Marlane,
nuova inchiesta e sequestro dell’azienda da parte del Noe: “29 morti e 9
malati” a causa dei veleni
Pochi giorni fa è arrivata l’assoluzione in appello
per gli imputati del processo nato dall’inchiesta sui veleni della Marlane, la
fabbrica tessile dell’imprenditore Pietro Marzotto. Neanche una settimana
e lo stabilimento di Praia a Mare si trova al centro di un’altra inchiesta
coordinata dal procuratore di Paola, Pier Paolo Bruni, e del pm Teresa Valeria
Grieco
Pochi giorni fa è arrivata l’assoluzione
in appello per gli imputati del processo nato dall’inchiesta sui veleni della Marlane, la
fabbrica tessile dell’imprenditore Pietro Marzotto. Neanche una settimana
e lo stabilimento di Praia a Mare si trova al centro di un’altra inchiesta
coordinata dal procuratore di Paola, Pier Paolo Bruni, e del pm Teresa Valeria
Grieco. Stamattina, infatti, la Marlane è stata sequestrata dai
carabinieri del Noe, guidati dal maggiore Gerardo Lardieri. I sigilli
arrivano dopo gli avvisi di garanzia notificati ai responsabili e ai dirigenti
della società. Sette in tutto gli indagati. Si tratta degli amministratori
delegati della Marlane Silvano Storer e Antonio Favri, ma anche dei
responsabili dei vari settori Vincenzo Benincasa, Salvatore Cristallino, Ivo
Comegna, Carlo Lomonaco e Attilio Rausse.
L’inchiesta del Noe ha consentito alla Procura di
scoprire altri 29 morti e 9 persone che hanno subito “lesioni gravissime”
a causa dei veleni utilizzati soprattutto nei reparti di tintoria e cucina
colori. Ventinove morti che si aggiungono a oltre un centinaio di
dipendenti deceduti e per i quali i familiari erano stati riconosciuti parti
offese nel processo in cui è stato assolto l’imprenditore Marzotto (non
indagato nella nuova inchiesta). Dagli accertamenti eseguiti dai
carabinieri, le malattie che hanno colpito questi lavoratori vanno dal tumore
vescicale a quello a cellule di Merkel passando per l’ipertiroidismo ed
epatite cronica aggressiva. Chi non è stato ucciso dai veleni, secondo la
Procura ha però subito “lesioni gravissime”. Come i nove operai ai quali sono
state riscontrate “patologie neoplastiche e non”, ex dipendenti della Marlane
che ancora oggi combattono con tumori alla mammella, carcinomi spino-cellulari,
carcinomi vescicali, adenomi prostatici, ipertiroidismo ed epatite cronica
aggressiva. Leggendo i capi di imputazione, gli indagati avrebbero omesso di
“informare i lavoratori in ordine ai rischi specifici cui erano esposti”.
Inoltre, avrebbero omesso “di fornire ai lavoratori i necessari dispositivi di
protezione (occhiali protettivi a tenuta di sicurezza, guanti specifici
protettivi, maschere con filtri e attrezzature respiratorie adatte)”. Gli
operai non usavano nemmeno le “tute specifiche” obbligatorie in reparti
come quello della tintoria “in cui avvenivano le lavorazioni pericolose e
insalubri” e dove non c’erano neanche “idonei sistemi di aspirazione per
impedire o ridurre lo sviluppo e la diffusione di polveri derivanti dai reparti
di tessitura, finissaggio, roccatura, filatura, vaporizzo, carbonizzo e cucina
colori”. Stando alle carte dell’inchiesta, inoltre, i lavoratori non
venivano sottoposti alle “prescritte visite e controlli medici periodici”
mentre gli indagati “omettevano di effettuare la valutazione dei rischi in
generale rispetto all’esposizione ad agenti chimici nonché la valutazione del
rischio specifico relativo all’esposizione a fibre di amianto”. Tutti
reati per i quali buona parte degli indagati ha già sostenuto due processi nei
quali però non erano rientrati i “nuovi” 29 morti sui quali stanno facendo luce
i carabinieri. Ma non è l’unica scoperta del Noe che ha spinto la Procura di
Paola a chiedere e ottenere dal gip il sequestro della Marlane. Grazie ai rilievi
geofisici con il georadar, infatti, gli uomini del maggiore Gerardo
Lardieri sospettano “quattro aree anomale nel sottosuolo del ‘magazzino dei
filati’ (realizzato nel 2000, ndr) e un’anomalia nel sottosuolo dove è
stato costruito il depuratore delle acque reflue urbane del Comune di Praia a
Mare”. In sostanza, dalle cartografie che il Noe ha trasmesso al pm,
sembrerebbe che sotto lo stabilimento e sotto il depuratore comunale “vi è la
presenza di tubazioni interrate di materiale plastico”. Il rischio è che
lì siano stati nascosti rifiuti pericolosi così come emerge anche dalle
dichiarazioni rese dagli ex dipendenti interrogati e secondo cui “parti delle
polveri e scarti della lavorazione dello stabilimento finivano in alcuni
cunicoli posizionati sotto i macchinari di alcuni settori”. “I rifiuti
provenienti dalle lavorazioni dello stabilimento – hanno fatto mettere a
verbale gli operai – venivano interrati in buche sul lato mare che
ricomprende anche l’area del magazzino filati realizzato nel 2000 e l’area
dell’impianto di depurazione del Comune realizzato intorno alla metà degli anni
90”. Un’area molto vicina al lungomare di Praia in cui, da oltre quindici anni,
potrebbero essere stati occultati bidoni con rifiuti tossici per la
popolazione. Bidoni sui quali poi potrebbe essere stata gettata una colata
di cemento. Tutti sospetti che, a breve, saranno fugati perché il gip di Paola,
Maria Grazia Elia, ha disposto un incidente probatorio e presto inizieranno
gli scavi. E intanto, dopo le assoluzioni del
primo processo, il
deputato del Movimento Cinque Stelle, Paolo Parentela, ha annunciato la
proposta di legge per istituire una commissione parlamentare d’inchiesta sulle
cause che portarono alla diffusione, durante l’attività della Marlane, di
malattie tumorali con numerosi decessi. “Lascia sgomenti – afferma
Parentela – l’assoluzione in appello dei 12 imputati. Al di là della sentenza
di secondo grado, su cui non discuto per rispetto dell’autonomia della
magistratura, è doveroso, per il parlamento, utilizzare i propri poteri per
contribuire a far luce su un caso di interesse pubblico che rischia di
finire nell’oblio e di lasciare dolore e sconforto, soprattutto tra i familiari
delle persone decedute. Anche se la legislatura in corso volge al termine, ciò
non ci impedirà, in futuro, di condurre una battaglia politica di giustizia e
di civiltà”.
Nessun commento:
Posta un commento