MOZIONE FINALE DELL' ASSISE SINDACALE DEL 12 GIUGNO A BOLOGNA IN
PREPARAZIONE DI UN ASSEMBLEA NAZIONALE DEI LAVORATORI COMBATTIVI.
La riunione dei delegati e lavoratori combattivi
svoltasi nella sede SI Cobas di Bologna domenica 12 luglio in
modalità mista fisica-telematica a causa delle normative anti-Covid,
ha visto la partecipazione e l'intervento di decine di lavoratori ed
esponenti di svariate organizzazioni e aree del sindacalismo di
classe.
Dall'andamento del dibattito è emersa la comune
convinzione che siano mature le condizioni per aprire una nuova
stagione di lotta del sindacalismo di classe e combattivo.
L'approfondimento della crisi sociale è di
dimensioni mai viste prima, con effetti catastrofici per la classe
lavoratrice che tenderanno a manifestarsi sempre più nelle prossime
settimane e nei prossimi mesi.
La vera e propria mattanza prodottasi negli
ospedali del nord ha messo a nudo lo sfascio del sistema sanitario e
svelato le dinamiche di supersfruttamento a cui sono stati e
continuano ad essere sottoposti infermieri, Oss, e precari della
sanità.
Migliaia di fabbriche e magazzini, in nome della
sacralità del profitto e del mercato, sono stati lasciati aperti
durante tutto il picco pandenico pur non operando in servizi
essenziali, grazie allo stratagemma dei codici ATECO, e milioni di
lavoratori sono stati lasciati in balia dei contagi, il più delle
volte privi dei più elementari dispositivi di protezione e
prevenzione: un'emergenza che continua a manifestarsi
quotidianamente, come dimostrano chiaramente i numerosi focolai di
contagio sviluppatisi a Bologna alla BRT, alla TNT e in tanti
magazzini della logistica, e che confermano come la campagna di
astensione condotta in questi mesi da diverse realtà del
sindacalismo combattivo era ed è l'unica strada per tutelare
nell'immediato la vita e la salute dei lavoratori.
Le misure economiche di contenimento della crisi
adottate finora dal governo Conte, attraverso una combinazione di
sgravi a tutta forza alle aziende e cassa integrazione a cascata,
sono state orientate unicamente alla tutela dei profitti abbattendosi
pesantemente sui livelli salariali e di vita dei lavoratori
dipendenti e dell'intero proletariato.
Al danno di una Cig che porta a una riduzione dei
salari anche del 50%, si aggiunge la beffa dei ritardi nelle
erogazioni da parte dell'Inps: in un quadro in cui la maggior parte
dei padroni si rifiuta di anticipare la misura del trattamento,
decine di migliaia di operai e di lavoratori si ritrovano privi di
qualsiasi copertura salariale.
Lo stesso "divieto di licenziamento"
varato dal governo Conte rappresenta una diga più simbolica che
reale, se si pensa che in molti casi i padroni utilizzano il pretesto
della "giusta causa" o del licenziamento disciplinare per
giungere a una riduzione degli organici e colpire gli operai e i
lavoratori combattivi. Una vera e propria manna dal cielo per i
padroni, i quali spesso e volentieri utilizzano la CIG-Covid come
strumento per massimizzare i profitti, socializzare le perdite e non
di rado ricattare i lavoratori, lasciando a casa le avanguardie di
lotta o le "voci scomode".
Tutto lascia presagire che il peggio debba ancora
arrivare. A fronte di una caduta del PIL a due cifre, la strategia di
Confindustria e dei padroni è chiara:
1) accaparrarsi una vagonata di sgravi e di
agevolazioni governative, lasciando allo stato il compito di elargire
(il più delle volte solo sulla carta) qualche briciola ai milioni di
disoccupati e nuovi poveri esclusi dal ciclo produttivo, il tutto
attraverso un ulteriore ingigantimento del debito pubblico che
graverà sui salari e sulle vite dei proletari delle generazioni a
venire,
2) abbattere ulteriormente i livelli salariali
distruggendo ciò che resta dei CCNL di categoria,
3) abbattere ogni barriera residua all'utilizzo
indiscriminato dei contratti precari e intermittenti e alle
molteplici forme di sfruttamento con salari da fame.
La finta sanatoria- Bellanova per i braccianti
immigrati muove proprio in questa direzione: barattare il rinnovo del
permesso di soggiorno con l'accettazione e la legittimazione del
caporalato e dello sfruttamento nelle campagne.
4) Imporre una nuova stretta repressiva agli
scioperi e all'agilità sindacale sui luoghi di lavoro. La
militarizzazione a cui abbiamo assistito fuori ai cancelli della
TNT-Fedex di Peschiera Borromeo, con l'utilizzo persino della
security privata, e la condotta padronale tesa a disdettare
unilateralmente gli accordi aziendali ed estromettere il sindacalismo
combattivo dai tavoli di trattativa, sono chiari segnali in questa
direzione.
Di fronte a questi segnali sempre più tangibili,
il panorama del sindacalismo di classe e combattivo si presenta in
notevole ritardo. La necessità di un vero rilancio dello scontro di
classe passa attraverso lo sviluppo di un forte movimento dei
lavoratori e degli sfruttati, capace di stare all'altezza della fase
e degli attacchi del nemico di classe.
In questi mesi nuove soggettività si sono poste
sul terreno della lotta e del conflitto fuori dalle maglie del
sindacalismo concertativo: lavoratori dello spettacolo, precari della
sanità, delle scuole, delle oasi di sfruttamento delle cooperative e
delle Onlus, del turismo, delle comunicazioni ecc. Nei prossimi mesi
i colpi della crisi tenderanno a sprigionare forze e soggettività
che sinora sono state dormienti.
Per far fronte a queste dinamiche è necessario un
cambio di passo radicale nel sindacalismo di classe. L'esigenza
immediata di milioni di proletari non è la nascita "per
decreto" di nuove sigle sindacali, ne tantomeno una mera
sommatoria di intergruppi.
Dall'assemblea emerge al contrario la volontà di
un percorso di lotta comune funzionale alla messa in moto di un
processo nuovo, realmente includente rispetto alla pluralità e alla
molteplicità delle forme dello scontro attuale, dentro e fuori i
luoghi di lavoro, che sia capace di legare la lotta sindacale
tradizionale ai movimenti dei disoccupati, degli occupanti casa, di
quegli immigrati che oggi rappresentano al tempo stesso la principale
fonte di estrazione del profitto nelle fabbriche, nei magazzini e
nelle campagne, e (non a caso) il principale bersaglio dell'offensiva
reazionaria e razzista.
La crisi determinera' chiusure e ristrutturazioni
che nell'intero mondo del lavoro e soprattutto al Sud andranno a
moltiplicare l'esercito dei disoccupati e degli sfruttati senza
alcuna tutela: un tale scenario pone sempre più all'ordine del
giorno la necessità di organizzare e dar voce a questi settori.
L'unità di cui abbiamo bisogno necessità di una
base programmatica e di parole d'ordine chiare e riconoscibili dalla
massa dei lavoratori e degli sfruttati. Il processo messo in piedi
con la riunione di oggi intende lanciare un percorso largo,
partecipato e chiaro nei suoi obbiettivi e sulla sua prospettiva.
I molteplici effetti della Crisi-Covid sono per
noi riconducibili e sintetizzabili in due macroquestioni, tra esse
intimamente legate: da un lato la difesa e il rilancio del salario e
indiretto, dall'altro la difesa della salute e della sicurezza sui
luoghi di lavoro.
Oggi più che mai occorre riprendere e rilanciare
le parole d'ordine storiche del movimento operaio: riduzione drastica
dell'orario di lavoro a parità di salario, difesa e miglioramento
dei livelli salariali, salario garantito a disoccupati e
stabilizzazione dei precari, tutela piena della salute e della
sicurezza a partire dalla pretesa della chiusura di tutte le aziende
in cui si verificano focolai di contagio, stop alla miriade di
contratti precari e da fame, difesa, rilancio e applicazione
effettiva dei CCNL, piena agibilità sindacale sui luoghi di lavoro,
no alla repressione degli scioperi e delle lotte, abolizione
immediata di ogni forma di discriminazione dei proletari immigrati.
Queste rivendicazioni saranno realmente praticabili solo se il
movimento di classe saprà sottrarsi al veleno del sovranismo e alle
chimere della spesa in deficit.
Proletari e capitalisti non sono e non saranno mai
sulla stessa barca: o i proletari saranno capaci con la lotta di far
pagare la crisi ai padroni, colpendo i profitti e le rendite, oppure
i padroni ci faranno pagare con gli interessi i costi della loro
crisi.
Le dimensioni dell'attacco in corso rendono sempre
più evidente che la difesa delle condizioni immediate di vita e di
lavoro non passa solo per la singola vertenza, settore o categoria,
ma è parte di una battaglia più generale (e quindi politica) contro
il complesso della classe dominante e delle sue leggi predatorie,
razziste e repressive.
A partire da queste basi e da queste proposte
intendiamo lanciare un percorso di confronto con tutte le realtà di
lotta, sindacali e non, al fine di giungere a una vera assemblea
nazionale dei lavoratori combattivi nella giornata di sabato 26
settembre, con l'obiettivo di aprire una vera agenda di lotta per il
prossimo autunno, capace di coniugare il collegamento e il
rafforzamento delle lotte attualmente in corso con la prospettiva di
un movimento generale contro le politiche di sfruttamento,
licenziamenti e macelleria sociale, e di portare in tempi brevi a un
vero sciopero generale e a una grande manifestazione nazionale che
porti la voce e la rabbia di migliaia di sfruttati sotto i palazzi
del governo.
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