INDICE
VIAREGGIO: PROCESSO AI 33 IMPUTATI E
ALLE 9 SOCIETÀ
Slai
Cobas per il Sindacato di Classe slaicobasta@gmail.com
DOCUMENTO DIFFUSO DALLO
SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE AI PRESIDI OGGI
Muglia La Furia muglialafuria@gmail.com
MUGLIA LA FURIA VA IN PENSIONE. MA
ESPEHANN IN GALERA CI VA O NO?
Medicina Democratica segreteria@medicinademocratica.org
NEWSLETTER MEDICINA DEMOCRATICA
Posta Resistenze posta@resistenze.org
LA FSM DENUNCIA L’OMICIDIO
DEL SINDACALISTA DELL’USB ABD ELSALAM AHMED ELDANF
Posta Resistenze posta@resistenze.org
PAME
CONDANNA L’ASSASSINIO DI UN LAVORATORE SCIOPERANTE IN ITALIA
Posta Resistenze posta@resistenze.org
NEL PAESE
DEGLI SFRUTTATORI L’OMICIDIO PADRONALE E’ UN DIRITTO
Daniele Barbieri pkdick@fastmail.it
NICOLETTA
DOSIO: I DOMICILIARI CHE NON RISPETTERO’
Alessandra
Cecchi alexik65@gmail.com
DIOXINITY
DAY
La Città Futura noreply@lacittafutura.it
PIACENZA 17 SETTEMBRE: SIAMO TUTTI EL SALAM
Teoria & Prassi teoriaeprassi@yahoo.it
OMICIDI
SUL LAVORO E LOTTA DI CLASSE
Teoria & Prassi teoriaeprassi@yahoo.it
IMBROGLI SULLA PELLE
DEI LAVORATORI: I LAVORI USURANTI
USB Ospedale Gaslini ospedalegaslini.sanita@usb.it
COMUNICATO STAMPA APPALTI AL
GASLINI: CHI CONTROLLA?
---------------------
To:
Sent: Tuesday, September 20,
2016 10:19 PM
Subject: VIAREGGIO: PROCESSO AI 33 IMPUTATI E
ALLE 9 SOCIETÀ
Oggi, 20 settembre, dopo 6 giorni di
requisitoria, i Pubblici ministeri hanno emesso le richieste di condanna e di
assoluzione.
Alcune richieste sono “interessanti”,
altre sono deboli. Ma non è questo l’aspetto principale. Il fatto è che la
magistratura requirente (quella che formula le richieste al giudice) e il GUP
(Giudice dell’Udienza Preliminare che già li ha rinviati a giudizio), ritengono
questi “signori” responsabili della strage ferroviaria di Viareggio.
Qualche avvocato degli imputati non
vuol sentire la parola “strage”. Glielo ripeteremo fino alla conclusione di
questo lunghissimo processo. Un processo difficile e complicato perché sul
banco degli imputati siedono poteri forti, semplice e palese per le gravi
responsabilità acclarate.
Per il comune sentire è stata una
strage. Perché il 29 giugno 2009
a Viareggio vi è stato un incidente ferroviario,
trasformatosi nel disastro ferroviario che ha provocato 32 vittime.
Dovremmo occultare l’amara realtà di
una strage annunciata?!
La sentenza è prevista per la metà
novembre.
Singolare è il fatto che Riccardo
Antonini per essersi schierato incondizionatamente a fianco dei
familiari sia stato licenziato e “particolari” giudici hanno confermato il
licenziamento per aver violato l’ “obbligo di fedeltà”. Fedeltà a chi? A coloro
(Moretti, Elia …) che, a detta di magistrati, hanno pesanti e gravi
responsabilità? Questi imputati, in questi anni, sono stati promossi e premiati.
Sconcertante è il fatto che il cavalier Moretti proprio oggi, nelle ore in cui
veniva richiesta la sua condanna, veniva premiato per l’operato in
Finmeccanica.
Anche il Comune di Carrara ha
approvato il documento presentato dall’Associazione dei familiari il 9 giugno
scorso ai comuni della Versilia che a sua volta lo hanno approvato. Unica
eccezione negativa il comune di Viareggio che in 38 giorni non ha avuto il
coraggio, la responsabilità ed il rispetto di sottoscriverlo. Voci attendibili
interne a quella maggioranza hanno riferito che uno dei punti fortemente
controversi era la richiesta di reintegrazione in ferrovia di Riccardo.
Oggi in aula, nel giorno
processualmente più importante, ovviamente dopo quello della sentenza di 1°
grado, oltre ai familiari e ai membri di Assemblea 29 giugno, erano presenti un
rappresentante della provincia di Lucca ed il sindaco di Camaiore.
Seguono le richieste dei Pubblici Ministeri:
-
Moretti: 16
anni;
-
Elia: 15
anni;
-
Margarita:
13 anni;
-
Galloni: 12
anni;
-
Kogelheide
Rainer e Mansbart Johannes: 10 anni;
-
Andronico, Castaldo,
Costa, Di Marco, Favo, Fumi, Koennecke, Linowsk, Marzilli: 9 anni;
-
Gobbi,
Frattini: 8 anni e mezzo;
-
Lehmann,
Mayer: 8 anni e 3 mesi;
-
Maestrini, Pizzadini,
Soprano: 8 anni;
-
Schroter: 7
anni e mezzo;
-
Vighini: 7
anni;
-
Kriebel: 6
anni e 8 mesi;
-
Farneti: 6
anni e mezzo;
-
Pezzati: 5
anni e mezzo;
-
Di Venuta, Testa:
5 anni;
-
Barth,
Carlsson, Pacchioni, Rossi: assoluzione;
-
sanzione amministrativa
di 1 milione di euro a FS, RFI, Trenitalia, FS Logistica, Gatx Rail Austria,
Jughenthal Gatx Germania.
---------------------
From: Slai Cobas
per il Sindacato di Classe slaicobasta@gmail.com
To:
Sent:
Wednesday, September 21, 2016 9:26 AM
Subject: DOCUMENTO DIFFUSO DALLO
SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE AI PRESIDI OGGI
COMUNICATO
Lo Slai Cobas per il Sindacato di Classe aderisce allo sciopero generale
nazionale indetto per mercoledì in tutte le fabbriche metalmeccaniche, per la
morte del giovane operaio, Giacomo Campo, nell’appalto ILVA. Siamo consapevoli
che ci vorrebbe molto di più in termini di ore e forme dello sciopero, e lì
dove è possibile stanno andando oltre le indicazioni sindacali; ma questo
sciopero nazionale è un punto di partenza e nasce dalla piena consapevolezza
del valore nazionale per la classe operaia e per tutto il mondo del lavoro di
ciò che sta succedendo all’ILVA e a Taranto.
L’ILVA è la più grande fabbrica del nostro paese, l’ILVA è la fabbrica col
maggior numero di morti sul lavoro, da sempre, quando era fabbrica di Stato,
Italsider, quando è stata nelle mani dirette di padron Riva, quando è come oggi
una fabbrica nei fatti nelle mani del Governo e dei commissari da esso
nominati. E’ la produzione per il
profitto nelle mani dei padroni assassini e dello Stato dei padroni che produce
morte e inquinamento. E’ mettere fine alla produzione per il profitto l’unica
soluzione per mettere fine alla strage infinita.
Questo deve essere detto in tutte le fabbriche e in tutte le forme, oltre
la necessaria solidarietà, oltre l’urgente necessità di misure immediate e
concrete da rivendicare e ottenere all’ILVA come in tutte le fabbriche in
materia di sicurezza sul lavoro e contro l’inquinamento.
Siamo per lo sciopero generale, ma non siamo per
la linea e la prassi dei sindacati confederali.
I sindacati confederali sono stati in questi anni complici all’ILVA, dell’industria
di Stato, di padron Riva e sono oggi complici dei decreti del governo Renzi e
dei suoi commissari.
In questa fabbrica a tutela della salute e sicurezza e a freno delle
emissioni inquinanti, il sindacato non c’è, manca il sindacato di classe, e di
conseguenza mancano delegati, RLS in grado di contrastare quotidianamente
quello che succede. Anche i sindacati non compromessi con l’azienda, si
lamentano, strillano, denunciano, ma non fanno quello che c’è da fare, non
lottano e rischiano in prima persona per fermare gli impianti quando mettono a
rischio la vita, fermare il lavoro, come le leggi già esistenti consentono, non
controllano i lavori prima, durante e dopo, e quindi anche coloro che si
credono assolti sono anch’essi coinvolti.
Istituzioni, Prefettura, Enti di controllo fanno inutili Vertici, si
inventano Task force che finora sono stati già fatti ma non hanno prodotto
alcun miglioramento, mentre non si vuol fare ciò che chiediamo da anni: mettere impostazioni ispettive fisse all’interno
della fabbrica, come controllo permanente, deterrenza e riferimento immediato
per quei lavoratori e quei delegati che volessero davvero reagire subito, fare
qualcosa prima che la morte arrivi. Questo si deve fare comunque, non c’è
l’alibi di commissari, decreti, stato dell’ILVA. Ma questo non si fa.
E’ chiaro che è morto un giovane operaio delle ditte d’appalto, precario,
dove si fa lavoro in ogni condizione imposto dal ricatto del contratto a tempo
determinato e permesso da leggi dello Stato che istituzionalizzano la
precarietà. Questa situazione deve essere rovesciata, cambiata, all’ILVA come
in tutte le fabbriche italiane.
Certo, i commissari del Governo hanno aggravato la situazione, sono stati
rispetto a Riva e al suo manager, un rimedio peggiore del male; la linea di
permettere tutto per salvare la produzione è una linea che uccide e continua ad
uccidere in fabbrica e sul territorio, ma nello stesso tempo anche la linea che
tanto non si può far niente perchè la fabbrica deve essere chiusa è una linea
che permette tutto e di fatto lascia mano libera a chi gestisce la fabbrica di
fare tutto.
Noi siamo perché niente venga permesso, che tutto
venga contrastato con la lotta, che gli operai siano seri e si uniscano per
costruire l’alternativa sindacale di classe in fabbrica, che siano uniti alle
masse popolari dei quartieri inquinati, ai settori che rivendicano la salute
per la città, per condurre insieme questa lotta.
UNA LOTTA SENZA QUARTIERE E SENZA LIMITI.
UNA LOTTA AD OLTRANZA, UNA RIVOLTA OPERAIA E POPOLARE.
Slai Cobas per il Sindacato di Classe
via Rintone, 22 Taranto
mail: slaicobasta@gmail.com
cellulare: 347 53
01 704
---------------------
From: Muglia La Furia muglialafuria@gmail.com
To:
Sent:
Wednesday, September 21, 2016 10:33 AM
Subject:
MUGLIA LA FURIA VA
IN PENSIONE. MA ESPEHANN IN GALERA CI VA O NO?
Eccoci
arrivati alla fine. Il blog chiude, anzi no, non chiude.
E’ Muglia La Furia che non scriverà più
lasciando ai posteri una domanda: Ma Espehann è finito in galera?
Ebbene si. Da oggi smetterò di scrivere sul blog di “Muglia La Furia”.
Non chiuderò però il blog su cui aprirò una pagina
intitolata “Dite la vostra che io la mia l’ho già detta” a disposizione di
tutti coloro i quali avranno voglia di inserire delle cose, naturalmente in
argomento e con modi appropriati. Dopo 5 anni di attività, 300 post, oltre 150.0000
visualizzazioni (più di 50.000 solo in questo 2016) e 120 follower ho deciso di
smettere di scrivere.
Perché smettere?
Perché c’è un tempo per tutto, anche per lasciare,
quando ci si sente inadeguati, convinti che il proprio compito (quello che ci
siamo dati) si sia concluso in un senso o nell’altro.
Un po’ come accade con le associazioni di
volontariato nel cui statuto va specificato che l’associazione si chiude quando
l’obiettivo è raggiunto, oppure per l’impossibilità di raggiungerlo.
Ecco è un po’ questa la sensazione percepita: l’impossibilità di
determinare un reale cambiamento della situazione.
Nessuna intenzione di accodarmi a missionari,
ambasciatori o evangelisti della sicurezza sul lavoro. Men che meno “reporter”
(davvero non sanno più a cosa aggrapparsi per cercare consenso) e quindi no
anche ad associazioni, vecchie e nuove, organismi paritetici, enti bilaterali e
tutte quelle aggregazioni (mi stava per uscire bande) che dalla creazione di un
mercato della sicurezza sul lavoro hanno trovato l’unica giustificazione per la
loro esistenza.
Continuerò a sostenere le campagne di chi
proseguirà nella sua battaglia per la sicurezza nei luoghi di lavoro. E nemmeno
smetterò di scrivere, sono un giornalista, e continuerò ad esserlo anche in
futuro.
La sicurezza sul lavoro per me è stata quasi una necessità. Insegnante di materie professionali per edili, mi
sono sentito “costretto” dalla
cronaca, a parlare di salute e sicurezza con i giovani apprendisti ai quali
avrei dovuto insegnare tecnologia e disegno.
Poi negli anni ‘80, grazie all’esperienza nel
sindacato degli edili (allora unitario) è arrivato il contatto e il
confronto con i problemi e gli uomini del settore, i minatori, i più esposti
tra i lavoratori delle costruzioni.
E risale a quegli anni l’esperienza europea nella prima fase di
emanazione delle direttive europee, la fondazione dell’associazione RISIKO NULL
e quella del Comitato Paritetico Edile di Bolzano.
Le manifestazioni con Fiera Bolzano a partire dal “Cantiere
modello” per la costruzione della nuova Fiera o quello della “Cittadella della
Sicurezza” nel costruendo quartiere bolzanino “Firmian”. E non posso certo
dimenticare gli oltre 20 anni di attività del Circolo di Sarnes che qualcuno
sta provando a riaprire e di cui si trova traccia anche su Facebook:
Nel primi anni ‘90, al mio rientro nell’amministrazione
provinciale, mi venne affidato il compito di istituire il “Servizio per la
formazione alla sicurezza sul lavoro” presso la Formazione Professionale
italiana e, da allora, con qualche anno di anticipo su quanto si sarebbe
realizzato ovunque, è stato tutto un fiorire di attività per la formazione di
Esperti della sicurezza, RSPP e ASPP, Coordinatori della sicurezza, datori di
lavoro, lavoratori, RLS, ecc.
Dopo di allora, il trasferimento in Assessorato, e
quindi il lavoro nella Conferenza Stato Regioni per la stesura dell’accordo per
la formazione degli RSPP, i lavori in quota e nel gruppo per la stesura del
Titolo I del D.Lgs. 81/08.
Infine la pensione con la prosecuzione di un’attività
di consulenza e formazione per conto di committenti pubblici e privati e,
soprattutto, quella di blogger che oggi si conclude.
Lo faccio in un momento che nel mio ultimo post ho definito di “Calma piatta”. Il dibattito, anche sui
social, ripropone spesso quesiti vecchi e stravecchi. E’ di pochi giorni fa su
Linkedin: “ma il coordinatore della progettazione può essere anche coordinatore
in fase di esecuzione?” E di questa domanda su FB che ne pensate? Corsi antincendio: “qualcuno mi può
spiegare quali requisiti deve avere il docente, se è necessario l’interpello
agli organismi paritetici e se ci deve essere l’ente accreditato?”. Stiamo
perdendo il nostro tempo a discutere di cose che datano almeno 2 decenni.
Sempre sui social troverete poi la delusione e
frustrazione di moltissimi giovani tecnici della prevenzione, alcuni dei quali
mettono in mostra sulla rete tutta la loro incompetenza, arroganza e
presunzione.
Tutti così? Ma neanche per idea, in questi anni ho
avuto modo di conoscere persone di grande competenza e levatura morale. In loro
spero.
Ma in ogni caso guardate cosa stanno promuovendo le
società e le associazioni o cosa stanno denunciando aziende e privati rispetto
alle attività proposte da consulenti o organismi bilaterali. Niente di nuovo o,
se preferite, la solita “fuffa”. Ambiente Lavoro del prossimo mese a
Bologna metterà ancor più in risalto che ormai l’unico mercato legato alla
sicurezza sul lavoro è quello della formazione. Poi per il resto calma piatta,
appunto.
E per favore smettiamola di perdere tempo con il
disegno di legge Sacconi, che da qui ad essere discusso in Parlamento ce ne
passa e che ci metterebbe semplicemente fuori dall’Europa.
Società serie, professionisti seri, associazioni
serie, ce ne sono. E sono loro che dovranno nei prossimi anni proseguire la
loro attività, a sostegno dei loro clienti, con competenza, serietà ed onestà.
Molti saranno quelli che seguiranno questa strada e allora la calma piatta
potrà essere intesa come la normalità. Temo però che i poco seri o i disonesti
continueranno nella loro sporca attività. Ma non è Muglia La Furia, ma il mercato che può
e deve espellerli.
Certo la vigilanza, le regioni, il Ministero e la Commissione degli
interpelli (cosiddetta Cassazione due), la giurisprudenza, tutti dovranno
tenere un profilo basso e pensare….
Riflettere su come migliorare legislazione,
organizzazione, gestione della prevenzione.
E’ prevista una revisione della direttiva “Quadro”,
la 391 del 1989. Si, proprio quella del clamoroso “pesce d’aprile” nel quale
sono caduti davvero in tanti. Vedi:
Questo potrebbe essere un grande momento culturale
per rivedere il profilo della prevenzione in una Europa profondamente cambiata
soprattutto nei suoi ideali.
Ma a questo compito è giusto che siano chiamati “altri”
e non i soliti noti, quelli che hanno già dimostrato la totale incapacità a
gestire passato e presente.
Per finire in gloria vorrei lasciarvi con una domanda.
Visto il mandato di arresto europeo con il
quale l’Italia ha chiesto alla Germania di rendere esecutiva la pena (come
previsto dagli accordi tra i due Paesi) l’ex Amministratore Delegato Harald
Espenhahn, condannato con sentenza definitiva a nove anni e otto mesi per
la morte dei 7 operai della ThyssenKrupp , è finito in carcere, come gli
imputati italiani o no?
Da metà maggio non se ne sa più nulla. Cerchiamo di
fare in modo che non finisca nel dimenticatoio.
Grazie a tutti coloro i quali mi hanno seguito in questi anni,
sostenuto, criticato e suggerito temi e problemi. Davvero un grosso augurio per
tutto.
Nello stesso
tempo ho aperto una pagina per coloro i quali avessero voglia di inserire
proposte commenti o altro sfruttando la rete creata da Muglia La Furia. Questo è il
link per accedere alla pagina “Dite la vostra che io la mia l’ho già detta”.
Franco (già Muglia La Furia)
---------------------
From: Medicina Democratica segreteria@medicinademocratica.org
To:
Sent: Wednesday, September 21, 2016 10:51 PM
Subject: NEWSLETTER MEDICINA DEMOCRATICA
ADERISCI A
MEDICINA DEMOCRATICA ONLUS
Medicina Democratica
onlus è da sempre attivamente impegnata su vari fronti per ribadire l’importanza
della tutela nella salute nei luoghi di vita e di lavoro.
Per
sostenere le molteplici attività in cui Medicina Democratica è impegnata, oggi
più che mai abbiamo bisogno del tuo aiuto.
Anche per
il 2016 è aperta la possibilità di adesione alla nostra associazione (onlus dal
2003).
LEGGI
TUTTO AL LINK:
RIVISTA MEDICINA DEMOCRATICA N. 225-226
Medicina Democratica onlus mette
a disposizione i numeri 225-226 della rivista.
Ricordiamo
che la nostra associazione, per le diverse azioni e iniziative che realizza, si
basa sul solo lavoro totalmente gratuito reso dai propri volontari e
simpatizzanti.
La copertura
dei costi vivi delle iniziative (fra cui la produzione della rivista) sono
possibili solo attraverso le quote di iscrizione (adesione) alla associazione
Medicina Democratica onlus, a contributi volontari e alla quota del 5 per
mille.
LEGGI
TUTTO AL LINK:
SOTTOSCRIVETE E FATE CIRCOLARE L’APPELLO PER LA REALIZZAZIONE DI CASA GABRIELLA PER LE PERSONE CON LESIONI MIDOLLARI
Chiediamo
a tutti i lettori di leggere e sottoscrivere l’appello sottostante
(scaricabile) per la realizzazione di Casa Gabriella, stampando e inviando per
posta all’indirizzo via dei Carracci, 2 20129 Milano o anche via mail all’indirizzo
segreteria@medicinademocratica.org
l’elenco delle firme raccolte.
Appello per la realizzazione di Casa Gabriella
Struttura adiacente all’Unità Spinale di Firenze,
per il mantenimento o il ripristino delle migliori condizioni di salute e di
vita delle persone con lesione midollare
LEGGI
TUTTO AL LINK:
SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N. 268 DEL 19/09/16
INDICE
Pause,
riposi e ferie
L’obbligo
di sicurezza del datore di lavoro
Troppo
lavoro anche nei festivi? Scatta il danno esistenziale
Lavori
usuranti: cosa sono, quando andare in pensione e come fare domanda
Modifiche
al Decreto 81/08: recepita in Italia la nuova Direttiva sui campi
elettromagnetici
Imparare
dagli errori: ancora sugli infortuni a mani non protette
Regolamento
europeo DPI: la protezione dal caldo e dal freddo
I
requisiti dei luoghi di lavoro: altezze, porte e scale fisse
LEGGI TUTTO
AL LINK:
SITO WEB:
FACEBOOK:
www.facebook.com/MedicinaDemocratica
www.facebook.com/MedicinaDemocratica
---------------------
From: Posta
Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent: Thursday, September 22,
2016 2:30 AM
Subject: LA
FSM DENUNCIA L’OMICIDIO
DEL SINDACALISTA DELL’USB ABD ELSALAM AHMED ELDANF
Federazione Sindacale Mondiale (WFTU-FSM) (http://internazionale.usb.it)
15/09/16
La Federazione Sindacale Mondiale informa la classe operaia internazionale del tragico omicidio del suo membro, appartenente al sindacato USB Italia, Abd Elsalam Ahmed Eldanf, 53 anni, padre di 5 figli.
La FSM, che attualmente rappresenta 92
milioni di lavoratori in 126 paesi, denuncia nel modo più categorico questo
omicidio che serve come atto di terrore e manipolazione contro le lotte dell’USB
e del movimento sindacale militante in Italia.
Alle 23.45
del 14 settembre, un sindacalista dell’USB è stato investito e ucciso da un
camion durante uno sciopero con picchetto alla GLS di Piacenza.
L’omicidio
del compagno e fratello Abd Elsalam Ahmed Eldanf è il tragico epilogo dell’escalation
di violenza e repressione della GLS e del suo sub-appaltatore SEAM. Questo è il
modo in cui hanno deciso di rispondere alle attuali rivendicazioni degli
operai.
La notte
scorsa, l’USB stava tenendo un incontro con i lavoratori della logistica della
GLS/SEAM per discutere del mancato rispetto degli accordi sottoscritti sulle
assunzioni a tempo determinato dei precari.
Grazie alla
precarietà introdotta dalle leggi del governo italiano concordati con l’Unione
Europea, i padroni impongono rapporti di lavoro basati sulla violenza e il
ricatto, in modo che l’assenza dei diritti diventi la norma in questo settore,
dove invece il loro profitto cresce fino al 29% in un anno.
La FSM esprime piena solidarietà all’USB,
ai suoi membri e alla classe operaia d’Italia.
La Segreteria
---------------------
From: Posta
Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent:
Thursday, September 22, 2016 2:30 AM
Subject: PAME CONDANNA L’ASSASSINIO DI UN LAVORATORE
SCIOPERANTE IN ITALIA
16/09/16
Il PAME (Fronte Militante di Tutti i Lavoratori) condanna l’assassinio dello scioperante Abd Elsalam Ahmed Eldanf nell’azienda GLS/SEAM di Piacenza, Italia.
Il compagno
Abd Elsalam Ahmed Eldanf, egiziano, membro della USB Italia, stava scioperando
e sostenendo un picchetto alla GLS/SEAM contro le precarie condizioni di lavoro
imposte dalla società. I padroni hanno dato l’ordine a un autista di lanciare
il suo camion contro la linea di picchetto. Il camion ha colpito e ucciso lo
scioperante, padre di 5 figli.
Il PAME
condanna i padroni, che incoraggiati dal supporto del governo italiano,
vogliono imporre il loro dominio sui corpi dei lavoratori. L’escalation di
oppressione e repressione avrà la sua risposta dall’organizzazione del
movimento sindacale con orientamento di classe.
Esprimiamo
la nostra solidarietà di classe alla lotta dei lavoratori della GLS/SEAM e all’USB.
Chiediamo a
tutti i sindacati di Grecia e Europa di condannare in massa l’assassinio del
nostro compagno Abd Elsalam Ahmed Eldanf e a esprimere la loro solidarietà.
Chiediamo l’immediata
punizione degli assassini.
Rafforziamo
la solidarietà!
Rafforziamo
la lotta!
---------------------
From: Posta
Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent:
Thursday, September 22, 2016 2:30 AM
Subject: NEL PAESE DEGLI SFRUTTATORI L’OMICIDIO
PADRONALE E’ UN DIRITTO
di Enzo Pellegrin
17/09/16
“Nel paese della bugia, la verità è una malattia”.
Questa bella
frase di Gianni Rodari dovrebbe essere ricordata a coloro che si stupiscono e
si indignano per la veloce decisione della Procura di Piacenza di qualificare l’uccisione
di Abd Elsalam Ahmed Eldanf, operaio della GLS logistica e sindacalista, come “omicidio
stradale”.
Si potrebbe
chiosare: “Nel paese degli sfruttatori l’omicidio padronale è un diritto”.
Non si
tratta di fare riflessioni moralistiche.
Non si
tratta di indignarsi contro la “crudeltà” dell’impresa e dei suoi dirigenti, o
sulla poca sensibilità del “crumiro” che ha travolto Abd Elsalam con il suo
camion.
Non si
tratta neppure di adombrare malversazione, incapacità, connivenza dei pubblici
o privati poteri in gioco.
Tantomeno è
il caso di ripetere le solite infondate analisi sul capitalismo “malato”
di neoliberismo, sulla casta dei poteri corrotti in voga nella sinistra o nell’opposizione
che amano definirsi “alternative”, “progressiste” o in modo ancor più infondato
“rivoluzionarie”.
Non è questo
il punto, non interessa, non serve a nulla.
Proprio in
questi giorni amari.
Una società
è fondata sempre su regole.
Queste
regole proteggono e “legittimano” gli interessi e gli obiettivi che quel tipo
di società, o meglio la classe dominante che la dirige, ritiene condivisibili e
perseguibili.
Nel
bilanciamento di interessi e nel giudizio delle carte sul tavolo del
Procuratore di Piacenza entrano in gioco anche quei “diritti di impresa” che
per la classe operaia significano sfruttamento, emarginazione sociale, povertà,
disoccupazione, schiavitù nei confronti di un lavoro salariato sempre più,
duro, precario, insufficiente a condurre una libera e dignitosa esistenza per
sé e la propria famiglia.
Sì, perché
nel nostro capitalismo avanzato sono normali retribuzioni orarie al limite
della fame, è normale assumere lavoratori con contratti a termine che spesso si
minaccia di non rinnovare e altrettanto spesso non si rinnova per poter
ricattare più facilmente il lavoratore.
E se questa
è la normalità, a fianco cresce indisturbata una selva di richieste oscene:
straordinari in nero, ore gratuite, turni oltre il numero di ore consentite
dalla legge, riposi inesistenti, violazioni spesso tollerate o non
adeguatamente perseguite.
Per questo
Abd Elsalam Ahmed Eldanf ed i suoi compagni scioperavano, manifestavano e
picchettavano gli ingressi carrai della GLS, per ottenere il pattuito rinnovo
di contratti a tempo determinato che l’azienda voleva disattendere dopo essersi
impegnata in senso contrario.
Ma è la
normalità ad essere già sfruttamento.
I
consistenti profitti dei grandi gruppi multinazionali della logistica riposano
su questo sfruttamento, considerato nella nostra economia capitalista
assolutamente normale.
Sul medesimo
sfruttamento della classe lavoratrice riposano non solo i profitti di queste corporations, ma anche i collegati
profitti delle banche che le finanziano, degli azionisti che vi speculano,
soggetti finanziari che spesso detengono altrettanto il potere di ricatto sulle
economie degli stati, nominano i funzionari delle banche centrali, dirottano le
risorse pubbliche alla sola greppia dei profitti privati.
La nostra
società pone tutta questa fenomenologia economica nel campo dei “diritti”.
La classe
lavoratrice non può che invece considerare questo sfruttamento barbarie.
Nella
dinamica della crisi abbiamo visto come le vane speranze o la malafede di
coloro che predicavano una “riforma” degli “aspetti negativi” del capitalismo,
si è scontrata con la vera natura del capitalismo stesso: quest’ultimo funziona
con il profitto dei capitalisti; i proprietari dei mezzi di produzione e dei
capitali hanno come obiettivo la massimizzazione dei profitti, non la
salute ed il reddito dei lavoratori veri produttori, i pubblici servizi, la
sanità l’istruzione, l’ambiente.
Non c’è
organizzazione istituzionale o politica che non possano influenzare a procedere
sui binari da loro tracciati.
Il “dito
medio” alzato dalla UE alle richieste del “fronte del Mediterraneo”
rappresentato dai Governi Tsipras, Renzi al “verticino” di Atene ne è l’ultimo
esempio lampante. Viene rigettata dalla burocrazia europea la richiesta di
sforare i parametri del deficit, ma la Francia - che del gruppo di questuanti non faceva
parte - continua indisturbata con il suo deficit al 4,2%: lo stock di debito
francese, in dieci anni, è salito di quasi trecento miliardi in più di quello
italiano.
Quando
questa normalità barbarica fa parte delle condotte legittime e rispettate dalla
nostra società, diviene forse un po’ meno significativo distinguere tra l’omicidio
volontario in cui possano aver concorso dirigenti senza scrupoli, istigando il
camionista a procedere verso il picchetto, accettando il rischio di investire
ed uccidere un manifestante, e l’ “omicidio stradale”. Diventa meno risolutivo
insorgere verso una Procura troppo debole nei confronti degli interessi dei
potenziali imputati.
Non è nella
cura di un immaginario malato che ritroveremo la nostra salute.
In questi
Tribunali non verrà mai risolta l’ingiustizia principale ed un nuovo omicidio
padronale affiorerà sotto altra forma, se non come investimento di uno
scioperante, come morte sul lavoro dell’ennesimo operaio.
Infatti
pochi giorni dopo la morte di Abd Elsalam, perde la vita Giacomo Campo, operaio
dell’ILVA di Taranto, schiacciato da un rullo, poi è la volta di Antonio
Alleovi, capo elettricista dell’ATAC romana, folgorato nella rimessa-deposito
dell’Acquacetosa.
Il
capitalismo non è buono o cattivo: funziona così.
Nel paese
dello sfruttamento ogni omicidio padronale è un diritto, o al più un danno
collaterale.
E’ inutile
sperare nella fine della barbarie se non si sostituisce il processo economico
che la genera, ponendo fine al possesso ed alla proprietà dei mezzi di
produzione da parte di pochi soggetti privati, ponendo fine alla legge dell’anarchia
produttiva e della concorrenza mortale tra operatori economici che travolge le
vite, le famiglie, l’ambiente, drenando tutti i vantaggi e la ricchezza nelle
mani di quell’uno per cento che ne possiede più del 99%.
Caro Abd
Elsalam, in questo dialogo con la tua memoria ti dobbiamo delle scuse.
Scusaci se
puoi, perché la colpa è nostra. Perchè non ci siamo adeguatamente organizzati
per sostituire la barbarie che ti ha ucciso. Perché non ci siamo organizzati
per potere un giorno arrestare, imprigionare, rendere illegali ed eliminare gli
sfruttatori, gli usurai e i loro assassini, una volta per tutte.
Perché il
paese della bugia possa diventare il paese della verità.
---------------------
From: Daniele Barbieri pkdick@fastmail.it
To:
Sent: Friday, September 23,
2016 11:39 AM
Subject: NICOLETTA
DOSIO: I DOMICILIARI CHE NON RISPETTERO’
23 settembre
2016
Da La Bottega del Barbieri (http://www.labottegadelbarbieri.org)
A seguire la
prima lettera di Nicoletta Dosio,
che ieri ha ricevuto la notifica degli arresti domiciliari.
Sento
intorno a me la solidarietà concreta di una valle che continua a resistere.
Sono
arrivati, all’alba, con la notifica dei domiciliari.
Il latrare
di Argo al cancello, la mia casa nel disordine del primo mattino, il tuffo al
cuore inevitabile anche quando sei preparata e ti aspetti gli eventi, il senso
della tua intimità violata.
Domiciliari
che non rispetterò, come non ho rispettato l’obbligo di firma quotidiana e l’obbligo
di dimora.
Il conflitto
contro l’ingiustizia è un diritto e un dovere.
La mia casa
non è una prigione; non sarò la carceriera di me stessa.
Mi sento
serena e sicura.
La loro
legalità ha più che mai il volto della guerra e dell’oppressione.
La nostra
lotta è un cuore pulsante e generoso, un pensiero lucido e saggio, bella e
struggente come i cieli autunnali, dolce come le albe che rinascono, concreta e
generosa come la terra.
Sento
intorno a me il sostegno di compagne e compagni, la solidarietà concreta di una
Valle che continua a resistere ed a costruire l’idea di un futuro più giusto e
vivibile per tutti.
Ho ancora in
me l’emozione e la ricchezza dei tanti incontri avuti durante le settimane del
No TAV- Tour “io sto con chi resiste”.
Non è
preoccupazione, ma una calma gioiosa quella che provo.
Questa sera
sarò all’assemblea organizzata a Bussoleno a sostegno della Resistenza Kurda e
del PKK.
L’importante
è rimanere umani, ossia (come ci dice Rosa Luxemburg in una sua lettera dal
carcere) “rimanere saldi e chiari e sereni, sì sereni nonostante tutto.
Rimanere umani significa gettare con gioia la propria vita sulla grande
bilancia del destino, quando è necessario farlo, ma nel contempo gioire di ogni
giorno di sole e di ogni bella nuvola”.
Liberi tutte
e tutti!
Avanti No
TAV!
Nicoletta Dosio
---------------------
From:
Alessandra Cecchi alexik65@gmail.com
To:
Sent:
Sunday, September 25, 2016 1:17 PM
Subject: DIOXINITY
DAY
Pubblicato il 25 settembre 2016 ·
Da Controinformazione
di Alexik
Giustamente
affossato dalle accuse di razzismo, l’opuscolo per la prevenzione della
sterilità e dell’infertilità è stato ritirato dal sito del Ministero della
Salute.
Come è noto
la copertina del pamphlet ritraeva quattro sorridenti ragazzotti WASP, che
raffiguravano “le buone abitudini da
promuovere”, contrapposti a quattro giovani neri, rasta e bad girls
intenti a farsi le canne, in rappresentanza dei “cattivi compagni da abbandonare”.
Vano
ricordare alla Lorenzin che Bob Marley, che era nero, rasta e di cannoni se ne
faceva a iosa, ha avuto 13 figli (di cui due adottati, perché la paternità non
necessariamente è questione di sperma).
Vista la
copertina, non oso immaginare quali perle di saggezza contenesse l’opuscolo.
“Purtroppo”
resteremo all’oscuro del suo contenuto, ma possiamo però consolarci con i
materiali del Fertility Day ancora consultabili sul sito del Ministero al link:
Leggendoli
salta agli occhi come le infografiche siano del tutto incentrate sugli STILI DI
VITA.
Il loro
messaggio prevalente è questo: le cause della vostra eventuale sterilità ed
infertilità sono da attribuire alle VOSTRE abitudini al fumo, al VOSTRO consumo
di alcolici, al VOSTRO uso di sostanze stupefacenti e dopanti, alla VOSTRA
stazza, alle malattie che VI trasmettete quando fate del sesso.
In pratica,
se rimanete sterili, la colpa è inequivocabilmente VOSTRA.
Mi suona
nelle orecchie un vecchio ritornello, quello che attribuiva alle abitudini
alcoliche dei veneti l’angiosarcoma epatico degli operai di Porto Marghera, al
fumo di sigaretta i mesoteliomi degli esposti amianto, al consumo di crostacei
l’avvelenamento da arsenico dei lavoratori del Petrolchimico di Manfredonia.
Del resto la Lorenzin non è nuova a
queste operazioni: già nel 2013 aveva scaricato la responsabilità dei tumori
degli abitanti della Terra dei Fuochi sui loro stili di vita, guardate il video
al link:
I materiali “informativi”
del Fertility Day solo in ultima analisi citano frettolosamente fra le cause di
infertilità i “fattori ambientali”, che per il Ministero consistono in “materie
plastiche, pesticidi e farmaci”.
Elencati
così, in maniera generica e sciatta, senza altra specificazione. Senza nulla
dire su chi, come, e secondo quali logiche li fabbrica, li smercia, ve li mette
nel piatto, vi induce o vi costringe a consumarli. Neanche una parola, poi,
sugli inquinanti di aria, acque e suoli.
Perché resti
chiaro che la colpa dell’infertilità è VOSTRA e solo alle VOSTRE insane
abitudini dovrete imputarla. Non alle nocività industriali, né a chi le
produce.
Comunque,
visto che l’opuscolo incriminato è in via di rielaborazione, mi permetto di
suggerire alla Lorenzin ed al suo staff nuove immagini sulle “buone abitudini
da promuovere” oltre a qualche approfondimento contenutistico.
Si potrebbe
per esempio cominciare dai risultati del Progetto Moniter (Monitoraggio degli
inceneritori nei territori dell’Emilia Romagna) condotto dall’ARPA ER sugli
otto inceneritori della regione, che a più riprese rilevano “una associazione coerente e statisticamente
significativa tra livelli di esposizione ad emissioni da inceneritore e nascite
pretermine”.
Lo stesso
studio “suggerisce una associazione
tra esposizione a inceneritore e abortività spontanea”.
Correlazione
già rilevata in precedenza da Patrizia Gentilini, oncoematologa dell’ISDE, per
le donne esposte agli inquinanti dell’inceneritore di Forlì, con un “incremento
statisticamente significativo del 44% di abortività spontanea”.
Il dato non
sorprende. I più comuni inquinanti emessi dagli inceneritori sono diossine,
PCB, ossidi di azoto, anidride solforosa, IPA, VOC e metalli pesanti. Tutti
hanno, in un modo o nell’altro, effetti sulla riproduzione, o in termini di
alterazioni delle funzioni riproduttive maschili e femminili, o in termini di
effetti sul nascituro. Vediamoli nel dettaglio.
I legami fra
l’esposizione alle diossine e lo
sviluppo dell’endometriosi sono noti dal 1992, quando una serie di esperimenti
(leggi: esercizi di sadismo) sulle scimmie rhesus, esposte per 4 anni al TCDD,
rivelarono come “l’incidenza dell’endometriosi
fosse direttamente correlata con l’esposizione alla diossina e la gravità della
malattia dipendesse dalla dose somministrata”.
Studi
successivi dimostrarono come le diossine inibissero la produzione di regolatori
della fisiologia uterina, come attivassero processi infiammatori e di
ispessimento dei tessuti dell’endometrio, come interferissero sulla sintesi e
sull’azione del progesterone. Altri esperimenti sulle scimmie correlarono l’esposizione
a diossina con l’aumento degli aborti spontanei.
Per quanto
riguarda gli effetti sulla prole, a 33 anni dal disastro di Seveso il
monitoraggio della progenie della popolazione esposta ha dimostrato come la
probabilità di contrarre alterazioni neonatali ormonali sia 6,6 volte maggiore
per i nati dalle madri residenti nella zona più contaminata.
Passando ai policlorobifenili (PCB), il parere
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è il seguente: “Studi sugli esposti a PCB hanno evidenziato
effetti sulla motilità spermatica, crescita fetale (basso peso alla nascita,
ridotta circonferenza cranica) e dello sviluppo (ridotta età gestazionale,
immaturità neuromuscolare), e della funzione neurologica alla nascita (ridotta
autonomia funzionale, aumento delle anomalie nei riflessi, ridotte capacità
mnemoniche, ridotto Quoziente di Intelligenza e difetti di attenzione). Sono
state osservate in bambini nati da madre esposte a PCB alterazioni nel numero
di differenti tipi di linfociti”.
L’esposizione
neonatale a diossine e PCB prosegue anche con l’allattamento.
Sul latte
materno il Ministero della Salute, così “attento” alla procreazione, non
dispone monitoraggi. Spesso ci hanno pensato le madri stesse, sostenute dai
Comitati di base, ad automonitorarsi la qualità del latte.
Nella
Taranto dell’ILVA questo genere di analisi ha rilevato alte concentrazioni di
PCB, mentre a Montale (PT) le 12 molecole PCB dioxin-like riscontate nei
campioni di latte materno sono risultate del tutto sovrapponibili al profilo
dei PCB emessi dal vicino inceneritore.
Valori
elevatissimi di PCB, al di sopra di qualunque segnalazione in letteratura, sono
stati riscontrati in un campione di latte di una mamma bresciana, residente in
un’area contaminata dalla Caffaro.
Disquisendo
di diossine e PCB abbiamo temporaneamente trascurato gli altri inquinanti. Presenti
fra i principali componenti delle emissioni industriali, metalli pesanti quali arsenico,
mercurio, piombo, rame, zinco, cadmio, manganese, cobalto, antimonio risultano
come accertati o sospetti tossici per la riproduzione.
Fra gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA)
il benzo(a)pirene, può danneggiare i feti in formazione, mentre il benzene, in
rappresentanza dei Composti Organici
Volatili (VOC), è un sospetto teratogeno.
Infine, l’anidride
solforosa può ridurre la fertilità maschile e femminile, mentre il diossido di
azoto presenta una limitata evidenza di tossicità per il feto in formazione e
per la fertilità femminile.
Tutti gli
inquinanti citati si riscontrano a Taranto in concentrazioni elevatissime.
Nonostante
tutte le chiacchere sulla bonifica e ambientalizzazione dell’ILVA, i dati sul
quartiere Tamburi tra il 2013 e il 2015 mostrano sforamenti delle
concentrazioni di diossina anche quaranta volte oltre i limiti: a novembre 2014
il dato più preoccupante; un picco di diossina di 791 picogrammi al mq (il “valore
soglia” per le deposizioni si attesta tra 15 e 20 picogrammi).
Temo che
tutto questo abbia qualcosa a che fare con le conclusioni della dottoressa
Raffaella Depalo, responsabile dell’Unità Operativa di fisiopatologia della
riproduzione umana del Policlinico di Bari.
I dati
raccolti dalla Depalo sull’area tarantina, rilevano come l’infertilità colpisca
quasi una coppia su 4 (tra il 20 e il 25% della popolazione), con una incidenza
di menopausa precoce che investe il 26% delle donne.
---------------------
From: La Città Futura noreply@lacittafutura.it
To:
Sent: Sunday,
September 25, 2016 9:37 PM
Subject: PIACENZA 17 SETTEMBRE: SIAMO TUTTI EL SALAM
PIACENZA 17 SETTEMBRE: SIAMO TUTTI EL SALAM
MIGLIAIA DI LAVORATORI E IMMIGRATI MANIFESTANO CON L’USB A PIACENZA PER ABD EL SALAM
24/09/16
Migliaia di persone,
7.000 secondo gli organizzatori dell’Unione Sindacale di Base, hanno manifestato a Piacenza sotto la pioggia
battente per Abd El Salam, l’operaio
ucciso da un camion durante un picchetto alla GLS.
In due giorni è stato
organizzato un corteo militante, i partecipanti sono arrivati principalmente
dalla Lombardia e dall’Emilia Romagna. In testa l’USB
con la famiglia di El Salam e la comunità egiziana, in coda il SICobas, in mezzo le rappresentanze di altre
organizzazioni sindacali di base (DAL Cobas, SOL Cobas, SLAI Cobas, SGB) e le
organizzazioni politiche.
Il corteo, lungo e
determinato, è partito dalla stazione di Piacenza, è passato per il centro ed è
tornato alla stazione. Dalla testa del corteo il camion dell’USB ha attaccato
la versione delle forze dell’ordine che vogliono far passare tutto come un
banale incidente stradale, ha attaccato Renzi col suo
jobs act “responsabile politico di ciò che è successo” e anche i sindacati
confederali, grandi assenti. I manifestanti di tutte le categorie dell’USB
hanno lanciato pochi e precisi slogan per ore: “Siamo tutti El
Salam!”, “GLS assassini”, “Lotta dura
senza paura”. Ancora più rabbioso lo spezzone finale del SICobas, composto in
grandissima parte da lavoratori immigrati impiegati nei settori della
logistica, colleghi di El Salam.
Per i lavoratori
scesi in piazza a Piacenza “siamo tutti El Salam” non è uno slogan retorico. Sono
moltissimi i casi di lavoratori e sindacalisti feriti e contusi durante
picchetti e blocchi stradali, la morte di un lavoratore durante una lotta è un
evento che non succedeva da moltissimo tempo ma poteva succedere, e potrà
succedere molte altre volte. Tra i lavoratori organizzati dai sindacati di base
la percentuale di immigrati è altissima, si sentono giustamente “come El Salam”,
additati come la causa di ogni problema e lasciati soli dagli italiani quando
invece lottano, spesso in condizioni più dure di tutti gli altri.
In mezzo al corteo le
varie organizzazioni politiche. Il Partito
della Rifondazione Comunista e i Giovani Comunisti, Sinistra Classe
Rivoluzione, il PCL, il PC, Fronte Popolare. E poi, il Coordinamento Lavoratori
Autoconvocati e (unica realtà di movimento) i No TAV con Nicoletta Dosio. In mezzo
al corteo si muove Fratoianni con alcuni dirigenti locali di Sinistra Italiana,
ma la presenza della cosiddetta “sinistra diffusa” è impalpabile. Dal fronte
dell’associazionismo, la partecipazione è stata bassa. Nel corteo, Emergency è stata l’unica realtà di associazione a
presenziare con un proprio striscione.
In fin dei conti, si
può dire che il corteo è stato composto dai sindacati di base, dagli immigrati
di base e dalle organizzazioni comuniste. E che si è svolto nell’indifferenza della
città.
Saracinesche
abbassate lungo il percorso, specialmente nel centro storico, forze dell’ordine
inutilmente in tenuta anti-sommossa dislocate ad ogni angolo, gli unici a
tenere aperto sembrano essere stati i bottegai stranieri. D’altronde, era stato
lo steso sindaco piddino Paolo Dosi ad invitare i commercianti a chiudere, mentre i
giornali locali titolavano su centinaia di militanti dei centri sociali che
stavano arrivando da fuori città, pronti alla violenza. La realtà è stata una
giornata completamente diversa, di militanti dei centri sociali se ne sono
visti pochi, si sono visti moltissimi lavoratori della logistica. Nessun
vandalismo, il corteo si è lasciato dietro solo scritte contro la GLS, per ricordare a tutti che
è stato un assassinio, non un incidente.
La manifestazione di
Piacenza non esaurisce la mobilitazione.
Tra il 20 e il 21
Settembre c’è stata l’azione dei sindacati di base contro GLS. L’azienda aveva
previsto un’alta adesione alla lotta nel piacentino e nell’Emilia, spostando
quindi il traffico su Milano. La
risposta degli operai è stata di alta adesione e blocco del traffico a Milano,
cosa successa anche a Roma. La sera del
21 è arrivata la notizia che la
GLS ha ceduto proprio su uno dei punti per cui stava lottando
Abd El Salam: ventuno operai saranno assunti a tempo indeterminato.
Alcuni timidi segnali
arrivano dal sindacato confederale. Dopo l’uccisione di Abd El Salam e la morte
di Giacomo Campo all’ILVA, FIOM,
FIM e UILM hanno proclamato un’ora di sciopero per organizzare le assemblee sui
luoghi di lavoro. Decine di delegati della FILT
CGIL (la categoria dei trasporti)
hanno chiesto alla confederazione di lanciare lo sciopero generale e hanno
proclamati scioperi su scala locale in giro per l’Italia.
Un importante
sciopero di solidarietà si è verificato alla Tenaris
Dalmine, alle porte di Bergamo. L’agitazione proclamata dalla CUB ha fermato la produzione in quello che è uno dei più
importanti centri della siderurgia italiana.
Il 21 ottobre l’USB
aveva già proclamato uno sciopero generale di tutte le categorie con corteo a
Roma, quel giorno Piazza San Giovanni sarà Piazza
Abd El Salam. Il corteo di Piacenza ha già detto molto e in
troppi a sinistra l’hanno disertato. Piazza Abd El Salam sarà una chiamata per
ripartire e dirà molto su chi ci sarà e chi non ci sarà.
---------------------
From: Teoria & Prassi teoriaeprassi@yahoo.it
To:
Sent: Tuesday,
September 27, 2016 10:56 AM
Subject: OMICIDI
SUL LAVORO E LOTTA DI CLASSE
Da Piattaforma
Comunista
Proseguono senza soste gli omicidi sul lavoro.
Riceviamo e volentieri pubblichiamo il seguente
commento su tale bruciante questione.
Nell’anno trascorso sono state presentate 636.766
denunce d’infortunio sul lavoro e 1246 denunce d’infortunio mortale avvenuto in
occasione del lavoro e durante il tragitto casa-lavoro-casa.
Sono state denunciate 58.925 malattie professionali,
la maggioranza delle quali riguardano il sistema osteomuscolare e il sistema nervoso.
Ecco quanto leggiamo nell’ultimo rapporto pubblicato dall’Inail questa estate.
Beninteso si tratta di statistiche che dissimulano le
dimensioni del fenomeno, in quanto non fanno parte di questa contabilità gli
infortuni dei lavoratori cosiddetti indipendenti, le morti per malattie
professionali, gli infortuni mai denunciati perché avvenuti in settori come il lavoro
agricolo e l’edilizia, nei quali non esistono praticamente tutele per i
lavoratori.
Pur falsate, tuttavia esse sono la dimostrazione più
esemplare della forza distruttiva della produzione capitalistica e un atto d’accusa
contro il crumiraggio dei capi sindacali.
Ma il parlamento borghese ha messo all’ordine del
giorno dei suoi lavori una legge per liberare i capitalisti da ogni accessorio
burocratico e dalle sanzioni sproporzionate.
I capitalisti in tutti questi anni non hanno mai
rinunciato ai loro propositi di ridurre la questione della tutela della
sicurezza nelle fabbriche a un qualche certificato che stabilisca alcune prescrizioni
ordinarie con il sigillo dello Stato borghese.
Essi hanno continuato a sfruttare prepotentemente i
rapporti di forza a loro vantaggio per costringere gli operai a barattare il
posto di lavoro con le condizioni di salute e di sicurezza tecnica e sempre hanno
tentato di gettare ogni colpa sui lavoratori.
Oggi attraverso i legislatori borghesi vorrebbero
ottenere la santificazione della passione del capitalista per il profitto e il sigillo
della fatalità e dell’imponderabilità per i risultati di questa loro passione.
E’ l’intensificazione dell’oppressione e dello sfruttamento
capitalistici uniti all’assoluta mancanza di condizioni pur minime di lavoro e
di sicurezza tecnica a provocare l’aumento degli incidenti sul lavoro e la massiccia
diffusione delle malattie professionali.
La borghesia è una classe parassitaria, che si
arricchisce sempre più sfruttando e impoverendo le masse lavoratrici e in primo
luogo la classe operaia.
E’ il tempo per gli operai di riprendere la lotta per
la sicurezza e la salute, dentro e fuori la fabbrica, da dove essi l’hanno
interrotta, sopraffatti dalle minacce dei capitalisti e dal tradimento dell’aristocrazia
operaia che si è impadronita dei sindacati.
E’ il tempo per essi di ricomporre l’unità della
classe operaia contro la potenza concentrata del capitale.
Per cominciare, essi devono imporre l’elezione diretta
dei propri rappresentanti per la sicurezza, per avere il modo di scegliere i
più capaci e combattivi, prevedendo la possibilità della revoca dell’incarico
da parte degli stessi lavoratori.
Questi rappresentanti eletti devono a loro volta
tendere a superare la conduzione delle vertenze aziendali, riunendosi in un
organismo nazionale che lotti per l’affermazione del principio del controllo
delle organizzazioni operaie sulla formazione di tutti i lavoratori e sull’attività
di prevenzione nei luoghi di lavoro.
Ma il compito certamente difficile, ma insostituibile,
che attende i più coscienti tra i lavoratori, è quello di preparare una vasta
agitazione sull’insieme delle condizioni di vita e di lavoro della classe
lavoratrice.
Nel corso degli scioperi e delle manifestazioni, la rivendicazione
di ogni miglioramento contrattuale deve accompagnarsi alla lotta per la soppressione
del capitalismo.
Sempre più deve farsi largo tra gli operai la
convinzione che solo il socialismo può dare loro soddisfazione nel lavoro,
poiché esso soltanto libera dalle catene che le avvincono tutte le forze produttive
della società e perciò la loro lotta per abbattere il sistema capitalista deve assumere
proporzioni sempre maggiori.
---------------------
From: Teoria & Prassi teoriaeprassi@yahoo.it
To:
Sent: Tuesday,
September 27, 2016 10:56 AM
Subject: IMBROGLI SULLA PELLE
DEI LAVORATORI: I LAVORI USURANTI
Da
Piattaforma Comunista
Continua il balletto fra governo e vertici sindacali
sui lavori usuranti.
La normativa riconosce l’uscita anticipata, ma l’elenco
dei lavoratori che svolgono questi lavori e che deve essere tutelato non è ancora
definito e i fondi da utilizzare sono sempre meno, a causa della politica di
austerità.
La questione dei lavori usuranti è una delle tante
dimostrazione di come la borghesia se ne frega della salute delle lavoratrici e
dei lavoratori.
Le norme sono nate male e sono rimaste sostanzialmente
inapplicate, finite nel calderone parlamentare tra rinvii, elezioni, pareri
mancanti, termini scaduti, ecc..
Solo nel 2011 sono stati fissati i criteri indispensabili
per usufruire delle risorse di un Fondo utilizzato in minima parte.
Chi svolge attività usuranti non avrà comunque vita
facile per accedere alla pensione anticipata: solo se ha iniziato a lavorare da
giovane, raggiungerà prima il requisito di anzianità contributiva prevista per
i lavoratori precoci (41-42 anni), rispetto all’età pensionabile (62 anni e
mezzo) richiesta ad hoc dalla Fornero per chi ha svolto tali attività.
Le categorie, ampiamente sottostimate, dei lavori
usuranti, in realtà, ci sono dal 2007 e sono quattro: quella che riguarda le
mansioni più gravose ed esposte a rischi come i lavoratori delle cave, delle
miniere, i palombari e altro; i lavoratori notturni definiti in base a
intervalli orari ben precisi; gli addetti alla catena di montaggio e i conducenti
di mezzi pubblici da nove posti in su.
Mentre un nuovo disegno di legge è approdato un mese
fa alla Camera per includere gli edili e chi vive in equilibrio sulle
impalcature (sono le prime vittime sul lavoro), nel 2016 un’ulteriore stretta
ha ancora più irrigidito i requisiti sugli usuranti, già particolarmente cavillosi.
Infatti ogni categoria ha i suoi requisiti, modificati
nel 2012. Resi così vincolanti, però, da aver creato un imbuto strettissimo che
ha escluso il grosso delle pratiche inoltrate dai patronati. Su 11.124 domande
presentate al 2011, ne risultano accolte 3.000 e respinte più di 8.000. La conseguenza
è stata che dal fondo predisposto per le coperture, non sono stati pagati 1,5
miliardi di euro stanziati dal 2009 al 2013.
L’obiettivo di tutte queste manovre, nonché lo scopo
di fondo dei tagli sulle pensioni, è arrivare alla privatizzazione del sistema
pensionistico pubblico, affidando sempre di più la pensione al sistema
bancario, assicurativo e finanziario, mentre le burocrazie sindacali e sono
sempre più coinvolte nei fondi pensionistici integrativi.
Diciamo NO ad accordi che puzzano di scambio
pre-referendum e ripartiamo con la lotta per il riconoscimento di tutti i lavori
usuranti!
---------------------
From: USB Ospedale
Gaslini ospedalegaslini.sanita@usb.it
To:
Sent: Wednesday, September 28,
2016 10:44 AM
Subject: COMUNICATO STAMPA
APPALTI AL GASLINI: CHI CONTROLLA?
COMUNICATO
STAMPA: APPALTI AL GASLINI CHI CONTROLLA?
Come
denunciamo da tempo nell’assordante silenzio della politica e dell’amministrazione,
il Gaslini ha croniche carenze di personale nei reparti.
Personale
con carichi abnormi di lavoro e che dalle loro mani dipende la vita dei piccoli
pazienti. Una situazione drammatica che sembra non avere soluzione.
Come se non
bastasse, il contorno non è dei migliori.
Molti
dipendenti infatti sono costretti a lavarsi le divise da lavoro a casa con
tutto ciò che questo comporta sulla diffusione di batteri, alcuni dipendenti le
stanno acquistando con il proprio stipendio, il Gaslini acquista divise monouso
(con soldi pubblici) quando la ditta esterna dovrebbe fornirle.
La ditta che
ha vinto l’appalto della ristorazione sembra dettare legge. La mensa dei
dipendenti del Gaslini è ormai una mensa pubblica senza che il Gaslini
percepisca oneri dovuti e il personale del Gaslini è costretto a recarsi nelle
camere per l’ordinazione dei pasti assorbendo grosse risorse all’assistenza. Ma
anche qui una politica regionale sorda e dedita al privato non interviene.
In una
situazione simile era necessario assumere una nuova dirigente infermieristica
da 70.000 euro l’anno considerando che lo stesso ufficio è dotato di ben 7
caposale perfettamente in grado, a nostro avviso, di gestire il personale?
Quei soldi
avrebbero potuto essere impiegati per l’assunzione di 2 infermiere, 2
ostetriche o 3 OSS.
I componenti
di questa giunta ed in particolar modo l’assessore Viale saranno ricordati come
coloro che smantellarono l’Istituto Giannina Gaslini?
Nessun commento:
Posta un commento