martedì 12 settembre 2017

11 settembre - Controinformazione: SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 07/09/17



Marco Spezia
ingegnere e tecnico della salute e della sicurezza sul lavoro
Progetto “Sicurezza sul lavoro: Know Your Rights!”
Medicina Democratica - Movimento di lotta per la salute onlus
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INDICE
E’ L’ITALIA CHE VA...
IL TAR BLOCCA IL NUOVO INSEDIAMENTO NELL’AREA EX EURECO

Newsletter Medicina Democratica Onlus
La Città Futura noreply@lacittafutura.it
DOVE VA LA CLASSE OPERAIA STATUNITENSE? DOVE VANNO I LAVORATORI DI TUTTO IL MONDO?
USB Ospedale Gaslini ospedalegaslini.sanita@usb.it
SOLIDARIETA’ A TULLIO ROSSI
La Città Futura noreply@lacittafutura.it
NO TAV, FESTIVAL DELL’ALTA FELICITA’: RIFLESSIONI SULL’IMPORTANZA DELLA SCELTA DELLE PAROLE D’ORDINE
SOLIDARIETA’ AGLI OPERAI DELLA COMITAL DI VOLPIANO (TO)
APPELLO PER LA FORMAZIONE DI UN FRONTE UNICO SINDACALE DI CLASSE
Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
MAI TANTI MORTI SUL LAVORO DAL 2008 E NON SONO MAI CALATI: A OGGI DALL’INIZIO DELL’ANNO SUPERIAMO I 950
Lorenzo Tamberi l.tamberi1987@gmail.com
CUB E E SGB: LE MORTI SUL LAVORO NON SONO MAI CASUALI
Rivista Indipendenza info@rivistaindipendenza.org
QUINTA ASSEMBLEA NAZIONALE DELL’ASSOCIAZIONE INDIPENDENZA
Newsletter Medicina Democratica Onlus
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To:
Sent: Tuesday, August 01, 2017 5:44 PM
Subject: E’ L’ITALIA CHE VA...
LA TRAGEDIA DI MOLFETTA
Cinque operai morti nella cisterna: dopo nove anni tutti assolti!
Revocate in appello le condanne per il caso della Truck Center.
I lavoratori morirono per le esalazioni di acido solfidrico sviluppatesi in una cisterna per il trasporto dello zolfo liquido che stavano pulendo.
E INTANTO ESPNHAHN E’ SEMPRE FUORI NONOSTANTE LA CONDANNA!
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To:
Sent: Thursday, August 10, 2017 9:06 AM
Subject: IL TAR BLOCCA IL NUOVO INSEDIAMENTO NELL’AREA EX EURECO
Buongiorno.
Con la sentenza emessa l8 agosto il TAR blocca il nuovo insediamento di Tecnologia e Ambiente nell’ area ex Eureco, annullando così le autorizzazioni rilasciate da Città Metropolitana di Milano nonostante le proteste del comitato, delle associazioni, e dei cittadini padernesi.
Grazie all’apporto di Medicina Democratica il Comune di Paderno ha vinto il ricorso al TAR di conseguenza il nuovo impianto di fatto non potrà iniziare l’attività di smaltimento rifiuti.
Ora chiederemo con forza a Città Metropolitana di non ricorrere al Consiglio di Stato, sarebbe un’ulteriore offesa alla memoria dei quattro lavoratori morti nel rogo dell’Eureco e dei cittadini padernesi.
A seguire il Comunicato Stampa di Medicina Democratica
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COMUNICATO STAMPA
IL TAR DI MILANO: NO AL NUOVO INSEDIAMENTO DI TECNOLOGIE AMBIENTALI NEL SITO DELL’EURECO DI PADERNO DUGNANO
Il TAR della Lombardia con sentenza n. 01747 del 8 agosto 2017 annulla gli atti della Città Metropolitana di Milano che hanno autorizzato la società Tecnologie Ambientali srl di riprendere la produzione nel campo del trattamento di rifiuti con tipologie e modalità quasi identiche a quelle in precedenza autorizzate (e non rispettate) dalla ditta Eureco di Paderno Dugnano.
Il ricorso è stato presentato dal Comune di Paderno Dugnano con intervento “ad adiuvandum” di Medicina Democratica (MD) difesa dall’avvocato Paola Ferrari del foro di Milano e con consulenza tecnica di Marco Caldiroli, responsabile Ambiente di MD.
Indimenticabile quanto è avvenuto il 4 novembre 2010 all’Eureco dove 4 operai hanno trovato la morte bruciati dal fuoco al seguito della lavorazione dei rifiuti svolge in spregio della normativa sulla sicurezza sul lavoro e a tutela dell’ambiente: un crimine che ricorda da vicino quanto già avvenuto alla Thyssen Krupp di Torino, dove i morti furono 7.
La popolazione di Paderno Dugnano, un comune importante del nord Milano di 50.000 abitanti, guidata dal “Comitato a sostegno dei famigliari delle vittime e dei lavoratori dell’Eureco” si è mobilitata inducendo il Comune a impedire che il nuovo (vecchio) insediamento industriale riprendesse la produzione.
Non sono bastati i 4 operai morti e gli altri feriti con gravi conseguenze oltre che la perdita di lavoro e di reddito?
Non è bastata la condanna del titolare dell’Eureco Giovanni Merlino che forse non è estraneo alla richiesta di riapertura dell’impianto sotto un’altra ragione sociale?
Nemmeno è bastato il processo penale che ha visto l’esclusione delle parti civili Medicina Democratica e AIEA (Associazione Italiana Esposti Amianto) che maggiormente si sono mobilitati, non ancora chiuso nonostante il riconoscimento parziale delle responsabilità di Giovanni Merlino, per il quale i lavoratori dell’Eureco rimasti non sono stati pienamente risarciti pur privi di risorse economiche oltre che segnati duramente dall’incidente-crimine?
ALMENO UN PO’ DI GIUSTIZIA!
Ora l’Eureco, come stabilito dal TAR, per iniziativa del comune di Paderno che ha presentato ricorso e per intervento di MD “ad adiuvandum”, per quanto tale richiesta sia stata dichiarata inammissibile (secondo il TAR MD, in quanto legittimata avrebbe dovuto intervenire autonomamente), non riaprirà.
E speriamo che la Città Metropolitana, cui certamente ci rivolgeremo a breve, non presenti ricorso al Consiglio di Stato per rendere possibile che la sentenza passi in giudicato.
Milano, 9 agosto 2017
Fulvio Aurora, responsabile vertenze legali MD
Lorena Tacco, MD Nord Milano
Medicina Democratica
Movimento di lotta per la salute Onlus
via dei Carracci, 2 Milano
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To:
Sent: Thursday, August 10, 2017 12:43 PM
Subject: Newsletter Medicina Democratica Onlus
EFFETTI COLLATERALI DELLA LEGGE LORENZIN SUI VACCINI: LE RACCOMANDAZIONI LOMBARDE PER GLI OPERATORI SANITARI
Gira per le ATS e le ASST lombarde (ex ASL ed Aziende Ospedaliere) la comunicazione che riportiamo sotto.
Che parte degli operatori sanitari (ma le ATS oramai hanno limitati contatti con utenti per motivi sanitari) siano a rischio “biologico” è pacifico, che possano a loro volta contagiare gli utenti è conosciuto da tempo.
Che (nonostante il gran polverone contro i genitori che vogliono saperne di più e che chiedono di non essere costretti comunque a vaccinare i propri figli oramai per almeno 10 vaccini) è noto che negli operatori sanitari la copertura vaccinale è ben inferiore a quella della popolazione generale (l’esempio personale è sempre “utile”).
Che (a fronte della individuazione di un tale rischio professionale) il medico competente può disporre la vaccinazione quale misura di profilassi per la sicurezza sul lavoro (allo stesso modo in cui viene imposta l’antitetanica per i muratori) è scritto nel Testo Unico in materia di sicurezza e igiene del lavoro, per nulla applicato in questo caso.
Improvvisamente, a fronte del “preoccupante incremento dei casi di morbillo”, in Lombardia si dispone “su base volontaria e previo consenso informato” l’invito e la raccomandazione agli operatori sanitari di vaccinarsi contro il morbillo (già che ci sono anche contro la rosolia e la parotite...).
Leggi tutto al link:
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COMUNICATO STAMPA: IL TAR DI MILANO: NO AL NUOVO INSEDIAMENTO DI TECNOLOGIE AMBIENTALI NEL SITO DELL’EURECO DI PADERNO DUGNANO
Il TAR della Lombardia con sentenza n. 01747 del 8 agosto 2017 annulla gli atti della Città Metropolitana di Milano che hanno autorizzato la società Tecnologie Ambientali srl di riprendere la produzione nel campo del trattamento di rifiuti con tipologie e modalità quasi identiche a quelle in precedenza autorizzate (e non rispettate) dalla ditta Eureco di Paderno Dugnano.
Il ricorso è stato presentato dal Comune di Paderno Dugnano con intervento “ad adiuvandum” di Medicina Democratica (MD) difesa dall’avvocato Paola Ferrari del foro di Milano e con consulenza tecnica di Marco Caldiroli, responsabile Ambiente di MD.
Leggi tutto al link:
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To:
Sent: Monday, August 14, 2017 7:59 AM
Subject: DOVE VA LA CLASSE OPERAIA STATUNITENSE? DOVE VANNO I LAVORATORI DI TUTTO IL MONDO?
Jacobin Magazine
12/08/17
LAVORATORI DI TUTTO IL MONDO: INTERVISTA A BEVERLY SILVER (PRIMA PUNTATA)
Per gentile concessione di Jacobin Magazine pubblichiamo la traduzione dell’intervista a Beverly Silver, presidente del Dipartimento di Sociologia alla John Hopkins University. Silver è una delle più importanti figure della sociologia del lavoro e da sempre una militante per i lavoratori. Tra le sue opere “Le forze del lavoro” e “Caos e governo del mondo” firmate con Giovanni Arrighi, entrambi pubblicati da Bruno Mondadori.
DOMANDA
Negli ultimi decenni c’è stata una ristrutturazione profonda della classe lavoratrice negli Stati Uniti e negli altri paesi a capitalismo avanzato. Qual è l’immagine a grandi linee di questo processo di ristrutturazione? Quali sono le forze che lo guidano?
RISPOSTA
Il capitalismo trasforma continuamente l’organizzazione della produzione e gli equilibri di forza tra capitale e lavoro, ristruttura la classe lavoratrice, la ricostruisce. Quindi, per rispondere alla domanda, penso che dobbiamo adottare una visione di lungo termine.
Ha senso andare fino alla metà del ventesimo secolo, dagli anni ‘30 agli anni ‘50, quando per la prima volta è emersa negli USA una classe operaia della produzione di massa molto forte, principalmente nel settore auto, ma anche in settori come quello minerario, i trasporti e l’energia, settori centrali per l’industrializzazione e il commercio.
Appena dopo la Seconda Guerra Mondiale, il capitale ha cominciato a ristrutturare, riconfigurare l’organizzazione della produzione, il processo del lavoro, le fonti di manodopera e il posizionamento geografico della produzione. Questa ristrutturazione è stata in larga parte una risposta ai movimenti dei lavoratori nella manifattura, nelle miniere, nella logistica e nei trasporti.
Per capire questa ristrutturazione, è utile espandere il concetto di “soluzione geografica” di David Harvey. Il capitale ha provato a risolvere il problema della forza dei lavoratori, e la minaccia ai profitti avanzata da essi, con una serie di “soluzioni”.
Le imprese hanno usato una serie di soluzioni geografiche spostandosi verso luoghi con minori salari. Hanno attuato delle “soluzioni tecnologiche” riducendo la loro dipendenza dai lavoratori accelerando l’automazione. E hanno attuato quella che possiamo pensare come la “soluzione finanziaria”, muovere il capitale fuori dal commercio e dalla produzione, muoverlo nel campo della finanza e della speculazione come un ulteriore mezzo per ridurre la dipendenza dei profitti dalla classe operaia strutturata dalla produzione di massa.
L’inizio dello spostamento del capitale verso la finanza e la speculazione è stato visibile fin dagli anni ‘70, ma è esploso dopo la metà degli anni ‘90, dopo l’abolizione della legge Glass-Steagall (che separava le banche di risparmio da quelle di speculazione) da parte dell’amministrazione Clinton.
Quindi, quello che sembrava un collasso improvviso del potere del lavoro organizzato negli Stati Uniti tra gli anni ‘80 e ‘90, in realtà ha le sue radici in decenni di ristrutturazione su questi fronti, iniziata a metà del secolo.
Ovviamente, è importante sottolineare che c’è un altro lato della medaglia. Queste soluzioni capitaliste hanno smontato la classe operaia della produzione di massa, ma hanno simultaneamente costruito nuove classi operaie negli USA e altrove. Queste nuovi classi operaie sono oggi i protagonisti emergenti delle lotte dei lavoratori in molte parti del mondo.
DOMANDA
Non è un segreto che le forme tradizionali di organizzazione della classe operaia, come i sindacati negli USA e i partiti socialdemocratici in Europa, sono in grave crisi. Come ha fatto il capitale a indebolire e addomesticare queste espressioni degli interessi della classe operaia?
RISPOSTA
Se guardiamo ai massimi storici di militanza operaia (specialmente quelli in cui erano coinvolti movimenti di sinistra, partiti socialisti ed operai) appare chiaro un insieme di strategie per indebolire il potenziale radicale di questi movimenti. Si può riassumere così: ristrutturazione, cooptazione e repressione.
I tipi di ristrutturazione o soluzione menzionati sopra (geografica, tecnologica o finanziaria) hanno certamente giocato un ruolo nell’indebolire questi movimenti. Nel frattempo, la cooptazione dei sindacati e dei partiti dei lavoratori (la loro incorporazione come partner minori nei progetti egemonici nazionali e nei patti sociali) hanno giocato a loro volta un ruolo importante. Infine, la repressione è sempre stata una parte importante della ricetta.
Prendendo gli USA come esempio, nel secondo dopoguerra abbiamo visto il maccartismo e l’espulsione della sinistra e dei militanti comunisti dai sindacati. Poi, tra gli anni ‘60 e anni ‘70, i forti movimenti dei lavoratori neri radicati nelle fabbriche e nelle comunità (il Partito delle Pantere Nere e Movimento del Sindacato Rivoluzionario di Dodge) sono stati riportati sotto controllo con la pura e semplice repressione.
Oggi, con la militarizzazione delle forze di polizia e l’infinita “guerra al terrore” (che creano un clima ostile alla mobilitazione dei lavoratori neri e immigrati) la coercizione continua ad avere un ruolo di primo piano.
DOMANDA
Uno dei maggiori dibattiti oggi è se la dinamica che definisce la forma della classe operaia globale sia lo sfruttamento (lavoratori spremuti sul luogo di lavoro) o l’esclusione (lavoratori di fatto esclusi dal lavoro salariato stabile). Cosa pensi di questo dibattito?
RISPOSTA
Li vedo ugualmente importanti. Sarebbe un errore ignorare la persistente importanza delle lotte contro lo sfruttamento sul luogo di lavoro. Infatti, uno dei risultati della strategia di soluzione geografica è stata la creazione di nuovi classi operaie e di nuove contraddizioni lavoro-capitale ovunque vada il capitale.
In altre parole, la resistenza operaia allo sfruttamento sul luogo di lavoro ha seguito il movimento del capitale attraverso il globo nella scorsa metà di secolo. Infatti, osserviamo le ultime manifestazioni di questa dinamica con la massiccia ondata di agitazioni operaie che accade ora in Cina.
Una volta che le imprese hanno compreso che semplicemente spostare le fabbriche in luoghi a basso salario non avrebbe risolto il problema del controllo sul lavoro, il capitale ha cominciato a fare più affidamento su automazione e finanziarizzazione. L’automazione, per quanto non sia una novità, recentemente ha espulso rapidamente lavoratori salariati dalla produzione, aumentando la visibilità della dinamica di esclusione. Un esempio lampante è l’attuazione da parte della FoxConn delle minacce di introduzione di un enorme numero di robot nelle sue fabbriche cinesi.
Realisticamente, il movimento del surplus di capitale nella finanza e nella speculazione dà anche un importante contributo alla crescente esclusione. La finanza (specialmente le attività finanziarie non direttamente legate al commercio e alla produzione) assorbe poco lavoro salariato; più importante, trae profitti principalmente dalla redistribuzione regressiva della ricchezza attraverso la speculazione, piuttosto che con la creazione di nuova ricchezza. Da qui, il collegamento che Occupy Wall Street ha trovato tra i livelli di disuguaglianza di classe e di finanziarizzazione.
Automazione e finanziarizzazione guidano un’accelerazione nella tendenza di lungo termine del capitalismo a distruggere le condizioni di vita già esistenti a una velocità molto più alta di quanto ne crei di nuove. Questa è sempre stata la tendenza predominante del capitalismo storico in gran parte del Sud Globale, dove la dispossession ha teso a essere più importante dell’assorbimento di lavoro salariato, quindi vi erano sempre più lavoratori che non avevano altro da vendere se non la propria forza lavoro, ma con scarse possibilità di venderla.
Questa tendenza non è nulla di nuovo, sia la sua accelerazione, sia il fatto che i suoi effetti si sentano anche nei paesi centrali (non solo nel terzo mondo) aiuta a spiegare come mai l’esclusione sia in primo piano negli attuali dibattiti.
DOMANDA
Per inquadrare diversamente la domanda, ha senso pensare a esclusione e sfruttamento come fenomeni separati?
RISPOSTA
Marx di sicuro non li vedeva come fenomeni separati. Nel libro primo del Capitale, ha sostenuto che l’accumulazione di capitale vada di pari passo con l’accumulazione di un surplus di popolazione, che la ricchezza viene creata attraverso lo sfruttamento, ma contemporaneamente grossi settori di classe operaia vengono esclusi i resi superflui per i bisogni del capitale.
Per la gran parte del ventesimo secolo, c’è stata una distribuzione geografica ineguale nei termini di percezione del processo di esclusione. Infatti, fino a poco tempo fa uno dei mezzi per mantenere la legittimazione da parte del capitale nei paesi centrali è stato spingere il peso dell’esclusione sul terzo mondo e sui settori marginalizzati della classe operaia dei paesi centrali.
La classe operaia mondiale è stata divisa con confini definiti da cittadinanza, razza, etnia e genere. Questi confini continuano a essere piuttosto importanti. In particolare dopo la crisi del 2008, il peso del processo di esclusione è stato sentito nei paesi del centro più che in passato, con tutte le possibili implicazioni politiche.
DOMANDA
Nel tuo lavoro hai ragionato molto sul potere dei lavoratori e della classe lavoratrice. Fai una distinzione tra diverse forme di potere dei lavoratori. Puoi dirci qualcosa in più?
RISPOSTA
Si, una delle distinzioni principali è tra potere strutturale e potere di associazione. Il potere di associazione è la capacità di ottenere avanzamenti attraverso l’organizzazione sindacale e politica. Il potere strutturale è quello che deriva dalla posizione strategica dei lavoratori nel processo di produzione, un potere che può essere (e spesso è stato) esercitato in mancanza dell’organizzazione sindacale.
DOMANDA
Perché sono utili queste distinzioni?
RISPOSTA
Facciamo un esempio sul potere strutturale. Ci sono due tipi principali di potere strutturale: potere di contrattazione sul luogo di lavoro e potete di contrattazione sul mercato.
Di solito, per comprendere il potere dei lavoratori in senso ampio, si guarda al potere di contrattazione sul mercato. Con disoccupazione alta, questo potere si riduce, e viceversa.
Il potere di contrattazione sul luogo di lavoro (l’abilità di interrompere processi di produzione interconnessi grazie a scioperi localizzati) riceve meno enfasi, ma è forse ancora più importante per capire le odierne fonti di potere dei lavoratori.
Questo perché, se si guarda alle tendenze storiche di lungo termine, il potere dei lavoratori sul posto di lavoro è, innegabilmente, in crescita. Questo sorprende la gente, ma questo aumentato potere di contrattazione sul luogo di lavoro diventa palese con la produzione just-in-time nella manifattura. A differenza dei metodi tradizionali di produzione di massa, non ci sono buffer o surplus nel processo di produzione.
Quindi, con la diffusione della produzione just-in-time nell’industria dell’automobile, per esempio, un numero relativamente piccolo di lavoratori, fermando la produzione in nodi strategici (anche, per esempio, nella fornitura di tergicristalli) può fermare l’intera produzione. Ci sono molti esempi recenti di questo nell’industria dell’automobile in giro per il mondo.
Similmente, i lavoratori nella logistica, trasporti e comunicazione hanno un significativo e crescente potere di contrattazione sul luogo di lavoro legato agli effetti economici a cascata delle interruzioni in questi settori. Inoltre, nonostante la tendenza quasi universale a pensare al processo di globalizzazione come indebolimento del lavoro, la potenziale scala geografica dell’impatto di questi scioperi si è ampliata con la globalizzazione.
DOMANDA
E sul potere di associazione? Se i lavoratori non hanno sindacati o partito dei lavoratori, questo non mina il loro potere di contrattazione strutturale?
RISPOSTA
Non necessariamente. Pensiamo alla Cina. I sindacati autonomi sono illegali, ma ci sono stati recentemente importanti miglioramenti sul salario minimo legale, sulla legislazione del lavoro, sulle condizioni di lavoro. Questi cambiamenti vengono da un movimento di base basato sul potere strutturale dei lavoratori, sia sul mercato sia, ancora più importante, sul luogo di lavoro.
Penso che dobbiamo essere anche onesti sulla posizione strutturale ambigua dei sindacati. Se sono troppo efficaci e ottengono troppi risultati per la loro base, il capitale diventa estremamente ostile o non vuole avere a che fare con loro e quindi si muove verso una strategia più repressiva.
Il capitale può fare saltuariamente accordi coi sindacati, ma solo se i sindacati sono disposti a un ruolo di mediazione, limitare la militanza operaia e assicurare il controllo sul lavoro. Per poter avere questo ruolo, i sindacati devono dare qualcosa alla loro base, questo ci riporta al primo problema. Alla fin fine la domanda è: quali sono le situazioni in cui questa dinamica contraddittoria tra sindacati e capitalisti gioca a favore dei lavoratori?
CONTINUA SUL PROSSIMO NUMERO
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To:
Sent: Thursday, August 17, 2017 10:12 AM
Subject: SOLIDARIETA’ A TULLIO ROSSI
Il giorno 10 agosto 2017, l’Arcivescovo di Genova, Presidente dei vescovi europei e, ciò che interessa la nostra vicenda, Presidente dell’Ospedale Galliera, ha celebrato una messa nel giorno di San Lorenzo.
Queste le sue parole: “proprio come è successo a Lorenzo davanti all’Imperatore Valeriano nel III secolo, la fede in Dio e nella vita eterna dona al credente la forza della libertà di fronte alle prove, alle ingiustizie del mondo e alla violenza dei forti. Ci rende capaci di dire ai potenti:
QUELLO CHE FAI; ANCHE SE E’SECONDO IL DIRITTO, E’ INGIUSTO. CIO’ CHE DICI E’ FALSO, NON TI E’ LECITO. IL POTERE NON E’ DOMINARE, MA SERVIRE IL POPOLO”.
Queste le sue parole.
Alcuni giorni dopo il sindacalista USB Tullio Rossi, lavoratore dipendente dell’Ente presieduto dal suddetto Cardinale, esprime un parere su Facebook. A oggi, per quella frase, rischia il licenziamento.
Ognuno giudichi da sé le parole e i fatti successivamente avvenuti.
Personalmente esprimo la mia totale solidarietà a Tullio Rossi, compagno e amico che ogni persona per bene vorrebbe avere al proprio fianco nelle lotte quotidiane.
Ma Tullio Rossi ha un grande difetto: è una persona onesta e qualunque persona onesta non può tacere davanti a ciò che accade a Genova ormai da troppi anni.
Uno smantellamento sistematico del sistema pubblico, un abuso continuo sull’utilizzo dei soldi di cittadini e lavoratori.
Una città meravigliosa governata da una destra becera e una sinistra che ha confuso la difesa dei diritti degli oppressi con la sopravvivenza di sé stessa. Esattamente come troppi dipendenti pubblici che hanno confuso la difesa del proprio superiore con la difesa della res publica alla quale sarebbero obbligati.
Una città dove gli enti che si dovrebbero occupare della salvaguardia di lavoratori e cittadini sono ridotti all’osso e dove i funzionari a cui si chiede aiuto dopo qualche tempo li vedi collaborare con gli stessi enti che si sono resi colpevoli.
Una città dove RSU e RLS della “triplice” sono talmente schierati con i datori di lavoro da lasciarti solo.
Una città dove ci sono “colleghi” che invece di denunciare abusi in difesa dei beni pubblici si fanno promotori di denunce a colleghi che compiono il loro dovere.
Storicamente sono sempre esistiti i personaggi che hanno tradito Genova.
Abbiamo anche la “colonna infame” a ricordarlo.
La responsabilità di ciò che sta accadendo è di gran parte della politica che per troppi anni si è girata dall’altra parte, se non avendo una vera e propria commistione con queste situazioni.
Il numero bassissimo di votanti alle ultime elezioni dimostra quanto tutti ormai ne siano consapevoli
Come cittadino voglio 10, 100, 1.000 Tullio Rossi a tutelare i miei diritti.
Come lavoratore voglio 10, 100, 1.000 Tullio Rossi a difendere la dignità.
Sono benvenuti i messaggi di solidarietà e/o articoli che pubblicheremo sul gruppo Facebook.
Luca Nanfria
Delegato USB
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To:
Sent: Monday, August 21, 2017 6:36 PM
Subject: NO TAV, FESTIVAL DELL’ALTA FELICITA’: RIFLESSIONI SULL’IMPORTANZA DELLA SCELTA DELLE PAROLE D’ORDINE
di Alessandro Strano
20/08/17
Il movimento No TAV continua a mobilitarsi.
Ma quali sono le percezioni e le opinioni di persone comuni non militanti che vivono nella valle in relazione al Festival dell’alta felicità?
Dal 27 al 30 luglio corrente anno si è svolto a Venaus il Festival dell’alta felicità. Si è trattato senza dubbio di un importante momento di socialità all’interno del movimento e dei militanti No TAV, un momento di scambio di esperienze, di confronto di idee e di divertimento.
Considerando tuttavia altrettanto importante comprendere quale fosse la ricezione dello stesso da parte della popolazione dei singoli paesi, nei medesimi giorni durante i quali il Festival ha avuto luogo mi sono spostato tra Gravere, Chiomonte ed Exilles, tre comuni di quell’alta valle della Dora Riparia che in molti, in una ottica puramente colonialista, si ostinano a volere chiamare alta valle di Susa e che (Chiomonte in particolare) subiscono in modo diretto gli effetti della presenza del cantiere e dell’occupazione militare. Quello che ho cercato di fare è stato raccogliere le eventuali impressioni, percezioni e opinioni di persone comuni non militanti in relazione al Festival dell’alta felicità. Questo in quanto ritengo che la pratica dell’inchiesta sia uno strumento necessario ed indispensabile per i comunisti affinché possano strutturare la propria azione anche e soprattutto sulla base dei risultati e della lettura di una data realtà che l’inchiesta offre.
Essenzialmente, da quel campione di persone comuni (e per questo forse più indicativo delle tendenze presenti nei suddetti paesi di quanto avrebbe potuto risultare la consultazione dei pochissimi attivisti e militanti che si annoverano negli stessi) con cui ho avuto modo di confrontarmi e di discorrere è scaturita una comune percezione del Festival e, conseguentemente, del movimento No TAV così come ora si presenta: un festival lontano, un elemento estraneo ed esterno alla valle e slegato dall’ambiente di quest’ultima. Talvolta addirittura un qualcosa di non pervenuto. Ritengo doveroso precisare che tali reazioni sono scaturite nonostante la quasi totalità delle persone con cui ho avuto modo di parlare si dichiarasse contraria all’opera e alla militarizzazione in atto o, nella meno lusinghiera delle ipotesi, segnalasse semplicemente il disagio da essa dipendente.
In definitiva il Festival, dai risvolti senza dubbio positivi per il movimento No TAV in termini di socialità e di dibattito, è stato tuttavia percepito largamente come qualcosa di estraneo alla valle. Nella sua parzialità tale percezione, giusta o sbagliata che sia, è comunque da tenere in conto da parte di coloro i quali vogliono veramente e non in modo miope mobilitarsi e lavorare contro lo scempio del territorio che sta avvenendo e che continuerà ad avvenire a causa del cantiere e della militarizzazione in atto. Questo in quanto, nonostante la giustezza dei presupposti, non si può operare in una data area se non si serba coscienza delle opinioni della sua popolazione e non si può risultare vincenti se le istanze avanzate non sono anche espressione delle necessità, dei sentimenti e degli interessi di essa. Malauguratamente, la vita si rivela più breve di quanto si vorrebbe. Le ore hanno la tendenza a diventare giorni, i giorni settimane e le settimane stagioni intere. Ne consegue l’importanza della scelta delle priorità e delle parole d’ordine al fine di evitare di perdere tempo o, peggio, di essere fraintesi o di subire l’allontanamento delle persone per le quali si combatte.
Quali parole d’ordine sono dunque ora necessarie per conseguire risultati sul fronte della lotta alla linea Torino-Lione? Su cosa occorrerebbe ora forse maggiormente puntare?
Innanzitutto il cantiere e la militarizzazione, pur coinvolgendo per extensio la valle tutta, sono in atto a Chiomonte. C’è da chiedersi quanto sia funzionale sul piano dell’immagine continuare a proporre iniziative e manifestazioni fuori Chiomonte. È vero, a Chiomonte maggiori sarebbero le difficoltà logistiche anche a causa dell’amministrazione comunale, che è favorevole all’opera, e dell’imbelle e politicamente incapace minoranza consiliare. Ma è a Chiomonte che i vignaioli devono passare quotidianamente dal posto di blocco per potere accedere all’appezzamento da loro lavorato, è a Chiomonte che c’era una regione archeologica con l’attiguo museo e ora non più, è Chiomonte il paese i cui abitanti non possono più spostarsi liberamente su tutta la superficie del territorio del loro comune perché parte di esso è sotto occupazione militare da parte dell’esercito.
Anche sulla base di quanto è emerso dal confrontarmi, cui sopra ho fatto riferimento, con persone di Gravere, Chiomonte ed Exilles nei giorni del Festival, credo siano tre i punti nevralgici su cui occorre concentrarsi al fine di strutturare il messaggio che è necessario fare filtrare nei paesi toccati dal cantiere, per evitare di divenire autoreferenziali e di apparire settari. Questi tre nodi permetterebbero di rimodulare il semplice e netto messaggio “No TAV”, non per liquidarlo, bensì al fine di meglio spiegarlo e renderlo accettabile e condivisibile dalle più ampie fasce della popolazione.
Innanzitutto, è quanto mai necessario puntare sulla condanna dell’occupazione militare illegale di parte del territorio che giuridicamente appartiene al Comune di Chiomonte al di là e in modo disgiunto dalla condanna della presenza del cantiere. Come in una regione in stato di guerra e ancora dopo anni, una ampia zona di territorio che va ben al di là dell’area del cantiere è sotto occupazione militare e solo persone autorizzate possono accedervi. E’ vergognoso che chi ha una vigna all’interno della suddetta area debba ogni volta presentare il permesso al posto di blocco davanti alla Centrale Idroelettrica, perdendo spesso minuti preziosi di lavoro a seconda che le forze dell’ordine presenti in loco siano svogliate (e allora si passa relativamente in modo veloce) o meno (e allora creano problemi). Occorre rivendicare, al di là della presenza del cantiere, l’immediato smantellamento dell’area militarizzata al di fuori del cantiere, unico modo per rendere palese che essere contro la realizzazione del TAV non è in antitesi con gli interessi materiali primari e immediati della popolazione locale e per ottenere dunque la condivisione della mobilitazione, o quantomeno il rispetto, da parte di una buona parte della stessa.
In merito all’impossibilità dei chiomontini di fruire legittimamente di parte del loro territorio, l’autorevole studioso di storia locale Valerio Coletto, in un suo studio sulla coltivazione dello zafferano nei secoli passati in parte dell’area oggi sotto occupazione militare, pubblicato ormai nel 2012 su una rivista locale, affermava: “Mi sovviene in proposito che, quando giovanissimo e successivamente giovane, mi capitava di attraversare le Casse per raggiungere una proprietà della mia famiglia sita in località en Charboun, mi sentivo intensamente ammaliato dal fascino misterioso di questo paesaggio primordiale da cui si sprigionava un senso di magia che mi lasciava quasi impaurito [...]. Mi sarebbe perciò stato enormemente gradito un ritorno alle Casse de Sant Martin, ai Garnyers ed en Charboun [...]. Ma purtroppo questo desiderio non mi è possibile oggi realizzare poiché da quasi diciotto mesi il territorio de la Madereyno, de las Casse de Sant Martin, de Prà Meytel, dous Garnyers, de Clareyo risulta inaccessibile essendo stato occupato militarmente dall’esercito italiano, inviato a difesa dei poteri forti dello Stato italiano, il quale [...] si è unicamente proposto di devastare nella modalità più selvaggia possibile, prima con il tracciato autostradale e ora con la discenderia della TAV, una zona archeologica di eccezionale importanza ed un paesaggio di straordinaria bellezza”.
In secondo luogo ritengo che sarebbe opportuno puntare la grande parte delle energie nella condanna dello stupro avvenuto sull’area neolitica della Maddalena. Sono convinto che, se sensibilizzata a dovere, la comunità scientifica non sarebbe indifferente al fatto che uno dei più importanti siti neolitici di tutta Europa sia stato bistrattato e non sia oggi più visitabile (e probabilmente non lo sarà neppure domani, ammesso e non concesso che esista ancora). Ho invece purtroppo la percezione che la questione archeologica del villaggio neolitico della Maddalena, che avrebbe dovuto e dovrebbe invece essere il nostro cavallo di battaglia (se non vincente, senza dubbio efficace se pensiamo a come si è mossa l’opinione pubblica nei confronti della distruzione di Palmira), sia stata e sia la grande assente nella lotta e nella mobilitazione contro la realizzazione della linea TAV. Un peccato se pensiamo che, durante la costruzione del tracciato autostradale ormai circa una trentina di anni fa, Aureliano Bertone, archeologo della Soprintendenza di Torino ormai deceduto da alcuni anni, grazie anche alla collaborazione alcuni interessati locali tra i quali Franco Bronzati, Valerio Coletto e Tiziano Strano, si era mobilitato senza che vi fosse un movimento d’opinione alle spalle ed era riuscito prima a bloccare i lavori, poi a ottenere lo spostamento del tracciato autostradale rispetto al villaggio neolitico rinvenuto.
Infine è imprescindibile rimodulare il messaggio netto “no alle compensazioni” che, così come è formulato, anche se giusto su un piano ideale non viene compreso. La gran parte della popolazione, sia favorevoli che contrari o indifferenti nei confronti della realizzazione dell’opera, non è infatti certamente indifferente al discorso economico. Diversi sono i contrari all’opera che tuttavia ritengono che, nel momento in cui ormai il danno è stato fatto, si possano anche accettare compensazioni. Il discorso deve essere a mio avviso il seguente: non ci si deve limitare ad affermare la semplice avversione nei confronti delle compensazioni, ma occorre rivendicare con forza un risarcimento danni. Un risarcimento danni non tanto ancora per l’opera che verrà, ma per tutti i danni e disagi che sono stati inflitti e perpetrati alla valle e, in particolare, al paese che ha subito e sta subendo la presenza del cantiere e della militarizzazione. Occorre richiedere e pretendere il risarcimento danni per la distruzione dell’area neolitica della Maddalena, per lo smantellamento del museo, per gli introiti mancati a causa della non visitabilità degli stessi in tutti questi anni, per gli introiti mancati ai commercianti dipendenti dal turismo, per il danno paesaggistico al territorio, per il danno economico al paese e in particolare ai viticoltori, per la militarizzazione, per avere spaccato un paese e le sue famiglie. Altro che limitarsi a contrattare compensazioni che presuppongono un accordo preliminare tra le parti e non il subire di una parte le scelte dell’altra come invece è avvenuto!
Queste sono le corde che è necessario toccare. Ed occorre toccarle non (o, meglio, non solo) per opportunità tattica bensì perché si tratta delle nostre stesse corde, le stesse corde nei confronti delle quali ci indigniamo e diventiamo sensibili e, come noi, si possono indignare tanti altri individui.
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To:
Sent: Wednesday, August 23, 2017 10:51 PM
Subject: SOLIDARIETA’ AGLI OPERAI DELLA COMITAL DI VOLPIANO (TO)
Esprimiamo pieno appoggio e solidarietà di classe agli operai della Comital di Volpiano (TO), azienda produttrice di laminato di alluminio, dal 31 luglio in presidio davanti ai cancelli, per lottare contro la decisione di chiusura dell’azienda e l’avvio dei licenziamenti collettivi (140 lavoratori) per cessata attività.
L’azienda è di proprietà del gruppo francese AEDI che, dopo 2 anni di gestione aziendale fallimentare, ha dichiarato la cessata attività.
Stamattina ci sono stati degli scontri. Una decina di camion, che servivano con ogni probabilità per portare via i macchinari, hanno cercato di forzare il blocco degli operai in sciopero. Le “forze dell’ordine” (padronale) sono intervenute contro il presidio. Due operai sono dovuti ricorrere alle cure mediche.
Risibili le reazioni dei capi sindacali e delle istituzioni borghesi. Il segretario della FIOM provinciale, invece di chiamare alla lotta le fabbriche e il territorio interessato, si limita a mantenere il presidio operaio isolato e senza reali prospettive, chiedendo “l’intervento urgente delle istituzioni”. Le quali si dichiarano sorprese e come al solito pestano l’acqua nel mortaio con il solito “tavolo regionale”.
Ancora una volta, come alla K-FLEX e in tante altre fabbriche, si ripete la stessa storia: si tratta di licenziamenti per i profitti.
Ancora una volta, gli operai si ritrovano a pagare le scelte scellerate dei capitalisti.
Il presidio continua, dimostrando la volontà di resistenza operaia. Ma le tante vertenze di questi anni dimostrano che questo non basta. Per respingere la chiusura della fabbrica e i licenziamenti, ci vuole la lotta dura e unitaria!
Occorre alzare il livello dello scontro, fino all’occupazione delle fabbriche, con il sostegno degli altri lavoratori e delle realtà di lotta locali e nazionali.
Occorre l’unificazione delle vertenze con la costruzione del fronte unico proletario, esigendo la soluzione positiva dei problemi urgenti e immediati della classe operaia, sulla base di rivendicazioni di classe.
NO ai licenziamenti per i profitti!
Esproprio senza indennizzo delle aziende che chiudono e delocalizzano!
Ripristino dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori!
Nessun posto di lavoro deve essere perso, nessuna fabbrica deve essere chiusa!
Ogni licenziato, ogni disoccupato, una barricata della lotta di classe degli sfruttati contro gli sfruttatori!
23 agosto 2017
Piattaforma Comunista per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia
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To:
Sent: Thursday, August 24, 2017 10:22 AM
Subject: APPELLO PER LA FORMAZIONE DI UN FRONTE UNICO SINDACALE DI CLASSE
Riceviamo e volentieri diffondiamo.
APPELLO PER LA FORMAZIONE DI UN FRONTE UNICO SINDACALE DI CLASSE PER UN’AZIONE GENERALE DI LOTTA DI TUTTA LA CLASSE LAVORATRICE IN DIFESA DELLA LIBERTÀ DI SCIOPERO
A seguito del successo dello sciopero generale dei trasporti e della logistica del 16 giugno scorso promosso da quasi tutto il sindacalismo di base in solidarietà con la lotta dei lavoratori di Alitalia e a sostegno di rivendicazioni di categoria, il fronte padronale (industriali, esponenti governativi e di opposizione, la segreteria generale della CISL) ha reagito con finta e ipocrita indignazione invocando una nuova legge antisciopero che peggiori la legislazione vigente, già fra le più restrittive d’Europa.
Il 19 luglio in sede di commissione parlamentare è iniziato l’esame di due proposte di legge il cui contenuto prevede (fra altri punti) la restrizione della facoltà d’indire sciopero alle sole organizzazioni sindacali che godono della cosiddetta rappresentanza (quella formale e ottenibile secondo regole da esse stesse stabilite d’intesa col padronato) cioè a CGIL, CISL, UIL e UGL.
La legge per ora riguarderebbe solo il settore dei trasporti, ma facilmente sarebbe estendibile a tutto il settore dei cosiddetti servizi pubblici essenziali, già molto vasto e che padronato e governi hanno continuato e continueranno a estendere, coinvolgendo sempre più lavoratori.
Una legge di questo tipo, poi, preparerebbe il terreno ad ulteriori provvedimenti legislativi o accordi sindacali di segno analogo per il resto della classe lavoratrice.
QUELLO CHE IL FRONTE PADRONALE STA COMPIENDO E’ QUINDI UN GRAVISSIMO ATTACCO ALLA LIBERTA’ DI SCIOPERO
Questo accade perché industriali, partiti antioperai e sindacati collaborazionisti sono pienamente consapevoli del fatto che lo sciopero è l’arma fondamentale di difesa dei lavoratori, nonostante fingano di credere e sostengano il contrario.
Da anni, sotto la spinta della crisi mondiale, causata non dai lavoratori ma dalle leggi economiche del capitalismo, le condizioni di vita e di lavoro dei salariati sono sottoposte a un attacco sempre più duro e che nelle intenzioni del regime padronale deve andare ancora avanti e più a fondo. Non è un caso che stiano divenendo sempre più frequenti i provvedimenti disciplinari e i licenziamenti contro i militanti sindacali combattivi.
Industriali e finanza, coi loro partiti di governo e opposizione, coi loro potentissimi mezzi stampa e televisivi, coi loro sindacati complici, deridono la lotta di classe facendola passare come un’anticaglia del passato e al contempo si adoperano per limitare l’uso dello sciopero fino al punto da renderlo (se compiuto in termini di legge) inutile, così da poter continuare a combatterla, questa guerra, contro una classe lavoratrice disarmata.
La storia anche recente della lotta di classe, in Italia e nel mondo, ha dimostrato che i lavoratori hanno la forza per dispiegare scioperi che spezzino anche le catene legislative, come accaduto ripetutamente negli ultimi anni fra i tranvieri, violando con scioperi selvaggi le vigenti Leggi antisciopero 146/90 e 83/00.
La lotta di classe non può essere fermata. Tuttavia è evidente che ogni nuovo laccio posto per ostacolare lo sciopero avvantaggia temporaneamente il padronato in questa lotta. Il problema va affrontato sul piano della forza.
L’UNICO MODO PER IMPEDIRE CHE L’ARMA DELLO SCIOPERO CI VENGA STRAPPATA DI MANO E’ QUELLO DI IMPIEGARLA.
UNA PARTE DEL SINDACALISMO DI BASE HA PROCLAMATO PER IL 27 OTTOBRE LO SCIOPERO GENERALE DI TUTTA LA CLASSE LAVORATRICE.
Una delle ragioni del successo dello sciopero del 16 giugno è stato il sostegno a esso di un ampio fronte sindacale. La lotta in difesa della libertà di sciopero è una questione ancor più generale ed importante di quelle che mossero quello sciopero e necessita perciò della costruzione di un FRONTE UNICO SINDACALE ancora più ampio, che coinvolga tutti i sindacati di base che ancora non vi hanno aderito ed anche le opposizioni di sinistra dentro la CGIL.
CI RIVOLGIAMO QUINDI:
a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori affinché abbraccino questa giornata di lotta, aderiscano allo sciopero e s’impegnino alla sua preparazione per la sua migliore riuscita;
agli iscritti e ai militanti sindacali di tutte le organizzazioni sindacali di base affinché si battano per porre finalmente fine al settarismo della maggior parte delle loro dirigenze che da anni impedisce azioni sindacali unitarie in grado di dispiegare scioperi davvero potenti;
agli iscritti e i militanti sindacali delle organizzazioni sindacali che ancora non hanno dato adesione allo sciopero (l’Unione Sindacale di Base, la Confederazione Cobas e gli altri minori) affinché la pretendano dalle loro dirigenze, affinché partecipino all’Assemblea nazionale del 23 settembre a Milano indetta per la sua costruzione e, in ogni caso, affinché aderiscano e sostengano apertamente questo sciopero;
agli iscritti e ai militanti dei sindacati che già hanno proclamato lo sciopero affinché si facciano sostenitori dell’ulteriore allargamento del fronte sindacale alle organizzazioni che ancora non vi hanno aderito, subordinando al principio pratico dell’unità d’azione dei lavoratori le questioni che da queste organizzazioni li dividono;
agli iscritti e ai militanti delle opposizioni di sinistra dentro la CGIL affinché aderiscano e sostengano apertamente questo sciopero, battendosi contro questo attacco alla libertà di scioperare volto ad indebolire tutto il sindacalismo di classe e a rafforzare la gabbia del sindacalismo collaborazionista e la sua unità entro cui rinchiuderli.
FIRMATE, PROPAGANDATE E FATE FIRMARE QUESTO APPELLO!
Venerdì 18 agosto 2017
MANDARE ADESIONI A: appello27@gmail.com
PRIMI FIRMATARI
Emanuela Pulcini: RSA USB Coopculture Roma
Domenico Travaglino: USB ICS Maugeri Tradate (VA)
Domenico Destradis: RSA USB FCA Melfi Potenza
Mariopaolo Sami: USB Vigili del Fuoco Genova
Mimmo Mignano: SI Cobas FCA Pomigliano Napoli
Antonio Montella: SI Cobas FCA Pomigliano Napoli
Marco Cusano: SI Cobas FCA Pomigliano Napoli
Massimo Napoletano: SI Cobas FCA Pomigliano Napoli
Roberto Fabbricatore: SI Cobas FCA Pomigliano Napoli
Andrea Furlan: RSA FILCAMS CGIL (Il sindacato è un’altra cosa) Ho Group Roma
Lorenzo mortasa: RSU FIOM (Il sindacato è un’altra cosa) YKK Vercelli
Edoardo Todaro: RSU Confederazione Cobas Poste Italiane Firenze
Francesca Romano: RSU Confederazione Cobas Sanità Università e Ricerca Firenze
Fabio Bertelli: USB Pensionati Firenze
Ivan Maddaluni: CUB Trasporti Trenitalia Firenze
Stefano Fidenzio: licenziato Sistemi Informativi IBM Roma
Domenico Stratoti: RSA Hotel Majestic CGIL (Il sindacato è un’altra cosa) Roma
Marco Marsano: Segretario Provinciale ORSA TPL Genova
Serafino Biondo: RSU FIOM (Il sindacato è un’altra cosa) Fincantieri Palermo
Gianfranco Camboni: SI Cobas insegnante Olbia (OT)
Patrizio Agostani: lavoratore ATAC Roma
Francesco Cappuccio: RSU SI Cobas Sanità San Martino Genova
Giancarlo Dadda: USB Lavoro Privato Milano
Gianfranco Besenzoni: USB Lavoro Privato Milano
Robert Donis: USB ICS Maugeri Veruno (NO)
Ariel Acievedo: RSU USB Sanità Gaslini Genova
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To:
Sent: Wednesday, August 30, 2017 12:08 PM
Subject: MAI TANTI MORTI SUL LAVORO DAL 2008 E NON SONO MAI CALATI: A OGGI DALL’INIZIO DELL’ANNO SUPERIAMO I 950
I morti sul lavoro sono molti di più se si monitorano tutti e non solo gli assicurati INAIL. Un edile padre di tre figli muore dopo giorni di agonia in provincia di Forlì Cesena. Ma non poteva mancare il morto giornaliero schiacciato dal trattore.
Chi legge superficialmente i dati dei morti sul lavoro entra in uno stato confusionale. Sono reali quelli dell’Osservatorio o quelli dell’INAIL che ha diffuso i dati degli infortuni dei primi sette mesi del 2017?
A prima vista sembrano di più quelli dell’INAIL, ma occorre ricordare che quelle diffuse dall’INAIL sono denunce e non riconoscimento delle morti che analizzerà un secondo tempo. Dopo diversi mesi dell’anno successive ci accorgeremo che quelli riconosciuti come infortuni mortali sono mediamente il 30% in meno ogni anno. Resuscitano? No, è che tante di queste morti sono in itinere o di non assicurati all’INAIL, o in nero, oppure di agricoltori schiacciati dal trattore che sono ben 102 dall’inizio dell’anno e 505 da quando abbiamo come Ministro delle Politiche Agricole Martina.
Comunque sempre meno di quelle di questo Osservatorio che monitora tutti i morti sui luoghi di lavoro da ben dieci anni. l’Osservatorio si occupa solo delle morti per infortuni e ne conta già 447 sui luoghi di lavoro anche quest’anno e oltre 950 se si aggiungono anche i morti sulle strade e in itinere.
Se si confrontano con quelli dell’INAIL occorre sempre ricordare che nei 591 morti per infortuni delle denunce pervenute all’INAIL ci sono anche i morti sulle strade e in itinere che sono ogni anno dal 50 al 55% di tutte le morti sul lavoro. Complessivamente nei primi sette mesi del 2017 avevamo superato gli 850 morti.
Ieri è morto Gilberto Imolesi Casadei di 55 anni che è deceduto dopo giorni di agonia cadendo da un tetto di un capannone. Poi sono morti altri due agricoltori schiacciati dal trattore anche ieri. Augusto Mariani è morto nella provincia Dell’Aquila, aveva 72 anni, mentre un 80enne è morto in modo così atroce nella provincia di Salerno.
Mi chiedo e vi chiedo se questi lavoratori non devono essere considerati morti sul lavoro? Ne sono morti 12 di tutte le età negli ultimi 10 giorni.
Il Parlamento, senza che nessuno si opponesse ha rinviato per l’ennesima volta una legge europea che obbliga a un esame a sottoporsi a un esame per avere un patentino per guidare questi mezzi mortali. La legge è del 2002. Perchè è stata rinviata ulteriormente? Non si sentono responsabili di questa strage i nostri parlamentari? E il Ministro Martina perchè ha permesso l’ennesimo rinvio e non ha minacciato le dimissioni nel caso non venisse approvata?
C’è da piangere vedere questo nostro pur amato Paese che viene governato da questa classe dirigente che non ha nessuna attenzione alla vita di chi lavora.
Ma perchè accade questo? E’ molto semplice: i lavoratori dipendente pur essendo decine di milioni non hanno nessuna rappresentanza parlamentare. Un parlamento attento solo agli interessi delle lobby, che alla fine lo governano. Speriamo che nel prossimo ci sia una fitta rappresentanza del lavoro dipendente, di esigere d’inserirne tantissimi. Altrimenti niente voto. In parlamento non ci devono andare solo i rappresentanti dei più abbienti e dei professionisti della politica che un lavoratore non sanno neppure com’è fatto.
Carlo Soricelli
Osservatorio Indipendente di Bologna Morti sul Lavoro
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To:
Sent: Sunday, September 03, 2017 2:21 PM
Subject: CUB E E SGB: LE MORTI SUL LAVORO NON SONO MAI CASUALI
Ciao,
con riferimento all’infortunio sul lavoro avvenuto a Lucca il 01/09/17 (caduta da una piattaforma di lavoro di due lavoratori, entrambi morti), riporto a seguire il comunicato congiunto SGB/USB.
Metto in evidenza che, a forza di tagli e accorpamenti, funzioni importanti come quella della prevenzione sul lavoro passano in secondo o terzo piano. Probabilmente la tragedia di Lucca sarebbe occorsa ugualmente, tenendo conto che un dirigente regionale in più non avrebbe certo garantito il rispetto e l’implementazione della normativa sulla sicurezza sull’intero territorio.
Tuttavia anche questo è un segnale delle priorità e delle scelte politiche di chi ci governa: ridurre la spesa pubblica a ogni costo per rispettare le normative di Bruxelles, in barba alle necessità e ai bisogni di cittadini e lavoratori.
Saluti
Lorenzo
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CUB E E SGB: LE MORTI SUL LAVORO NON SONO MAI CASUALI
Le cadute dall’alto rappresentano il 30% delle morti sul lavoro e dei gravi infortuni che determinano invalidità permanenti e invalidanti. Non c’è niente di casuale nella morte sul lavoro
I nostri pensieri e la nostra solidarietà sono rivolti ai due operai morti a Lucca e ai loro familiari, ma allo stesso tempo forte è la richiesta che si faccia piena luce sulle dinamiche dell’accaduto.
Urge conoscere la valutazione dei rischi, le misure di prevenzione correlate all’uso di piattaforme di lavoro mobili elevabili, i fattori di rischio, la portata e l’inclinazione del terreno, il carico nominale, la valutazione di interferenze, tutti elementi che dovrebbero far parte di un documento di valutazione del rischio dalla cui analisi debbono partire le indagini della magistratura e le valutazioni del caso.
Urge inoltre conoscere se la piattaforma fosse stata messa in commercio nel pieno rispetto sostanziale delle rigorose procedure di sicurezza stabilite dalla “Direttiva Macchine” e se fosse tenuta in manutenzione e verificata regolarmente da enti abilitati, secondo quanto stabilito dal Testo Unico sulla sicurezza.
Urge infine conoscere se i lavoratori vittime dell’incidente fossero stati adeguatamente informati, formati e soprattutto addestrati sull’utilizzo della piattaforma elevatrice, secondo quanto stabilito dal Testo Unico sulla sicurezza e dal collegato Accordo Stato/Regioni, per chi utilizza questo tipo di attrezzature
Ma la sicurezza dovrebbe essere parte integrante dell’appalto, con controlli da parte della stessa committenza, soprattutto se si tratta di enti pubblici che in materia di salute e sicurezza dovrebbero essere da esempio.
La promozione di eventi e festival, che ormai caratterizza l’offerta culturale e turistica dei comuni italiani, avviene troppe volte senza valutare con attenzione le condizioni di lavoro dell’appaltatore. Spesso i capitolati impongono tempi di realizzazione e mole di lavoro per le quali occorrerebbero sovente più lavoratori. Ma gli appalti sono costantemente costruiti al ribasso e a rimetterci sono gli operai, rischiando la salute e addirittura la loro stessa vita in condizioni di lavoro ben al di sotto degli standard minimi di sicurezza.
Le morti degli anni scorsi nel montaggio dei palchi per i concerti hanno messo in luce una realtà fatta di sfruttamento e di scarse norme a tutela dei lavoratori e della loro sicurezza. Ma ancora più gravi sono i procedimenti disciplinari in corso contro delegati e lavoratori che pubblicamente hanno denunciato le scarse norme a tutela della sicurezza (in aziende pubbliche e private) per non parlare poi della depenalizzazione di numerosi reati, del resto gli interventi del legislatore negli ultimi anni sono stati solo funzionali ai datori di lavoro e alla loro impunità.
CUB e SGB chiedono che sia fatta piena luce e sia resa giustizia ai due lavoratori e ai loro cari. Allo stesso tempo urge cambiare rotta in materia di appalti perché la tutela della sicurezza non sia considerata un optional ma un elemento irrinunciabile, al pari della valutazione di orari e carichi di lavoro
SGB Sindacato Generale di Base
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To:
Sent: Sunday, September 03, 2017 2:54 PM
Subject: QUINTA ASSEMBLEA NAZIONALE DELL’ASSOCIAZIONE INDIPENDENZA
Invitiamo tutti a partecipare alla Quinta Assemblea nazionale dell’associazione “Indipendenza” che si terrà a Roma sabato 16 settembre (ore 9.30-18.00).
Si partecipa con prenotazione gratuita da effettuare al profilo Francesco Cartolini:
Solo l’Assemblea nazionale è strutturata a inviti, per evitare un assemblearismo confusionario.
Le positive esperienze delle precedenti quattro Assemblee ci incoraggiano in tal senso.
Chi ritenga di poter segnalare nominativi di interessati all’evento, invii per gli stessi canali indirizzo di posta o telefono.
La locandina dell’Assemblea è al link:
I documenti costitutivi dell’Associazione sono al link:
Il sito dell’associazione è:
Il sito della rivista è:
Saluti
QUINTA ASSEMBLEA NAZIONALE DELL’ASSOCIAZIONE INDIPENDENZA
A Roma, sabato 16 settembre 2017
Ore 9.30/10.00: Accoglienza.
Ore 10.00/10.30: Bilancio teorico e storico a 100 anni (1917-2017) dalla Rivoluzione d’Ottobre.
Ore 10.30/13.00: Relazioni:
Analisi dello scenario internazionale e nazionale.
Tesi sull’emigrazione / immigrazione.
Tesi sul lavoro.
Ore 13.00/15.00: Pranzo
Ore 15.00/16.00: Azione politica dell’associazione: il bilancio, le voci, le proposte.
Ore 16.00/18.00: Dibattito
Ingresso libero su prenotazione.
Per informazioni: 346 51 13 004 (Fabrizio)
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To:
Sent: Monday, September 04, 2017 12:42 PM
Subject: Newsletter Medicina Democratica Onlus
CUB E SGB: LE MORTI SUL LAVORO NON SONO MAI CASUALI
Riportiamo il comunicato di CUB e SGB sull’ennesimo infortunio sul lavoro, riguarda il caso della morte di due operai (Eugenio Viviani e Antonio Pellegrini) caduta da una altezza di 10 metri da una piattaforma elevabile a causa, secondo le indicazioni della stampa, del cedimento del braccio dell’elevatore.
Le cadute dall’alto rappresentano il 30% delle morti sul lavoro e dei gravi infortuni che determinano invalidità permanenti e invalidanti. Non c’è niente di casuale nella morte sul lavoro
Leggi tutto al link:
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G7 SULLA SALUTE A MILANO, PER UNA INIZIATIVA ALTERNATIVA CHE LASCI IL SEGNO
Appello per organizzare un Forum internazionale in difesa del diritto alla salute e per l’accesso universale alle terapie in occasione del G7 sulla salute a Milano
IL 5 e 6 novembre 2017 è previsto a Milano l’incontro del G7 sulla salute. Fino a ora non è stata resa nota l’agenda; da quanto dichiarato qualche settimana fa dalla Ministra della salute italiana risulterebbe che i principali temi al centro del meeting saranno le ricadute sulla salute dei cambiamenti climatici e le politiche sui farmaci.
Leggi tutto al link:
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Forum di discussione per contattarci discutere e proporre argomenti:
Aiuta Medicina Democratica Onlus devolvendo il tuo 5 per mille firmando nella tua dichiarazione dei redditi nel settore volontariato e indicando il codice fiscale 97349700159
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