Marco Spezia
ingegnere e
tecnico della salute e della sicurezza sul lavoro
Progetto
“Sicurezza sul lavoro: Know Your Rights!”
Medicina
Democratica - Movimento di lotta per la salute onlus
e-mail: sp-mail@libero.it
---------------------
INDICE
Muglia La Furia
noreply+feedproxy@google.com
E’ L’ITALIA CHE
VA...
Comitato Eureco
comitatosostegnovittime.eureco@gmail.com
IL TAR BLOCCA
IL NUOVO INSEDIAMENTO NELL’AREA EX EURECO
Medicina
Democratica segreteria@medicinademocratica.org
Newsletter
Medicina Democratica Onlus
La Città Futura
noreply@lacittafutura.it
DOVE VA LA
CLASSE OPERAIA STATUNITENSE? DOVE VANNO I LAVORATORI DI TUTTO IL MONDO?
USB Ospedale
Gaslini ospedalegaslini.sanita@usb.it
SOLIDARIETA’ A
TULLIO ROSSI
La Città Futura
noreply@lacittafutura.it
NO TAV,
FESTIVAL DELL’ALTA FELICITA’: RIFLESSIONI SULL’IMPORTANZA DELLA SCELTA DELLE
PAROLE D’ORDINE
Teoria &
Prassi piattaforma_comunista@lists.riseup.net
SOLIDARIETA’
AGLI OPERAI DELLA COMITAL DI VOLPIANO (TO)
Teoria &
Prassi piattaforma_comunista@lists.riseup.net
APPELLO PER LA
FORMAZIONE DI UN FRONTE UNICO SINDACALE DI CLASSE
Carlo Soricelli
carlo.soricelli@gmail.com
MAI TANTI MORTI
SUL LAVORO DAL 2008 E NON SONO MAI CALATI: A OGGI DALL’INIZIO DELL’ANNO
SUPERIAMO I 950
Lorenzo Tamberi
l.tamberi1987@gmail.com
CUB E E SGB: LE
MORTI SUL LAVORO NON SONO MAI CASUALI
Rivista
Indipendenza info@rivistaindipendenza.org
QUINTA ASSEMBLEA
NAZIONALE DELL’ASSOCIAZIONE INDIPENDENZA
Medicina
Democratica segreteria@medicinademocratica.org
Newsletter
Medicina Democratica Onlus
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To:
Sent: Tuesday, August 01, 2017 5:44 PM
Subject: E’ L’ITALIA CHE VA...
LA TRAGEDIA DI
MOLFETTA
Cinque operai
morti nella cisterna: dopo nove anni tutti assolti!
Revocate in
appello le condanne per il caso della Truck Center.
I lavoratori
morirono per le esalazioni di acido solfidrico sviluppatesi in una cisterna per
il trasporto dello zolfo liquido che stavano pulendo.
E INTANTO
ESPNHAHN E’ SEMPRE FUORI NONOSTANTE LA CONDANNA!
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To:
Sent: Thursday, August 10, 2017 9:06 AM
Subject: IL TAR BLOCCA IL NUOVO INSEDIAMENTO NELL’AREA EX EURECO
Buongiorno.
Con la sentenza
emessa l8 agosto il TAR blocca il nuovo insediamento di Tecnologia e Ambiente
nell’ area ex Eureco, annullando così le autorizzazioni rilasciate da Città
Metropolitana di Milano nonostante le proteste del comitato, delle
associazioni, e dei cittadini padernesi.
Grazie
all’apporto di Medicina Democratica il Comune di Paderno ha vinto il ricorso al
TAR di conseguenza il nuovo impianto di fatto non potrà iniziare l’attività di
smaltimento rifiuti.
Ora chiederemo
con forza a Città Metropolitana di non ricorrere al Consiglio di Stato, sarebbe
un’ulteriore offesa alla memoria dei quattro lavoratori morti nel rogo dell’Eureco
e dei cittadini padernesi.
A seguire il
Comunicato Stampa di Medicina Democratica
* * * * *
COMUNICATO
STAMPA
IL TAR DI
MILANO: NO AL NUOVO INSEDIAMENTO DI TECNOLOGIE AMBIENTALI NEL SITO DELL’EURECO
DI PADERNO DUGNANO
Il TAR della
Lombardia con sentenza n. 01747 del 8 agosto 2017 annulla gli atti della Città
Metropolitana di Milano che hanno autorizzato la società Tecnologie Ambientali
srl di riprendere la produzione nel campo del trattamento di rifiuti con
tipologie e modalità quasi identiche a quelle in precedenza autorizzate (e non
rispettate) dalla ditta Eureco di Paderno Dugnano.
Il ricorso è
stato presentato dal Comune di Paderno Dugnano con intervento “ad adiuvandum”
di Medicina Democratica (MD) difesa dall’avvocato Paola Ferrari del foro di
Milano e con consulenza tecnica di Marco Caldiroli, responsabile Ambiente di
MD.
Indimenticabile
quanto è avvenuto il 4 novembre 2010 all’Eureco dove 4 operai hanno trovato la
morte bruciati dal fuoco al seguito della lavorazione dei rifiuti svolge in
spregio della normativa sulla sicurezza sul lavoro e a tutela dell’ambiente: un
crimine che ricorda da vicino quanto già avvenuto alla Thyssen Krupp di Torino,
dove i morti furono 7.
La popolazione
di Paderno Dugnano, un comune importante del nord Milano di 50.000 abitanti,
guidata dal “Comitato a sostegno dei famigliari delle vittime e dei lavoratori
dell’Eureco” si è mobilitata inducendo il Comune a impedire che il nuovo
(vecchio) insediamento industriale riprendesse la produzione.
Non sono
bastati i 4 operai morti e gli altri feriti con gravi conseguenze oltre che la
perdita di lavoro e di reddito?
Non è bastata
la condanna del titolare dell’Eureco Giovanni Merlino che forse non è estraneo
alla richiesta di riapertura dell’impianto sotto un’altra ragione sociale?
Nemmeno è
bastato il processo penale che ha visto l’esclusione delle parti civili
Medicina Democratica e AIEA (Associazione Italiana Esposti Amianto) che
maggiormente si sono mobilitati, non ancora chiuso nonostante il riconoscimento
parziale delle responsabilità di Giovanni Merlino, per il quale i lavoratori
dell’Eureco rimasti non sono stati pienamente risarciti pur privi di risorse
economiche oltre che segnati duramente dall’incidente-crimine?
ALMENO UN PO’
DI GIUSTIZIA!
Ora l’Eureco,
come stabilito dal TAR, per iniziativa del comune di Paderno che ha presentato
ricorso e per intervento di MD “ad adiuvandum”, per quanto tale richiesta sia
stata dichiarata inammissibile (secondo il TAR MD, in quanto legittimata avrebbe
dovuto intervenire autonomamente), non riaprirà.
E speriamo che
la Città Metropolitana, cui certamente ci rivolgeremo a breve, non presenti
ricorso al Consiglio di Stato per rendere possibile che la sentenza passi in
giudicato.
Milano, 9
agosto 2017
Fulvio Aurora,
responsabile vertenze legali MD
Lorena Tacco,
MD Nord Milano
Medicina
Democratica
Movimento di
lotta per la salute Onlus
via dei
Carracci, 2 Milano
---------------------
To:
Sent: Thursday, August 10, 2017 12:43 PM
Subject: Newsletter Medicina Democratica Onlus
EFFETTI
COLLATERALI DELLA LEGGE LORENZIN SUI VACCINI: LE RACCOMANDAZIONI LOMBARDE PER
GLI OPERATORI SANITARI
Gira per le ATS
e le ASST lombarde (ex ASL ed Aziende Ospedaliere) la comunicazione che
riportiamo sotto.
Che parte degli
operatori sanitari (ma le ATS oramai hanno limitati contatti con utenti per
motivi sanitari) siano a rischio “biologico” è pacifico, che possano a loro
volta contagiare gli utenti è conosciuto da tempo.
Che (nonostante
il gran polverone contro i genitori che vogliono saperne di più e che chiedono
di non essere costretti comunque a vaccinare i propri figli oramai per almeno
10 vaccini) è noto che negli operatori sanitari la copertura vaccinale è ben
inferiore a quella della popolazione generale (l’esempio personale è sempre
“utile”).
Che (a fronte
della individuazione di un tale rischio professionale) il medico competente può
disporre la vaccinazione quale misura di profilassi per la sicurezza sul lavoro
(allo stesso modo in cui viene imposta l’antitetanica per i muratori) è scritto
nel Testo Unico in materia di sicurezza e igiene del lavoro, per nulla
applicato in questo caso.
Improvvisamente,
a fronte del “preoccupante incremento dei casi di morbillo”, in Lombardia si
dispone “su base volontaria e previo consenso informato” l’invito e la
raccomandazione agli operatori sanitari di vaccinarsi contro il morbillo (già
che ci sono anche contro la rosolia e la parotite...).
Leggi tutto al
link:
* * * * *
COMUNICATO
STAMPA: IL TAR DI MILANO: NO AL NUOVO INSEDIAMENTO DI TECNOLOGIE AMBIENTALI NEL
SITO DELL’EURECO DI PADERNO DUGNANO
Il TAR della
Lombardia con sentenza n. 01747 del 8 agosto 2017 annulla gli atti della Città
Metropolitana di Milano che hanno autorizzato la società Tecnologie Ambientali
srl di riprendere la produzione nel campo del trattamento di rifiuti con
tipologie e modalità quasi identiche a quelle in precedenza autorizzate (e non
rispettate) dalla ditta Eureco di Paderno Dugnano.
Il ricorso è
stato presentato dal Comune di Paderno Dugnano con intervento “ad adiuvandum”
di Medicina Democratica (MD) difesa dall’avvocato Paola Ferrari del foro di Milano
e con consulenza tecnica di Marco Caldiroli, responsabile Ambiente di MD.
Leggi tutto al
link:
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Democratica Onlus devolvendo il tuo 5 per mille firmando nella tua
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To:
Sent: Monday, August 14, 2017 7:59 AM
Subject: DOVE VA LA CLASSE OPERAIA STATUNITENSE?
DOVE VANNO I
LAVORATORI DI TUTTO IL MONDO?
Jacobin
Magazine
12/08/17
LAVORATORI DI
TUTTO IL MONDO: INTERVISTA A BEVERLY SILVER (PRIMA PUNTATA)
Per gentile
concessione di Jacobin Magazine pubblichiamo la traduzione dell’intervista a
Beverly Silver, presidente del Dipartimento di Sociologia alla John Hopkins
University. Silver è una delle più importanti figure della sociologia del
lavoro e da sempre una militante per i lavoratori. Tra le sue opere “Le forze
del lavoro” e “Caos e governo del mondo” firmate con Giovanni Arrighi, entrambi
pubblicati da Bruno Mondadori.
DOMANDA
Negli ultimi
decenni c’è stata una ristrutturazione profonda della classe lavoratrice negli
Stati Uniti e negli altri paesi a capitalismo avanzato. Qual è l’immagine a
grandi linee di questo processo di ristrutturazione? Quali sono le forze che lo
guidano?
RISPOSTA
Il capitalismo
trasforma continuamente l’organizzazione della produzione e gli equilibri di
forza tra capitale e lavoro, ristruttura la classe lavoratrice, la
ricostruisce. Quindi, per rispondere alla domanda, penso che dobbiamo adottare
una visione di lungo termine.
Ha senso andare
fino alla metà del ventesimo secolo, dagli anni ‘30 agli anni ‘50, quando per
la prima volta è emersa negli USA una classe operaia della produzione di massa
molto forte, principalmente nel settore auto, ma anche in settori come quello
minerario, i trasporti e l’energia, settori centrali per l’industrializzazione
e il commercio.
Appena dopo la
Seconda Guerra Mondiale, il capitale ha cominciato a ristrutturare,
riconfigurare l’organizzazione della produzione, il processo del lavoro, le
fonti di manodopera e il posizionamento geografico della produzione. Questa
ristrutturazione è stata in larga parte una risposta ai movimenti dei
lavoratori nella manifattura, nelle miniere, nella logistica e nei trasporti.
Per capire
questa ristrutturazione, è utile espandere il concetto di “soluzione
geografica” di David Harvey. Il capitale ha provato a risolvere il problema
della forza dei lavoratori, e la minaccia ai profitti avanzata da essi, con una
serie di “soluzioni”.
Le imprese
hanno usato una serie di soluzioni geografiche spostandosi verso luoghi con
minori salari. Hanno attuato delle “soluzioni tecnologiche” riducendo la loro
dipendenza dai lavoratori accelerando l’automazione. E hanno attuato quella che
possiamo pensare come la “soluzione finanziaria”, muovere il capitale fuori dal
commercio e dalla produzione, muoverlo nel campo della finanza e della
speculazione come un ulteriore mezzo per ridurre la dipendenza dei profitti
dalla classe operaia strutturata dalla produzione di massa.
L’inizio dello
spostamento del capitale verso la finanza e la speculazione è stato visibile
fin dagli anni ‘70, ma è esploso dopo la metà degli anni ‘90, dopo l’abolizione
della legge Glass-Steagall (che separava le banche di risparmio da quelle di
speculazione) da parte dell’amministrazione Clinton.
Quindi, quello
che sembrava un collasso improvviso del potere del lavoro organizzato negli
Stati Uniti tra gli anni ‘80 e ‘90, in realtà ha le sue radici in decenni di
ristrutturazione su questi fronti, iniziata a metà del secolo.
Ovviamente, è
importante sottolineare che c’è un altro lato della medaglia. Queste soluzioni
capitaliste hanno smontato la classe operaia della produzione di massa, ma
hanno simultaneamente costruito nuove classi operaie negli USA e altrove.
Queste nuovi classi operaie sono oggi i protagonisti emergenti delle lotte dei
lavoratori in molte parti del mondo.
DOMANDA
Non è un
segreto che le forme tradizionali di organizzazione della classe operaia, come
i sindacati negli USA e i partiti socialdemocratici in Europa, sono in grave
crisi. Come ha fatto il capitale a indebolire e addomesticare queste
espressioni degli interessi della classe operaia?
RISPOSTA
Se guardiamo ai
massimi storici di militanza operaia (specialmente quelli in cui erano
coinvolti movimenti di sinistra, partiti socialisti ed operai) appare chiaro un
insieme di strategie per indebolire il potenziale radicale di questi movimenti.
Si può riassumere così: ristrutturazione, cooptazione e repressione.
I tipi di
ristrutturazione o soluzione menzionati sopra (geografica, tecnologica o
finanziaria) hanno certamente giocato un ruolo nell’indebolire questi
movimenti. Nel frattempo, la cooptazione dei sindacati e dei partiti dei
lavoratori (la loro incorporazione come partner minori nei progetti egemonici
nazionali e nei patti sociali) hanno giocato a loro volta un ruolo importante.
Infine, la repressione è sempre stata una parte importante della ricetta.
Prendendo gli
USA come esempio, nel secondo dopoguerra abbiamo visto il maccartismo e
l’espulsione della sinistra e dei militanti comunisti dai sindacati. Poi, tra
gli anni ‘60 e anni ‘70, i forti movimenti dei lavoratori neri radicati nelle
fabbriche e nelle comunità (il Partito delle Pantere Nere e Movimento del
Sindacato Rivoluzionario di Dodge) sono stati riportati sotto controllo con la
pura e semplice repressione.
Oggi, con la
militarizzazione delle forze di polizia e l’infinita “guerra al terrore” (che
creano un clima ostile alla mobilitazione dei lavoratori neri e immigrati) la
coercizione continua ad avere un ruolo di primo piano.
DOMANDA
Uno dei
maggiori dibattiti oggi è se la dinamica che definisce la forma della classe
operaia globale sia lo sfruttamento (lavoratori spremuti sul luogo di lavoro) o
l’esclusione (lavoratori di fatto esclusi dal lavoro salariato stabile). Cosa
pensi di questo dibattito?
RISPOSTA
Li vedo
ugualmente importanti. Sarebbe un errore ignorare la persistente importanza
delle lotte contro lo sfruttamento sul luogo di lavoro. Infatti, uno dei
risultati della strategia di soluzione geografica è stata la creazione di nuovi
classi operaie e di nuove contraddizioni lavoro-capitale ovunque vada il
capitale.
In altre
parole, la resistenza operaia allo sfruttamento sul luogo di lavoro ha seguito
il movimento del capitale attraverso il globo nella scorsa metà di secolo.
Infatti, osserviamo le ultime manifestazioni di questa dinamica con la
massiccia ondata di agitazioni operaie che accade ora in Cina.
Una volta che
le imprese hanno compreso che semplicemente spostare le fabbriche in luoghi a
basso salario non avrebbe risolto il problema del controllo sul lavoro, il
capitale ha cominciato a fare più affidamento su automazione e
finanziarizzazione. L’automazione, per quanto non sia una novità, recentemente
ha espulso rapidamente lavoratori salariati dalla produzione, aumentando la
visibilità della dinamica di esclusione. Un esempio lampante è l’attuazione da
parte della FoxConn delle minacce di introduzione di un enorme numero di robot
nelle sue fabbriche cinesi.
Realisticamente,
il movimento del surplus di capitale nella finanza e nella speculazione dà
anche un importante contributo alla crescente esclusione. La finanza
(specialmente le attività finanziarie non direttamente legate al commercio e
alla produzione) assorbe poco lavoro salariato; più importante, trae profitti
principalmente dalla redistribuzione regressiva della ricchezza attraverso la
speculazione, piuttosto che con la creazione di nuova ricchezza. Da qui, il
collegamento che Occupy Wall Street ha trovato tra i livelli di disuguaglianza
di classe e di finanziarizzazione.
Automazione e
finanziarizzazione guidano un’accelerazione nella tendenza di lungo termine del
capitalismo a distruggere le condizioni di vita già esistenti a una velocità
molto più alta di quanto ne crei di nuove. Questa è sempre stata la tendenza
predominante del capitalismo storico in gran parte del Sud Globale, dove la
dispossession ha teso a essere più importante dell’assorbimento di lavoro
salariato, quindi vi erano sempre più lavoratori che non avevano altro da
vendere se non la propria forza lavoro, ma con scarse possibilità di venderla.
Questa tendenza
non è nulla di nuovo, sia la sua accelerazione, sia il fatto che i suoi effetti
si sentano anche nei paesi centrali (non solo nel terzo mondo) aiuta a spiegare
come mai l’esclusione sia in primo piano negli attuali dibattiti.
DOMANDA
Per inquadrare
diversamente la domanda, ha senso pensare a esclusione e sfruttamento come fenomeni
separati?
RISPOSTA
Marx di sicuro
non li vedeva come fenomeni separati. Nel libro primo del Capitale, ha
sostenuto che l’accumulazione di capitale vada di pari passo con
l’accumulazione di un surplus di popolazione, che la ricchezza viene creata attraverso
lo sfruttamento, ma contemporaneamente grossi settori di classe operaia vengono
esclusi i resi superflui per i bisogni del capitale.
Per la gran
parte del ventesimo secolo, c’è stata una distribuzione geografica ineguale nei
termini di percezione del processo di esclusione. Infatti, fino a poco tempo fa
uno dei mezzi per mantenere la legittimazione da parte del capitale nei paesi
centrali è stato spingere il peso dell’esclusione sul terzo mondo e sui settori
marginalizzati della classe operaia dei paesi centrali.
La classe
operaia mondiale è stata divisa con confini definiti da cittadinanza, razza,
etnia e genere. Questi confini continuano a essere piuttosto importanti. In
particolare dopo la crisi del 2008, il peso del processo di esclusione è stato
sentito nei paesi del centro più che in passato, con tutte le possibili
implicazioni politiche.
DOMANDA
Nel tuo lavoro
hai ragionato molto sul potere dei lavoratori e della classe lavoratrice. Fai
una distinzione tra diverse forme di potere dei lavoratori. Puoi dirci qualcosa
in più?
RISPOSTA
Si, una delle
distinzioni principali è tra potere strutturale e potere di associazione. Il
potere di associazione è la capacità di ottenere avanzamenti attraverso
l’organizzazione sindacale e politica. Il potere strutturale è quello che
deriva dalla posizione strategica dei lavoratori nel processo di produzione, un
potere che può essere (e spesso è stato) esercitato in mancanza
dell’organizzazione sindacale.
DOMANDA
Perché sono
utili queste distinzioni?
RISPOSTA
Facciamo un
esempio sul potere strutturale. Ci sono due tipi principali di potere
strutturale: potere di contrattazione sul luogo di lavoro e potete di
contrattazione sul mercato.
Di solito, per
comprendere il potere dei lavoratori in senso ampio, si guarda al potere di
contrattazione sul mercato. Con disoccupazione alta, questo potere si riduce, e
viceversa.
Il potere di
contrattazione sul luogo di lavoro (l’abilità di interrompere processi di
produzione interconnessi grazie a scioperi localizzati) riceve meno enfasi, ma
è forse ancora più importante per capire le odierne fonti di potere dei
lavoratori.
Questo perché,
se si guarda alle tendenze storiche di lungo termine, il potere dei lavoratori
sul posto di lavoro è, innegabilmente, in crescita. Questo sorprende la gente,
ma questo aumentato potere di contrattazione sul luogo di lavoro diventa palese
con la produzione just-in-time nella manifattura. A differenza dei metodi
tradizionali di produzione di massa, non ci sono buffer o surplus nel processo
di produzione.
Quindi, con la
diffusione della produzione just-in-time nell’industria dell’automobile, per
esempio, un numero relativamente piccolo di lavoratori, fermando la produzione
in nodi strategici (anche, per esempio, nella fornitura di tergicristalli) può
fermare l’intera produzione. Ci sono molti esempi recenti di questo
nell’industria dell’automobile in giro per il mondo.
Similmente, i
lavoratori nella logistica, trasporti e comunicazione hanno un significativo e
crescente potere di contrattazione sul luogo di lavoro legato agli effetti
economici a cascata delle interruzioni in questi settori. Inoltre, nonostante
la tendenza quasi universale a pensare al processo di globalizzazione come
indebolimento del lavoro, la potenziale scala geografica dell’impatto di questi
scioperi si è ampliata con la globalizzazione.
DOMANDA
E sul potere di
associazione? Se i lavoratori non hanno sindacati o partito dei lavoratori,
questo non mina il loro potere di contrattazione strutturale?
RISPOSTA
Non
necessariamente. Pensiamo alla Cina. I sindacati autonomi sono illegali, ma ci
sono stati recentemente importanti miglioramenti sul salario minimo legale,
sulla legislazione del lavoro, sulle condizioni di lavoro. Questi cambiamenti
vengono da un movimento di base basato sul potere strutturale dei lavoratori,
sia sul mercato sia, ancora più importante, sul luogo di lavoro.
Penso che
dobbiamo essere anche onesti sulla posizione strutturale ambigua dei sindacati.
Se sono troppo efficaci e ottengono troppi risultati per la loro base, il
capitale diventa estremamente ostile o non vuole avere a che fare con loro e
quindi si muove verso una strategia più repressiva.
Il capitale può
fare saltuariamente accordi coi sindacati, ma solo se i sindacati sono disposti
a un ruolo di mediazione, limitare la militanza operaia e assicurare il
controllo sul lavoro. Per poter avere questo ruolo, i sindacati devono dare
qualcosa alla loro base, questo ci riporta al primo problema. Alla fin fine la
domanda è: quali sono le situazioni in cui questa dinamica contraddittoria tra
sindacati e capitalisti gioca a favore dei lavoratori?
CONTINUA SUL
PROSSIMO NUMERO
---------------------
To:
Sent: Thursday, August 17, 2017 10:12 AM
Subject: SOLIDARIETA’ A TULLIO ROSSI
Il giorno 10
agosto 2017, l’Arcivescovo di Genova, Presidente dei vescovi europei e, ciò che
interessa la nostra vicenda, Presidente dell’Ospedale Galliera, ha celebrato
una messa nel giorno di San Lorenzo.
Queste le sue
parole: “proprio come è successo a Lorenzo davanti all’Imperatore Valeriano nel
III secolo, la fede in Dio e nella vita eterna dona al credente la forza della
libertà di fronte alle prove, alle ingiustizie del mondo e alla violenza dei
forti. Ci rende capaci di dire ai potenti:
QUELLO CHE FAI;
ANCHE SE E’SECONDO IL DIRITTO, E’ INGIUSTO. CIO’ CHE DICI E’ FALSO, NON TI E’
LECITO. IL POTERE NON E’ DOMINARE, MA SERVIRE IL POPOLO”.
Queste le sue
parole.
Alcuni giorni
dopo il sindacalista USB Tullio Rossi, lavoratore dipendente dell’Ente
presieduto dal suddetto Cardinale, esprime un parere su Facebook. A oggi, per
quella frase, rischia il licenziamento.
Ognuno giudichi
da sé le parole e i fatti successivamente avvenuti.
Personalmente
esprimo la mia totale solidarietà a Tullio Rossi, compagno e amico che ogni
persona per bene vorrebbe avere al proprio fianco nelle lotte quotidiane.
Ma Tullio Rossi
ha un grande difetto: è una persona onesta e qualunque persona onesta non può tacere
davanti a ciò che accade a Genova ormai da troppi anni.
Uno
smantellamento sistematico del sistema pubblico, un abuso continuo
sull’utilizzo dei soldi di cittadini e lavoratori.
Una città
meravigliosa governata da una destra becera e una sinistra che ha confuso la
difesa dei diritti degli oppressi con la sopravvivenza di sé stessa.
Esattamente come troppi dipendenti pubblici che hanno confuso la difesa del
proprio superiore con la difesa della res publica alla quale sarebbero
obbligati.
Una città dove
gli enti che si dovrebbero occupare della salvaguardia di lavoratori e
cittadini sono ridotti all’osso e dove i funzionari a cui si chiede aiuto dopo
qualche tempo li vedi collaborare con gli stessi enti che si sono resi
colpevoli.
Una città dove
RSU e RLS della “triplice” sono talmente schierati con i datori di lavoro da
lasciarti solo.
Una città dove
ci sono “colleghi” che invece di denunciare abusi in difesa dei beni pubblici
si fanno promotori di denunce a colleghi che compiono il loro dovere.
Storicamente
sono sempre esistiti i personaggi che hanno tradito Genova.
Abbiamo anche
la “colonna infame” a ricordarlo.
La
responsabilità di ciò che sta accadendo è di gran parte della politica che per
troppi anni si è girata dall’altra parte, se non avendo una vera e propria
commistione con queste situazioni.
Il numero
bassissimo di votanti alle ultime elezioni dimostra quanto tutti ormai ne siano
consapevoli
Come cittadino
voglio 10, 100, 1.000 Tullio Rossi a tutelare i miei diritti.
Come lavoratore
voglio 10, 100, 1.000 Tullio Rossi a difendere la dignità.
Sono benvenuti
i messaggi di solidarietà e/o articoli che pubblicheremo sul gruppo Facebook.
Luca Nanfria
Delegato USB
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To:
Sent: Monday, August 21, 2017 6:36 PM
Subject: NO TAV, FESTIVAL DELL’ALTA FELICITA’: RIFLESSIONI SULL’IMPORTANZA
DELLA SCELTA DELLE PAROLE D’ORDINE
di Alessandro
Strano
20/08/17
Il movimento No
TAV continua a mobilitarsi.
Ma quali sono
le percezioni e le opinioni di persone comuni non militanti che vivono nella
valle in relazione al Festival dell’alta felicità?
Dal 27 al 30
luglio corrente anno si è svolto a Venaus il Festival dell’alta felicità. Si è
trattato senza dubbio di un importante momento di socialità all’interno del
movimento e dei militanti No TAV, un momento di scambio di esperienze, di
confronto di idee e di divertimento.
Considerando
tuttavia altrettanto importante comprendere quale fosse la ricezione dello
stesso da parte della popolazione dei singoli paesi, nei medesimi giorni
durante i quali il Festival ha avuto luogo mi sono spostato tra Gravere,
Chiomonte ed Exilles, tre comuni di quell’alta valle della Dora Riparia che in
molti, in una ottica puramente colonialista, si ostinano a volere chiamare alta
valle di Susa e che (Chiomonte in particolare) subiscono in modo diretto gli
effetti della presenza del cantiere e dell’occupazione militare. Quello che ho
cercato di fare è stato raccogliere le eventuali impressioni, percezioni e
opinioni di persone comuni non militanti in relazione al Festival dell’alta
felicità. Questo in quanto ritengo che la pratica dell’inchiesta sia uno
strumento necessario ed indispensabile per i comunisti affinché possano
strutturare la propria azione anche e soprattutto sulla base dei risultati e
della lettura di una data realtà che l’inchiesta offre.
Essenzialmente,
da quel campione di persone comuni (e per questo forse più indicativo delle tendenze
presenti nei suddetti paesi di quanto avrebbe potuto risultare la consultazione
dei pochissimi attivisti e militanti che si annoverano negli stessi) con cui ho
avuto modo di confrontarmi e di discorrere è scaturita una comune percezione
del Festival e, conseguentemente, del movimento No TAV così come ora si
presenta: un festival lontano, un elemento estraneo ed esterno alla valle e
slegato dall’ambiente di quest’ultima. Talvolta addirittura un qualcosa di non
pervenuto. Ritengo doveroso precisare che tali reazioni sono scaturite
nonostante la quasi totalità delle persone con cui ho avuto modo di parlare si
dichiarasse contraria all’opera e alla militarizzazione in atto o, nella meno
lusinghiera delle ipotesi, segnalasse semplicemente il disagio da essa
dipendente.
In definitiva
il Festival, dai risvolti senza dubbio positivi per il movimento No TAV in
termini di socialità e di dibattito, è stato tuttavia percepito largamente come
qualcosa di estraneo alla valle. Nella sua parzialità tale percezione, giusta o
sbagliata che sia, è comunque da tenere in conto da parte di coloro i quali
vogliono veramente e non in modo miope mobilitarsi e lavorare contro lo scempio
del territorio che sta avvenendo e che continuerà ad avvenire a causa del
cantiere e della militarizzazione in atto. Questo in quanto, nonostante la
giustezza dei presupposti, non si può operare in una data area se non si serba
coscienza delle opinioni della sua popolazione e non si può risultare vincenti
se le istanze avanzate non sono anche espressione delle necessità, dei
sentimenti e degli interessi di essa. Malauguratamente, la vita si rivela più
breve di quanto si vorrebbe. Le ore hanno la tendenza a diventare giorni, i
giorni settimane e le settimane stagioni intere. Ne consegue l’importanza della
scelta delle priorità e delle parole d’ordine al fine di evitare di perdere
tempo o, peggio, di essere fraintesi o di subire l’allontanamento delle persone
per le quali si combatte.
Quali parole
d’ordine sono dunque ora necessarie per conseguire risultati sul fronte della
lotta alla linea Torino-Lione? Su cosa occorrerebbe ora forse maggiormente
puntare?
Innanzitutto il
cantiere e la militarizzazione, pur coinvolgendo per extensio la valle tutta,
sono in atto a Chiomonte. C’è da chiedersi quanto sia funzionale sul piano
dell’immagine continuare a proporre iniziative e manifestazioni fuori
Chiomonte. È vero, a Chiomonte maggiori sarebbero le difficoltà logistiche
anche a causa dell’amministrazione comunale, che è favorevole all’opera, e
dell’imbelle e politicamente incapace minoranza consiliare. Ma è a Chiomonte
che i vignaioli devono passare quotidianamente dal posto di blocco per potere
accedere all’appezzamento da loro lavorato, è a Chiomonte che c’era una regione
archeologica con l’attiguo museo e ora non più, è Chiomonte il paese i cui
abitanti non possono più spostarsi liberamente su tutta la superficie del
territorio del loro comune perché parte di esso è sotto occupazione militare da
parte dell’esercito.
Anche sulla
base di quanto è emerso dal confrontarmi, cui sopra ho fatto riferimento, con
persone di Gravere, Chiomonte ed Exilles nei giorni del Festival, credo siano
tre i punti nevralgici su cui occorre concentrarsi al fine di strutturare il
messaggio che è necessario fare filtrare nei paesi toccati dal cantiere, per
evitare di divenire autoreferenziali e di apparire settari. Questi tre nodi
permetterebbero di rimodulare il semplice e netto messaggio “No TAV”, non per
liquidarlo, bensì al fine di meglio spiegarlo e renderlo accettabile e condivisibile
dalle più ampie fasce della popolazione.
Innanzitutto, è
quanto mai necessario puntare sulla condanna dell’occupazione militare illegale
di parte del territorio che giuridicamente appartiene al Comune di Chiomonte al
di là e in modo disgiunto dalla condanna della presenza del cantiere. Come in
una regione in stato di guerra e ancora dopo anni, una ampia zona di territorio
che va ben al di là dell’area del cantiere è sotto occupazione militare e solo
persone autorizzate possono accedervi. E’ vergognoso che chi ha una vigna
all’interno della suddetta area debba ogni volta presentare il permesso al
posto di blocco davanti alla Centrale Idroelettrica, perdendo spesso minuti
preziosi di lavoro a seconda che le forze dell’ordine presenti in loco siano svogliate
(e allora si passa relativamente in modo veloce) o meno (e allora creano
problemi). Occorre rivendicare, al di là della presenza del cantiere,
l’immediato smantellamento dell’area militarizzata al di fuori del cantiere,
unico modo per rendere palese che essere contro la realizzazione del TAV non è
in antitesi con gli interessi materiali primari e immediati della popolazione
locale e per ottenere dunque la condivisione della mobilitazione, o quantomeno
il rispetto, da parte di una buona parte della stessa.
In merito
all’impossibilità dei chiomontini di fruire legittimamente di parte del loro
territorio, l’autorevole studioso di storia locale Valerio Coletto, in un suo
studio sulla coltivazione dello zafferano nei secoli passati in parte dell’area
oggi sotto occupazione militare, pubblicato ormai nel 2012 su una rivista
locale, affermava: “Mi sovviene in proposito che, quando giovanissimo e
successivamente giovane, mi capitava di attraversare le Casse per raggiungere
una proprietà della mia famiglia sita in località en Charboun, mi sentivo
intensamente ammaliato dal fascino misterioso di questo paesaggio primordiale
da cui si sprigionava un senso di magia che mi lasciava quasi impaurito [...].
Mi sarebbe perciò stato enormemente gradito un ritorno alle Casse de Sant
Martin, ai Garnyers ed en Charboun [...]. Ma purtroppo questo desiderio non mi
è possibile oggi realizzare poiché da quasi diciotto mesi il territorio de la
Madereyno, de las Casse de Sant Martin, de Prà Meytel, dous Garnyers, de
Clareyo risulta inaccessibile essendo stato occupato militarmente dall’esercito
italiano, inviato a difesa dei poteri forti dello Stato italiano, il quale
[...] si è unicamente proposto di devastare nella modalità più selvaggia
possibile, prima con il tracciato autostradale e ora con la discenderia della
TAV, una zona archeologica di eccezionale importanza ed un paesaggio di
straordinaria bellezza”.
In secondo
luogo ritengo che sarebbe opportuno puntare la grande parte delle energie nella
condanna dello stupro avvenuto sull’area neolitica della Maddalena. Sono
convinto che, se sensibilizzata a dovere, la comunità scientifica non sarebbe
indifferente al fatto che uno dei più importanti siti neolitici di tutta Europa
sia stato bistrattato e non sia oggi più visitabile (e probabilmente non lo
sarà neppure domani, ammesso e non concesso che esista ancora). Ho invece
purtroppo la percezione che la questione archeologica del villaggio neolitico
della Maddalena, che avrebbe dovuto e dovrebbe invece essere il nostro cavallo
di battaglia (se non vincente, senza dubbio efficace se pensiamo a come si è
mossa l’opinione pubblica nei confronti della distruzione di Palmira), sia
stata e sia la grande assente nella lotta e nella mobilitazione contro la
realizzazione della linea TAV. Un peccato se pensiamo che, durante la
costruzione del tracciato autostradale ormai circa una trentina di anni fa,
Aureliano Bertone, archeologo della Soprintendenza di Torino ormai deceduto da
alcuni anni, grazie anche alla collaborazione alcuni interessati locali tra i
quali Franco Bronzati, Valerio Coletto e Tiziano Strano, si era mobilitato
senza che vi fosse un movimento d’opinione alle spalle ed era riuscito prima a
bloccare i lavori, poi a ottenere lo spostamento del tracciato autostradale
rispetto al villaggio neolitico rinvenuto.
Infine è
imprescindibile rimodulare il messaggio netto “no alle compensazioni” che, così
come è formulato, anche se giusto su un piano ideale non viene compreso. La
gran parte della popolazione, sia favorevoli che contrari o indifferenti nei
confronti della realizzazione dell’opera, non è infatti certamente indifferente
al discorso economico. Diversi sono i contrari all’opera che tuttavia ritengono
che, nel momento in cui ormai il danno è stato fatto, si possano anche accettare
compensazioni. Il discorso deve essere a mio avviso il seguente: non ci si deve
limitare ad affermare la semplice avversione nei confronti delle compensazioni,
ma occorre rivendicare con forza un risarcimento danni. Un risarcimento danni
non tanto ancora per l’opera che verrà, ma per tutti i danni e disagi che sono
stati inflitti e perpetrati alla valle e, in particolare, al paese che ha
subito e sta subendo la presenza del cantiere e della militarizzazione. Occorre
richiedere e pretendere il risarcimento danni per la distruzione dell’area
neolitica della Maddalena, per lo smantellamento del museo, per gli introiti
mancati a causa della non visitabilità degli stessi in tutti questi anni, per
gli introiti mancati ai commercianti dipendenti dal turismo, per il danno
paesaggistico al territorio, per il danno economico al paese e in particolare
ai viticoltori, per la militarizzazione, per avere spaccato un paese e le sue
famiglie. Altro che limitarsi a contrattare compensazioni che presuppongono un
accordo preliminare tra le parti e non il subire di una parte le scelte
dell’altra come invece è avvenuto!
Queste sono le
corde che è necessario toccare. Ed occorre toccarle non (o, meglio, non solo)
per opportunità tattica bensì perché si tratta delle nostre stesse corde, le
stesse corde nei confronti delle quali ci indigniamo e diventiamo sensibili e,
come noi, si possono indignare tanti altri individui.
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To:
Sent: Wednesday, August 23, 2017 10:51 PM
Subject: SOLIDARIETA’ AGLI OPERAI DELLA COMITAL DI VOLPIANO (TO)
Esprimiamo
pieno appoggio e solidarietà di classe agli operai della Comital di Volpiano
(TO), azienda produttrice di laminato di alluminio, dal 31 luglio in presidio
davanti ai cancelli, per lottare contro la decisione di chiusura dell’azienda e
l’avvio dei licenziamenti collettivi (140 lavoratori) per cessata attività.
L’azienda è di
proprietà del gruppo francese AEDI che, dopo 2 anni di gestione aziendale
fallimentare, ha dichiarato la cessata attività.
Stamattina ci
sono stati degli scontri. Una decina di camion, che servivano con ogni
probabilità per portare via i macchinari, hanno cercato di forzare il blocco
degli operai in sciopero. Le “forze dell’ordine” (padronale) sono intervenute
contro il presidio. Due operai sono dovuti ricorrere alle cure mediche.
Risibili le
reazioni dei capi sindacali e delle istituzioni borghesi. Il segretario della
FIOM provinciale, invece di chiamare alla lotta le fabbriche e il territorio
interessato, si limita a mantenere il presidio operaio isolato e senza reali
prospettive, chiedendo “l’intervento urgente delle istituzioni”. Le quali si dichiarano
sorprese e come al solito pestano l’acqua nel mortaio con il solito “tavolo
regionale”.
Ancora una
volta, come alla K-FLEX e in tante altre fabbriche, si ripete la stessa storia:
si tratta di licenziamenti per i profitti.
Ancora una
volta, gli operai si ritrovano a pagare le scelte scellerate dei capitalisti.
Il presidio
continua, dimostrando la volontà di resistenza operaia. Ma le tante vertenze di
questi anni dimostrano che questo non basta. Per respingere la chiusura della
fabbrica e i licenziamenti, ci vuole la lotta dura e unitaria!
Occorre alzare
il livello dello scontro, fino all’occupazione delle fabbriche, con il sostegno
degli altri lavoratori e delle realtà di lotta locali e nazionali.
Occorre
l’unificazione delle vertenze con la costruzione del fronte unico proletario,
esigendo la soluzione positiva dei problemi urgenti e immediati della classe
operaia, sulla base di rivendicazioni di classe.
NO ai
licenziamenti per i profitti!
Esproprio senza
indennizzo delle aziende che chiudono e delocalizzano!
Ripristino
dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori!
Nessun posto di
lavoro deve essere perso, nessuna fabbrica deve essere chiusa!
Ogni
licenziato, ogni disoccupato, una barricata della lotta di classe degli
sfruttati contro gli sfruttatori!
23 agosto 2017
Piattaforma
Comunista per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia
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To:
Sent: Thursday, August 24, 2017 10:22 AM
Subject: APPELLO PER LA FORMAZIONE DI UN FRONTE UNICO SINDACALE DI CLASSE
Riceviamo e
volentieri diffondiamo.
APPELLO PER LA
FORMAZIONE DI UN FRONTE UNICO SINDACALE DI CLASSE PER UN’AZIONE GENERALE DI
LOTTA DI TUTTA LA CLASSE LAVORATRICE IN DIFESA DELLA LIBERTÀ DI SCIOPERO
A seguito del
successo dello sciopero generale dei trasporti e della logistica del 16 giugno
scorso promosso da quasi tutto il sindacalismo di base in solidarietà con la
lotta dei lavoratori di Alitalia e a sostegno di rivendicazioni di categoria,
il fronte padronale (industriali, esponenti governativi e di opposizione, la
segreteria generale della CISL) ha reagito con finta e ipocrita indignazione invocando
una nuova legge antisciopero che peggiori la legislazione vigente, già fra le
più restrittive d’Europa.
Il 19 luglio in
sede di commissione parlamentare è iniziato l’esame di due proposte di legge il
cui contenuto prevede (fra altri punti) la restrizione della facoltà d’indire
sciopero alle sole organizzazioni sindacali che godono della cosiddetta
rappresentanza (quella formale e ottenibile secondo regole da esse stesse
stabilite d’intesa col padronato) cioè a CGIL, CISL, UIL e UGL.
La legge per
ora riguarderebbe solo il settore dei trasporti, ma facilmente sarebbe
estendibile a tutto il settore dei cosiddetti servizi pubblici essenziali, già
molto vasto e che padronato e governi hanno continuato e continueranno a
estendere, coinvolgendo sempre più lavoratori.
Una legge di
questo tipo, poi, preparerebbe il terreno ad ulteriori provvedimenti
legislativi o accordi sindacali di segno analogo per il resto della classe
lavoratrice.
QUELLO CHE IL
FRONTE PADRONALE STA COMPIENDO E’ QUINDI UN GRAVISSIMO ATTACCO ALLA LIBERTA’ DI
SCIOPERO
Questo accade
perché industriali, partiti antioperai e sindacati collaborazionisti sono
pienamente consapevoli del fatto che lo sciopero è l’arma fondamentale di
difesa dei lavoratori, nonostante fingano di credere e sostengano il contrario.
Da anni, sotto
la spinta della crisi mondiale, causata non dai lavoratori ma dalle leggi
economiche del capitalismo, le condizioni di vita e di lavoro dei salariati
sono sottoposte a un attacco sempre più duro e che nelle intenzioni del regime
padronale deve andare ancora avanti e più a fondo. Non è un caso che stiano
divenendo sempre più frequenti i provvedimenti disciplinari e i licenziamenti
contro i militanti sindacali combattivi.
Industriali e
finanza, coi loro partiti di governo e opposizione, coi loro potentissimi mezzi
stampa e televisivi, coi loro sindacati complici, deridono la lotta di classe
facendola passare come un’anticaglia del passato e al contempo si adoperano per
limitare l’uso dello sciopero fino al punto da renderlo (se compiuto in termini
di legge) inutile, così da poter continuare a combatterla, questa guerra,
contro una classe lavoratrice disarmata.
La storia anche
recente della lotta di classe, in Italia e nel mondo, ha dimostrato che i
lavoratori hanno la forza per dispiegare scioperi che spezzino anche le catene
legislative, come accaduto ripetutamente negli ultimi anni fra i tranvieri,
violando con scioperi selvaggi le vigenti Leggi antisciopero 146/90 e 83/00.
La lotta di
classe non può essere fermata. Tuttavia è evidente che ogni nuovo laccio posto
per ostacolare lo sciopero avvantaggia temporaneamente il padronato in questa
lotta. Il problema va affrontato sul piano della forza.
L’UNICO MODO
PER IMPEDIRE CHE L’ARMA DELLO SCIOPERO CI VENGA STRAPPATA DI MANO E’ QUELLO DI
IMPIEGARLA.
UNA PARTE DEL
SINDACALISMO DI BASE HA PROCLAMATO PER IL 27 OTTOBRE LO SCIOPERO GENERALE DI
TUTTA LA CLASSE LAVORATRICE.
Una delle
ragioni del successo dello sciopero del 16 giugno è stato il sostegno a esso di
un ampio fronte sindacale. La lotta in difesa della libertà di sciopero è una
questione ancor più generale ed importante di quelle che mossero quello
sciopero e necessita perciò della costruzione di un FRONTE UNICO SINDACALE
ancora più ampio, che coinvolga tutti i sindacati di base che ancora non vi
hanno aderito ed anche le opposizioni di sinistra dentro la CGIL.
CI RIVOLGIAMO
QUINDI:
a tutte le
lavoratrici e a tutti i lavoratori affinché abbraccino questa giornata di
lotta, aderiscano allo sciopero e s’impegnino alla sua preparazione per la sua
migliore riuscita;
agli iscritti e
ai militanti sindacali di tutte le organizzazioni sindacali di base affinché si
battano per porre finalmente fine al settarismo della maggior parte delle loro
dirigenze che da anni impedisce azioni sindacali unitarie in grado di
dispiegare scioperi davvero potenti;
agli iscritti e
i militanti sindacali delle organizzazioni sindacali che ancora non hanno dato
adesione allo sciopero (l’Unione Sindacale di Base, la Confederazione Cobas e
gli altri minori) affinché la pretendano dalle loro dirigenze, affinché
partecipino all’Assemblea nazionale del 23 settembre a Milano indetta per la
sua costruzione e, in ogni caso, affinché aderiscano e sostengano apertamente
questo sciopero;
agli iscritti e
ai militanti dei sindacati che già hanno proclamato lo sciopero affinché si
facciano sostenitori dell’ulteriore allargamento del fronte sindacale alle
organizzazioni che ancora non vi hanno aderito, subordinando al principio
pratico dell’unità d’azione dei lavoratori le questioni che da queste
organizzazioni li dividono;
agli iscritti e
ai militanti delle opposizioni di sinistra dentro la CGIL affinché aderiscano e
sostengano apertamente questo sciopero, battendosi contro questo attacco alla
libertà di scioperare volto ad indebolire tutto il sindacalismo di classe e a
rafforzare la gabbia del sindacalismo collaborazionista e la sua unità entro
cui rinchiuderli.
FIRMATE,
PROPAGANDATE E FATE FIRMARE QUESTO APPELLO!
Venerdì 18
agosto 2017
MANDARE
ADESIONI A: appello27@gmail.com
PRIMI FIRMATARI
Emanuela
Pulcini: RSA USB Coopculture Roma
Domenico
Travaglino: USB ICS Maugeri Tradate (VA)
Domenico
Destradis: RSA USB FCA Melfi Potenza
Mariopaolo
Sami: USB Vigili del Fuoco Genova
Mimmo Mignano:
SI Cobas FCA Pomigliano Napoli
Antonio
Montella: SI Cobas FCA Pomigliano Napoli
Marco Cusano:
SI Cobas FCA Pomigliano Napoli
Massimo
Napoletano: SI Cobas FCA Pomigliano Napoli
Roberto
Fabbricatore: SI Cobas FCA Pomigliano Napoli
Andrea Furlan:
RSA FILCAMS CGIL (Il sindacato è un’altra cosa) Ho Group Roma
Lorenzo
mortasa: RSU FIOM (Il sindacato è un’altra cosa) YKK Vercelli
Edoardo Todaro:
RSU Confederazione Cobas Poste Italiane Firenze
Francesca
Romano: RSU Confederazione Cobas Sanità Università e Ricerca Firenze
Fabio Bertelli:
USB Pensionati Firenze
Ivan Maddaluni:
CUB Trasporti Trenitalia Firenze
Stefano
Fidenzio: licenziato Sistemi Informativi IBM Roma
Domenico
Stratoti: RSA Hotel Majestic CGIL (Il sindacato è un’altra cosa) Roma
Marco Marsano:
Segretario Provinciale ORSA TPL Genova
Serafino
Biondo: RSU FIOM (Il sindacato è un’altra cosa) Fincantieri Palermo
Gianfranco
Camboni: SI Cobas insegnante Olbia (OT)
Patrizio
Agostani: lavoratore ATAC Roma
Francesco
Cappuccio: RSU SI Cobas Sanità San Martino Genova
Giancarlo
Dadda: USB Lavoro Privato Milano
Gianfranco
Besenzoni: USB Lavoro Privato Milano
Robert Donis: USB ICS Maugeri Veruno (NO)
Ariel Acievedo:
RSU USB Sanità Gaslini Genova
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To:
Sent: Wednesday, August 30, 2017 12:08 PM
Subject: MAI TANTI MORTI SUL LAVORO DAL 2008 E NON SONO MAI CALATI: A OGGI
DALL’INIZIO DELL’ANNO SUPERIAMO I 950
I morti sul
lavoro sono molti di più se si monitorano tutti e non solo gli assicurati
INAIL. Un edile padre di tre figli muore dopo giorni di agonia in provincia di
Forlì Cesena. Ma non poteva mancare il morto giornaliero schiacciato dal
trattore.
Chi legge
superficialmente i dati dei morti sul lavoro entra in uno stato confusionale.
Sono reali quelli dell’Osservatorio o quelli dell’INAIL che ha diffuso i dati
degli infortuni dei primi sette mesi del 2017?
A prima vista
sembrano di più quelli dell’INAIL, ma occorre ricordare che quelle diffuse
dall’INAIL sono denunce e non riconoscimento delle morti che analizzerà un
secondo tempo. Dopo diversi mesi dell’anno successive ci accorgeremo che quelli
riconosciuti come infortuni mortali sono mediamente il 30% in meno ogni anno.
Resuscitano? No, è che tante di queste morti sono in itinere o di non
assicurati all’INAIL, o in nero, oppure di agricoltori schiacciati dal trattore
che sono ben 102 dall’inizio dell’anno e 505 da quando abbiamo come Ministro
delle Politiche Agricole Martina.
Comunque sempre
meno di quelle di questo Osservatorio che monitora tutti i morti sui luoghi di
lavoro da ben dieci anni. l’Osservatorio si occupa solo delle morti per
infortuni e ne conta già 447 sui luoghi di lavoro anche quest’anno e oltre 950
se si aggiungono anche i morti sulle strade e in itinere.
Se si
confrontano con quelli dell’INAIL occorre sempre ricordare che nei 591 morti
per infortuni delle denunce pervenute all’INAIL ci sono anche i morti sulle
strade e in itinere che sono ogni anno dal 50 al 55% di tutte le morti sul
lavoro. Complessivamente nei primi sette mesi del 2017 avevamo superato gli 850
morti.
Ieri è morto
Gilberto Imolesi Casadei di 55 anni che è deceduto dopo giorni di agonia
cadendo da un tetto di un capannone. Poi sono morti altri due agricoltori
schiacciati dal trattore anche ieri. Augusto Mariani è morto nella provincia
Dell’Aquila, aveva 72 anni, mentre un 80enne è morto in modo così atroce nella
provincia di Salerno.
Mi chiedo e vi
chiedo se questi lavoratori non devono essere considerati morti sul lavoro? Ne
sono morti 12 di tutte le età negli ultimi 10 giorni.
Il Parlamento,
senza che nessuno si opponesse ha rinviato per l’ennesima volta una legge
europea che obbliga a un esame a sottoporsi a un esame per avere un patentino
per guidare questi mezzi mortali. La legge è del 2002. Perchè è stata rinviata
ulteriormente? Non si sentono responsabili di questa strage i nostri
parlamentari? E il Ministro Martina perchè ha permesso l’ennesimo rinvio e non
ha minacciato le dimissioni nel caso non venisse approvata?
C’è da piangere
vedere questo nostro pur amato Paese che viene governato da questa classe
dirigente che non ha nessuna attenzione alla vita di chi lavora.
Ma perchè
accade questo? E’ molto semplice: i lavoratori dipendente pur essendo decine di
milioni non hanno nessuna rappresentanza parlamentare. Un parlamento attento
solo agli interessi delle lobby, che alla fine lo governano. Speriamo che nel
prossimo ci sia una fitta rappresentanza del lavoro dipendente, di esigere
d’inserirne tantissimi. Altrimenti niente voto. In parlamento non ci devono
andare solo i rappresentanti dei più abbienti e dei professionisti della
politica che un lavoratore non sanno neppure com’è fatto.
Carlo Soricelli
Osservatorio
Indipendente di Bologna Morti sul Lavoro
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To:
Sent: Sunday, September 03, 2017 2:21 PM
Subject: CUB E E SGB: LE MORTI SUL LAVORO NON SONO MAI CASUALI
Ciao,
con riferimento
all’infortunio sul lavoro avvenuto a Lucca il 01/09/17 (caduta da una
piattaforma di lavoro di due lavoratori, entrambi morti), riporto a seguire il
comunicato congiunto SGB/USB.
Metto in
evidenza che, a forza di tagli e accorpamenti, funzioni importanti come quella
della prevenzione sul lavoro passano in secondo o terzo piano. Probabilmente la
tragedia di Lucca sarebbe occorsa ugualmente, tenendo conto che un dirigente
regionale in più non avrebbe certo garantito il rispetto e l’implementazione
della normativa sulla sicurezza sull’intero territorio.
Tuttavia anche
questo è un segnale delle priorità e delle scelte politiche di chi ci governa:
ridurre la spesa pubblica a ogni costo per rispettare le normative di
Bruxelles, in barba alle necessità e ai bisogni di cittadini e lavoratori.
Saluti
Lorenzo
* * * * *
CUB E E SGB: LE
MORTI SUL LAVORO NON SONO MAI CASUALI
Le cadute
dall’alto rappresentano il 30% delle morti sul lavoro e dei gravi infortuni che
determinano invalidità permanenti e invalidanti. Non c’è niente di casuale
nella morte sul lavoro
I nostri
pensieri e la nostra solidarietà sono rivolti ai due operai morti a Lucca e ai loro
familiari, ma allo stesso tempo forte è la richiesta che si faccia piena luce
sulle dinamiche dell’accaduto.
Urge conoscere
la valutazione dei rischi, le misure di prevenzione correlate all’uso di
piattaforme di lavoro mobili elevabili, i fattori di rischio, la portata e
l’inclinazione del terreno, il carico nominale, la valutazione di interferenze,
tutti elementi che dovrebbero far parte di un documento di valutazione del
rischio dalla cui analisi debbono partire le indagini della magistratura e le
valutazioni del caso.
Urge inoltre
conoscere se la piattaforma fosse stata messa in commercio nel pieno rispetto
sostanziale delle rigorose procedure di sicurezza stabilite dalla “Direttiva
Macchine” e se fosse tenuta in manutenzione e verificata regolarmente da enti
abilitati, secondo quanto stabilito dal Testo Unico sulla sicurezza.
Urge infine
conoscere se i lavoratori vittime dell’incidente fossero stati adeguatamente
informati, formati e soprattutto addestrati sull’utilizzo della piattaforma
elevatrice, secondo quanto stabilito dal Testo Unico sulla sicurezza e dal
collegato Accordo Stato/Regioni, per chi utilizza questo tipo di attrezzature
Ma la sicurezza
dovrebbe essere parte integrante dell’appalto, con controlli da parte della
stessa committenza, soprattutto se si tratta di enti pubblici che in materia di
salute e sicurezza dovrebbero essere da esempio.
La promozione
di eventi e festival, che ormai caratterizza l’offerta culturale e turistica
dei comuni italiani, avviene troppe volte senza valutare con attenzione le
condizioni di lavoro dell’appaltatore. Spesso i capitolati impongono tempi di
realizzazione e mole di lavoro per le quali occorrerebbero sovente più
lavoratori. Ma gli appalti sono costantemente costruiti al ribasso e a
rimetterci sono gli operai, rischiando la salute e addirittura la loro stessa
vita in condizioni di lavoro ben al di sotto degli standard minimi di
sicurezza.
Le morti degli
anni scorsi nel montaggio dei palchi per i concerti hanno messo in luce una
realtà fatta di sfruttamento e di scarse norme a tutela dei lavoratori e della
loro sicurezza. Ma ancora più gravi sono i procedimenti disciplinari in corso
contro delegati e lavoratori che pubblicamente hanno denunciato le scarse norme
a tutela della sicurezza (in aziende pubbliche e private) per non parlare poi
della depenalizzazione di numerosi reati, del resto gli interventi del legislatore
negli ultimi anni sono stati solo funzionali ai datori di lavoro e alla loro
impunità.
CUB e SGB
chiedono che sia fatta piena luce e sia resa giustizia ai due lavoratori e ai
loro cari. Allo stesso tempo urge cambiare rotta in materia di appalti perché la
tutela della sicurezza non sia considerata un optional ma un elemento
irrinunciabile, al pari della valutazione di orari e carichi di lavoro
SGB Sindacato
Generale di Base
---------------------
To:
Sent: Sunday, September 03, 2017 2:54 PM
Subject: QUINTA ASSEMBLEA NAZIONALE DELL’ASSOCIAZIONE INDIPENDENZA
Invitiamo tutti
a partecipare alla Quinta Assemblea nazionale dell’associazione “Indipendenza”
che si terrà a Roma sabato 16 settembre (ore 9.30-18.00).
Si partecipa
con prenotazione gratuita da effettuare al profilo Francesco Cartolini:
Solo
l’Assemblea nazionale è strutturata a inviti, per evitare un assemblearismo
confusionario.
Le positive
esperienze delle precedenti quattro Assemblee ci incoraggiano in tal senso.
Chi ritenga di
poter segnalare nominativi di interessati all’evento, invii per gli stessi
canali indirizzo di posta o telefono.
La locandina
dell’Assemblea è al link:
I documenti
costitutivi dell’Associazione sono al link:
Il sito
dell’associazione è:
Il sito della
rivista è:
Saluti
QUINTA
ASSEMBLEA NAZIONALE DELL’ASSOCIAZIONE INDIPENDENZA
A Roma, sabato
16 settembre 2017
Ore 9.30/10.00:
Accoglienza.
Ore
10.00/10.30: Bilancio teorico e storico a 100 anni (1917-2017) dalla
Rivoluzione d’Ottobre.
Ore
10.30/13.00: Relazioni:
Analisi dello
scenario internazionale e nazionale.
Tesi
sull’emigrazione / immigrazione.
Tesi sul
lavoro.
Ore
13.00/15.00: Pranzo
Ore
15.00/16.00: Azione politica dell’associazione: il bilancio, le voci, le
proposte.
Ore
16.00/18.00: Dibattito
Ingresso libero
su prenotazione.
Per
informazioni: 346 51 13 004 (Fabrizio)
---------------------
To:
Sent: Monday, September 04, 2017 12:42 PM
Subject: Newsletter Medicina Democratica Onlus
CUB E SGB: LE
MORTI SUL LAVORO NON SONO MAI CASUALI
Riportiamo il
comunicato di CUB e SGB sull’ennesimo infortunio sul lavoro, riguarda il caso
della morte di due operai (Eugenio Viviani e Antonio Pellegrini) caduta da una
altezza di 10 metri da una piattaforma elevabile a causa, secondo le indicazioni
della stampa, del cedimento del braccio dell’elevatore.
Le cadute
dall’alto rappresentano il 30% delle morti sul lavoro e dei gravi infortuni che
determinano invalidità permanenti e invalidanti. Non c’è niente di casuale
nella morte sul lavoro
Leggi tutto al
link:
* * * * *
G7 SULLA SALUTE
A MILANO, PER UNA INIZIATIVA ALTERNATIVA CHE LASCI IL SEGNO
Appello per
organizzare un Forum internazionale in difesa del diritto alla salute e per
l’accesso universale alle terapie in occasione del G7 sulla salute a Milano
IL 5 e 6
novembre 2017 è previsto a Milano l’incontro del G7 sulla salute. Fino a ora
non è stata resa nota l’agenda; da quanto dichiarato qualche settimana fa dalla
Ministra della salute italiana risulterebbe che i principali temi al centro del
meeting saranno le ricadute sulla salute dei cambiamenti climatici e le
politiche sui farmaci.
Leggi tutto al
link:
* * * * *
Forum di
discussione per contattarci discutere e proporre argomenti:
Aiuta Medicina
Democratica Onlus devolvendo il tuo 5 per mille firmando nella tua
dichiarazione dei redditi nel settore volontariato e indicando il codice
fiscale 97349700159
Sito web:
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