da
Operai Contro 1
“O padrone a fine mese
tene sempe
a busta appesa
l’operaie e vintisette
manco
e sorde pe sigarette
Aumenta o pane e a pasta
aumenta a
mericina
e pure stu guverno
è
overo na latrina”
Sono i
versi iniziali della canzone “Posa e Sorde” del Gruppo Operaio E
Zezi. Ancora attuali 30 anni dopo. Come quelli scritti nel 1975 a
seguito della strage di operai avvenuta nei capannoni della fabbrica
Flobert di Sant’Anastasia per un incendio:
“E chi và
‘a faticà/pur’ ‘a morte addà affruntà/murimm’ ‘a uno ‘a
uno/p’e colpa ‘e ‘sti padrune.”
Chi dava voce a
questi canti di lotta era Marcello Colasurdo, che ci ha lasciato ieri
dopo una lunga malattia. Marcello era operaio addetto alle pulizie
nella fabbrica Alenia di Pomigliano, oggi Leonardo Finmeccanica, dove
si trasferì giovanissimo con la sua famiglia. Faceva parte di quella
generazione ancora legata ad un mondo arcaico e contadino che dovette
presto fare i conti con la sua proletarizzazione, con l’ampliamento
e lo sviluppo delle fabbriche automobilistiche e aeronautiche del
Mezzogiorno che richiamavano migliaia di giovani contadini, piccoli
artigiani e disoccupati, inadatti a ritmi e tempi di lavoro
prestabiliti, impegni regolarizzati, mansioni rigidamente codificate:
“L’Alfasud è stata un macello – racconta Marcello Colasurdo –
ha cambiato la vita del paese, ma ha portato un sottosviluppo
culturale. A volte era una sofferenza, c’era la festa di Castello e
tu non ci potevi andare perché dovevi andare a lavorare. A volte
cantavo le cilentate in fabbrica, i capi ti guardavano
storto, ma agli operai piaceva, dicevano che queste canzoni non si
sentivano più”. Dal sentimento di alienazione, dallo sfruttamento,
dalle ingiustizie e dalle tragedie che si consumano in fabbrica,
nasce così un collettivo operaio che propone una rilettura dei
repertori della tradizione orale napoletana adattandoli alla nuova
realtà produttiva. E Zezi. “Abbiamo trasformato i canti di lavoro
della terra in canti della catena di montaggio”.
Era amato dai compagni di fabbrica, dal popolo delle palazzine dei
quartieri popolari di Pomigliano dove viveva, dai giovani che si
avvicinano alla musica popolare. Ѐ sempre stato insieme alla sua
gente, anche quando lo chiamavano personaggi del calibro di Peter
Gabriel e Federico Fellini. “Stavo a fare la spesa dal fruttaiuolo
– racconta – quando mi arriva una telefonata da Londra, mi
cercava Peter Gabriel che si stava interessando a me per una
collaborazione su un disco. Io non sapevo neanche chi fosse. Aggio
passat na vita ‘int’a fabbrica e con le nacchere, c’aggia fa.”
Una vita a lottare con la satira, i costumi, i tamburi, il grido di
chi non ce la fa più, con il pugno di chi agogna la liberazione. Noi
operai lo ricordiamo con affetto e ammirazione. Ciao Marcello.
A.
B.
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