lunedì 26 ottobre 2015

26 ottobre - L'inferno del "lavoro" nei Call Center, dove i sindacalisti, Cisl, diventano piazzisti di computer (per il tele-lavoro). UNA TESTIMONIANZA



La mia esperienza nei call center
(25 Ottobre 2015)
E' forse interessante ciò che posso raccontare sui 10 anni di lavoro nello stesso call center, iniziati per caso dopo 2 mesi di ricerca di un'occupazione, durante i quali, oltre a cercare un nuovo impiego, prestai servizio una decina di giorni in un altro call center, il primo per il quale ho avuto modo di prestare servizio. Comunque, in quella che sarebbe stato il luogo di un lungo periodo di lavoro, mi venne proposto, come orario, quello pomeridiano-serale, con un contratto a progetto e la paga oraria più alta della città nel settore, nei fatti pari a quella di una supplente di scuola materna. Allora ero laureata da pochi anni in giurisprudenza e in confronto ai discorsi nebulosi - la cui opacità rimandava spesso alla retribuzione zero - degli studi di professionisti, i call center che pagavano, con un po' di ricerca, ancora si trovavano. Certo, se non ci si adegua esattamente alle richieste aziendali, si rischia di lavorare un giorno al mese... Peraltro, dopo un paio d'anni la fascia oraria, per me, cambiò e mi ritrovai a lavorare la mattina, cioè dalle 10 alle 17 o 18. Un turno in cui mi sarei ritrovata più o meno per 8 anni, tranne quando, accettando per un giorno il serale per gli appuntamenti, facevo rotazione con soli altri 3 o 4 su 50 dall'oggi al domani dal diurno al serale. In seguito a serie lamentele e recriminazioni, si stabilì una rotazione più seria e il personale coinvolto salì a 8 persone, con la conseguenza di avere meno giorni di serale a testa. Ma ad un certo punto il lavoro diminuì sia di mattina che di sera, e presto venne chiesto a tutti la disponibilità a partecipare a un nuovo progetto, secondo il quale si lavorava anche il sabato pomeriggio sera e la domenica (ovviamente, questi giorni erano pagati più degli altri). Io e qualche altro ingenuotto accettammo pensando che ci sarebbe stata una rotazione, i più maliziosi rifiutarono nettamente. Comunque, coloro che avevano accettato erano "vincolati" solo a questo progetto, laddove per "equità" ci veniva detto che gli altri progetti erano riservati a chi aveva palesato un rifiuto. Ma la realtà ci colse di sorpresa: noi che avevamo accettato, in un primo tempo finimmo in un bell'imbuto, tanto da rischiare - se non si pestavano i piedi - di lavorare 31 giorni su 31, mentre per un certo lasso di tempo chi non aveva accettato rimase bellamente a spasso. Passato questo periodo di fuoco, i superiori arrivarono perfino a dividere il personale disponibile secondo turni non giornalieri, ma settimanali: in pratica, in questa fase di magra, si lavorava per decisione superiore una settimana piena sì e una no.
Questioni di reddito a parte, era una situazione che presentava i suoi lati positivi, legati più che altro alla gestione dei propri spazi e tempi di vita. Per dire, in regime di piena occupazione, si poteva tentare di imporsi ai propri superiori, per lavorare tutti i giorni a mezzo turno, ma questa condizione, sulla carta ottimale, presentava inevitabilmente un rovescio: il regolare rischio di essere chiamati a venire prima, così da coprire le ore con poco personale. A parte ciò, va sottolineato che, in tutte queste fasi della mia attività lavorativa, il contratto ha continuato a essere semestrale o annuale, ma sempre a progetto. Veniamo però al momento Top, con la decisione, da parte della sede centrale, di spingere i dipendenti a mettersi l'adsl in casa, a spese proprie. Il che vuol dire nuove tariffe a cottimo e un rimborso di 15 centesimi l'ora di adsl quando si lavora per l'azienda. Da allora sono passati 22 mesi; il contratto è stato prorogato in principio per 2 mesi, poi per uno, poi ancora un altro, sino ad arrivare - in un clima avvolto dal mistero più fitto circa le intenzioni della direzione - alla proroga per 4 mesi. E' allora che comincia l'"offensiva finale": il responsabile della sede locale fa girare la voce che, nella fase finale di ogni mese, vi sarebbe stata una chiusura dei locali, così da far firmare postille relative all'accettazione di un incentivo monetario per l'acquisto del computer. In pratica, si sono cambiate le "regole d'ingaggio" in corso d'opera, a dispetto di quanto previsto nell'ultimo contratto firmato. Peraltro, i più restii vengono "spronati" proclamando di accordare una preferenza, nell'attività da svolgersi in sede, a coloro che, avendo accettato l'incentivo in questione, di fatto si erano dichiarati disponibili a svolgere buona parte del lavoro in casa. E' una fase, questa, in cui se ne vedono di tutti i colori, compresa una rappresentante sindacale dei lavoratori Cisl impegnata a vendere computer sottobanco, così da far risparmiare agli acquirenti circa 150 euro di incentivo(in sostanza, in questo modo così squallido, essa aveva intercettato un bisogno). Questa situazione vagamente surreale, mi spinse a darci un taglio e, manco a dirlo, la prima sperimentazione a casa partì ch'io mi trovavo a un appuntamento da un sindacato per una consulenza. Sul mio Cud comparivano circa 330 giorni lavorati perciò non avevo nemmeno provato a chiedere l'una tantum, cioè quella disoccupazione per lavoratori a progetto che richiedeva 2 mesi di disoccupazione . I miei consulenti, però, mi fanno sapere che agitare la questione delle modifiche in corso d'opera al contratto a progetto, non avrebbe sortito nessun risultato, a meno che la vertenza non avesse assunto quel carattere collettivo per il quale mancava la disponibilità della maggior parte dei lavoratori. Invece, contrariamente a quanto avevo ipotizzato in un primo momento, mi spinsero a fare comunque domanda per l'una tantum perché i conteggi dei giorni del Cud e quelli dell’Inps non sempre coincidono. Avendo il Pin del sito dell'Inps ho in effetti verificato che gli 11 mesi e 330 giorni equivalevano a 8 mesi di contributi, per cui mi sono precipitata ad inviare la domanda on line. Questa, non è stata formalmente respinta, semplicemente non l'hanno proprio lavorata, cosa che, nel periodo di "interregno" tra una riforma e l'altra, si poteva fare. Di conseguenza, la domanda è sparita dal sito e dal mio account attorno alla metà maggio, quando è apparso il modulo per la nuova disoccupazione prevista.
Sonia T.

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