemismo), una settimana prima del terremoto a L’Aquila (31 marzo 2009) che causò 309 vittime, fece riunire la Commissione Grandi Rischi affinché comunicasse alla popolazione che non vi era alcun pericolo. La “scienza” la fece una previsione. Altroché se la fece: quella che non sarebbe accaduto alcunché.
Ci rendiamo conto di quale responsabilità e crimine si sono macchiati i “lorsignori”?!
Il fatto che 6 dei 7 componenti la Commissione siano stati assolti, come pure l’ex capo della Protezione Civile, deve far riflettere.
Riflettere nel senso che queste ridicole assoluzioni non sono lo scandalo, sono la norma. Lo “scandalo” si manifesta quando un potente o un potere forte cade nelle mani di questa giustizia.
Quindi: massima vigilanza e mobilitazione per impedire la... norma.
Anche se a simili giudici compiacenti e conniventi non dobbiamo stancarsi mai di gridare: VER-GO-GNA (tevi)!
NO alla prescrizione per Viareggio!
L’unica lotta persa è quella che si abbandona!
A seguire il comunicato (emesso e diffuso) del 13 novembre 2012:
TERREMOTO A L’AQUILA
Sulla condanna dei membri della Commissione Grandi Rischi
“Corporazione scientifica”, politica e mass media hanno manifestato reazioni scomposte e risentite alla sentenza di 1° grado che condanna i 7 membri della Commissione Grandi Rischi.
Il ritornello ripetuto è che questi scienziati sono stati condannati per “non aver previsto il terremoto”. Ridicolo e falso.
La Commissione, nel sostenere che i terremoti non si possono prevedere, per screditare il ricercatore Giuliani, che rivendicava di essere in grado di prevederli, ha al contrario fornito rassicurazioni sul fatto che le ripetute onde sismiche avevano tolto il rischio di un forte terremoto.
Su tali garanzie incoerenti e ingiustificate, la popolazione dell’Aquila e gli studenti universitari fuori-sede sono stati convinti a rimanere nelle case di notte, quando in passato erano abituati, in presenza di questi segnali, ad abbandonarle. Questi scienziati hanno abusato della loro autorità.
E’ stato scomodato persino Galileo. Allora i fatti andarono in senso opposto. Galileo, per aver sostenuto idee che erano in contrasto con le autorità, fu condannato. La Commissione, invece, ha fornito tutte le rassicurazioni che le istituzioni avevano richiesto, al di fuori di ogni evidenza scientifica.
Visto che i depositari di cotanta “Scienza” affermano che non si possono prevedere i terremoti, avrebbero dovuto come minimo fare tesoro loro stessi, per primi, di questa “certezza” per dichiarare almeno con onestà che non erano in grado di dire nulla sulla gravità o meno degli insistenti sciami sismici.
Il punto che gli scienziati offesi trascurano è che erano state date garanzie scientifiche che quegli sciami non precedevano un forte sisma!
Il problema vero è che LA COMMISSIONE UNA PREVISIONE LA FECE E FU QUELLA DI “NON RISCHIO”, cioè che niente di grave sarebbe avvenuto. Magari, non avesse fatto alcuna previsione!
L’allora capo della Protezione Civile, Bertolaso, fece riunire questa Commissione il 31 marzo, la settimana prima del terremoto, per una operazione, da lui stesso definita “mediatica”. Fece dire ai 7 membri della Commissione Grandi Rischi, ritenuti “massimi esperti”, che popolazione della provincia dell’Aquila e studenti universitari potevano tranquillamente riposare nelle proprie abitazioni. I “massimi esperti” mostrarono, così, di essere massimi servi.
-         Viareggio, 13 novembre 2012
-         Associazione “Il mondo che vorrei”
-         Comitato ‘Matteo Valenti’
-         Assemblea 29 giugno
-         Medicina democratica Sezione Viareggio
Adesioni collettive al comunicato:
-         Diego Quirino per l’Associazione “Voci della Memoria” - Casale Monferrato
-         Elena Ferrarese per il Comitato ex-inquilini “Case bianche” di amianto White - Milano
-         Comitato “NoTav all’attraversamento sotterraneo” - Firenze
-         Coordinamento per la difesa del trasporto pubblico - Lucca e Versilia
-         Associazione “Berretti Bianchi” onlus - Viareggio
-         Comitato “No parcheggio sotterraneo” - Pistoia
-         Carlo Dami per i Cobas - Pistoia
-         Gino Carpentiero per la Sezione Pietro Mirabelli di Medicina Democratica - Firenze
-         Alessandro Martelli, presidente dell’International Seismic Safety Organization (I.S.S.O.)
-         Lalliana Mualchin, segretaria dell’I.S.S.O.
-         Ciro Argentino per l’Associazione “Legami d’Acciaio” (ex operai e familiari Vittime Thyssen Krupp) - Torino
-         Stefano Corradino per “Articolo 21”
-         Medicina Democratica nazionale
-         Comitato Sopravvissuti Vajont
-         Associazione Italiana Esposti Amianto (AIEA)
Adesioni individuali:
-         Antonella Serafini
-         Barbara Mangiapane
-         Emiliano Favilla
-         Daniele Emilio Cinquini
-         Natale Rosario Marseglia
-         Marco Spezia
-         Simona Baldanzi
-         Stefano Bandioli
Alcune adesioni sono accompagnate da scritti e dall’impegno a far circolare il comunicato.
Si è messa in contatto con noi l’Associazione 23 dicembre 1978. Associazione, nata dopo 32 anni, che riunisce figli orfani delle vittime dell’incidente all’aeroporto di Punta Raisi (PA) che provocò 108 vittime di cui 17 rimaste disperse. 

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From: Clash City Workers cityworkers@gmail.com
To:
Sent: Sunday, October 02, 2016 8:18 PM
Subject: TUTTA L’ITALIA CON ABD ELSALAM!

Lo abbiamo scritto: la vicenda di Piacenza ha toccato gli animi di gran parte dell’opinione pubblica.
Un operaio che muore mentre sciopera, perché lotta, non si vedeva da decenni. Per questo subito è partita la macchina del fango, con la procura di Piacenza in primis a ridurre tutto a incidente. Ma moltissimi lavoratori e compagni in tutto il paese hanno compreso il significato dell’evento e hanno organizzato scioperi e presidi. Difficilmente ne avrete letto o sentito parlare. Come difficilmente avrete visto le immagini e sentito le voci dal bel corteo di sabato.
E allora abbiamo provato a raccogliere tutti gli episodi di solidarietà che hanno attraversato l’Italia in questi giorni e a restituirvi il clima che si respirava durante la manifestazione.
Buona lettura e buona visione!
Dopo la notizia dell’uccisione di Abd Elsalam, ci sono stati presidi a:
-         Roma: più di cento persone al presidio indetto giovedì alle 15:00 sotto al Ministero del Lavoro, culminato nel blocco di via Veneto per un’ora;
-         Bologna: centinaia di persone in corteo nella giornata di giovedì, scontri con la polizia quando il corteo ha provato a dirigersi verso la stazione;
-         Pavia: giovedì 15, oltre 150 persone e tantissimi sindacati e organizzazioni politiche hanno risposto all’appello lanciato dall’USB: il presidio è diventato un corteo che, dopo aver sfilato da piazza Duomo a piazza Vittoria, si è trasformato in un’assemblea; davanti al Tribunale è stato appeso lo striscione “I vostri profitti, i nostri morti”;
-         Livorno: sabato, in concomitanza con il corteo, il Coordinamento Lavoratori e Lavoratrici Livornesi ha organizzato un presidio davanti al magazzino GLS;
-         Bergamo: appena saputo dell’uccisione di Abd Elsalam, nella tarda mattinata di giovedì 15, più di cento lavoratori hanno percorso in corteo le strade di Bergamo; la solidarietà è continuata sabato sera, con volantini, interventi e striscioni al festival “Celada in strada”;
-         Firenze: decine di persone in presidio sotto la Direzione Territoriale del Lavoro;
-         Torino: presidio in piazza Castello giovedì pomeriggio con un breve blocco del traffico; dopo un comizio, è stato osservato un minuto di silenzio; campeggiava lo striscione “GLS Piacenza, il profitto padronale uccide”.
-         Napoli: giovedì 15 è stato immediatamente organizzato un corteo nel pomeriggio, e il giorno dopo un blocco e un volantinaggio davanti al magazzino GLS di Mariglianella; alla fine si è riusciti a parlare con i lavoratori del magazzino, che hanno espresso vicinanza alla famiglia e ai compagni di Abd Elsalam;
-         Milano: numerose realtà cittadine hanno partecipato al corteo regionale indetto dall’USB, che ha visto centinaia di persone sfilare per le strade;
-         Padova: venerdì alle 18:00, oltre 100 persone hanno partecipato al presidio, e dopo aver appeso numerosi striscioni hanno sfilato poi in corteo per le strade del centro al grido di “Assassini!”;
-         Brescia: trenta partecipanti al presidio davanti al magazzino GLS della città;
-         Lecco: venerdì, dalle 4 di mattina fino al pomeriggio il magazzino GLS di Valmadrera è stato presidiato e a tutti i mezzi è stato impedito di entrare e uscire;
-         Catania: quattro ore di presidio nella sera di sabato davanti alla Prefettura di Catania, dove è stata anche organizzata una “Cassa di resistenza” per la famiglia di Abd Elsalam;
-         Avellino: nella giornata di venerdì è stato organizzato un presidio davanti alla Prefettura;
-         Modena: lunedì 19 davanti al Sacrario della Ghirlandina è stato chiamato un presidio; numerosi gli organizzatori, che puntano il dito contro l’utilizzo di false cooperative nel mondo della logistica;
-         Nola (NA): lunedì 19 la FIOM lancia un’ora di sciopero a fine turno degli operai Leonardo/Alenia;
-         Messina: martedì 20 presidio in Piazza Cairoli (Messina) “Operaio ucciso mentre lottava per i diritti dei lavoratori”;
-         Pistoia: mercoledì 21 dalle 10 alle 13 presidio sotto la Prefettura “Basta morti operaie!”.
Ma la mobilitazione non si è limitata ai presidi o cortei simbolici, e si è allargata presto anche ai posti di lavoro. Numerose fabbriche in tutta Italia si sono mobilitate e hanno dichiarato scioperi:
-         subito, nella giornata di giovedì 15, sono arrivati comunicati dalla SAME di Treviglio, dalla Oerlikon di Torino, da GKN e Easy-Group di Firenze che proclamavano sciopero nelle ore finali dei turni;
-         venerdì i lavoratori dell’Electrolux hanno scioperato per un’ora e quarantacinque minuti a fine turno, con adesioni di oltre il 50% nei turni part time della mattina e ancora maggiore negli altri reparti; solidarietà dalle RSU alla famiglia di Abd Elsalam;
-         scioperi e comunicati di solidarietà anche dalla Ferrari, dalla Maserati e dalla Motovario; un messaggio a tutti i compagni: “La vostra lotta è la nostra lotta!”;
-         la FIOM di Milano ha indetto per venerdì 16 una giornata di mobilitazione, contro l’attacco sistematico ai diritti dei lavoratori;
-         anche la FIOM di Brescia, tra giovedì e venerdì, ha dato vita a un’intensa mobilitazione; tra scioperi e iniziative varie, hanno aderito moltissime fabbriche della provincia: Iveco, Iveco mezzi speciali, Eredi Gnutti, OMB Technology, Isoclima, MetalWork, ATB, Fonderia di Torbole, Sabaf, Streparava, Lanfranchi, Eural, Beretta, TRW, Banco Nazionale di Prova, Timken, Redaelli, Uberti, Tanfoglio, Metra, Metracolor, Compes e altre ancora;
-         FIM, FIOM e UILM di Venezia hanno proclamato sciopero di un’ora a fine turno per la giornata di lunedì 19;
-         anche negli stabilimenti FCA di Termoli, sono previste due ore di sciopero per lunedì 19 e maredì 20;
-         l’area di opposizione interna alla CGIL, “ilsindacatounaltracosa”, ha chiesto alla CGIL di indire uno sciopero generale per questa settimana, con cui “diffondere, generalizzare e radicalizzare” la reazione spontanea di questi giorni.
E per concludere, sull’onda dell’assassinio di Abd Elsalam e delle morti di lavoratori avvenute nei giorni scorsi a Taranto, Roma e Trieste, sono state proclamate a livello nazionale da FIM, FIOM e UILM un’ora di sciopero e assemblee sui luoghi di lavoro.
Per la giornata del 21 settembre USB ha chiamato una mobilitazione nazionale per Abd Elsalam. Il sindacato ha proclamato lo sciopero per tutto il turno notturno di martedì notte, fino al mattino di mercoledì 21 settembre. Presidi già lanciati alle sedi GLS di Roma e Torino.
A Padova invece dalle 18.30 di martedì contestazione al ministro Poletti, ex presidente di Legacoop, associazione a cui aderiscono molte delle cooperative che contribuiscono al sistema di sfruttamento che domina tutto il sistema della logistica, e ministro che ha liberalizzato l’utilizzo del tempo determinato, proprio l’istituto contro cui ABD stava lottando la notte in cui è stato ucciso.

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From: Clash City Workers cityworkers@gmail.com
To:
Sent: Sunday, October 02, 2016 8:18 PM
Subject: DIECI MOTIVI (PIU’ UNO) PER CUI SIAMO TUTTI ABD ELSALAM

Il 15 settembre, durante una manifestazione al magazzino della GLS di Piacenza, è morto Abd Elsalam, lavoratore della logistica.
Lottava perché l’azienda mantenesse le promesse, lottava per la stabilizzazione dei suoi colleghi precari, lui lavoratore egiziano a tempo indeterminato. Ha resistito, ha voluto bloccare un camion che invece, istigato dal caporale di turno. non si è fermato, travolgendolo. Un eroe? Forse sì; ma noi crediamo che quasi tutti siamo Abd Elsalam, anche tu.
Sei Abd Elsalam perché almeno una volta hai difeso qualcuno da un’ingiustizia. Almeno una volta hai creduto che un diritto negato a un tuo amico, un tuo vicino, un tuo collega, voleva dire negare un diritto anche a te.
Sei Abd Elsalam perché hai bisogno di lavorare, perché non ti è stato regalato nulla; eppure, nonostante la fatica, aspetti con ansia quei dieci minuti di pausa davanti alla macchinetta del caffè per parlare con i tuoi colleghi e le tue colleghe, per chiedere loro come vanno le cose, e per scambiare confidenze e condividere i problemi, che sembrano alleggerirsi almeno per un momento.
Sei Abd Elsalam perché sei emigrato o hai pensato o stai pensando di farlo, perché dove sei nato e cresciuto non c’era presente né futuro; perché sei andato a lavorare in un pub a Londra o in un magazzino a Berlino o in una casa a Bruxelles o ancora in una città italiana che offriva maggiori possibilità, almeno così ti avevano detto e invece, magari, ti sei ritrovato a fare un lavoro di merda e a guadagnare lo stretto indispensabile per continuare a campare, ma nulla più. Eppure non ti sei arreso...
Sei Abd Elsalam perché sei stato declassato a “incidente” ogni volta che qualcuno ha sminuito un tuo problema e lo ha ascritto a forze incontrollabili: come quella volta, per esempio, in cui ti hanno detto che lo straordinario non te lo pagavano, perché la crisi mordeva e tutti noi dobbiamo fare dei sacrifici…
Sei Abd Elsalam perché almeno una volta hai provato a protestare e qualcuno, più in alto di te, il capo reparto, il datore di lavoro, ti ha detto: “non dipende da nessuno, non possiamo farci nulla”...
Sei Abd Elsalam perché anche tu almeno una volta sei morto sul lavoro, magari in senso metaforico; sei morto dentro perché hai subito un’umiliazione, perché sei stato cacciato, represso, oppure semplicemente ignorato.
Sei Abd Elsalam perché ogni mese una parte di quello che produci va ad appesantire le tasche di qualcuno che tu hai il piacere di vedere solo quando, con un sorriso largo come una tagliola, ti viene a dire che non c’è più posto per tutti, che bisogna dimostrare di meritare un lavoro che ogni giorno ti ruba la salute e spesso la dignità.
Sei Abd Elsalam perché la mattina, quando scendi dal letto, cominci un viaggio pieno di speranza, provando a credere che alla fine della giornata ti sentirai meglio, oppure che avrai qualcosa in più da dare, e senti un sottile filo rosso che lega i piedi che poggi sul pavimento quando ti alzi, a quei piedi che vedi poggiarsi sulla terra di Lampedusa, dopo un viaggio infame e rischioso.
Sei Abd Elsalam perché la guerra la riesci a vedere, anche se fanno di tutto per mascherarla. E’ una guerra che conta i suoi morti ogni volta che un altro Abd Elsalam cade da un’impalcatura, o cade in depressione…
E sei Abd Elsalam perché lo capisci che questa è una guerra vera, e non riesci a fare pace con il fatto che i tuoi padroni, maledizione, lo hanno capito prima di te e sono più preparati...
Ma alla fine sei Abd Elsalam perché, proprio come lui, vuoi resistere un secondo più a lungo di loro, e dentro di te sai che la storia avrà un finale diverso.

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