INDICE
Mario Murgia info@associazioneespostiamiantovalbasento.it
AMIANTO: CRITICITA’ DEL “DECRETO
SALVA ITALIA”, CONOSCIUTO COME LEGGE FORNERO
Posta Resistenze posta@resistenze.org
L’ITALIA
CHE AFFONDA
MicroMega
kwdirect@newsletter.kataweb.it
LA TRAGEDIA DI ABD ELSALAM E IL
LAVORO AL TEMPO DEL JOBS ACT
Carlo
Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
REPORT
MORTI PER INFORTUNI AL 30 SETTEMBRE 2016
A
PROPOSITO DI BERTOLASO
Clash City Workers cityworkers@gmail.com
TUTTA L’ITALIA CON
ABD ELSALAM!
Clash City Workers cityworkers@gmail.com
DIECI MOTIVI (PIU’
UNO) PER CUI SIAMO TUTTI ABD ELSALAM
---------------------
From: Mario Murgia info@associazioneespostiamiantovalbasento.it
To:
Sent:
Tuesday, September 27, 2016 5:24 PM
Subject: AMIANTO:
CRITICITA’ DEL “DECRETO SALVA ITALIA”, CONOSCIUTO COME LEGGE FORNERO
Matera, 22
settembre 2016
LETTERA
APERTA
Ministro
della Giustizia
Andrea
Orlando
Ministro del
Lavoro e delle Politiche Sociali
Giuliano
Poletti
CRITICITÀ
DEL “DECRETO SALVA ITALIA”, CONOSCIUTO COME LEGGE FORNERO, RISPETTO ALLA LEGGE
257/92 ED ALLA DIRETTIVA COMUNITARIA 477/1983/CEE.
Considerazioni
in merito all’Articolo 1, comma 276, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208,
concernente benefici previdenziali riconosciuti agli ex lavoratori occupati
nelle imprese che hanno svolto attività di scoibentazione e bonifica, affetti
da patologia asbesto-correlata, derivante da esposizione all’amianto. Decreto
del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero
dell’economia e delle finanze del 29 aprile 2016, da adottare entro sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Negli ultimi
tempi stanno manifestandosi casi preoccupanti di lavoratori ex esposti o
esposti che, pur avendo i requisiti previsti dalle norme precedenti la legge
FORNERO quali: esposizione ultradecennale all’amianto nonché il riconoscimento
di cui articolo 13, comma 7, della Legge 257/1992 non potranno essere avviati
al trattamento di quiescenza INPS a causa dei requisiti previsti dalla stessa
Legge n.214 del 22/12/11 e si ritroveranno senza alcuna remunerazione per
sostenere la propria famiglia.
Molti
lavoratori, pur avendo già raggiunto il tetto massimo di 40 anni di contributi
previsto dalla Legge 257/92, non potranno utilizzare gli anni dell’esposizione
all’amianto perché tali anni non possono essere aggiunti ai 40 anni lavorativi
già maturati. In ambito previdenziale, tali anni sono funzionali al solo
ricalcolo dell’importo pensionistico, come previsto dall’articolo 47 del D.L.
269/03 che recita: “A decorrere dal 1° ottobre 2003, il coefficiente stabilito
dall’articolo 13, comma 8, della Legge 257/92, è ridotto da 1,5 a 1,25. Con la stessa
decorrenza, il predetto coefficiente moltiplicatore si applica ai soli fini
della determinazione dell’importo delle prestazioni pensionistiche e non della
maturazione del diritto di accesso alle medesime”.
L’applicazione
della norma contenuta nel cosiddetto “Decreto Salva Italia” (conosciuta anche
come “Legge Fornero”) anche a questi lavoratori, si pone in netto contrasto con
la ratio stessa della norma di cui alla Legge 257/92. Ratio che va infatti
ravvisata nella finalità di offrire ai lavoratori esposti all’amianto per un
apprezzabile periodo di tempo, un beneficio correlato alla possibile incidenza
invalidante proveniente da lavorazioni che provocano una minore aspettativa di
vita, generalmente sette anni in meno, rispetto all’aspettativa di vita di un
lavoratore non esposto. La quiescenza per i lavoratori che hanno contratto
patologie asbesto correlate era l’aspetto più importante della norma, con l’applicazione
dei nuovi parametri della legge Fornero si sono create le condizioni per
generare drammi sociali.
Anziché
semplificare la normativa a tutela delle vittime dell’amianto, si continua a
legiferare con emendamenti che centellinano parvenze di giustizia per pochi,
facendo aumentare le diseguaglianze tra i lavoratori ex esposti. Tali
diseguaglianze potrebbero aver provocato violazione dei diritti umani, in
particolare, il diritto alla salute e alla sicurezza personale.
Le
istruzioni operative contenute nel messaggio inviato dalla Direzione Centrale
Pensioni ai Direttori Regionali e ai Direttori delle Strutture Territoriali
INPS dimenticano completamente tutti coloro che hanno inficiato la propria
esistenza a causa del lavoro con l’amianto. Esse si riferiscono solo “agli ex
lavoratori occupati nelle imprese che hanno svolto attività di scoibentazione e
bonifica che hanno cessato il loro rapporto [...] per effetto della chiusura,
dismissione o fallimento dell’impresa [...] il cui sito è interessato da piano
di bonifica da parte dell’ente territoriale”. Tale esplicazione ignora i
lavoratori occupati in aziende non chiuse, né fallite, né dismesse e “il cui
sito non è interessato da piano di bonifica da parte dell’ente territoriale”.
QUESTO
PASSAGGIO È DOPPIAMENTE NEGATIVO E DA RIGETTARE PERCHE’:
a - Il punto
“a” dei “destinatari” si rivolge a coloro “che non svolgono alcuna attività
lavorativa alla data di presentazione della domanda di cui al successivo punto
5”: coloro che sono in mobilità possono presentare domanda?
b - quale
colpa si può addossare all’operaio se l’azienda non ha chiuso, non è fallita né
dismessa?
c - molti
enti territoriali non si sono mai adoperati per la bonifica dei siti delle
aziende che hanno usato l’amianto.
d -
considerazione ancora più grave, nessun lavoratore può pagare, né può essere
considerato colpevole se l’ente territoriale non si interessa alla bonifica.
e - quale
beneficio può andare incontro agli ex esposti se pone il termine perentorio
della presentazione della domanda (30 giugno 2016)?
f - quanti
operai affetti da patologie così gravi possono accedere ad un fondo nazionale
di soli 2 milioni euro?
g- perché Il
sussidio di cui al precedente punto 4 può essere riconosciuto a decorrere dal
1° gennaio 2016 e non oltre il 31 dicembre 2018?
CONSIDERAZIONI
GIURIDICHE SULLA LEGGE FORNERO
Numerosissime
sono le critiche mosse nel tempo alla Riforma delle Pensioni del Ministro Elsa
Fornero, e altrettanto numerose sono le criticità relative ad alcune categorie
di lavoratori rimasti senza pensione né stipendio con l’entrata in vigore della
Riforma pensionistica 2012.
Una delle
questioni irrisolte riguarda I LAVORATORI E GLI EX LAVORATORI I QUALI, PUR
AVENDO OTTENUTO LA
CERTIFICAZIONE DI ESPOSIZIONE AD AMIANTO, e avendo raggiunto
il tetto massimo di 40 anni di contribuzione, ex articolo 13, comma 7 e comma
8, della Legge 257/92, non possono accedere al pensionamento per i nuovi
parametri previsti dall’articolo 24 del D.L. 201/11.
Al fine di
meglio comprendere l’importanza della problematica in questione è necessaria
una breve premessa.
Sin dalle
sue origini, la storia dell’amianto è caratterizzata da una serie
impressionante di diritti negati e di omissioni relative: a misure di
protezione, rilevazioni e controlli, adeguate previsioni nel sistema
assicurativo obbligatorio, violazione di norme perfino costituzionali,
violazione di norme sia interne che comunitarie.
La
rivalutazione contributiva per coloro che sono rimasti esposti all’amianto è
riconosciuta in funzione compensativa dell’obiettiva pericolosità dell’attività
lavorativa spiegata.
Su questo
punto, la Corte
di Cassazione, Sezione Lavoro, con la Sentenza 4913/2001, ha evidenziato che le
disposizioni di cui all’articolo 13, comma 8 della Legge 257/1992 hanno
parzialmente risarcito quell’ingiusto pregiudizio derivante dalla non adozione
delle normative comunitarie. La stessa Sentenza ha richiamato le norme di cui
agli articoli 24 e 31 del D.Lgs. 277/1991, che recepiva la direttiva
comunitaria 477/1983/CEE, dopo la condanna da parte della Corte di Giustizia
dell’Unione Europea del 13/12/90, con la quale era stata definita la procedura
di infrazione n. 240 del 1989
a carico dell’Italia per non aver adottato le norme per
la tutela dei lavoratori esposti all’amianto previste in sede comunitaria.
Tale norma
configura una soluzione che, tenendo conto della capacità di subire danni in
relazione al tempo di esposizione, consente una maggiorazione dell’anzianità
contributiva per tutti i dipendenti che siano stati esposti all’amianto per più
di dieci anni, in funzione compensativa dell’obiettiva pericolosità dell’attività
lavorativa spiegata e ciò in attuazione dei principi di solidarietà di cui è
espressione l’articolo 38 della Costituzione.
Il contenuto
dell’articolo 13, comma 8 della Legge 257/92 (come modificata dal D.L.169/93,
convertito con modifiche nella Legge 271/93), costituisce una trasposizione sul
terreno della solidarietà sociale di due principi fondamentali della nostra
Costituzione: la TUTELA
DELLA SALUTE ed il PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA, da cui discende,
come ulteriore portato di valore costituzionale, il criterio che a parità di
rischio occorre garantire parità di tutela (Sentenze della Corte Costituzionale
206/74 e 114/77).
E invero, il
testo attuale del comma 8 dell’articolo 13 della Legge 257/1992, elimina ogni
riferimento all’attività svolta, e pone l’accento ESCLUSIVAMENTE SUL DATO DELLA
ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO.
Orbene, la
ratio della norma va ravvisata, come afferma la Corte Costituzionale
nella sentenza n. 5 del 12 gennaio 2000, “NELLA FINALITA’ DI OFFRIRE AI
LAVORATORI ESPOSTI ALL’AMIANTO PER UN APPREZZABILE PERIODO DI TEMPO (ALMENO
DIECI ANNI), UN BENEFICIO CORRELATO ALLA POSSIBILE INCIDENZA INVALIDANTE DI
LAVORAZIONI CHE, IN QUALCHE MODO, PRESENTANO POTENZIALITA’ MORBIGENE”.
La Corte
Costituzionale, nella sentenza n. 434 del 31 ottobre 2002, ha precisato che
nell’ambito dei beneficiari della norma de qua si trovano “tutti i soggetti
ancora inseriti nel mondo del lavoro alla data di entrata in vigore della Legge
257/92, qualunque fosse il loro stato occupazionale del momento (di occupato
nel settore dell’amianto, di disoccupato, di sospeso ovvero di occupato in un
settore diverso), a prescindere dall’attualità dell’esposizione [...]”; e ancora,
a proposito del meccanismo della rivalutazione, che esso è “diretto a
facilitare il raggiungimento dei requisiti assicurativi necessari per l’accesso
al pensionamento e non come strumento finalizzato a incrementare i trattamenti
pensionistici già erogati al momento di entrata in vigore della Legge 257/92”.
***
Fatta questa
breve quanto necessaria premessa, partendo dalla ratio e dall’ambito soggettivo
di applicazione della normativa in materia di benefici previdenziali amianto,
ben si comprende allora come l’applicazione della norma contenuta nel
cosiddetto “DECRETO SALVA ITALIA” (conosciuta anche come “Legge Fornero”) anche
per i lavoratori ex esposti o esposti, si pone in netto contrasto con la ratio
stessa della norma di cui alla Legge 257/1992, della Direttiva comunitaria
477/1983/CEE, nonché della decisione di condanna da parte della Corte di
Giustizia dell’Unione Europea del 13/12/90 nei confronti dell’Italia.
Ratio che va
infatti ravvisata nella finalità di offrire ai lavoratori esposti all’amianto
per un apprezzabile periodo di tempo, un beneficio correlato alla possibile
incidenza invalidante proveniente da lavorazioni che provocano una minore
aspettativa di vita, rispetto all’aspettativa di vita di un lavoratore non
esposto.
LA
QUIESCENZA PER I LAVORATORI POTENZIALMENTE ESPOSTI AL RISCHIO
MORBIGENO ERA L’ASPETTO FONDAMENTALE DELLA NORMA, CHE OGGI, CON L’APPLICAZIONE
DEI NUOVI PARAMETRI DELLA LEGGE FORNERO, RISULTA PRESSOCHE’ SVILITO E
FRUSTRATO, RISULTANDO CONSEGUENTEMENTE VANIFICATI GLI EFFETTI DI UNA LEGGE
DELLO STATO.
Occorre
dunque, che venga riaffermato il principio di legalità.
In chiara
opposizione rispetto ai principi ispiratori della normativa del 1992, le scelte
effettuate tanto dal legislatore, quanto dalla giurisprudenza sono state invece
orientate esclusivamente da una preoccupazione di natura finanziaria ovvero dal
timore esplicitamente espresso in molte pronunce, che l’applicazione della
norma, nel giusto tenore voluto dal legislatore a favore di tutti i lavoratori
esposti ultradecennali, avrebbe pesato eccessivamente sulle finanze dello
Stato.
Questa
chiave di lettura della normativa, determinata dall’opzione finanziaria di
fondo, ha finito per determinare assurde negazioni di tutela e corto circuiti
logico giuridici, portando a disparità di trattamento in alcun modo
giustificabili all’interno dell’ordinamento.
Sono diversi
ed emblematici alcuni casi.
Fra tutti,
quello del signor G., il quale affetto da asbestosi, ha conseguito il
riconoscimento di cui all’articolo 13, comma 7, della Legge 257/92, ma pur
raggiungendo i requisiti dalla normativa pre-Fornero, non può oggi percepire la
pensione non avendo raggiunto l’età anagrafica, rientrano a pieno titolo nella
definizione di esodato, ormai nota.
Ancora più
eclatante, il caso della Isochimica di Avellino, problematica tristemente nota,
che nonostante i numerosi tentativi di intervento, risulta ancora lontano da
una soluzione.
I lavoratori
della Isochimica, che hanno bonificato la maggior parte dei vagoni ferroviari
appartenenti alle ferrovie dello Stato italiano, sono stati tutti colpiti da
gravi patologie asbesto–correlate. Essi, pur essendo stati presi in
considerazione dalle leggi di stabilità del 2014 e del 2015, sono stati
costretti a inoltrare ricorso al TAR del Lazio per chiedere l’annullamento e la
sospensione dell’efficacia del Decreto del Ministero del Lavoro e del Ministero
dello Sviluppo Economico del 29/04/16, il quale con un vero e proprio colpo di
spugna dei benefici, ha sovvertito lo spirito e le finalità presenti nell’ultima
legge di stabilità.
***
LE
CONCLUSIONI
Al fine di
porre rimedio a questa ingiustizia, l’Associazione Italiana Esposti Amianto
(AIEA) chiede che IL PUNTO “A” DELL’ARTICOLO 2 E L’ARTICOLO 3 del Disegno di
Legge n. 1645, depositato alla presidenza del Senato il 22/10/14, avente per
oggetto: “Misure sostanziali, processuali e previdenziali a tutela delle
vittime, a qualsiasi titolo, dell’amianto” e della Proposta di Legge n. 3559,
presentata alla Presidenza della Camera il 26/01/16, avente per oggetto: “Modifiche
all’articolo 47 del Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con
modificazioni, dalla Legge 24 novembre 2003, n. 326, e altre disposizioni a
tutela delle vittime dell’amianto”, VENGANO APPROVATI AL PIU’ PRESTO.
Si
sottolinea che con il suddetto PUNTO “A” DELL’ARTICOLO 2 citato si dà al
lavoratore la possibilità di scegliere tra l’anticipazione dell’accesso alla
pensione o l’incremento della prestazione pensionistica. Con l’ARTICOLO 3
citato si chiede di escludere dalle “Disposizioni in materia di trattamento
pensionistici” previste nel “Decreto Salva Italia” i lavoratori esposti o ex
esposti all’amianto.
Il
menzionato Disegno di Legge n. 1645, prodotto dall’AIEA, è fermo in Commissione
Lavoro dal marzo 2015, i proponenti, con grande disappunto, prendono atto che,
nonostante sia stato firmato da 42 senatori, non fa alcun passo in avanti,
forse perché non esiste volontà politica per la sua approvazione; logiche di
bilancio stanno calpestando non solo i principi costituzionali che sanciscono
IL DIRITTO ALLA SALUTE dei cittadini ma possono generare drammi sociali causati
dall’esclusione dal mondo del lavoro e dall’impossibilità di accedere al
trattamento pensionistico.
Mario Murgia
Associazione
Italiana Esposti Amianto
---------------------
From: Posta
Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent: Thursday, September 29,
2016 2:24 AM
Subject: L’ITALIA CHE AFFONDA
Da Nuova
Unità
di Michele
Michelino
settembre
2016
TERREMOTI, CALAMITA’ NATURALI E INCIDENTI, SONO DOVUTI ALLA SEMPLICE
FATALITA’ O SONO IL PRODOTTO DELL’AVIDITÀ DELLA BORGHESIA IMPERIALISTA?
Il terremoto
accaduto nel rietino, tra Accumoli e Amatrice, che ha distrutto borghi storici
tra Lazio e Marche e fatto quasi 300 morti e centinaia di feriti, è passato.
Rimangono le macerie, le persone nelle tende e le inchieste giudiziarie che,
con i tempi biblici della giustizia borghese, come sempre rischiano di lasciare
impuniti i responsabili.
A oggi sono
298 i morti e più di 350 i feriti e poiché il 24 agosto (giorno del sisma) c’erano
molti villeggianti, non si sa se ci sono altri morti sotto le macerie.
Purtroppo altri disastri “naturali” sono prevedibili e attesi e certamente
avverranno: ma non si potranno annoverare semplicemente fra le calamità.
L’ITALIA E’ UN PAESE CHE AFFONDA E NON SI PUO’ INCOLPARE SOLO LA NATURA.
I morti per “calamità”
naturali e incidenti non sono dovuti alla semplice “fatalità”; questi disastri
sono il prodotto dell’avidità della borghesia imperialista, il vero cancro del
paese e dello sfruttamento intensivo degli esseri umani e della natura.
In 44 anni
sono stati spesi 122 miliardi di euro, soldi rubati dalle tasche dei proletari
e finiti in quelli dei padroni senza alcuna messa in sicurezza dei territori.
Tutti i
governi (di centrodestra e centrosinistra) che hanno governato il paese hanno
favorito l’interesse dei grandi capitalisti e le “grandi opere”, a scapito
della messa in sicurezza di interi territori e oggi nelle zone a rischio ci
sono ancora edifici e infrastrutture fatiscenti che non possono e non potranno
certo reggere l’impatto di future altre calamità naturali.
Tuttavia le “disgrazie”
non vengono mai da sole. Al disastro generato dal terremoto e dalla mancata
prevenzione, alle ruberie di regime e degli amici degli amici, si aggiunge
quello della presenza di amianto nelle costruzioni crollate che, in quantità
grandi o piccole, ha contaminato e avvelenerà i soccorritori e i cittadini che rimangono
nelle vicinanze dei paesi distrutti. E’ già successo con il crollo delle torri
gemelle (World Trade Center), che provocò fra i soccorritori che avevano
respirato le fibre di asbesto centinaia di morti per mesotelioma e altre
malattie respiratorie, nel silenzio più vergognoso della stampa di tutto il
mondo.
DISTRUGGERE PER RICOSTRUIRE SERVE A FAR RIPARTIRE L’ECONOMIA BORGHESE
Ma come
sempre al danno si aggiunge la beffa. Come abbiamo appreso dalla denuncia che
il 3 agosto 2016 il parlamentare del Movimento 5 stelle Riccardo Fraccaro ha
fatto in aula alla Camera dei Deputati durante la discussione sul bilancio
interno del 2015, “I cittadini pagano
per i parlamentari l’assicurazione per punture e morsi di animali, malattie
tropicali, affogamento, ernie addominali, escursioni in montagna, colpi di
sole. Ma non è finita, in caso di calamità naturali pagheranno gli italiani:
terremoto, inondazioni, alluvioni, eruzioni vulcaniche. Paghiamo anche l’assicurazione
ai deputati se essi subiscono un infortunio in stato di ebbrezza. E’ una cosa
inaccettabile”.
E ha
rilevato: “Ma forse questa supera
ancora quella precedente: un’assicurazione se subite dei danni in caso di
sommosse, insurrezione o tumulti popolari. 350 mila euro che spendono i
cittadini per assicurarvi, mentre fuori sono stati tagliati dal governo Renzi
4,3 milioni al Fondo Sanitario Nazionale e ci sono 11 milioni di italiani che
rinunciano alle cure o le rinviano. Mentre la spesa sanitaria privata è
aumentata del 3,2 per cento sotto il governo Renzi, chiedete 350 mila euro agli
italiani ogni anno per coprirvi l’assicurazione sanitaria? Ora, signori, io
credo che se un’assicurazione deve essere pagata è quella che i partiti devono
pagare agli italiani per i danni che con le vostre leggi gli arrecate ogni
giorno”.
A differenza
del sistema socialista in cui si produce per il benessere della maggioranza
della popolazione, nell’economia borghese, nel capitalismo si produce per il
profitto di pochi e non per il benessere dell’umanità. Il massimo profitto è la
molla che spinge i capitalisti a investire e produrre. Le grandi lobby
economiche pagano le campagne elettorali dei loro uomini nel governo e nelle
istituzioni, e i politici al loro servizio assolvono il loro ruolo di “servi”
nella distribuzione degli appalti e dei favori a finanzieri, banchieri,
imprenditori, faccendieri e speculatori.
Certo forse
i terremoti oggi ancora non possono essere evitati, anche se c’è chi sostiene
il contrario, tuttavia, se l’Italia cade a pezzi, prima di incolpare la natura
bisogna denunciare la grossa responsabilità della classe dirigente di questo
paese.
Che le
calamità “naturali” siano viste come un affare l’ha affermato candidamente nel
corso dello speciale TV “Porta a Porta” di giovedì 25 agosto anche il “giornalista”
Bruno Vespa. Con i morti e i feriti ancora sotto le macerie, si compiaceva che
il terremoto nell’Italia centrale può fare da volano per l’economia. Parlando
con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Graziano Del Rio ha detto
testualmente che “questa sarebbe una
bella botta di ripresa per l’economia perché pensi l’edilizia che cosa non
potrebbe fare”. Lo stesso Del Rio intervenendo ha altrettanto
candidamente precisato: “adesso L’Aquila
è il più grande cantiere d’Europa e anche l’Emilia è un grandissimo cantiere in
crescita, farà Pil”. Vespa ha poi chiuso raggiante affermando che
“il terremoto darà lavoro ad un sacco
di gente”.
Queste
dichiarazioni dimostrano tutto il cinismo e l’ipocrisia del potere.
Fare soldi
sulla pelle delle persone, mandandole consapevolmente a morte in fabbrica o nel
territorio (come dimostrano i morti per amianto e altre sostanze cancerogene,
sfruttando gli immigrati che lavorano nei campi sotto il sole senza protezioni
individuali e collettive o nelle logistiche per due euro l’ora) è considerato “normale”.
Molte vite
si sarebbero salvate se invece dalle grandi opere inutili quali il Mose, la TAV Torino-Lione,
e tutti gli enormi giri di affari a vantaggio della criminalità organizzata,
della grande finanza e di Confindustria si fosse messa in sicurezza il paese.
Altro che
eventi e disastri “imprevedibili”. E’ ancora presente nella nostra mente il
disastro ferroviario di Andria in Puglia, che si poteva benissimo evitare con
un investimento in sicurezza modesto. Per il solo studio di fattibilità del
Ponte sullo Stretto i governi hanno preferito spendere centinaia di milioni di
euro invece che mettere in sicurezza l’area dello Stretto, la più esposta d’Italia
al rischio sismico e idrogeologico.
Ma si sa, le
grandi opere muovono grandi interessi e le imprese multinazionali con fatturati
miliardari che pagano per far eleggere deputati e senatori che devono
rispondere ai loro padroni, esigono un ritorno economico. I morti e feriti
dovuti alle calamità “naturali” che avvengono periodicamente sono l’occasione
per i padroni di realizzare giganteschi profitti sulla pelle della popolazione
e per il governo e i politici di avere una vetrina privilegiata in cui
mostrarsi addolorati e “umani” andando per qualche ora al giorno in mezzo ai “disastrati”,
accompagnati dalla stampa e TV di regime: così non pagano nemmeno la
pubblicità.
---------------------
From:
MicroMega kwdirect@newsletter.kataweb.it
To:
Sent:
Wednesday, September 28, 2016 12:02 PM
Subject: LA TRAGEDIA DI ABD ELSALAM E IL LAVORO AL TEMPO DEL JOBS ACT
di Domenico
Tambasco
21 settembre 2016
La
tragedia di Abd Elsalam, professore egiziano passato dalla trasmissione della
cultura a quella dei pacchi per la cruda necessità di mantenere la propria
famiglia e la cui vita, in una notte di settembre, è stata stritolata dalle
impietose ruote di un TIR, è innanzitutto la plastica rappresentazione del
lavoro contemporaneo.
Un
lavoratore in solitaria lotta contro l’altro, allo stesso modo di un duello
medioevale (oggi definito “contest”): ma l’unico
premio, in questo tetro presente, è un Job ovvero un “pezzo” di lavoro
povero e senza futuro. Ecco servito l’affresco del lavoro 3.0, così
beffardamente diverso dal Quarto Stato di Pelizza da Volpedo.
Osserviamone
i particolari. Da un lato un “padroncino”, piccolo padrone di sé formalmente
autonomo e indipendente, dall’altro un lavoratore di cooperativa all’apparenza “socio”
nella forma più nobile di attività economica privata, per cui la “Repubblica riconosce la funzione sociale [...] a carattere di mutualità
e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento
con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere
e le finalità” (articolo
45, comma primo della Costituzione).
Sopra
le loro teste, tuttavia, incombe opprimente il “tallone di ferro” del “committente”,
termine con cui la lingua dell’evo neoliberista ha imbellettato l’ottocentesco “padrone”.
Siamo
al trionfo della manipolazione linguistica; il “committente”, il “padroncino”,
il “socio di cooperativa” altro non sono se non i paraventi di una indegna
realtà. Dinanzi a noi, se solo avessimo la volontà di aprire gli occhi e di
abbandonare la nostra indotta inconsapevolezza, abbiamo milioni di lavoratori,
autonomi soltanto gli uni rispetto agli altri e reciprocamente dissociati: in
una parola, soggetti definitivamente “individualizzati”. Ed il
padrone-committente, finalmente liberatosi di qualunque responsabilità ormai
totalmente “esternalizzata”, trae compiaciuto profitto da una lotta tra
impersonali figure in cui l’effimera vittoria arride ora al “padroncino” ora al
“socio” ora al “lavoratore temporaneo” ora al lavoratore “a tutele crescenti”
ora al “somministrato” ora al “lavoratore con voucher” ora al “collaboratore
coordinato e continuativo” più spietato.
E’
l’essenza di un darwinismo sociale che, trasposto al mondo del lavoro, ha
generato l’incubo di una crudele selezione naturale, sinonimo di una schiavitù
mai tramontata.
La
seconda considerazione ci viene offerta direttamente dalle parole delle
Autorità intervenute a distanza di pochissime ore dalla tragedia, le quali si
sono affrettate a smentire pubblicamente la tesi dell’omicidio del povero Abd Elsalam,
derubricandola a mero “incidente stradale”: dichiarazioni che non possono non
ingenerare serie perplessità, tanto da parere inopportune sia nei modi che nei
contenuti.
Nei
modi, poiché dinanzi a versioni dei fatti diametralmente opposte, con diverse
testimonianze oculari di colleghi del lavoratore deceduto che affermerebbero il
contrario, prudenza avrebbe voluto che si procedesse con cautela, senza
prendere posizione sin da subito ed al contrario attendendo l’esito delle
indagini. Rilievo tanto più significativo quanto più si pensi che le
dichiarazioni provengono proprio da coloro che le indagini dovranno condurle.
Nei
contenuti, poiché nel loro pubblico intervento le Autorità hanno senza remore
sposato la versione dell’ “incidente stradale” in cui la vittima parrebbe non
esente da responsabilità a fronte di un incolpevole autista che, invece, non si
sarebbe accorto di nulla a causa proprio dell’imprevedibile condotta della
vittima.
Dichiarazioni,
queste, che nella loro immediatezza paiono quasi inconsapevole frutto di un “riflesso
condizionato”, che ci riporta al diffuso atteggiamento recentemente manifestato
anche da una parte della magistratura sulle tematiche del lavoro, espresso nell’affermazione
della Scuola Superiore della Magistratura secondo cui “la cultura del novecento concepiva il diritto del lavoro come un
ordinamento giuridico volto a soddisfare il bisogno di tutela del lavoratore ed
a riequilibrare i rapporti di forza tra capitale e lavoro... ha mostrato, nel
tempo, di non essere in grado di rappresentare la complessità del mondo del
lavoro... in particolare, l’esigenza di attrarre investimenti stranieri e, al
contempo, convincere le aziende a non delocalizzare verso mercati del lavoro
più convenienti richiede, certamente, forti dosi di flessibilità”.
Questo
diffuso orientamento, peraltro, sembra espressione non solo di scarsa
sensibilità verso il lavoro così come delineato nella Carta Costituzionale ma
anche di prossimità ai dettami della dominante ideologia neoliberista; tema che
richiederebbe, all’interno della stessa magistratura, un vigoroso dibattito
oltre ad una espressa presa di coscienza. La peculiarità e la forza della
magistratura italiana, del resto, è sempre stata la sua autonomia ed
indipendenza, anche rispetto ai pluridecennali assetti dei poteri costituiti (l’esperienza
dell’indagine “Mani Pulite” e dei relativi processi sono lì a ricordarcelo).
C’è
un terzo messaggio che la vicenda del professore egiziano veicola fino a noi: è
la progressiva e incessante corruzione del linguaggio.
Un
drammatico infortunio sul lavoro si trasforma nel dibattito pubblico in mero “incidente
stradale”, ascrivibile alla disattenzione del conducente e all’imprudenza della
vittima; non è tuttavia una mera disquisizione di lana caprina, ma involge la
sostanza delle cose. Come sempre, alla forma della parola corrisponde la realtà
delle “cose”. Se di infortunio si tratta, sarà allora possibile invocare la
responsabilità solidale anche del committente, ai sensi dell’articolo 26, comma
4 del Testo Unico sulla Sicurezza; se si limiterà al mero incidente stradale, l’eventuale
accertamento di responsabilità sarà ristretto al solo “padroncino” conducente:
una guerra tra poveri.
Ecco
la forza corruttiva del linguaggio, capace di manipolare il pensiero e al
contempo di plasmare la realtà. Innumerevoli esempi, tratti proprio dal mondo
del lavoro, sono qui a testimoniarcelo: le “tutele crescenti” che celano la
decrescita dei diritti, la “moderazione salariale” che nasconde il lavoro
povero, la flessibilità paravento della precarietà, il “mutamento di mansioni”
che occulta la deregulation dei
demansionamenti.
L’ipocrita
neolingua del Jobs Act, apparente simbolo di modernità linguistica, cela un
mondo vecchio come “i padroni delle ferriere”.
Ed
infine ci siamo noi, chiamati in correità dalla splendida descrizione delle ore
immediatamente successive alla morte di Abd Elsalam: “Un papà cammina lungo la strada e tiene il figlio per la mano. E’
venuto a controllare di persona perché non ha ancora ricevuto il pacco tanto
atteso: Cos’è successo qui? Un operaio è morto schiacciato da un camion,
durante una protesta sindacale. “Ma quindi oggi l’azienda è chiusa”. Quando i
facchini si fermano se ne accorgono tutti”.
E’
il nostro io di utenti-consumatori ad essere chiamato direttamente in causa,
con i nostri reclami sempre più astiosi a rivendicare il diritto di ricevere
quasi istantaneamente, in modalità “Prime now”, le più inutili
chincaglierie.
L’ego
ipertrofico del consumatore che è presente in ciascuno di noi, che si sente in
diritto di segnalare i minimi ritardi o i più infantili capricci, si affianca
al “tallone di ferro” del committente: è la “dittatura del cliente” che, dall’altro
lato della barricata, dove scorre il sudore ed il sangue di chi lavora,
corrisponde ad una vera e propria “ossessione”, da cui ha inizio la folle corsa
dei pacchi online.
Non
c’è tempo per piangere l’ultima delle tante vittime triturate tra gli
ingranaggi di questo assurdo sistema. C’è solo un apprensivo click alla sezione “i miei
ordini” per controllare la finestra “traccia il mio pacco”.
Per
dirla con Giorgio Cremaschi: pietà l’è morta.
---------------------
From: Carlo Soricelli
carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent:
Saturday, October 01, 2016 8:59 AM
Subject: REPORT
MORTI PER INFORTUNI AL
30 SETTEMBRE 2016
SUPERATI NEL
2016 I 1000 I MORTI PER INFORTUNI, DI CUI 491 SUI LUOGHI DI LAVORO (tutti
registrati). I rimanenti sulle strade e in itinere. Sono conteggiate tra tutte
le vittime anche i morti in nero e le categorie non assicurate all’INAIL che
monitora solo i propri assicurati.
Erano sui
luoghi di lavoro 510 dall’inizio dell’anno al 30 settembre del 2015 (- 4%).
Erano 461 il 30 settembre del 2008 (+ 6,2%).
E’ un
agricoltore schiacciato dal trattore vicino a Montecatini di Pisa l’ultima
vittima di settembre
MORTI PER
INFORTUNI SUI LUOGHI DI LAVORO NEL
2016
Per Regione
e Provincia in ordine decrescente.
(Sui luoghi di lavoro significa che sono
esclusi da questo conteggio i morti per le strade e in itinere che richiedono
interventi completamente diversi)
I morti sulle autostrade e all’estero non sono conteggiati nelle
province. Se guardate qui sotto l’andamento delle regioni e delle province,
calcolate che ci sono almeno altrettanti morti per infortuni sulle strade e in
itinere
EMILIA ROMAGNA 50: Bologna 10, Forlì-Cesena 6, Ferrara 3, Modena 10,
Parma 5, Piacenza 3, Ravenna 3, Reggio Emilia 9, Rimini 1.
CAMPANIA 50: Napoli 17, Avellino 6, Benevento 4, Caserta 9, Salerno 14.
VENETO 44: Venezia 7, Belluno 4, Padova 6, Rovigo
3, Treviso 3, Verona 5, Vicenza 16.
TOSCANA 38: Firenze 1, Arezzo 5, Grosseto 1, Livorno 7,
Lucca 5, Massa Carrara 7, Pisa 3,
Pistoia 2, Siena 3 Prato 3.
LOMBARDIA 37: Milano 2, Bergamo 6, Brescia 13, Como 3, Cremona 3, Lecco
1, Mantova 1, Monza Brianza 2, Pavia 3, Sondrio 3.
SICILIA 34: Palermo 7, Agrigento 3, Caltanissetta 6, Catania 6, Enna 1,
Messina 4, Ragusa 3, Trapani 4.
PIEMONTE 34: Torino 10, Alessandria 4, Asti 5, Biella 1, Cuneo 13, Novara
1, Vercelli 1
LAZIO 30: Roma 10, Viterbo 5, Frosinone 5, Latina 7, Rieti 3.
Puglia 23 Bari 1, Barletta-Andria-Trani 6, Brindisi 1, Foggia 3, Lecce 4,
Taranto 8.
TRENTINO ALTO ADIGE 16: Trento 7, Bolzano 9.
ABRUZZO 16: L’Aquila 2, Chieti 8, Pescara 3, Teramo 3.
MARCHE 14: Ancona 5, Macerata 4, Pesaro-Urbino 2, Ascoli Piceno 2.
CALABRIA 14: Catanzaro 4, Cosenza 6, Crotone 1, Reggio Calabria 2 Vibo
Valentia 1.
SARDEGNA 10: Cagliari 4, Nuoro 1, Oristano 2, Sassari 3.
FRIULI VENEZIA GIULIA 10: Trieste 2, Gorizia 1, Pordenone 2, Udine 5.
UMBRIA 7: Perugia 2, Terni 5.
LIGURIA 6: Genova 3, Imperia 1, La Spezia 1, Savona 1.
BASILICATA 1: Potenza 1.
I lavoratori morti sulle autostrade, all’estero e in mare non sono
segnalati a carico delle province.
Consigliamo a tutti quelli che si occupano di queste tragedie di separare
chi muore per infortuni sui luoghi di lavoro, da chi muore sulle strade e in
itinere con un mezzo di trasporto. I lavoratori che muoiono sulle strade e in
itinere sono a tutti gli effetti morti per infortunio sul lavoro, ma richiedono
interventi completamente diversi dai lavoratori morti sui luoghi di lavoro. E
su questo aspetto che si fa una gran confusione. Ci sono categorie come i
metalmeccanici che sui luoghi di lavoro hanno pochissime vittime per infortuni,
poi, nelle statistiche ufficiali, non separando chiaramente le morti causate
dall’itinere, dalle morti sui luoghi di lavoro, risultano morire in tantissimi
in questa categoria che è numerosissima, e che ha una forte mobilità per recarsi o tornare dal posto di
lavoro.
Anche quest’anno una strage di agricoltori schiacciati dal trattore, sono
105 dall’inizio dell’anno, Tutti gli anni sui luoghi di lavoro il 20% di tutte
le morti per infortuni sono provocate da questo mezzo. 132 sono i morti
schiacciati dal trattore nel 2015 e 152 nel 2014. Contiamo molto della
sensibilità dei media e dei cittadini che a centinaia ogni giorno visitano il
sito.
In questi nove anni di monitoraggio le percentuali delle morti nelle
diverse categorie sono sempre le stesse: l’agricoltura è sempre la categoria
con più vittime, seguono l’edilizia, i servizi, l’industria (tutta) e l’autotrasporto.
Come potete vedere, se si prendono in considerazione tutte le morti sul
lavoro e non solo gli assicurati INAIL dal 2008 registriamo addirittura un
aumento del 6,2%.
Conforta il piccolo calo del 4% rispetto al 30 settembre del 2015. Ma la
situazione veramente preoccupante riguarda l’agricoltura con i suoi 105 morti
schiacciati dal trattore dall’inizio dell’anno, e la percentuale complessiva
delle morti in questa categoria in questi nove anni non è mai stata sotto il
30%.
Il 31,2% dei morti sui luoghi di lavoro nel 2016 sono in agricoltura, tra
i morti per infortuni in questa categoria ben il 67% sono i morti schiacciati
dal trattore che guidavano.
E’ l’edilizia col 20,60% delle morti al secondo posto di questa triste
classifica. Una percentuale enorme di queste morti sono dovuta a cadute dall’alto.
Moltissimi di questi morti lavoravano in nero.
Segue l’industria con il 12,85%.
L’autotrasporto continua a pagare un forte tributo di sangue con il 6,7%,
Tra questi tanti gli autotrasportatori morti nelle diverse categorie.
Spero di sbagliarmi, ma con l’introduzione del Jobs Act i morti sul
lavoro aumenteranno e questo per una ragione molto semplice. Il sindacato sarà
indebolito (chi si iscriverà più se potrà essere licenziato senza giusta causa
e con una scusa?). I lavoratori non potranno più rifiutarsi di svolgere lavori
pericolosi pena il licenziamento, questo è ovvio, basta guardare quello che
succede in edilizia.
Assistiamo a livello europeo ad introduzioni di leggi che incrementano la
precarietà. E’ successo prima in Germania dove ci sono lavoratori con salari di
500 euro, alla Spagna, al Jobs Act in Italia, apprendiamo adesso che anche in
Olanda i nuovi assunti sono per la maggioranza precari. Si legge che anche in
Olanda sono aumentati i morti sul lavoro a causa delle condizioni di precarietà
dei nuovi assunti. E’ ovvio che in un’Europa dove a dettare le regole sono Banche
e Finanza non ci si può stupire dell’aumento del lavoro precario nei diversi
paesi. Insomma ci mettiamo a competere coi paesi in via di sviluppo, sui
salari, ma anche sui diritti dei lavoratori.
La percentuale di lavoratori ultrasessantenni che sono morti sui luoghi
di lavoro in questi nove mesi del 2016 sono il 29,1%. A causa della legge
Fornero i morti in tarda età per infortuni sul lavoro sono aumentati
notevolmente. Cosa aspetta il Governo a porvi rimedio? E’ disumano far
continuare a lavorare anziani per chi svolge lavori pericolosi per sé e per i
cittadini inconsapevoli. Vediamo se con la nuova legge sul lavoro queste morti
caleranno.
Grazie ai Sindacati per aver cercato di alleviare questa carneficina.
Gli stranieri morti sui luoghi di lavoro sono il 9,38% sul totale. Gli
stranieri morti per infortuni stanno calando percentualmente, questo sta a
significare che adesso i lavori più pericolosi li fanno anche gli italiani.
MORTI SUL LAVORO NEL 2015
Sono stati 678 i morti per infortuni sui luoghi di lavoro nel 2015, contro
i 661 del 2014 (+2,6%). Erano 637 nel 2008 (+6,1%).
L’INAIL nel 2014 ha
riconosciuto complessivamente 662 morti sul lavoro, di questi il 52% sono
decessi in itinere e sulle strade ma le denunce per infortuni mortali sono
state 1107. Crediamo che anche per il 2015 ci siano più o meno le stesse
percentuali. Nel 2015 tra gli assicurati INAIL c’è stata un’inversione di
tendenza, per la prima volta dopo tantissimi anni questo Istituto vede
aumentare le denunce per infortuni mortali. Ma le denunce non comportano
necessariamente un riconoscimento dell’infortunio mortale. Sta a noi che
svolgiamo un lavoro volontario, senza interesse di nessun tipo, far conoscere
anche questo aspetto ai cittadini italiani.
Carlo
Soricelli dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro
L’Osservatorio indipendente di Bologna è su
Facebook
Diventa amico, clicca “mi piace” dai il tuo
contributo per far comprendere l’entità del triste fenomeno e fallo conoscere
ai tuoi amici. Segnala l’Osservatorio indipendente di Bologna sulla tua pagina
di Facebook
Grazie amici di Facebook che a centinaia visitate
questo sito ogni giorno.
---------------------
To:
Sent:
Sunday, October 02, 2016 10:23 AM
Subject: A
PROPOSITO DI BERTOLASO
Bertolaso
sì, Bertolaso no …
Finalmente è
stato assolto per “non aver commesso il fatto”. Questo “signore” (perdonate l’eufemismo),
una settimana prima del terremoto a L’Aquila (31 marzo 2009) che causò 309 vittime,
fece riunire la
Commissione Grandi Rischi affinché comunicasse alla
popolazione che non vi era alcun pericolo. La “scienza” la fece una previsione.
Altroché se la fece: quella che non sarebbe accaduto alcunché.
Ci rendiamo
conto di quale responsabilità e crimine si sono macchiati i “lorsignori”?!
Il fatto che
6 dei 7 componenti la
Commissione siano stati assolti, come pure l’ex capo della Protezione
Civile, deve far riflettere.
Riflettere
nel senso che queste ridicole assoluzioni non sono lo scandalo, sono la norma.
Lo “scandalo” si manifesta quando un potente o un potere forte cade nelle mani
di questa giustizia.
Quindi:
massima vigilanza e mobilitazione per impedire la... norma.
Anche se a
simili giudici compiacenti e conniventi non dobbiamo stancarsi mai di gridare:
VER-GO-GNA (tevi)!
NO alla
prescrizione per Viareggio!
L’unica
lotta persa è quella che si abbandona!
A seguire il
comunicato (emesso e diffuso) del 13 novembre 2012:
TERREMOTO A L’AQUILA
Sulla
condanna dei membri della Commissione Grandi Rischi
“Corporazione
scientifica”, politica e mass media hanno manifestato reazioni scomposte e
risentite alla sentenza di 1° grado che condanna i 7 membri della Commissione
Grandi Rischi.
Il
ritornello ripetuto è che questi scienziati sono
stati condannati per “non aver
previsto il terremoto”. Ridicolo e falso.
La Commissione, nel sostenere che i terremoti non
si possono prevedere, per screditare il ricercatore Giuliani, che rivendicava
di essere in grado di prevederli, ha al contrario fornito rassicurazioni sul
fatto che le ripetute onde sismiche avevano tolto il rischio di un forte
terremoto.
Su
tali garanzie incoerenti
e ingiustificate, la popolazione dell’Aquila e gli studenti universitari
fuori-sede sono stati convinti a rimanere nelle case di notte, quando in
passato erano abituati, in presenza di questi segnali, ad abbandonarle.
Questi scienziati hanno
abusato della loro autorità.
E’ stato
scomodato persino Galileo. Allora i fatti andarono in senso opposto. Galileo,
per aver sostenuto idee che erano in contrasto con le autorità, fu condannato. La Commissione, invece,
ha fornito tutte le rassicurazioni che le istituzioni avevano richiesto, al di
fuori di ogni evidenza scientifica.
Visto che i
depositari di cotanta “Scienza” affermano che non si possono prevedere i
terremoti, avrebbero dovuto come minimo fare tesoro loro stessi, per primi, di
questa “certezza” per dichiarare almeno con onestà che non erano in grado di
dire nulla sulla gravità o meno degli insistenti sciami sismici.
Il punto che
gli scienziati offesi
trascurano è che erano state date garanzie scientifiche che quegli sciami
non precedevano un forte sisma!
Il problema
vero è che LA COMMISSIONE UNA PREVISIONE LA FECE E FU QUELLA DI “NON
RISCHIO”, cioè che niente di grave sarebbe avvenuto. Magari, non avesse
fatto alcuna previsione!
L’allora
capo della Protezione Civile, Bertolaso, fece riunire questa Commissione il 31
marzo, la settimana prima del terremoto, per una operazione, da lui stesso
definita “mediatica”. Fece dire ai 7 membri della Commissione Grandi Rischi,
ritenuti “massimi esperti”, che popolazione della provincia dell’Aquila e
studenti universitari potevano tranquillamente riposare nelle proprie
abitazioni. I “massimi esperti” mostrarono, così, di essere massimi servi.
-
Viareggio,
13 novembre 2012
-
Associazione
“Il mondo che vorrei”
-
Comitato ‘Matteo
Valenti’
-
Assemblea 29
giugno
-
Medicina democratica Sezione Viareggio
Adesioni collettive al comunicato:
-
Diego Quirino per l’Associazione “Voci
della Memoria” - Casale Monferrato
-
Elena Ferrarese per il Comitato
ex-inquilini “Case bianche” di amianto White - Milano
-
Comitato “NoTav all’attraversamento
sotterraneo” - Firenze
-
Coordinamento per la difesa del trasporto
pubblico - Lucca e Versilia
-
Associazione “Berretti Bianchi” onlus -
Viareggio
-
Comitato “No parcheggio sotterraneo” -
Pistoia
-
Carlo Dami per i Cobas - Pistoia
-
Gino Carpentiero per la Sezione Pietro
Mirabelli di Medicina Democratica - Firenze
-
Alessandro Martelli, presidente dell’International
Seismic Safety Organization (I.S.S.O.)
-
Lalliana Mualchin, segretaria dell’I.S.S.O.
-
Ciro Argentino per l’Associazione “Legami
d’Acciaio” (ex operai e familiari Vittime Thyssen Krupp) - Torino
-
Stefano Corradino per “Articolo 21”
-
Medicina Democratica nazionale
-
Comitato Sopravvissuti Vajont
-
Associazione Italiana Esposti Amianto (AIEA)
Adesioni individuali:
-
Antonella Serafini
-
Barbara Mangiapane
-
Emiliano Favilla
-
Daniele Emilio Cinquini
-
Natale Rosario Marseglia
-
Marco Spezia
-
Simona Baldanzi
-
Stefano Bandioli
Alcune adesioni sono accompagnate da
scritti e dall’impegno a far circolare il comunicato.
Si è messa in contatto con noi l’Associazione
23 dicembre 1978. Associazione, nata dopo 32 anni, che riunisce figli orfani delle
vittime dell’incidente all’aeroporto di Punta Raisi (PA) che provocò 108
vittime di cui 17 rimaste disperse.
---------------------
From: Clash City
Workers cityworkers@gmail.com
To:
Sent:
Sunday, October 02, 2016 8:18 PM
Subject: TUTTA L’ITALIA CON ABD ELSALAM!
Lo abbiamo scritto:
la vicenda di Piacenza ha toccato gli animi di gran parte dell’opinione
pubblica.
Un operaio che muore
mentre sciopera, perché lotta, non si vedeva da decenni. Per questo subito è
partita la macchina del fango, con la procura di Piacenza in primis a ridurre
tutto a incidente. Ma moltissimi lavoratori e compagni in tutto il paese hanno
compreso il significato dell’evento e hanno organizzato scioperi e presidi.
Difficilmente ne avrete letto o sentito parlare. Come difficilmente avrete
visto le immagini e sentito le voci dal bel corteo di sabato.
E allora abbiamo provato a raccogliere tutti gli
episodi di solidarietà che hanno attraversato l’Italia in questi giorni e a
restituirvi il clima che si respirava durante la manifestazione.
Buona lettura e buona
visione!
Dopo la notizia dell’uccisione di Abd Elsalam, ci sono stati presidi a:
-
Roma: più di cento
persone al presidio indetto giovedì alle 15:00 sotto al Ministero del Lavoro,
culminato nel blocco di via Veneto per un’ora;
-
Bologna: centinaia
di persone in corteo nella giornata di giovedì, scontri con la polizia quando
il corteo ha provato a dirigersi verso la stazione;
-
Pavia:
giovedì
15, oltre 150 persone e tantissimi sindacati e organizzazioni politiche hanno
risposto all’appello lanciato dall’USB: il presidio è diventato un corteo che,
dopo aver sfilato da piazza Duomo a piazza Vittoria, si è trasformato in un’assemblea;
davanti al Tribunale è stato appeso lo striscione “I vostri profitti, i nostri
morti”;
-
Livorno:
sabato,
in concomitanza con il corteo, il Coordinamento Lavoratori e Lavoratrici
Livornesi ha organizzato un presidio davanti al magazzino GLS;
-
Bergamo: appena saputo dell’uccisione
di Abd Elsalam, nella tarda mattinata di giovedì 15, più di cento
lavoratori hanno percorso in corteo le strade di Bergamo; la solidarietà è
continuata sabato sera, con volantini, interventi e striscioni al festival “Celada
in strada”;
-
Firenze: decine di persone in
presidio sotto la
Direzione Territoriale del Lavoro;
-
Torino: presidio in piazza
Castello giovedì pomeriggio con un breve blocco del traffico; dopo un comizio,
è stato osservato un minuto di silenzio; campeggiava lo striscione “GLS
Piacenza, il profitto padronale uccide”.
-
Napoli: giovedì 15 è stato immediatamente
organizzato un corteo nel pomeriggio, e il giorno dopo un blocco e un
volantinaggio davanti al magazzino GLS di Mariglianella; alla fine si è
riusciti a parlare con i lavoratori del magazzino, che hanno espresso vicinanza
alla famiglia e ai compagni di Abd Elsalam;
-
Milano: numerose realtà cittadine hanno partecipato
al corteo regionale indetto dall’USB, che ha visto centinaia di persone
sfilare per le strade;
-
Padova: venerdì alle 18:00, oltre 100 persone hanno
partecipato al presidio, e dopo aver appeso numerosi striscioni hanno sfilato
poi in corteo per le strade del centro al grido di “Assassini!”;
-
Brescia: trenta partecipanti
al presidio davanti al magazzino GLS della città;
-
Lecco: venerdì, dalle 4 di
mattina fino al pomeriggio il magazzino GLS di Valmadrera è stato
presidiato e a tutti i mezzi è stato impedito di entrare e uscire;
-
Catania: quattro ore di
presidio nella sera di sabato davanti alla Prefettura di Catania, dove è stata
anche organizzata una “Cassa di resistenza” per la famiglia di Abd Elsalam;
-
Avellino:
nella
giornata di venerdì è stato organizzato un presidio davanti alla Prefettura;
-
Modena: lunedì 19 davanti
al Sacrario della Ghirlandina è stato chiamato un presidio; numerosi gli
organizzatori, che puntano il dito contro l’utilizzo di false cooperative nel
mondo della logistica;
-
Nola (NA): lunedì 19 la FIOM lancia un’ora di
sciopero a fine turno degli operai Leonardo/Alenia;
-
Messina: martedì 20
presidio in Piazza Cairoli (Messina) “Operaio ucciso mentre lottava per i
diritti dei lavoratori”;
-
Pistoia: mercoledì 21 dalle
10 alle 13 presidio sotto la
Prefettura “Basta morti operaie!”.
Ma la mobilitazione non si è limitata ai presidi o
cortei simbolici, e si è allargata presto anche ai posti di lavoro. Numerose
fabbriche in tutta Italia si sono mobilitate e hanno dichiarato scioperi:
-
subito,
nella giornata di giovedì 15, sono arrivati comunicati dalla SAME di Treviglio,
dalla Oerlikon di Torino, da GKN e Easy-Group di Firenze che proclamavano
sciopero nelle ore finali dei turni;
-
venerdì
i lavoratori dell’Electrolux hanno scioperato per un’ora e
quarantacinque minuti a fine turno, con adesioni di oltre il 50% nei turni part
time della mattina e ancora maggiore negli altri reparti; solidarietà dalle RSU
alla famiglia di Abd Elsalam;
-
scioperi
e comunicati di solidarietà anche dalla Ferrari, dalla Maserati e dalla
Motovario; un messaggio a tutti i compagni: “La vostra lotta è la nostra lotta!”;
-
la FIOM di Milano ha indetto per venerdì 16 una giornata di
mobilitazione, contro l’attacco sistematico ai diritti dei lavoratori;
-
anche
la FIOM di Brescia, tra giovedì e venerdì, ha dato vita a un’intensa
mobilitazione; tra scioperi e iniziative varie, hanno aderito moltissime
fabbriche della provincia: Iveco, Iveco mezzi speciali, Eredi Gnutti, OMB
Technology, Isoclima, MetalWork, ATB, Fonderia di Torbole, Sabaf, Streparava,
Lanfranchi, Eural, Beretta, TRW, Banco Nazionale di Prova, Timken, Redaelli,
Uberti, Tanfoglio, Metra, Metracolor, Compes e altre ancora;
-
FIM,
FIOM e UILM di Venezia hanno
proclamato sciopero di un’ora a fine turno per la giornata di lunedì 19;
-
anche
negli stabilimenti FCA di Termoli,
sono previste due ore di sciopero per lunedì 19 e maredì 20;
-
l’area
di opposizione interna alla CGIL, “ilsindacatounaltracosa”, ha chiesto alla
CGIL di indire uno sciopero generale per questa settimana, con cui “diffondere,
generalizzare e radicalizzare” la reazione spontanea di questi giorni.
E per concludere,
sull’onda dell’assassinio di Abd Elsalam e delle morti di lavoratori avvenute
nei giorni scorsi a Taranto, Roma e Trieste, sono state proclamate a livello
nazionale da FIM, FIOM e UILM un’ora di sciopero e assemblee sui luoghi di
lavoro.
Per la giornata del
21 settembre USB ha chiamato una mobilitazione nazionale per Abd Elsalam. Il
sindacato ha proclamato lo sciopero per tutto il turno notturno di martedì
notte, fino al mattino di mercoledì 21 settembre. Presidi già lanciati alle
sedi GLS di Roma e Torino.
A Padova invece dalle
18.30 di martedì contestazione al ministro Poletti, ex presidente di
Legacoop, associazione a cui aderiscono molte delle cooperative che
contribuiscono al sistema di sfruttamento che domina tutto il sistema della
logistica, e ministro che ha liberalizzato l’utilizzo del tempo determinato,
proprio l’istituto contro cui ABD stava lottando la notte in cui è stato
ucciso.
---------------------
From: Clash City
Workers cityworkers@gmail.com
To:
Sent: Sunday,
October 02, 2016 8:18 PM
Subject: DIECI MOTIVI (PIU’
UNO) PER CUI SIAMO TUTTI ABD ELSALAM
Il 15 settembre,
durante una manifestazione al magazzino della GLS di Piacenza, è morto Abd
Elsalam, lavoratore della logistica.
Lottava perché l’azienda
mantenesse le promesse, lottava per la stabilizzazione dei suoi colleghi
precari, lui lavoratore egiziano a tempo indeterminato. Ha resistito, ha voluto
bloccare un camion che invece, istigato dal caporale di turno. non si è
fermato, travolgendolo. Un eroe? Forse sì; ma noi crediamo che quasi tutti
siamo Abd Elsalam, anche tu.
Sei Abd Elsalam
perché almeno una volta hai difeso qualcuno da un’ingiustizia. Almeno una volta
hai creduto che un diritto negato a un tuo amico, un tuo vicino, un tuo
collega, voleva dire negare un diritto anche a te.
Sei Abd Elsalam
perché hai bisogno di lavorare, perché non ti è stato regalato nulla; eppure,
nonostante la fatica, aspetti con ansia quei dieci minuti di pausa davanti alla
macchinetta del caffè per parlare con i tuoi colleghi e le tue colleghe, per
chiedere loro come vanno le cose, e per scambiare confidenze e condividere i
problemi, che sembrano alleggerirsi almeno per un momento.
Sei Abd Elsalam
perché sei emigrato o hai pensato o stai pensando di farlo, perché dove sei
nato e cresciuto non c’era presente né futuro; perché sei andato a lavorare in
un pub a Londra o in un magazzino a Berlino o in una casa a Bruxelles o ancora
in una città italiana che offriva maggiori possibilità, almeno così ti avevano
detto e invece, magari, ti sei ritrovato a fare un lavoro di merda e a
guadagnare lo stretto indispensabile per continuare a campare, ma nulla più.
Eppure non ti sei arreso...
Sei Abd Elsalam
perché sei stato declassato a “incidente” ogni volta che qualcuno ha sminuito
un tuo problema e lo ha ascritto a forze incontrollabili: come quella volta,
per esempio, in cui ti hanno detto che lo straordinario non te lo pagavano,
perché la crisi mordeva e tutti noi dobbiamo fare dei sacrifici…
Sei Abd Elsalam
perché almeno una volta hai provato a protestare e qualcuno, più in alto di te,
il capo reparto, il datore di lavoro, ti ha detto: “non dipende da nessuno, non
possiamo farci nulla”...
Sei Abd Elsalam
perché anche tu almeno una volta sei morto sul lavoro, magari in senso
metaforico; sei morto dentro perché hai subito un’umiliazione, perché sei stato
cacciato, represso, oppure semplicemente ignorato.
Sei Abd Elsalam
perché ogni mese una parte di quello che produci va ad appesantire le tasche di
qualcuno che tu hai il piacere di vedere solo quando, con un sorriso largo come
una tagliola, ti viene a dire che non c’è più posto per tutti, che bisogna
dimostrare di meritare un lavoro che ogni giorno ti ruba la salute e spesso la
dignità.
Sei Abd Elsalam
perché la mattina, quando scendi dal letto, cominci un viaggio pieno di
speranza, provando a credere che alla fine della giornata ti sentirai meglio,
oppure che avrai qualcosa in più da dare, e senti un sottile filo rosso che
lega i piedi che poggi sul pavimento quando ti alzi, a quei piedi che vedi
poggiarsi sulla terra di Lampedusa, dopo un viaggio infame e rischioso.
Sei Abd Elsalam
perché la guerra la riesci a vedere, anche se fanno di tutto per mascherarla. E’
una guerra che conta i suoi morti ogni volta che un altro Abd Elsalam cade da
un’impalcatura, o cade in depressione…
E sei Abd Elsalam
perché lo capisci che questa è una guerra vera, e non riesci a fare pace con il
fatto che i tuoi padroni, maledizione, lo hanno capito prima di te e sono più
preparati...
Ma alla fine sei Abd
Elsalam perché, proprio come lui, vuoi resistere un secondo più a lungo di
loro, e dentro di te sai che la storia avrà un finale diverso.
Nessun commento:
Posta un commento