domenica 30 novembre 2014

24 novembre: La scia lunga della sentenza Eternit - Morti per amianto alla Fincantieri di Palermo. Prescrizione a metà... niente giustizia!

Prescrizione a metà per le morti di amianto condanne definitive ai manager Fincantieri

La scure della prescrizione cancella un altro pezzo del processo per la strage silenziosa dell'amianto ai Cantieri navali di Palermo. Ma dopo 16 anni di udienze, le condanne degli ex direttori dello stabilimento fin cantieri reggono. Ieri sera, la quarta sezione della Corte di Cassazione ha solo ridotto e pene agli imputati, proprio per effetto della prescrizione, che ha spazzato via 9 casi di decesso per amianto e ne ha risparmiato 21: Luciano Lemetti passa da 4 anni e 2 mesi di reclusione a 3 anni e 6 mesi, Giuseppe Cortesi da 3 anni e 5 mesi a 3 anni e 1 mese, Antonino Cipponeri da due anni e 8 mesi a 2 anni, 7 mesi e 10 giorni. La prescrizione è scattata per la morte di nove operai avvenuta fra il 1998 e il 1999. Un epilogo non proprio a sorpresa. In primo e secondo grado, la prescrizione aveva già cancellato 28 episodi di lesioni per malattie gravi e decessi. Ma nessuno sconto arriverà sui risarcimenti, che adesso verranno chiesti per tutti i familiari delle vittime. È il vero successo per le parti civili e per la procura di Palermo.
"Questa sentenza dimostra che è comunque urgente riformare le norme sulla prescrizione – dice l'avvocato Fabio Lanfranca, che in questo processo è stato parte civile per diversi familiari delle vittime e per il sindacato Fiom Cgil. – Su 62 capi di imputazione più della metà è stata cancellata. Per il resto – prosegue il legale – la sentenza conferma i giudizi di primo e secondo grado. A Palermo, Fincantieri ha violato sistematicamente la normativa sulla sicurezza, senza informare i lavoratori né dotare gli operai degli strumenti di protezione. Secondo i dati emersi dal processo – spiega Lanfranca – 1.750 persone sono state mandate in pensione con contributi statali dopo che per anni erano state esposte all'amianto."
Nelle case dei familiari delle vittime, la sentenza provoca sentimenti opposti. "Siamo allibiti", dice Annamaria Arcoleo, che si è costituirà parte civile per la morte del padre: "La prescrizione ha salvato questi signori da pene più pesanti". Michele Arcoleo, operaio addetto al rivestimento delle caldaie morì a 59 anni nel 1998.
Gioisce a metà, invece, Maria Tricomi. Suo padre Antonino fu stroncato dall'asbestosi nel 2002. "E' una verità che poteva arrivare prima – dice – però è arrivata. Sono contenta che qualcuno sconterà i suoi errori". Antonino Tricomi era un "tracciatore", la malattia se lo portò via in un anno. "Non gli dicemmo la verità sulla sua malattia – racconta Maria – avrebbe saputo della sua condanna a morte."
Annamaria Arcoleo insiste: "Noi speravamo nella giustizia e in una condanna esemplare. Il risarcimento? Non è per quello che abbiamo aspettato questi 15 anni". Annamaria ricorda ancora i giorni terribili che seguirono alla morte del padre: "Ci cadde il mondo addosso, siamo sette fratelli. La verità è che quegli operai vennero trattati senza alcun rispetto, morirono per il loro lavoro. Noi vogliamo che questo non accada più".
Soddisfatto della sentenza l'Inail: "E' stata confermata la nostra linea in base ala quale riteniamo che l'istituto ha diritto ad essere indennizzato per quanto ha dato alle vittime e ai loro familiari in termini di sostegno economico", dice l'avvocato Giuseppe Vella. L'Inail ha pagato 8 milioni e mezzo di euro per prestazioni assicurative e ha già avuto una provvisionale di 4 milioni e 100mila euro.

La Repubblica Palermo

22 novembre 2014


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