Ieri il governatore della provincia di Manisa aveva
proibito ogni forma di manifestazione nell’area di Soma, completamente
circondata dalle forze di polizia che hanno piazzato tre diversi posti di
blocco attraverso i quali dovevano passare tutti coloro che volevano entrare
nella cittadina. Otto legali appartenenti all’Associazione degli Avvocati
Progressisti (ÇHD), diretti a Soma per prestare assistenza legale ai
sopravvissuti alla strage e ai parenti delle vittime, sono stati arrestati
dalla Polizia, malmenati e portati nel campo sportivo dove sono stati lasciati
per un certo tempo ammanettati prima di essere rilasciati, tra loro il
presidente dell’associazione Selçuk Kozağaçlı. Ieri secondo alcuni media
sarebbero stati decine gli arresti realizzati dalla polizia per impedire che a
Soma e nelle aree circostanti montasse la protesta contro il governo in
corrispondenza dei funerali delle vittime.
Nelle ultime
ore le squadre di calcio di Istanbul hanno voluto rendere omaggio nei campi di
gioco alle vittime della tragedia di Soma, cittadina a 120 chilometri da Izmir
dove martedì un’esplosione ha causato 301 morti (almeno questo è il bilancio
ufficiale definitivo fornito alla stampa dal ministro dell’Energia del governo
Erdogan, Taner Yildiz).
Se i giocatori del Galatasaray sono entrati in campo indossando i caschetti da minatore, quelli del Besiktas reggevano uno striscione che recitava “Minatore, le tue lacrime, il tuo sudore, i tuoi stivali sporchi sono il nostro onore”.
Intanto il regime tenta di utilizzare il solito binomio del bastone e della carota per tentare di trarsi d’impaccio dopo le moltitudinarie proteste e l’ondata di indignazione generale che hanno investito Erdogan e il suo partito liberal-islamista accusati di negligenza e di aver chiuso un occhio di fronte alle evidenti carenze nella sicurezza degli impianti della minera di lignite per permettere ai proprietari, affini all’Akp, di accumulare enormi ricchezze ed abbattere il costo del lavoro; e non sono mancate le accuse al premier per aver minimizzato le responsabilità delle autorità, per i ritardi nei soccorsi e per l’atteggiamento incredibilmente cinico e aggressivo nei confronti dei parenti delle vittime e dei sopravvissuti.
Di oggi la notizia che ventiquattro persone sono state arrestate - ma sei sono state poi subito rilasciate - in conseguenza delle prime indagini realizzate dal pool di 28 magistrati istituito nei giorni scorsi dal Consiglio Superiore della Magistratura turco. Tra gli arrestati anche dirigenti e impiegati della Soma Komur, la compagnia mineraria privata proprietaria dell’impianto, compresi - sembra - anche alcuni pezzi grossi che, all'indomani della tragedia, durante una tesa conferenza con decine di giornalisti, avevano dato la colpa della strage agli stessi operai affermando che se l'incidente fosse avvenuto tra tre mesi non sarebbe morto nessuno visto che i container di sicurezza da sistemare nelle gallerie sarebbero in arrivo. Per tutti l'accusa sarebbe di negligenza mentre solo per tre a questo capo di imputazione si aggiungerebbe quello di omicidio plurimo colposo.
Ma anche ieri la polizia è intervenuta duramente, così come era avvenuto il giorno prima, contro alcune migliaia di minatori, parenti e studenti arrivati a Soma anche dalle città circostanti per denunciare le condizioni di lavoro semi-schiavistiche applicate nelle miniere anche grazie ad una legge di deregolamentazione approvata alcuni anni fa dalla maggioranza parlamentare liberal-islamista. Secondo quanto riferito dal sito del quotidiano "Hurriyet", gli scontri sarebbero scoppiati nella cittadina dopo che gli agenti hanno cercato di arrestare un bambino di 10 anni durante la protesta fino a quel momento pacifica, scatenando l'ira della folla.
Nei giorni scorsi ad Istanbul un gruppo di studenti ha occupato alcune facoltà dell’Università Tecnica (İTÜ) denunciando i legami tra l’ateneo e l’azienda che gestisce la miniera dove è avvenuta la strage, la Soma Holding. Gli studenti, tra le altre cose, hanno scritto i nomi delle 300 vittime sui muri dell’università, hanno chiesto che sia interrotta ogni relazione tra l’ateneo e l’impresa e le dimissione dei dirigenti della İTÜ che durante una trasmissione televisiva avevano affermato, a proposito delle vittime di Soma, che in fondo quella causata dal monossido di carbonio è una “morte dolce”.
Se dopo l’esplosione della protesta della scorsa estate e ancora più recentemente, in occasione delle proteste contro gli scandali che hanno investito il governo, Erdogan aveva puntato il dito contro un complotto straniero prima vagamente evocato e poi esplicitamente identificato con l’imprenditore/predicatore Fetullah Gulen, ora non c’è un nemico occulto che il ‘sultano’ possa agitare per placare l’indignazione popolare generata dalla strage di Soma. La vittoria netta alle recenti elezioni amministrative, vinte con circa il 45% dei voti grazie ai brogli ma anche grazie al sostegno di una maggioranza silenziosa ancora molto compatta, sembra in questi giorni assai lontana.
Erdogan, commentando a caldo la tragedia appena avvenuta nelle gallerie della minera di carbone, aveva affermato che ‘sono cose che succedono’. Ma i dati e i numeri parlano da soli.
Ankara non ha mai firmato la Convenzione sulla Sicurezza e la Salute nelle Miniere dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e la Turchia, secondo un documento della stessa Oil risalente al 2012, occupa un affatto invidiabile terzo posto nella classifica mondiale degli incidenti sul lavoro per numero di abitanti. Ed il settore minerario, insieme a quello edilizio, è un vero e proprio buco nero. Tra il 1991 e il 2008, dicono le statistiche fornite dall’Istituto Tepav, ben 2500 minatori hanno perso la vita e addirittura 13 mila sono rimasti invalidi a causa di incidenti o malattie legate all’attività dell’estrazione del carbone. All’inizio di quest’anno la Camera degli Architetti e degli Ingegneri aveva segnalato i gravissimi deficit di sicurezza delle miniere di Soma, e ad aprile i partiti di opposizione avevano presentato in Parlamento una mozione affinché si aprisse una inchiesta ufficiale su una serie di incidenti occorsi nella miniera dove martedì scorso si è poi verificata la tragedia. Ma tutti gli allarmi, neanche a dirlo, sono stati negati dal governo.
Se i giocatori del Galatasaray sono entrati in campo indossando i caschetti da minatore, quelli del Besiktas reggevano uno striscione che recitava “Minatore, le tue lacrime, il tuo sudore, i tuoi stivali sporchi sono il nostro onore”.
Intanto il regime tenta di utilizzare il solito binomio del bastone e della carota per tentare di trarsi d’impaccio dopo le moltitudinarie proteste e l’ondata di indignazione generale che hanno investito Erdogan e il suo partito liberal-islamista accusati di negligenza e di aver chiuso un occhio di fronte alle evidenti carenze nella sicurezza degli impianti della minera di lignite per permettere ai proprietari, affini all’Akp, di accumulare enormi ricchezze ed abbattere il costo del lavoro; e non sono mancate le accuse al premier per aver minimizzato le responsabilità delle autorità, per i ritardi nei soccorsi e per l’atteggiamento incredibilmente cinico e aggressivo nei confronti dei parenti delle vittime e dei sopravvissuti.
Di oggi la notizia che ventiquattro persone sono state arrestate - ma sei sono state poi subito rilasciate - in conseguenza delle prime indagini realizzate dal pool di 28 magistrati istituito nei giorni scorsi dal Consiglio Superiore della Magistratura turco. Tra gli arrestati anche dirigenti e impiegati della Soma Komur, la compagnia mineraria privata proprietaria dell’impianto, compresi - sembra - anche alcuni pezzi grossi che, all'indomani della tragedia, durante una tesa conferenza con decine di giornalisti, avevano dato la colpa della strage agli stessi operai affermando che se l'incidente fosse avvenuto tra tre mesi non sarebbe morto nessuno visto che i container di sicurezza da sistemare nelle gallerie sarebbero in arrivo. Per tutti l'accusa sarebbe di negligenza mentre solo per tre a questo capo di imputazione si aggiungerebbe quello di omicidio plurimo colposo.
Ma anche ieri la polizia è intervenuta duramente, così come era avvenuto il giorno prima, contro alcune migliaia di minatori, parenti e studenti arrivati a Soma anche dalle città circostanti per denunciare le condizioni di lavoro semi-schiavistiche applicate nelle miniere anche grazie ad una legge di deregolamentazione approvata alcuni anni fa dalla maggioranza parlamentare liberal-islamista. Secondo quanto riferito dal sito del quotidiano "Hurriyet", gli scontri sarebbero scoppiati nella cittadina dopo che gli agenti hanno cercato di arrestare un bambino di 10 anni durante la protesta fino a quel momento pacifica, scatenando l'ira della folla.
Nei giorni scorsi ad Istanbul un gruppo di studenti ha occupato alcune facoltà dell’Università Tecnica (İTÜ) denunciando i legami tra l’ateneo e l’azienda che gestisce la miniera dove è avvenuta la strage, la Soma Holding. Gli studenti, tra le altre cose, hanno scritto i nomi delle 300 vittime sui muri dell’università, hanno chiesto che sia interrotta ogni relazione tra l’ateneo e l’impresa e le dimissione dei dirigenti della İTÜ che durante una trasmissione televisiva avevano affermato, a proposito delle vittime di Soma, che in fondo quella causata dal monossido di carbonio è una “morte dolce”.
Se dopo l’esplosione della protesta della scorsa estate e ancora più recentemente, in occasione delle proteste contro gli scandali che hanno investito il governo, Erdogan aveva puntato il dito contro un complotto straniero prima vagamente evocato e poi esplicitamente identificato con l’imprenditore/predicatore Fetullah Gulen, ora non c’è un nemico occulto che il ‘sultano’ possa agitare per placare l’indignazione popolare generata dalla strage di Soma. La vittoria netta alle recenti elezioni amministrative, vinte con circa il 45% dei voti grazie ai brogli ma anche grazie al sostegno di una maggioranza silenziosa ancora molto compatta, sembra in questi giorni assai lontana.
Erdogan, commentando a caldo la tragedia appena avvenuta nelle gallerie della minera di carbone, aveva affermato che ‘sono cose che succedono’. Ma i dati e i numeri parlano da soli.
Ankara non ha mai firmato la Convenzione sulla Sicurezza e la Salute nelle Miniere dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e la Turchia, secondo un documento della stessa Oil risalente al 2012, occupa un affatto invidiabile terzo posto nella classifica mondiale degli incidenti sul lavoro per numero di abitanti. Ed il settore minerario, insieme a quello edilizio, è un vero e proprio buco nero. Tra il 1991 e il 2008, dicono le statistiche fornite dall’Istituto Tepav, ben 2500 minatori hanno perso la vita e addirittura 13 mila sono rimasti invalidi a causa di incidenti o malattie legate all’attività dell’estrazione del carbone. All’inizio di quest’anno la Camera degli Architetti e degli Ingegneri aveva segnalato i gravissimi deficit di sicurezza delle miniere di Soma, e ad aprile i partiti di opposizione avevano presentato in Parlamento una mozione affinché si aprisse una inchiesta ufficiale su una serie di incidenti occorsi nella miniera dove martedì scorso si è poi verificata la tragedia. Ma tutti gli allarmi, neanche a dirlo, sono stati negati dal governo.
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