domenica 30 settembre 2012

Schiavi: sulla lotta dei braccianti di CastelnuovoScrivia(AL)


Schiavi. Importiamo schiavi. Neppure chiamati per nome, ma con sprezzanti
appellativi: Hamid era Grosso; un altro Hamid era Occhi di gatto; Mohammed 
era Saddam Hussein; Hamed veniva chiamato Magro; Mustafà, Serpente; Kassem, Cassetta; poi c’era Arbi che era Vigo, il nome del cane del padrone.
Nell’azienda agricola “Bruno Lazzaro”, una tenuta a circa un chilometro e
mezzo da Castelnuovo Scrivia per Tortona, a ridosso dell’autostrada Milano –
Genova, ad una quarantina di lavoratori marocchini immigrati – trenta uomini 
edieci donne - mancavano solo le catene: orari di lavoro spaventosi, fino a 13 –
14 ore al giorno, domeniche e festivi compresi; lavoro nero e irregolare;
ricatti ed estorsioni, fino a 2.500 euro versati direttamente al padrone, 
peril rinnovo dei permessi di soggiorno; salari ridotti all’osso, 200-300 euro 
di
soli acconti per circa 300-350 ore di lavoro mensili; terribili condizioni
lavorative, costretti a raccogliere ortaggi, sotto il solleone estivo, senz’
acqua –al massimo c’era quella delle cannette per l’irrigazione – con il 
cibo
che si portano da casa sulle loro biciclette, senza guanti, senza scarpe da
lavoro…

Anni di lavoro degradante, anni di dolore e di rabbia.

Venerdì 22 giugno, ore 6.00 del mattino, un giorno come tanti, senza paga e
senza una lira in tasca.
Inizia la rivolta.

Per la prima volta nella loro vita, i migranti incrociano le braccia,
pronunciano la parola “sciopero”. Da soli. Poi chiamano noi.

Sei, otto, dieci anni di supersfruttamento, senza che nessuno si accorgesse 
di
loro, di quegli invisibili, “bestie da lavoro” nelle campagne o confinati in
polverosi capannoni, dove neppure si respira, a impilar cassette d’ortaggi 
per
la grande distribuzione che poi rivende nei suoi supermercati,  a prezzi
decuplicati.

La rivolta diventa aperta, gli invisibili diventano visibili a tutti.
Allestiscono un presidio di tende e di frasche nei pressi della cascina,
dietro al guard-rail, sulla statale per Tortona dove sfrecciano incuranti
macchine e camion; istituiscono una Cassa di Resistenza per tirare avanti,
chiedono l’aiuto del sindacato Cgil, di associazioni, di partiti, di
cooperative sociali.
Serve tutto: cibo, vestiario, aiuti.

Sono giorni di forte tensione, tra picchetti degli scioperanti, invasioni 
dei
campi per bloccare i crumiri, blocchi stradali e delle merci, denunce.

Un primo accordo sindacale tra la Cgil e la Cia (Confederazione italiana
agricoltori) viene stracciato dal padrone, quando, da Brescia, fa arrivare 
una
cooperativa di raccoglitori indiani, la “Work Service”, un’azienda di 
presunti
cottimisti che si alzano alle quattro del mattino per essere nelle campagne
castelnovesi alle prime luci dell’alba.
E alla data del 31 luglio, in modo pretestuoso, quattordici lavoratori
marocchini vengono messi alla porta.
Licenziamento verbale. Motivazione ufficiale: scadenza del contratto.
Ma il contratto non esiste, quello prodotto dal padrone all’Ispettorato del
Lavoro, reca firme falsificate, come pure le buste paga dell’anno in corso.

Hamid controlla il suo passaporto. Non riesce a crederci: le buste paga
portano una firma vagamente simile alla sua, solo che lui, in quel periodo, 
non
era a lavorare, e neppure si trovava in quel di Castelnuovo Scrivia, era al 
suo
Paese, in Marocco!

Cresce rabbia e tensione.
In mezzo ai campi di pomodori, in quei giorni, qualcuno avrebbe voluto lo
scontro tra disperati – marocchini contro indiani – un ritorno al futuro.
Senza riuscirci.
Sono giornate vissute attraverso la lotta, la lotta che rivendica ed 
afferma,
attraverso gli scioperi, i blocchi, le manifestazioni di resistenza all’
arroganza padronale.
Sono giornate vissute anche con la rottura degli schemi e delle prudenze
imposte da una pratica sindacale inadeguata per il mondo migrante.

Venerdì 3 agosto. Una bella e grande manifestazione sindacale, come non si
vedeva
da anni per entusiasmo e partecipazione, ha attraversato la città di
Alessandria, con in testa i braccianti della “Lazzaro”, dietro lo striscione
“No sfruttamento, no schiavismo”.
Dopo un primo sit-in davanti alla Prefettura, il corteo ha raggiunto la sede
della Cia. “Schiavi mai”, “Giustizia, giustizia!”, “Lazzaro vergogna, Cia
vergogna”, gli slogan più gridati durante il percorso e nel secondo sit-in
sotto le finestre dell’ associazione padronale di “sinistra”.

Parte una campagna di boicottaggio contro i supermercati Bennet, tra i
principali clienti dei Lazzaro. Grande scandalo, i pennivendoli del padrone 
si
stracciano le vesti, i più moderati sostengono che la campagna danneggia gli
stessi braccianti marocchini.
Niente di più sbagliato: Lazzaro ha già deciso, nei suoi campi lavorano solo
gli indiani della “Work Service”, che da dodici qual’erano, sono ormai
diventati una trentina.
Quattordici lavoratori, i Lazzaro li avevano già messi fuori a luglio. Senza
Bennet!

Manifestazioni, tavoli in Prefettura, ispezioni della Direzione provinciale
del lavoro e, infine, un’inchiesta della Procura di Torino hanno portato l’
azienda ad alzare nuovamente il tiro, con l’obiettivo di disfarsi dei 
restanti
lavoratori marocchini.

A metà agosto compare un cartello incollato con nastro adesivo su un palo
della luce davanti al presidio: “Dal 17 agosto i marocchini dipendenti dell’
azienda agricola Lazzaro Bruno e Lazzaro Mauro cessano l’attività presso la
suddetta azienda e non lavorano più”.
Il comunicato, scritto con un pennarello nero,  viene affisso a pochi metri 
da
quei campi di Castelnuovo Scrivia, dove i quaranta lavoratori hanno faticato
dal mattino alla sera nella raccolta degli ortaggi.
Licenziamenti, con un tocco di discriminazione razziale: il massimo!
Come nelle piantagioni del primo Novecento, quando non c’erano diritti e
rappresentanze sindacali e tutto dipendeva dalla volontà del padrone della
terra, da un giorno all’altro i quaranta braccianti della Lazzaro si sono
trovati, tutti o quasi, per strada.


Oggi, la vertenza segna finalmente un primo punto a proprio favore: la 
Procura
della Repubblica di Torino, che sta indagando sulla vicenda Lazzaro, ha dato 
il
nulla osta per il riconoscimento dei permessi di soggiorno ai lavoratori
marocchini irregolari a seguito della denuncia per riduzione in schiavitù.

Un primo passo importante, anche se la vicenda non può dirsi ancora 
conclusa:
la scelta della ricollocazione lavorativa solo di una parte dei migranti, su
tutto il territorio provinciale, se dà risposte sul piano salariale 
immediato,
attraverso borse lavoro della durata di 3 mesi, per 20 ore settimanali, a 
530
euro mensili, interamente pagati dalla Provincia di Alessandria, non dà le
stesse garanzie sul piano delle future garanzie occupazionali in termini di
continuità.

Dopo oltre tre mesi dalla rivolta, restano sul terreno molti nodi irrisolti,
che vanno dalla violazione sistematica degli accordi sindacali, ai
licenziamenti verbali, alle vertenze aperte per il recupero dei salari
arretrati, alle attività e agli scritti relativi alla discriminazione 
razziale,
alle varie denunce penali per le infrazioni delle leggi sull’immigrazione 
nei
confronti dei Lazzaro.

I braccianti marocchini della “Lazzaro”, che hanno alzato la testa, oggi
rappresentano un utile esempio per tutti i braccianti della Bassa Valle
Scrivia: meno “nero”, più assunzioni, più controlli sulle condizioni
lavorative, maggiore coscienza dei propri diritti.

Per questo, il Presidio permanente – realtà autorganizzata scaturita da 
questi
74 giorni di lotta – sta allargando il proprio raggio d’azione.
Da giovedì 13 settembre, e per ogni giovedì, alle ore 18.00, in una saletta
messa a disposizione dal Comune di Castelnuovo Scrivia, ha preso avvio uno
sportello legale, che, con l’ausilio di avvocati e mediatori culturali, 
intende
dare prime risposte ai migranti della nostra zona per la “sanatoria 2012”, e
non solo; al sabato, sempre a Castelnuovo, ha ripreso la propria attività lo
sportello migranti che si occupa di redigere materialmente le domande di
sanatoria.

E’ un’esperienza importante, destinata certamente a produrre risultati.
Giovedì 13 settembre e in quelli successivi, erano circa un’ottantina i
migranti che, al termine del loro lavoro, attendevano nel cortile del 
palazzo
comunale, il loro turno per parlare con i nostri legali.

In Bassa Valle Scrivia, è nata una nuova “primavera”, un movimento nuovo,
cresciuto dal basso. I migranti che lavorano nei campi, nell’edilizia, nelle
fabbriche, nei servizi, sono ben coscienti dei loro diritti, vogliono il
rispetto della loro dignità di donne e di uomini nel lavoro e nella vita.

E’ un movimento che ha bisogno di sostegno, di solidarietà e di 
partecipazione
di tutti, italiani e non.
Questo è il futuro del mondo.
Non lasciamoli soli, non lasciateci soli!

Sostieni la Cassa di resistenza a favore dei braccianti della “Lazzaro”. Il
numero di conto postapay è il seguente:  4023600623581008

Antonio Olivieri





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