da
controlacrisi.org
Si terrà il prossimo 10 novembre la nuova udienza
preliminare del maxi processo sull’Isochimica di Avellino, appena cominciato.
Tra gli operai (intervista a Carmine Di
Sio) c’è un
moderato ottimismo. Il pericolo della prescrizione, tuttavia, non è del tutto
da scartare. E per scongiurarlo servono la mobilitazione e la pressione
dell’opinione pubblica. Anche se non si è conquistata il clamore del caso
Eternit, l’Isochimica è un altro “buco nero” nella triste vicenda dell’amianto
in Italia.
“Ci avete rovinati per il profitto. Dopo 30 anni,
pensavate di farla franca”, si leggeva su uno dei cartelli affissi dagli ex
operai dell’Isochimica davanti al centro sociale “Samantha Della Porta” di
Avellino, dove pochi giorni fa davanti al Gup Fabrizio Ciccone, si è tenuta
l’udienza preliminare sulla richiesta di rinvio a giudizio di 29 persone per
reati che vanno dall’omicidio colposo plurimo al disastro ambientale doloso. “Malati
di cancro per colpa delle Ferrovie dello Stato” e “Grazie per questa mattanza,
vergognatevi di esistere”, si leggeva su un altro. Per il momento sono venti
gli addetti morti nel corso degli anni per patologie contratte dalla
esposizione all’amianto, ma il timore è che si tratti di un bilancio
provvisorio. “Grattavamo l’amianto a mani nude e senza alcuna protezione”,
raccontano i lavoratori. Isochimica, ancora di più rispetto a Casale
Monferrato, l’amianto lo ha sparso in tutto il territorio. Si stima che solo
nell’area aziendale che sorge a poca distanza dalla stazione di Avellino e quindi
in pieno centro abitato ci siano 2.200 tonnellate di amianto.
Lo “smaltimento”
consisteva nel deporre sacchetti di nylon pieni di polvere del pericoloso
minerale appena sotto il primo strato di terra sia all’interno dell’azienda
sia, come si spera che accerteranno le indagini, in molte discariche
improvvisate nel territorio. Un libro, “il silenzio della polvere” racconta
questo scempio. Alla richiesta di costituzione di parte civile, non a caso, si
sono presentate molte associazioni come Legambiente e Libera, oltre all’Aiea,
associazione quest’ultima che in Piemonte è in prima linea nel processo alla
Eternit di Casale Monferrato.Tra i reati c’è anche quello di falso in atto pubblico e omissione in atti di ufficio. Oltre a Graziano, ci sono infatti molti amministratori locali che si sono avvicendati nella gestione delle procedure di messa in sicurezza e bonifica. Elio Graziano, il boss di Isochimica, per portare avanti quello che poi si è rivelato essere un progetto di morte, aveva costruito negli anni ottanta solidi legami con tutti i settori politici e amministrativi che contavano. Graziano, tanto per rinfrescare la memoria, fu, non a caso, il patron di quell’Avellino calcio che riuscì strappare clamorosi successi. E quindi a guadagnarsi la fama di intoccabile. Proprio pochi giorni fa è arrivata ad Avellino la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse ai reati ambientali. Ne è uscito un quadro drammatico, con al centro l’emergenza della bonifica. Eh già, perché tra le “incongruenze” di questa strana storia di morte c’è anche quella di un avvelenamento ancora attivo di cui nessuno intende occuparsi seriamente. “Anche alla luce della rigorosa e dettagliata relazione resa dal Procuratore Cantelmo alla Commissione d’inchiesta sugli illeciti ambientali, è indispensabile procedere con urgenza alla bonifica dell’area ex Isochimica di Avellino, superando conflitti di competenze e pastoie burocratiche: migliaia di persone sono tuttora esposte al rischio di gravissime patologie polmonari causate dal l’amianto, non si può giocare con la vita della gente”, ha dichiarato il deputato Angelo Antonio D’Agostino. “C’e’ la convinzione – spiega il presidente della commissione parlamentare Alessandro Bratti – che la classificazione come Sito di interesse nazionale faccia arrivare milionate per la bonifica. Non e’ cosi'”. Incredibilmente, c’e’ un contenzioso aperto sulla proprieta’ del sito, che e’ ancora privata e che il Comune di Avellino vorrebbe acquisire per progredire alla bonifica. E intanto la gente muore. L’azienda di Elio Graziano fu chiusa nel 1988 dal pm della Procura di Firenze, Beniamino Deidda: a lui si erano rivolti alcuni operai che, tre anni prima, avevano commissionato uno studio all’Università Cattolica del Sacro Cuore. In quella relazione sono contenuti gli elementi che 27 anni dopo sono alla base del processo.
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