INDICE
Alessandra
Cecchi alexik65@gmail.com
L’ATTUALITA’
DEL VAJONT
Franco
Mugliari fmuglia@tin.it
MUGLIA
LA FURIA INVITATO COME RELATORE AD UN CONVEGNO!
Carlo
Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
QUANDO
GLI AVVOLTOI SI BUTTANO SULLE TRAGEDIE DELLE MORTI SUL LAVORO SOLO PER FARSI
PUBBLICITA’...
Rete
Nazionale Sicurezza sui luoghi di lavoro bastamortesullavoro@gmail.com
AL
TRIBUNALE DI TARANTO PER IL PROCESSO ILVA
Comitato
No basi nobasinoborder@gmail.com
APPELLO
ALL’AZIONE SUI TEATRI DI GUERRA DELLA TRIDENT JUNCTURE 2015
Fulvio
Aurora fulvio.aurora@gmail.com
SINTESI
DELLA RIUNIONE DI PALERMO DI MEDICINA DEMOCRATICA
Assemblea
Lavoratori Autoconvocati assemblealavoratori@yahoogroups.com
REDDITO,
SALARIO, WELFARE E LAVORO MIGRANTE. LO SCIOPERO SOCIALE SI RIMETTE IN CAMMINO
Maria
Nanni mariananni1@gmail.com
COMUNICATI
STAMPA: PRECETTATI I FERROVIERI PER GLI SCIOPERI DEL 24 E 25 OTTOBRE
Fulvio
Aurora fulvio.aurora@gmail.com
INVITO
PRESENTAZIONE PRESSO SENATO DELLA REPUBBLICA ATTI CONVEGNO MATERA
Assemblea
29 Giugno assemblea29giugno@gmail.com
PRESIDIO
AL TRIBUNALE DI LIVORNO GIOVEDI’ 29 OTTOBRE SULLA ‘SENTENZA’ CONTRO RICCARDO
ANTONINI
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From:
Alessandra Cecchi alexik65@gmail.com
To:
Sent: Thursday,
October 15, 2015 9:30 AM
Subject: L’ATTUALITA’
DEL VAJONT
di
Alexik
Il
9 ottobre è passato, e con lui il 52° anniversario della strage Vajont, quasi
assente quest’anno dai telegiornali e dai quotidiani nazionali. Come era
prevedibile, una volta spenti i riflettori del cinquantennale, il silenzio ha
ricoperto ciò che era già stato sepolto dal fango.
Fango
materiale, ma anche morale e politico.
Devo
dire che a volte è meglio il silenzio piuttosto che la retorica. Se non altro
quest’anno ci siamo risparmiati (ad esclusione di una rapida sortita della
Serracchiani) il mantra del “Che non succeda mai più !”, recitato dagli stessi
soggetti che nemmeno un anno fa hanno deciso, col decreto “sblocca Italia”, un
salto in avanti nella devastazione dei territori.
Ci
siamo risparmiati le commemorazioni edulcorate, che rievocano “l’immane
tragedia del Vajont” dopo averla asetticamente ripulita da una serie di
dettagli: la complicità fra potere politico e industriale, le violenze contro
le popolazioni, la connivenza dei media e dei ceti accademici con i monopoli
dell’energia, la corruzione degli organi di controllo, i conflitti di
interesse, la privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite.
Dettagli su cui è meglio sorvolare, casomai risvegliassero analogie col
presente. Con la storia, per esempio, di un’altra valle, dove la devastazione è
imposta per legge e difesa manu militari.
L’ATTUALITA’
DEL VAJONT
Oggi
come allora, lo Stato fa muro attorno alla grande opera. Esimi scienziati la
difendono, come è successo a un convegno della Società Geologica Italiana, dove
si è decretato che la produzione di 300.000 metri cubi di detriti contenenti
amianto, prevista per la perforazione del tunnel in Val di Susa, non
costituisce un problema per la salute pubblica.
Era
il 2006, ma sembrava di tornare ai bei tempi di Giorgio dal Piaz, il luminare
della geologia le cui perizie diedero “rigore scientifico” al progetto della
diga del Vajont.
Del
resto al convegno di Torino relazionava anche suo nipote, Giorgio Vittorio Dal
Piaz, responsabile degli studi geologici di base per il Traforo del Brennero
(perché la grande opera è una passione di famiglia).
Oggi
come allora, si usano i tribunali per far tacere gli oppositori alla grande
opera, come successe a Tina Merlin, inquisita per “diffusione di notizie false
e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico”. Oggi come allora, i media
decantano la grande opera, con la stessa subalternità e servilismo dimostrati
all’indomani della strage del Vajont, quando sfoderarono le più grandi firme
del giornalismo nazionale per assolverne d’ufficio i responsabili e tacciare di
sciacallaggio chi ne indicava i nomi.
-
Un
sasso è caduto in un bicchiere colmo d’acqua e l’acqua è traboccata sulla
tovaglia. Tutto qui. Solo che il bicchiere era alto centinaia di metri e il
sasso era grande come una montagna e di sotto, sulla tovaglia stavano migliaia
di creature umane che non potevano difendersi. Non è che si sia rotto il
bicchiere, quindi non si può dare della bestia a chi l’ha costruito. Il
bicchiere era fatto a regola d’arte, testimonianza della tenacia, del talento e
del coraggio umano. Sconfitta in aperta battaglia, la natura si è vendicata
attaccando il vincitore alle spalle (Dino Buzzati, Corriere della Sera, 11
ottobre 1963).
-
“Si
potrebbe dire che questa è una sciagura pulita, gli uomini non ci hanno messo
le mani, tutto è stato fatto dalla natura, che non è buona e non è cattiva, ma
indifferente. Non c’era niente da fare, non ci sono colpevoli” (Giorgio Bocca,
Il Giorno, 11 ottobre 1963).
-
“Nella
vita delle Nazioni ci sono anche le tragedia spaventose, le carestie,
pestilenze, i cicloni, i terremoti. Ciò che conta è di saperle affrontare con
coraggio, senza farne pretesto di odi e di divisioni interne. Se certe reazioni
sbagliate venissero dai poveri sopravvissuti che nella catastrofe hanno perso
tutta la loro famiglia, non dico che le approverei, ma le comprenderei e
giustificherei. Ma qui vengono invece dagli sciacalli che il partito comunista
ha sguinzagliato, dai mestatori, dai fomentatori di odio. E sono costoro che
additiamo al disgusto, all’abominio e al disprezzo di tutti i galantuomini
italiani” (Indro Montanelli, La Domenica del Corriere, 12 novembre 1963).
Di
certo gli sciacalli c’erano, ma non quelli indicati da lui. Dopo la strage
strani individui cominciarono a circolare a caccia di sopravvissuti. Erano gli
avvocati del “Consorzio dei danneggiati del Vajont”, un organismo creato dalla
stessa ENEL per dissuadere i superstiti dall’intento di costituirsi parte
civile. Un’operazione decisa dai vertici dello Stato, che vedeva coinvolti alti
esponenti della DC e del Partito Socialista.
“A
voi superstiti non spetta niente” dicevano gli avvocati. Del resto a chi
chiedere i danni se è colpa della natura, come dicono anche Buzzati, Bocca, e
Montanelli ?
“Vi
conviene accettare quello che ora vi viene offerto, altrimenti non avrete
niente”.
In
cambio l’ENEL offriva una transazione sulla base di un tariffario predefinito:
3 milioni per un coniuge, 2 milioni per un figlio unico, 800.000 lire per un
fratello...
Al
massimo 33.000 euro, ai valori attuali. Più o meno quanto offerto due anni fa
dalla Marzotto in cambio del ritiro dal contenzioso giudiziario delle famiglie
degli operai morti alla Marlane di Praia a Mare. Un’altra analogia con il
presente: i prezzi della carne umana un tanto al chilo, da allora, non sono
cambiati di molto, né le pressioni sulle parti lese nei processi che
coinvolgono il potere industriale, come si evince dal servizio della RAI “Marlane,
107 morti, volevano influenzare i testimoni?” visibile al link:
Anche
l’epilogo giudiziario del Vajont ha forti affinità coi giorni nostri, con quell’impunità
ribadita l’anno scorso dalla sentenza di Cassazione del processo Eternit.
Lievissime furono le condanne e colpirono solo i livelli tecnici. Indenni,
nemmeno inquisiti, la proprietà della SADE (il conte Vittorio Cini) i vertici
dell’ENEL, e i padrini politici della “diga più alta del mondo”. Dal resto l’ENELl/SADE
aveva ottimi avvocati.
Qualche
giorno dopo la strage, mentre i sopravvissuti scavavano nel fango, scese dall’elicottero
il Presidente del Consiglio Giovanni Leone, promettendogli giustizia.
Scaduto
il suo mandato di governo, l’avvocato Giovanni Leone andò a presiedere il
collegio di difesa dell’ENEL, contro quegli stessi superstiti a cui aveva
promesso giustizia.
Pare
sia stato lui a scovare, nel Codice Civile, il cavillo della “commorienza”,
cioè quel meccanismo per cui se muoiono contemporaneamente i nonni e i
genitori, i nipoti perdono ogni diritto ai risarcimenti per la vita dei nonni.
Grazie alla “commorienza”, Leone riuscì a far risparmiare all’ENEL una bella
fetta di risarcimenti agli orfani del Vajont. Poi lo fecero Presidente della
Repubblica.
Più
di recente anche i vertici di Marzotto, Solvay, Thyssen Krupp, Eternit,
inquisiti per disastri ambientali e morti operaie, si sono avvalsi dei migliori
legali sulla piazza. Che ora capisco, non accettavano l’incarico per soldi:
puntavano al Quirinale! OTTOBRE 1963: MUORE LONGARONE, NASCE IL NORD EST
Quello
della “commorienza” fu solo uno degli innumerevoli oltraggi subiti dai
superstiti del Vajont. Ce ne furono altri: il processo tenuto a l’Aquila per
ostacolarne la partecipazione. Il trasferimento forzato dei sopravvissuti di
Erto e Casso a Vajont (un paese anonimo creato per l’occasione) che ha
determinato la perdita, per questa gente, dei propri luoghi e punti di
riferimento, in aggiunta a quella dei propri cari. La sparizione dei fondi
delle donazioni private. I sussidi da fame, insufficienti per gente che ha
perso ogni cosa, e tali da indurla ad accettare l’offerta di transazione dell’ENEL.
L’assenza di qualsiasi supporto psicologico dopo un trauma così profondo. L’adozione
degli orfani da parte di famiglie che avevano il solo scopo di incassarne i
sussidi, senza nessun controllo da parte di un giudice tutelare. L’interruzione
delle ricerche dei corpi (centinaia mancano all’appello). La costruzione (con i
contributi della Legge Vajont) di un salumificio in un’area del comune di Erto
sotto la quale, probabilmente, giacciono ancora delle vittime.
Fino
all’ultimo insulto del 2004: la “ristrutturazione’”(costata 4 milioni di euro)
a opera dell’ex sindaco De Cesero, del cimitero di Fortogna, che raccoglieva i
resti ritrovati di quei poveri corpi. La rimozione delle croci, delle foto,
delle lapidi con le iscrizioni poste dai parenti, distrutte in parte dalle
ruspe e sostituite da cippi di Stato, tutti uguali, ai quali non si può
aggiungere una foto o porre un fiore, e che non coincidono più con la posizione
dei corpi.
La
creazione di una sorta di sacrario istituzionale, che cancella la memoria viva
dei sopravvissuti per sostituirla con una memoria fittizia, come la commozione
dei politici che l’usano, di tanto in tanto, come passerella. Nuovo dolore per
gente che non ha più nemmeno una tomba su cui piangere.
Ma
uno degli oltraggi più abnormi fu certamente la gestione del fiume di denaro
della cosiddetta “‘Legge Vajont”. Un massiccio trasferimento di ricchezza
sottratta all’assistenza ai sopravvissuti a favore del capitale privato.
Col
pretesto della strage, la Democrazia Cristiana ha provveduto a nutrire la
propria rete clientelare del Triveneto, finanziando con una massiccia iniezione
di denaro pubblico quell’imprenditoria nordestina che stentava ad agganciarsi
al “miracolo economico”. Alla faccia del mito del Nord Est e del suo sviluppo
nato dall’operosità! Di quelli che “si son fatti da soli”, senza l’aiuto dello
Stato, che esecrano l’assistenzialismo meridionale!
Qui
se non interveniva Roma ladrona con gli “sghei” se lo scordavano il mito! E a
proposito di ladroni: bella figura fottere i propri vicini vittime di una
strage! Perché andò esattamente così la nascita di un modello fondato sul
cinismo.
La
“Legge Vajont” (Legge 357/64), emanata dal governo di centrosinistra presieduto
da Aldo Moro, prevedeva per la ricostruzione o l’ampliamento delle attività
distrutte dalla catastrofe, finanziamenti pubblici a fondo perduto e prestiti a
tasso agevolato praticamente illimitati, oltre a forti agevolazioni fiscali.
La
legge non obbligava, per ottenere i benefici, a ricostruire lo stesso tipo di
attività, né a farlo a Longarone e dintorni. L’azienda poteva essere
ricollocata in qualsiasi parte delle provincie di Belluno, Udine e limitrofe,
vale a dire Trento, Bolzano, Gorizia, Vicenza, Treviso e Trieste...praticamente
mezzo Triveneto. Dulcis in fundo, i diritti acquisiti con la legge Vajont erano
cedibili, assieme alle licenze, a terzi, sia che fossero persone fisiche o
giuridiche.
Così
recita un’informativa della Polizia tributaria: “Di queste disposizione
approfittarono diverse persone le quali provvidero a rintracciare e avvicinare
i sopravvissuti già titolari di licenze per l’esercizio di qualsiasi impresa o
eredi di questi, facendosi nominare procuratori speciali per la cessione dei
diritti dietro compenso di somme esigue. Una volta in possesso della procura,
tali persone, per la maggior parte liberi professionisti, proponevano a grossi
complessi industriali, a commercianti che volevano ampliare le proprie aziende
o a persone facoltose che avessero intenzione di far sorgere una qualsiasi
attività, l’acquisto dei diritti dei quali erano venuti in possesso”.
Poteva
quindi accadere che il signor Giuseppe Corona, artigiano e ambulante, cedesse i
suoi diritti per meno di trecentomila lire alla Arredamenti Morena SpA di
Gemona, che ne avrebbe ricavato quasi 503 milioni (dell’epoca) fra
finanziamenti a fondo perduto e mutuo agevolato. Al lordo, si intende, della
parcella di 21 milioni al mediatore, tale ragionier Aldo Romanet (Romanet
diventerà famoso, per aver, in concorso con altri, sottratto e convogliato in
conti svizzeri, un miliardo e duecento milioni dai fondi destinati alla
ricostruzione).
La
Zanussi Mel, fabbrica di compressori del gruppo Zanussi, ricevette più di sei
miliardi di finanziamenti e prestiti agevolati grazie all’acquisto delle
licenze dagli eredi di un commerciante di calzature di Longarone, di un
rivenditore di elettrodomestici e di un oste.
La
Indel SpA di Ospitale di Cadore ottenne tre miliardi e 222 milioni comprando le
licenze di un geometra e di un fotografo.
La
Filatura del Vajont, comprando la licenza di una segheria, ricavò tre miliardi
e 190 milioni.
La
Confezioni SanRemo SpA, una delle aziende italiane del tessile più grandi dell’epoca,
beccò 2 miliardi e 300 milioni, comprando la licenza di un falegname. Ottenne
anche forti agevolazioni IGE (poi IVA), e grazie alla Legge Vajont costruì uno
stabilimento e un magazzino centrale a Belluno.
Stesso
discorso per le Industrie meccaniche di Alano di Piave (un miliardo e 125
milioni grazie alla licenza di un commerciante di legname), per le Ceramiche
Dolomite (un miliardo e 200 milioni per le licenze di una sarta e di una
carpenteria), per le Industrie San Marco SpA (4 miliardi con la licenza di un
albergo e di un impiantista idraulico).
Per
capire pienamente il valore di tali cifre, relative a stanziamenti degli anni ‘60-’70,
bisogna riparametrarle ai valori attuali, moltiplicandole anche fino a venti
volte, a seconda dell’anno di erogazione.
Centinaia
di aziende ottennero contributi (circa trecento solo nel bellunese), in zone
che non c’entravano nulla con i luoghi della strage, e quelle dei sopravvissuti
erano un’esigua minoranza. Che fine han fatto queste attività?
Alcune
chiusero subito.
“Nel
1968 ero una sindacalista, capo della Commissione interna di una fabbrica di
manifattura nata con i soldi dei morti e finita male, come molte altre aziende
che hanno chiuso non appena sono cessate le sponsorizzazioni per il Vajont”
racconta una testimonianza.
La
Filatura del Vajont ha chiuso dopo aver campato per anni solo grazie ai
finanziamenti pubblici. Nel 1975 veniva segnalata da un’interrogazione
parlamentare perché non pagava gli stipendi.
La
San Remo ha chiuso definitivamente nel 2004. La Ceramica Dolomite è stata
acquisita dal fondo americano Bain Capital, che le ha riversato addosso i suoi
debiti, e l’anno scorso lo stabilimento di Trichiana ha rischiato la chiusura.
La Zanussi Mel è stata da poco acquistata dal colosso cinese dei compressori
Wanbao, acquisizione che ha evitato la chiusura dello stabilimento, ma con 142
dipendenti in meno. A Ospitale di Cadore, nello spazio della vecchia Indel, la
Società Italiana Centrali Elettrotermiche (SICET), pensa di costruire un nuovo
inceneritore.
C’è
caso che della Legge Vajont ci rimanga soltanto il fango.
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From:
Franco Mugliari fmuglia@tin.it
To:
Sent:
Sunday, October 18, 2015 4:43 PM
Subject:
MUGLIA LA FURIA INVITATO COME RELATORE AD UN CONVEGNO!
Con
oltre 90.000 visitatori (l’obiettivo è di arrivare a 100.000 entro la fine del
2015, ma sarà dura) e 100 membri, anche la comunità scientifica e professionale
si è accorta di Muglia La Furia, invitandolo a partecipare come relatore ad un
convegno a Firenze il prossimo 6 novembre.
Oltre
a Guariniello, a discutere di 231 e di formazione “efficace”, ci sarà anche
Muglia La Furia che penso abbia titolo per parlarne, magari anche in maniera
provocatoria, visto che in questi mesi di spunti e materiali sui temi in
discussione ne ha offerti davvero parecchi.
Per
essere più precisi, la tavola rotonda avrà come tema “La formazione efficace” e
la sintesi del contributo di Muglia La Furia potrebbe essere il seguente: “La
formazione per essere degna di questo nome deve essere efficace, altrimenti che
formazione è?” Bello vero?
E
gli organizzatori saranno contenti di questa ideona? Staremo a vedere. Intanto
andiamoci.
Il
programma completo è scaricabile all’indirizzo:
La
scheda di iscrizione al Convegno è all’indirizzo:
Franco
Mugliari alias Muglia La Furia
mail: fmuglia@tin.it
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From:
Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent:
Monday, October 19, 2015 9:59 AM
Subject:
QUANDO GLI AVVOLTOI SI BUTTANO SULLE TRAGEDIE DELLE MORTI SUL LAVORO SOLO PER
FARSI PUBBLICITA’...
Gli
interventi mediatici su questo presunto aumento delle morti sul lavoro fanno
comprendere bene chi sono e perché adesso che l’INAIL ha “sparato” questo
presunto aumento a due cifre delle morti sul lavoro rispetto al 2014.
Incompetenti
e disinformati si buttano sulla “preda mediatica” che viene sparata da
centinaia di media, soprattutto in rete.
In
realtà l’anno veramente tragico e con un aumento a due cifre è stato il 2014
rispetto al 2013, se si considerano morti sul lavoro anche i lavoratori che non
sono assicurati all’INAIL e che muoiono lo stesso, senza sapere che non avranno
neppure la visibilità dopo morti: morti sul lavoro INVISIBILI.
In
realtà non esiste un aumento molto significato delle morti sul lavoro nel 2015
rispetto al 2014. Occorre guardare queste tragedie in termini assoluti e non
solo una parte seppur significata che è quella degli assicurati INAIL.
Se
si fa questa operazione si vede che l’aumento è “solo” del 2%.
Ma
se si analizzano tutte le morti sul lavoro e io in prima persona lo faccio da
ben da 8 anni, da quando il 1° gennaio 2008 è stato aperto l’Osservatorio
Indipendente di Bologna morti sul lavoro (http://cadutisullavoro.blogspot.it)
che registriamo aumenti.
Il
19 ottobre 2008 erano morti sui luoghi di lavoro 519 lavoratori, oggi 19
ottobre 2015 sono ben 559 (+8,2%) e questo nonostante la perdita di milioni di
posti di lavoro.
I
morti per infortuni sui luoghi di lavoro sono questi, poi se si aggiungono i
morti sulle strade e in itinere si superano già oggi i 1.150 morti.
Tornando
all’aumento a due cifre delle morti per infortuni sul lavoro tra gli assicurati
INAIL sui luoghi di lavoro, occorre capire che questo aumento è dovuto
soprattutto all’innalzamento dell’età causato dalla legge Fornero che costringe
lavoratori anziani, nonostante acciacchi e salute mal ferma a svolgere lavori
pericolosi.
La
seconda causa è dovuta al Jobs Act che ha fatto ritenere conveniente far
emergere una parte del lavoro nero. Economicamente è più conveniente con gli
incentivi dati ai datori di lavoro, metterli in regola che continuare a farli
lavorare in nero o in grigio.
Questi
lavoratori sarebbero morti lo stesso, ma adesso sono visibili a tutti con la
potenza mediatica che hanno l’INAIL e l’ANMIL, ma come dicevo l’aumento
rispetto all’anno scorso, se si monitorano i morti sul lavoro, è intorno al 2%.
Occorre
guardare il problema nella sua reale dimensione e fare una campagna informativa
e mettere a disposizione fondi per i due settori che presentano i maggiori
rischi d’infortuni gravi e mortali: l’agricoltura (che supera da solo il 30% di
tutte le morti sul lavoro e più specificatamente i morti causati dal trattore
che sono intorno al 20% di tutte le morti) e l’edilizia con il 22%.
Quando
il Jobs Act, svelerà tutta la sua potenza distruttrice che riguarderà tutti i
nuovi assunti, che non avranno più la protezione dell’articolo 18, (mica tutti
i datori di lavoro sono santi) e saranno costretti a svolgere lavori pericolosi
previo licenziamento con una scusa, ne vedremo delle belle nei prossimi anni su
questo fronte.
E
le casse dello Stato e dell’INAIL piangeranno tantissimo per gli infortuni
gravi e mortali.
Prego
che gli scandalizzati per un giorno di questa mattanza, che evitino di parlare
di problemi che non conoscono e che non utilizzino queste tragedie per farsi un
po’ di pubblicità.
E
a leggere in questi giorni quello che si trova nel web, sono una moltitudine.
Carlo
Soricelli
Curatore
dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro
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From:
Rete Nazionale Sicurezza sui luoghi di lavoro bastamortesullavoro@gmail.com
To:
Sent:
Tuesday, October 20, 2015 8:15 PM
Subject:
AL TRIBUNALE DI TARANTO PER IL PROCESSO ILVA
Un
primo commento.
Cronache
più dettagliate in seguito.
Il
processo ILVA si è aperto in un delirio confuso di avvocati e procedure, di
verifiche delle notifiche, di consegna di nuove parti civili in spazi stretti e
affollati in un Tribunale blindato da una sorta di zona rossa presidiato da
polizia e carabinieri
Unico
punto di riferimento solido i centoventi operai ILVA, lavoratori del cimitero e
della Pasquinelli, proletari dei quartieri Tamburi e Paolo Sesto, familiari di
operai morti in fabbrica e di morti di tumore sul territorio, che hanno invaso
il tribunale, contestato le transenne di accesso della polizia e animato il
presidio ora pieno, ora semivuoto perchè tutti dentro il Tribunale.
Dal
presidio esterno Slai Cobas e Rete hanno incessantemente denunciato con parole
dure e precise i padroni assassini, i loro complici (faccendieri funzionari ed
enti di controllo, istituzioni e politici come Vendola e Stefano, che non si
sono presentati, i grandi assenti complici di morti e distruzione sindacalisti
confederali) con forte consenso dei cittadini presenti o che passavano.
Il
presidio ha affermato che non saranno accettate più zone rosse, che tutti
possono e devono partecipare, perchè vogliamo un processo popolare, vogliamo
giustizia e risarcimenti, consapevoli che l’unica giustizia è quella proletaria
e che non sarà un processo che ci salverà, ma una mobilitazione operaia e
popolare che spazzi via il sistema del capitale di cui fanno parte la famiglia Riva
e complici.
Vogliamo
dare un segnale forte e chiaro, un appello alla partecipazione e alla
mobilitazione a Taranto come in tutto il paese.
Alle
11 l’udienza si è conclusa con un rinvio al 1 dicembre, non più nel Tribunale,
ma addirittura in una caserma dell’Aeronautica che dobbiamo riempire.
Il
presidio non si è invece concluso, si è trasferito in folta delegazione alla
portineria A dell’ILVA dalle 14 alle 15
Se
la montagna non va da Maometto, Maometto va alla montagna: ed è andata
benissimo: molti operai in entrata e uscita hanno ascoltato i comizi volanti di
operai della Rete Nazionale e di attivisti di fabbrica dello Slai Cobas.
Il
processo è entrato in fabbrica, la lotta di lunga durata dentro e fuori i
tribunali è cominciata e non si fermerà.
20
ottobre 2015
Slai
Cobas per il Sindacato di classe Taranto
Rete
Nazionale per la Sicurezza e Salute sui posti di lavoro e sul territorio
telefono:
347 53 01 704
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From:
Comitato No basi nobasinoborder@gmail.com
To:
Sent:
Wednesday, October 21, 2015 11:59 AM
Subject:
APPELLO ALL’AZIONE SUI TEATRI DI GUERRA DELLA TRIDENT JUNCTURE 2015
APPELLO
ALL’AZIONE SUI TEATRI DI GUERRA DELLA TRIDENT JUNCTURE 2015
MANIFESTAZIONE
AL POLIGONO DI CAPO TEULADA
3
NOVEMBRE ORE 10.30
CONCENTRAMENTO
PORTO PINO
La
Trident Juncture 2015 (TJ015), la più imponente esercitazione NATO degli ultimi
15 anni, arriva al culmine e conclude una intensissima stagione di
esercitazioni e addestramenti, programmata dall’alleanza per tutto il 2015. L’esercitazione
coinvolge 33 Stati, ed è ospitata nei poligoni, nelle basi navali e negli
aeroporti militari di Portogallo, Spagna e Italia.
La
fase preparatoria dell’esercitazione è cominciata da tempo, mentre dal 3
Ottobre ci troviamo in una fase di “simulazione” e organizzazione dei comandi.
La fase operativa a fuoco avrà inizio il 21 ottobre e proseguirà sino al 6
novembre, i centri principali in Italia saranno il comando JFC di Lago Patria
(Napoli), il poligono di Capo Teulada in Sardegna e l’aeroporto di Trapani
Birgi in Sicilia (che sarà affiancato da altri cinque aeroporti militari:
Sigonella, Decimomannu, Amendola, Pratica di Mare e Pisa-Grossetto).
E’
uno scenario che richiede uno sforzo di consapevolezza e la volontà di agire.
Riteniamo
sia necessario continuare a opporre alle attività militari, per tutta la durata
dell’esercitazione, comprese le fasi preparatorie, iniziative e mobilitazioni
contro la guerra, le sue strutture, la sua economia, la sua celebrazione (come
quella del 4 di novembre) e contro la presenza della NATO, da attuarsi ovunque
possibile. In Europa molte sono state e, a breve, saranno le iniziative e le
mobilitazioni contro la TJ015, da Cagliari a Napoli, da Marsala a Saragozza.
Nell’ambito
di questa ampia mobilitazione la rete No Basi Né Qui Né Altrove si propone di
agire il 3 Novembre su uno dei principali teatri di guerra in Italia, il
poligono di Capo Teulada, dove è previsto il bombardamento delle flotte NATO
contro la costa sarda, lo sbarco di reparti anfibi italiani, USA e del Regno
Unito, lo schieramento di reparti di terra che si dispongono a sparare,
bombardare e distruggere con ogni tipo di armamento disponibile.
Ci
presenteremo, come sempre, con l’obiettivo di inceppare la macchina bellica e
ostacolare lo svolgimento dell’esercitazione, solidali con tutte le altre
realtà di lotta antimilitarista e antimperialista che si preparano a fare
altrettanto.
Ripetiamo
il nostro appello ad agire sui luoghi della guerra, possibilmente negli stessi
giorni, sia per accrescere l’efficacia dell’azione sia per rendere più chiara
la volontà generale e diffusa di opporsi e sabotare questo abominio.
PARTECIPIAMO
NUMEROSI ALLA MANIFESTAZIONE A TEULADA
IL
3 NOVEMBRE!
NESSUNA
PACE PER CHI VIVE DI GUERRA
A
FORAS SA NATO DAE SA SARDIGNA E DAE SU MUNDU!!
Rete
No Basi Né Qui Né Altrove
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From: Fulvio Aurora
fulvio.aurora@gmail.com
To:
Sent:
Thursday, October 22, 2015 6:47 PM
Subject:
SINTESI DELLA RIUNIONE DI PALERMO DI MEDICINA DEMOCRATICA
PRE-CONGRESSO
DI MEDICINA DEMOCRATICA PALERMO
Il
giorno 9 Ottobre 2015, presso i locai dell’ex Ospedale Psichiatrico di Palermo,
si è svolto un confronto tra Medicina Democratica (MD) e un gruppo di medici e
operatori collegati all’esperienza della locale cooperativa Maccacaro o
comunque a precedenti percorsi di lotta che avevano come riferimento la figura
del fondatore di MD.
Il
vice Presidente di MD, Paolo Fierro, ha presentato il senso dell’iniziativa che
è stato quello di cercare contatti e confronti in relazione al prossimo
congresso di Firenze a partire da un luogo in qualche modo emblematico delle
realtà meridionali, sottolineando l’importanza di portare alla scadenza
congressuale il contributo strategico e i tanti spunti che nascono dai mille
fermenti del Sud. In particolare, sulla base di una scaletta concordata, si è
proposta la discussione sul problema specifico del divario territoriale dell’assistenza
sanitaria, sui dati relativi a mortalità evitabile, politiche finanziarie
restrittive, modifiche del titolo V della Costituzione e ultime proposte
governative verso forme di assistenza integrativa in relazione ai piani di
arretramento del Servizio Sanitario Nazionale.
Franco
Ingrilli, medico palermitano da anni impegnato nel sociale, ha descritto la
gravissima difficoltà di sopravvivenza civile di interi settori della società
siciliana, che ai mali storici ha visto aggiungersi gli effetti della crisi
economica e delle politiche restrittive dei veri governi degli ultimi anni.
In
una situazione storica di grave difficoltà e di allontanamento delle fasce
deboli dai servizi sanitari è nata la proposta di costruire una rete di
ambulatori popolari ,sulla base dell’esperienza greca e con la prospettiva di
un accreditamento presso le ASL quale forma di sussidiarietà “orizzontale”.
Per
l’occasione erano presenti i rappresentanti di centri sociali cittadini che
hanno descritto la complessa opera di aggregazione in ambiti urbani
caratterizzati da forte disagio sociale, la conquista di spazi in edifici
pubblici abbandonati riaperti ad attività come gli ambulatori popolari.
MD,
per bocca di Fierro, pur riconoscendo il grosso valore delle esperienze che si
sviluppano al di fuori dei circuiti istituzionali, compresi quelli sanitari,
mette in guardia contro i pericoli intrinsechi alle proposte sussidiarie o
comunque di sostituzione dell’Assistenza Pubblica con forme di convenzionamento
privato seppur nell’ambito del terzo settore “senza fini di lucro”.
Al
di là delle buone intenzioni di chi propone una sussidiarietà “fuori del
mercato”, MD ritiene che questa prospettiva vada respinta perchè mistificante
in una fase in cui i governanti, fedeli esecutori delle direttive del Fondo
Monetario Internazionale, hanno in programma un ulteriore arretramento dell’assistenza
sanitaria.
Il
motivo di questo programma non è quello di sollevare lo stato da settori
improduttivi ed economicamente insostenibili, come viene in genere dichiarato
ufficialmente (non si può dare tutto a tutti), ma al contrario l’obbiettivo è
quello di dare spazio al mercato della salute, che è un settore molto lucroso.
E’
compito invece di chi vuole una prospettiva diversa creare degli spazi di
libertà e organizzazione autonoma dove poter sperimentare anche ipotesi di
assistenza alternativa, ma finalizzate ad aprire le contraddizioni e
organizzare il conflitto.
Lottare
per l’esigibilità dei diritti è il contrario della richiesta di riconoscimento
di forme pur nobili di assistenza pietistica.
Questa
è la linea di MD ribadita più volte negli ultimi congressi (Brindisi e Milano)
e questa convinzione deriva da decenni di esperienza in situazioni di storico
disagio sociale come Napoli, per tanti versi non dissimile da Palermo o dalla
Sicilia in genere.
Sulla
base di queste esperienze è possibile proporre, secondo le condizioni
specifiche, dei passaggi tattici che consentano l’apertura di spazi di
agibilità, di confronto con l’istituzione, ma specialmente di organizzazione
dei soggetti deprivati del diritto alla Salute. Questi passaggi non possono
sostituire l’obbiettivo strategico di conquistare l’accesso di tutti gli strati
sociali a un’assistenza qualificata ed efficace.
L’intervento
di Aboubakar Soumahoro, dirigente dell’USB immigrati, è stato esplicativo in
proposito. Descrivendo la faticosa costruzione della soggettività sociale dei
lavoratori immigrati, legati dai due elementi caratterizzanti, l’essere parte
di cicli produttivi come mano d’opera salariata e l’essere “stranieri” senza
diritti perché privi di permessi e cittadinanza.
La
soggettività degli immigrati si sta affermando a partire proprio dalla presa di
coscienza del proprio diritto di essere riconosciuti come esseri umani e non
come braccia da sfruttare per l’economia privi di identità civile. Il passaggio
successivo è stato quello della lotta per il riconoscimento dei diritti
fondamentali dell’umanità , e cioè salute, istruzione, abitazione etc.
La
Salute in particolare è la prima richiesta che viene percepita da qualunque
etnia, nazionalità, condizione lavorativa: è l’istinto della sopravvivenza per
la qual cosa la malattia è un problema che oltre che generare apprensione crea
immediate ricadute sulla capacità lavorativa.
Per
questo motivo i lavoratori immigrati sono stati protagonisti di una esperienza
di lotta sorta attorno all’interno del dopolavoro dell’Ospedale Ascalesi di
Napoli, punto d’incontro di medici, infermieri, studenti dei collettivi
studenteschi (Medicina, Sociologia, Psicologia, Orientale, Stranieri dell’Erasmus
etc.), militanti dei centri sociali che all’epoca si riunivano per discutere i
temi della globalizzazione.
Quindi
si son sviluppate forme di assistenza di necessità, all’inizio precaria e,
successivamente, con la crescita della consapevolezza della propria forza, la
creazione di un coordinamento che si confrontasse con l’istituzione sia all’interno
che all’esterno dell’ospedale. Si è costruita intanto l’ipotesi di un
ambulatorio dedicato nell’ospedale che si avvalesse dei mediatori culturali,
che non erano semplici traduttori, ma punti di riferimento delle comunità,
immigrati che aiutavano i loro compaesani.
Si
sono costituiti gruppi d’intervento esterno fatti di immigrati e militanti che
agissero nelle situazioni di maggiori difficoltà: si è trattato di organizzare
forme di contrasto alle violazioni della pur carente legislazione locale e
nazionale, come l’ostruzionismo di alcuni distretti sanitari al rilascio degli
Stranieri Temporaneamente Presenti (Casandrino), interventi nei campi ROM per
sensibilizzare i soggetti ai temi della salute (Casoria), mobilitazioni contro
gli sgomberi di edifici abbandonati, occupati da lavoratori immigrati per
necessità (Pianura, Ercolano), smascherando l’ipocrisia delle ragioni “sanitarie”
addotte dalle istituzioni.
Tutto
questo lavoro è culminato con la creazione di un ambulatorio per la tutela
della salute degli immigrati, ufficializzato dalla ASL Napoli 1 come Unità
Operativa, ancora attualmente funzionante, che svolge un’importante ruolo, non
solo sanitario, ma anche di stimolo della ricerca e nella sperimentazione di
nuove forme di terapia.
Aurora
ha poi ribadito la linea di MD sulla sussidiarietà pur sottolineando che la
nostra organizzazione non è un partito “bolscevico” nel senso che si possono
considerare utili momenti tattici connessi a situazioni particolari, forme di
sperimentazione di intervento o autorganizzazione, purché indirizzati a
difendere l’articolo 32 della Costituzione ed il Sistema Sanitario Nazionale,
così come delineato dalle lotte del movimento operaio degli anni 70.
Il
suo intervento si è quindi focalizzato sui temi ambientali e sui danni da
esposizione all’amianto, ricordando come la Sicilia aveva avuto dei clamorosi
fenomeni di utilizzo inconsapevole di laterizi contaminati da asbesto nella
costruzione di interi abitati in zone in cui questo minerale affiora da sempre
dalle rocce. C’è quindi un fenomeno ambientale che alla luce delle odierne
conoscenze e della legislazione corrente andrebbe monitorato e controllato.
Il
tema ha stimolato l’intervento da parte di un rappresentante dei centri sociali
che ha rammentato gli interventi di un comitato locale tendenti a stimolare i
servizi territoriali ASL per gli opportuni rilievi e le loro ricerche sulle
correnti d’aria che genererebbero un accumulo di fibre sulle pareti delle
colline, accumulo non considerato nei rilievi ufficiali.
Tutti
i presenti, con qualche eccezione, hanno concordato con le perplessità e la
cautela espressi dai dirigenti di MD circa la “sussidiarietà orizzontale” e
comunque sulla necessità di un intervento nei settori di maggiore disagio
sociale con forme e modi da decidere localmente, in autonomia.
La
riunione si è conclusa con l’impegno preso da alcuni medici presenti a costruire
una locale sezione di MD e, allo scopo, sono stati inviati al responsabile
della sezione individuate i documenti necessari
---------------------
From:
Assemblea Lavoratori Autoconvocati assemblealavoratori@yahoogroups.com
To:
Sent: Friday,
October 23, 2015 10:58 AM
Subject: REDDITO,
SALARIO, WELFARE E LAVORO MIGRANTE. LO SCIOPERO SOCIALE SI RIMETTE IN CAMMINO
STRIKE
MEETING | BOLOGNA #31O – #1N
Una
nuova fase, segnata dal Partito della Nazione guidato da Renzi, si sta
delineando nel nostro paese con un piano delle riforme a tutto campo che tocca
molti nodi, dalla scuola ai servizi pubblici e ai beni comuni, dai diritti sul
lavoro (pensiamo al diritto di sciopero) al salario e al welfare.
Questo
attacco, mascherato dalla stucchevole propaganda della ripresa, non trova, se
non in forme parziali e insufficienti, resistenze e possibili vie di fuga. Per
questo è necessario riprendere il cammino e ripartire. Ripartiamo da un nuovo
strike meeting!
Rimettere
al centro della nostra agenda e del nostro agire l’esperienza dello Sciopero
Sociale è il primo obiettivo che si pone il prossimo Strike Meeting: il lavoro
iniziato lo scorso autunno e proseguito fino a ora non è di certo esaurito e
deve necessariamente trovare nuova linfa da una discussione che ci auguriamo
ricca e immediatamente pratica, in grado di essere una verifica del lavoro
fatto ma capace di rilanciare verso un nuovo autunno di mobilitazione sociale e
un nuovo processo organizzativo.
Le
esperienze diffuse di mutualismo, di autorganizzazione, di sindacalismo sociale
e conflittuale sono il nostro punto di partenza e vivono quotidianamente negli
sportelli legali e in quelli del diritto all’abitare, nelle scuole di italiano
con i migranti e nelle occupazioni di case, nei picchetti davanti ai cancelli
dei magazzini della logistica e nelle lotte per i permessi di soggiorno, nelle
battaglie dei lavoratori autonomi e delle finte partite IVA.
Lo
sciopero sociale del 14 novembre 2014 ha avuto la capacità di ricomporre nella
frammentazione del mercato del lavoro un universo di precari e precarie che per
la prima volta hanno visto nello sciopero una possibilità di insubordinazione.
Ora si tratta di ripensare i nostri strumenti e i nostri discorsi a partire
dall’esigenza di comunicare con le diverse figure del lavoro che non si sentono
immediatamente coinvolte nel nostro percorso. Si tratta, ancora, di creare le
condizioni locali di un processo di organizzazione europeo, come quello che si
è delineato a Poznan nella prospettiva di uno sciopero sociale transnazionale.
Davanti
a noi abbiamo la possibilità di dare concretezza ai processi di organizzazione
che abbiamo avviato nell’ultimo anno e possiamo farlo a partire dalle campagne
che tracceremo insieme in questa due giorni di assemblee e workshop, e dalle
gambe che riusciremo a dare a tali campagne nella agenda comune. Abbiamo
bisogno di demistificare il Jobs Act: i dati che la realtà ci consegna sono ben
diversi dalla felice retorica renziana.
L’incremento
dei tassi di occupazione, di cui Renzi va così fiero, proviene da nuovi
contratti lavorativi precari e sotto-pagati, stipulati grazie agli incentivi
fiscali, alle decontribuzioni e i bonus occupazionali che il governo concede
alle imprese. C’è necessità di smascherare e denunciare il business della
disoccupazione giovanile che si cela dietro il programma “Garanzia Giovani” e
gli stage che diventano uno strumento di ricatto o nascondono lavoro gratuito,
celandosi dietro all’economia della promessa. Aprire una battaglia sul reddito
e farlo nella sua dimensione estensiva, agganciandola alla lotta per un salario
minimo e un welfare europei e per un permesso di soggiorno senza condizioni,
per sovvertire quei rapporti di forza che trasformano il reddito in una nuova
forma di workfare.
Mentre
nelle scuole si fanno barricate contro la riforma renziana e nelle università
si rimette al centro il diritto allo studio minato dai nuovi indicatori ISEE,
mentre il mondo del lavoro cosiddetto tradizionale vede nei prossimi rinnovi
contrattuali dei meccanici e della funzione pubblica un imminente terreno di
scontro, mentre i migranti sfidano ogni giorno il regime dei confini e il
governo europeo della mobilità lo strike meeting può essere lo spazio per
riconnettere esperienze e percorsi, per produrre iniziative che siano parte di
un percorso verso un nuovo, più largo ed efficace, sciopero sociale.
Lo
sciopero sociale si rimette in cammino!
Ci
vediamo a Bologna!
Sabato
31 Ottobre
Ore
10.30 Assemblea Plenaria: “Riprendere il cammino: sciopero sociale, prospettive
ed organizzazione”
Ore
14 Workshop Formazione, Workshop Reddito, salario, welfare e lavoro migrante,
Workshop Comunicazione, Workshop strumenti territoriali, organizzazione e
sindacalismo sociale
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From: Maria Nanni mariananni1@gmail.com
To:
Sent: Friday,
October 23, 2015 2:31 PM
Subject:
COMUNICATI STAMPA: PRECETTATI I FERROVIERI PER GLI SCIOPERI DEL 24 E 25 OTTOBRE
NESSUNO
TOCCHI EXPO!
PRECETTATO
LO SCIOPERO NAZIONALE DEI FERROVIERI DEL 24/25 OTTOBRE
Ce
lo aspettavamo, perché l’orientamento del Governo era stato chiaro, durante la
convocazione del 21 ottobre 2015 a Roma; dove abbiamo ribadito con forza le
legittime rivendicazioni dei lavoratori, per sentirci ripetere come un disco
incantato del Governo, che EXPO è un evento planetario e dalle Aziende
Ferroviarie che non discutono con sindacati non firmatari di contratto.
Ricordare
il diritto costituzionale allo Sciopero, ricordare il drastico peggioramento
delle condizioni di lavoro dei ferrovieri e le decine di morti per incidenti
sul lavoro, le aggressioni al personale, i licenziamenti di lavoratori
impegnati nelle battaglie per la sicurezza del servizio, le preoccupazioni per
il progressivo smantellamento del Servizio Base e per una privatizzazione
selvaggia del settore che mette in pericolo il futuro di migliaia di lavoratori
come già accade nel trasporto Aereo, le rimostranze per una riforma
pensionistica che ha aumentato di 7 anni l’asticella per molti ferrovieri
portandola oltre la nostra aspettativa di vita media, lo sdegno per regole del
mercato del lavoro che fomentano la precarietà e lo sfruttamento e per il
disfacimento dei diritti essenziali alla Istruzione e alla salute minacciati
dalla inadeguatezza di investimenti pubblici, non hanno avuto peso.
Invero,
chiedevamo solo fatti concreti e non vaghe promesse destinate a perdersi nel
vento e nelle pratiche concertative di altri soggetti, falsi alfieri di chi
lavora, guardiani solo di se stessi.
Troppo
abituati i muri di quelle stanze a trovare compromessi a perdere sulla testa
dei lavoratori, a misurare interessi di sigla con quelli delle persone, a
cucinare meccanismi di potere e privilegi...per ascoltare le nostre istanze.
Eppure
alla fine siamo stati giudicati noi irresponsabili; non l’arroganza delle
aziende, non il cinismo delle istituzioni.
E’
il segno sciagurato della repressione del Diritto di Sciopero, già limitato nei
servizi pubblici da una delle leggi più restrittive del mondo ma oggi ancora
attaccato da governo, padroni e sindacati amici, come già accaduto per i
lavoratori del Colosseo.
Siamo
ancora qui, a dire che irresponsabile è chi nega il legittimo dissenso e le
aspettative dei lavoratori, chi nega ogni diritto di parola e di espressione,
lasciando solo la via dello scontro, per poi reprimerla con indicibile
freddezza.
Ce
lo aspettavamo, eppure la precettazione dello Sciopero Convocato da CUB
Trasporti, CAT e USB, per il trasporto passeggeri del 24/25 ottobre 2015, lascia
un senso di vuoto, di amarezza, di reclusione...il senso di diritti negati e
voci soffocate.
Rimangono
in piedi gli scioperi proclamati nel comparto Cargo (merci) Trenitalia nei
giorno 22 e 23 ottobre e anche l’agitazione sindacale proclamata dalla CUB Trasporti
per Linate e Malpensa il 24 ottobre per la ditta WFS Ground Italy dove si sono
appena consumati 15 licenziamenti.
Siamo
già pronti alla nuova convocazione di sciopero per fine novembre, quando per i
ferrovieri si consumerà l’ennesimo scippo di diritti, con un rinnovo farsa
delle RSU che in ossequio agli accordi tra sindacati di regime e Confindustria
consegneranno la rappresentanza dei lavoratori alle sole sigle benevoli e
conniventi.
I
ferrovieri continueranno la mobilitazione e sosterranno le giuste lotte dei
prossimi mesi, dei lavoratori della Scuola, del Pubblico impiego, dell’Industria,
della Logistica...e anche le mobilitazioni di studenti, disoccupati e sfollati,
per ricostruire insieme civiltà e diritti.
NOI
CI SIAMO
Ferrovieri
CUB Trasporti
SCIOPERO
FERROVIERI DALLE 21 DI SABATO 24 ALLE 21 DI DOMENICA 25 DIFFERITO PER ORDINE
DEL MINISTRO DEI TRASPORTI
Rispettare
qualcuno vuol dire prendere le persone sul serio, valutare con cura quello che
stanno dicendo e se non si è d’accordo proporre argomenti all’altezza.
Se,
anziché avanzare proposte di soluzione alle vertenze in atto (tra le quali la
Riforma del Regime Pensionistico), i delegati dal Ministro si sono limitati ad
un generico richiamo al nostro senso di responsabilità e all’ormai scontata
Ordinanza di differimento/precettazione di uno sciopero, deve essere ben chiaro
a tutti che i Ferrovieri non vengono rispettati e con essi non viene rispettata
la Costituzione che garantisce il diritto al lavoro (Articolo 1), allo sciopero
(Articolo 40) e a una economia che non arrechi danno alla sicurezza, alla
libertà e alla dignità umana (Articolo 41).
Con
la presente condanniamo l’ennesima pretestuosa (ieri la crisi economica, oggi l’EXPO,
domani il Giubileo) iniziativa politica volta a sovvertire l’ordinamento
democratico del Paese allo scopo di annichilire le giuste rivendicazioni dei
lavoratori.
Non
possiamo inoltre non constatare il silenzio assordante del fronte sindacale
istituzionale che molto probabilmente pensa che il diritto di sciopero sia solo
una prerogativa di alcune siglee non un legittimo strumento di difesa e
rivendicazione dei lavoratori.
Coordinamento
Autorganizzato Trasporti
---------------------
From: Fulvio Aurora
fulvio.aurora@gmail.com
To:
Sent:
Friday, October 23, 2015 10:32 PM
Subject:
INVITO PRESENTAZIONE PRESSO SENATO DELLA REPUBBLICA ATTI CONVEGNO MATERA
COMUNICATO
STAMPA
PRESENTAZIONE
DEL VOLUME “PATOLOGIE ASBESTO CORRELATE: PREVENZIONE E RICERCA, GIUSTIZIA PER
LE VITTIME E PER GLI EX ESPOSTI”
Roma:
Senato della Repubblica: 28 ottobre 2015 ore 15 presso la Sala Caduti di
Nassirya piazza Madama
Il
giorno 28 ottobre a Roma presso il Senato della Repubblica verrà presentato il
volume “Patologie asbesto correlate: prevenzione e ricerca, giustizia per le
vittime e per gli ex esposti”.
Il
fascicolo raccoglie tutti gli interventi dei relatori che hanno dato lustro al
convegno tenutosi a Matera il 17 e 18 ottobre 2014 alla presenza di centinaia
di cittadini per iniziativa dell’Associazione Italiana Esposti Amianto Val
Basento ed è diviso in due parti: la prima riguarda il problema sanitario
(prevenzione, clinica, ricerca), la seconda quello giuridico (interventi
diversi ispirati dalla giurisprudenza).
Il
contenuto di questa pubblicazione, sottoposto a una valutazione critica, vuole
offrire un contributo al dibattito su diversi problemi, alcuni dei quali non
ancora risolti, ad esempio:
-
la
sorveglianza sanitaria degli ex esposti all’amianto e l’eventuale possibilità
di diagnosi precoce delle malattie asbesto correlate;
-
le
contraddizioni emergenti dalle norme e dalla giurisprudenza sui benefici
previdenziali, non ultimo la sentenza Eternit della Cassazione, del 19/11/2014,
che ha posto con forza il problema della prescrizione delle responsabilità
penali per reati ambientali;
-
la
non prescrizione del diritto alla rendita a superstiti.
Sarà
l’occasione giusta per parlare e discutere sullo stato di avanzamento del
Disegni di Legge 1645 fermo in Commissione lavoro del Senato, del perché non si
riesce ad approvare il Piano Nazionale Amianto e tutto quello che comporta in
termini di sanità, di ambiente e di risarcimenti. Si parlerà ancora del Fondo
per le vittime dell’amianto professionali e ambientali. Si discuterà su alcune
situazioni difficili, in particolari al Sud come quella dell’Isochimica di
Avellino, dell’Enichem di Pisticci, di Ottana e di altri siti. Non si
dimenticheranno i processi in corso ponendo alcune fondamentali esigenze, come
quelle dell’eliminazione della prescrizione, come di evidenziare la necessità
del riconoscimento delle malattie professionali da parte INAIL senza
necessariamente passare da lunghi e sfibranti cause giudiziarie e della
prescrizione della rendita al superstite nel caso di decesso postdatato, oltre
3 anni e 150 giorni dalla data del decesso.
Aprirà
l’incontro il Senatore Felice Casson, primo firmatario del Disegni di Legge
1645 sull’amianto.
L’invito
è rivolto alle associazioni degli ex esposti all’amianto, ai sindacati, agli
esperti nel campo della prevenzione, della giurisdizione, delle bonifiche,
della cura delle malattie correlate all’amianto. Non ultimo a coloro che sono
politicamente impegnati per l’effettiva pratica dismissione dell’amianto in
ogni suo aspetto e per la realizzazione del Piano Nazionale Amianto.
E’
necessario comunicare i nominativi di chi intende partecipare all’incontro, al
Coordinamento Nazionale Amianto.
Fulvio
Aurora
Coordinamento
Nazionale Amianto
Maura
Crudeli AIEA Lazio
338
97 65 786
---------------------
From:
Assemblea 29 Giugno assemblea29giugno@gmail.com
To:
Sent:
Sunday, October 25, 2015 10:19 PM
Subject:
PRESIDIO AL TRIBUNALE DI LIVORNO GIOVEDI’ 29 OTTOBRE SULLA ‘SENTENZA’ CONTRO
RICCARDO ANTONINI
A
proposito della “sentenza” contro Riccardo Antonini, occorre continuare la
denuncia contro sentenze scandalose e vergognose.
Per
questo motivo si terrà un presidio presso il Tribunale di Livorno giovedì 29
ottobre dalle ore 9 alle ore 12.
Riccardo
è stato licenziato 4 anni fa da Rete Ferroviaria Italiana (RFI) “per essersi
posto in un evidente conflitto di interesse con la società”.
Il
cavalier Moretti, Amministratore Delegato delle Ferrovie, è l’autore di questa “bella”
impresa e principale imputato per la strage del 29 giugno 2009.
I
giudici del lavoro, Luigi Nannipieri di Lucca, poi trasferito a Livorno,
Giovanni Bronzini (presidente), Gaetano Schiavone e Simonetta Liscio di
Firenze, si sono piegati alla “bella impresa” del cavalier Moretti, che da un
anno e mezzo è passato a Finmeccanica con oltre il doppio di “compenso” (2
milioni e 300.000 euro all’anno).
Il
licenziamento di Riccardo è dovuto al suo impegno a fianco dei familiari delle
32 vittime della strage ferroviaria (annunciata) di Viareggio. L’accusa di aver
partecipato gratuitamente all’incidente probatorio per familiari e sindacato è
un volgare pretesto. L’accusa di aver offeso Moretti alla Festa del PD a Genova
il 9 settembre 2011, è un falso pretesto. Tra l’altro, la denuncia-querela di
Moretti nei confronti di Riccardo è stata archiviata dalla magistratura di
Genova (prima dal Pubblico Ministero e poi dal Giudice delle Indagini Preliminari).
Questi
giudici sanno bene che il licenziamento di Riccardo è politico e quindi
discriminatorio e per questo, anche le loro, sono sentenze politiche. Il
giudice Nannipieri, nell’udienza del 5 luglio 2012, propose la conciliazione
(sottoscritta da Riccardo, ma respinta dagli avvocati di FSI), sottolineando
che non vi era alcuna proporzione tra i fatti ed il licenziamento...Perché è
stato costretto a rimangiarsi tutto ciò?
Questi
giudici hanno voluto credere ai testimoni di Moretti: l’addetto stampa
Fabretti, l’autista e la protezione aziendale (La Manna, Ragusa, Passaseo).
Questi testimoni (si fa per dire), avrebbero potuto contraddire la denuncia
(archiviata!) di Moretti?!
Questi
giudici, hanno preferito genuflettersi ai poteri forti, confermando il
licenziamento di Riccardo perché dipendente infedele a Moretti, a Elia, a
Soprano...anch’essi rinviati a giudizio con accuse pesantissime per la strage
di Viareggio. Queste sentenze scriteriate per l’intera collettività ostacolano
i ferrovieri “infedeli” a Moretti & Company, unica possibile difesa della
sicurezza e della salute dei lavoratori e dei cittadini.
Con
queste sentenze, i giudici hanno mostrato sudditanza nei confronti di poteri
forti e disprezzo per le 32 vittime; sentenze che contribuiscono a istigare
datori di lavoro, presidenti, manager, funzionari e dirigenti, a continuare a
trascurare la sicurezza e la salute dei dipendenti nelle “loro” aziende. L’incremento
dei morti sul e da lavoro, nel confermare questa drammatica verità, è anche la conseguenza
di simili sentenze.
A
fine agosto, al cantiere navale di Livorno, muore un operaio e 12 rimangono
feriti, ad agosto a La Spezia, un manovratore è schiacciato tra due respingenti
sui binari ferroviari, il 9 ottobre a Lucca, un operaio muore in una
cartiera...e tanti sono i feriti: da Livorno a Lucca, alla KME di Barga (LU).
Ma
questi giudici, quando si renderanno conto che le loro macabre sentenze
grondano del sangue di questi operai vittime del profitto, del mercato, della
produttività, dell’assenza di norme antiinfortunistiche di prevenzione e
protezione?!
27
ottobre 2015
Assemblea
29 giugno
e-mail:
assemblea29giugno@gmail.com
Associazione
“Il Mondo che vorrei”
e-mail:
info@ilmondochevorreiviareggio.it
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