INDICE
Medicina Democratica segreteria@medicinademocratica.org
TEASER DEL FILM-DOCUMENTARIO “I VAJONT”
Cobas Pisa confcobaspisa@alice.it
DISABILI: LAVORATORI E CITTADINI DI SERIE B
Giustino Scotto d’Aniello scottodaniello@tiscali.it
LA SICUREZZA PRIMA DI TUTTO:
INIZIATIVE PER LA TUTELA
DELLA SALUTE E DELLA SICUREZZA DEI LAVORATORI
Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
VISITA GUIDATA ALLA CASA MUSEO DI CARLO
SORICELLI
Cobas Pisa confcobaspisa@alice.it
LE CLAUSOLE SOCIALI A TUTELA DEI LAVORATORI
NEI CAMBI DI APPALTO
Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
63° GIORNATA DELLE MORTI SUL LAVORO
Rete Nazionale Sicurezza sui luoghi di
lavoro e territori bastamortesullavoro@gmail.com
APPELLO PER UN PRESIDIO/MANIFESTAZIONE
ALL'AVVIO IL 20 OTTOBRE DEL PROCESSO ILVA DI TARANTO
Claudio Gandolfi clgand@libero.it
SICUREZZA SUL LAVORO: LA FORTUNA NON BASTA A
SALVARSI...
Franco Mugliari fmuglia@tin.it
MORTI SUL LAVORO: NEL 2015 UNO AL MESE IN
PROVINCIA DI BOLZANO
CUB Sanità Firenze cubsanita.firenze@libero.it
INCONTRI DI FORMAZIONE SINDACALE
Teoria & Prassi teoriaeprassi@yahoo.it
CRESCE L’OPPOSIZIONE DI MASSA AI TRATTATI
NEOLIBERISTI
Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
INTERVISTA SULLE MORTI SUL LAVORO DELLA
IENA OPERAIA
Davide Hanau hanaudavide@yahoo.it
INCONTRO SUGLI ASPETTI DELLA SICUREZZA
NELLE COLLABORAZIONI TRA AUTONOMI
Posta Resistenze posta@resistenze.org
RIFORMA DELLA CONTRATTAZIONE = FINE DEL
CONTRATTO NAZIONALE
Posta Resistenze posta@resistenze.org
BUTTANDO VIA LA PAURA
Maria Nanni mariananni1@gmail.com
SCIOPERI NAZIONALI DEI FERROVIERI DAL 22 AL
25 OTTOBRE 2015
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From: Medicina Democratica segreteria@medicinademocratica.org
To:
Sent: Thursday, October 08, 2015 2:54 PM
Subject: TEASER DEL FILM-DOCUMENTARIO “I VAJONT”
Nell’ambito del prossimo Congresso
Nazionale di Medicina Democratica (Firenze 19-21 novembre), sarà proiettato in
prima nazionale il film-documentario “I Vajont”.
“I Vajont” è un video-racconto ideato e
scritto dalla giornalista Lucia Vastano, girato da Maura Crudeli e Federico
Alotto con il sostegno di Medicina Democratica e Associazione Italiana Esposti
Amianto.
Le prime 4 storie da cui siamo partiti in
questo lungo viaggio sono solo le prime tessere di questo mosaico. 4 brevi
pillole-video vi introdurranno nei Vajont d’Italia.
Non c’è un solo Vajont, ma tanti Vajont che
urlano di essere ascoltati: c’è la difesa del profitto e dei posti di lavoro
sopra tutto, persino la vita stessa dei lavoratori e di chi abita il
territorio; ci sono le grandi opere da mandare avanti,ci sono i depistaggi con
la complicità della stampa; ci sono le perizie mediche e degli esperti che
valgono soltanto quando sono favorevoli alle imprese,ci sono gli sperperi per
la ricostruzione, ci sono le vittime e i testimoni perseguitati e ci sono le
sentenze dei tribunali che non arrivano mai a colpire gli alti vertici.
I meccanismi del Vajont si ripropongono in
continuazione. Dobbiamo imparare ad ascoltare le voci dei vinti: questo è
l’unico sistema per un progresso reale della società.
Quello che è successo a Vajont è stata come
la prima grande messa in scena di caste complici e mafiose per perseguire i
loro interessi a scapito della comunità. Uno scenario che si ripete dopo ogni
tragedia, con gli stessi vincitori, sempre arroganti, e gli stessi vinti,
sempre soli a lottare per la giustizia che dovrebbe essere patrimonio comune.
Tutto questo verrà raccontato nel
documentario “I Vajont”.
Il teaser del film “I Vajont” è visibile
all’indirizzo:
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From: Cobas Pisa confcobaspisa@alice.it
To:
Sent: Thursday, October 08, 2015 3:12 PM
Subject: DISABILI: LAVORATORI E CITTADINI
DI SERIE B
Il Decreto Legge n. 76/2013 garantisce il principio della parità di
trattamento delle persone disabili e i datori di lavoro devono adottare accomodamenti ragionevoli nei luoghi
di lavoro per garantire alle persone con disabilità uguale trattamento rispetto
a tutti gli altri colleghi.
La domanda che ci poniamo da tempo è
cosa abbia fatto il Comune di Pisa in
questi anni al di là degli spot e ci riferiamo alla rimozione delle barriere
architettoniche numerose e tali da impedire l'accesso di colleghi ad alcuni
uffici
Ricordiamo che una sentenza della Corte
Europea ha condannato l'Italia per non
avere garantito parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di
lavoro con una forte discriminazione verso i diversamente abili.
I settori pubblici hanno quindi fatto ben
poco a sostegno della disabilità, basti ricordare che i concorsi per le
categorie protette sono avvenuti con anni di ritardo e numerosi Enti sono
tutt'ora inadempienti.
Il datore di lavoro deve quindi assumere i
provvedimenti per assicurare pari opportunità, ma su questo punto sono in grave
ritardo i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza.
Nonostante le condanne in sede Europea il
legislatore italiano è ancora in ritardo e soprattutto all'atto pratico non sono
stati stanziati fondi per l'adeguamento delle strutture e non si è affermata
una cultura a tutela dei diversamente abili
Del resto il datore pubblico o privato non aveva l’obbligo di
creare un posto ad hoc per il disabile, ma era tenuto solo a cercare (non a
trovare badate bene) questa soluzione. Ora con la norma antidiscriminazione le
cose sono cambiate ma solo in teoria e le soluzioni organizzative, qualora non
rappresentino un onere sproporzionato sono possibili e necessarie
Se allora
la Corte
di Giustizia UE, con la sentenza del 04/07/13, ha condannato l’Italia, quali
sono i finanziamenti e le direttive atte a dare seguito a queste normative
antidiscriminazione?
Ad oggi, come nello stile del Governo,
tante parole e zero fatti e su questa strada si sono incamminati gli stessi
enti pubblici, una ragione in più per cambiare rotta e affermare scelte diverse
dal passato
RLS Cobas Pisa
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From: Giustino Scotto d’Aniello scottodaniello@tiscali.it
To:
Sent: Friday, October 09, 2015 6:56 AM
Subject: LA SICUREZZA PRIMA DI
TUTTO: INIZIATIVE PER LA
TUTELA DELLA SALUTE E DELLA SICUREZZA DEI LAVORATORI
RICHIESTA DI ADESIONE
Il giorno 30 ottobre 2015 a partire dalle ore
17:30 a Piazza Castello, Torino, il Partito Comunista d’Italia della
federazione di Torino promuove un presidio per ricordare i morti sul lavoro e
altresì, rivendicare maggiore risorse umane (Ispettori) e risorse finanziarie
da investire a tutela dei lavoratori e della loro dignità, cosi come denunciato
dallo stesso Giudice Guariniello e dalle Associazioni dei Familiari Vittime del
Lavoro, oltre che dalle forze sociali e sindacali da tempo impegnate per
rafforzare politiche di prevenzione per la Sicurezza nei luoghi di lavoro.
L’iniziativa è volta a sensibilizzare
sull’argomento, oltre che l’opinione pubblica, le competenti Istituzioni
(Regione Piemonte, ASL, Ispettorati del Ministero del Lavoro, ecc.) e a
lanciare una concreta proposta operativa a livello territoriale, nello specifico
uno “Sportello per la
Sicurezza” gestito da Esperti, unitamente a volontari, in
concorso con le forze sociali interessate.
Con la presente si richiede a codeste
Organizzazioni in indirizzo di voler esprimere la propria adesione al presidio
citato; al fine di divulgare l’iniziativa è opportuno un riscontro in tempi
utili.
Nella speranza di incontrare il vostro
interesse, colgo l’occasione per porgere buon lavoro e cordiali saluti.
Torino, 08/10/15
Partito Comunista d’Italia
Federazione di Torino e provincia
via Verolengo 180 10148 Torino
e-mail: comunistipcditorino@gmail.com
fax: 011 45 59 700
cellulare: 320 78 12 299
Il Segretario
Giustino Scotto d’Aniello
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From: Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent: Friday, October 09, 2015 4:08 PM
Subject: VISITA GUIDATA ALLA CASA MUSEO DI
CARLO SORICELLI
Certo che è molto dura occuparsi ogni
giorno delle morti per infortuni sul lavoro. Io comunque continuo a dipingere e
scolpire e il prossimo 18 ottobre vorrei riproporre la visita alla mia Casa
Museo di Casa Trogoni di Granaglione, a circa un'ora e venti minuti da Bologna,
da Firenze e 45 minuti da Pistoia.
Casa Trogoni è un antico paese in sasso,
abbandonato negli anni Settanta, dove sono esposte centinaia di mie opere, di
ogni periodo, a partire dagli anni Settanta. E’ anche l’occasione per tornare a
vedere la natura nella sua immensa bellezza perché ci si trova immersi tra
castagni di ottocento anni che hanno sfamato decine di generazioni di montanari
e con la loro maestosità donano un paesaggio unico in Italia. Nel silenzio di
questi luoghi è un'autentica magia sentire il rumore delle castagne che cadono.
In ottobre il panorama si tinge di rossi, aranci, gialli e da lassù, a 1.050
d’altezza, si può vedere per intero la valle incantata del Randaragna che si
trova nel versante bolognese dell’Orsigna dove Tiziano Terzani ha ambientato il
suo ultimo libro.
All'interno della casa ci sono oltre
duecento mie opere di pittura e scultura che dagli anni settanta hanno
caratterizzato la mia attività artistica, opere a contenuto sociale che
testimoniano le problematiche di questi anni: inquinamento, emarginazione degli
anziani, droga, terrorismo, alienazione, violenza sugli animali e sulla natura
e tanto altro.
Ho allestito una stanza dove è possibile
fare una “seduta pranica” attraverso un tipo d’arte che ho creato oltre
vent’anni fa con i primi esperimenti al Museo Zavattini. L’arte pranica, che è
poi stata elaborata e copiata in tutto il mondo, si caratterizza per il
benessere psicofisico che dona. E’ realizzata con tecniche e colori particolari
che se osservate in un certo modo e in contemplazione possono generare effetti
terapeutici anche fisici. Un tipo d’arte che Pupi Avati ha definito “un’idea
magnifica”.
Troverete anche opere di
"rifiutismo", un filone d’arte che ho creato negli anni Ottanta fino
ad oggi. Descrive il degrado ambientale e la società dei consumi. Ho iniziato raccogliendo
rifiuti per le strade o che mia moglie buttava nella spazzatura, poi
elaborandoli per farli rinascere a nuova vita, così come le “macerie” che ho
trovato proprio a Casa Trogoni.
Da Casa Trogoni è possibile fare bellissime
escursioni e visitare luoghi incantevoli come le cascate di Casa Lazzeroni e il
suo mulino diroccato, dove dal minuscolo laghetto sottostante si ha la
sensazione che da un momento all'altro una ninfa possa uscire dalle sue acque
cristalline.
E’ possibile visitare anche la cappella in
sasso immersa in un bosco e ammirare un paesaggio magnifico. La cappella si
trova ai Poggioli a pochi kilometri da Casa Trogoni, all’interno ho ritratto il
Vescovo Bartolomeo Evangelisti missionario in India e che ha voluto la Cappella proprio in quel
punto, dopo la sua morte. All’interno c’è un’altra mia piccola opera che ha
fatto molto discutere.
A pochi chilometri c'è il Rifugio di Monte
Cavallo dove è possibile mangiare a prezzo molto contenuto specialità montanare
(si raccomanda la prenotazione).
Per chi vuole fare il viaggio con me da
Bologna, il ritrovo è alle ore 8.00 di domenica 18 ottobre presso il parcheggio
di Casalecchio di Reno che si trova di fianco alla biblioteca comunale dove è
possibile vedere nella piazzetta una mia opera contro la guerra. La visita al
museo è gratuita. Ricordo che negli ultimi 500 metri la strada che
conduce a Casa Trogoni non è asfaltata, ma agevole. Si raccomanda di dotarsi di
scarpe comode (no tacchi).
E’ anche possibile venire a Casa Trogoni
per conto proprio e in orari che si ritiene opportuni, ricordando che ci vuole
circa 1 ora e 20 minuti da Bologna e da Firenze e Pistoia. L’importante è
ricordarsi che una volta giunti a Casa Boni dal fondo valle occorre sempre
tenere la sinistra dopo dieci minuti si arriva a Casa Trogoni, al bivio del
paese prendere la parte alta.
Ovviamente la visita alla Casa Museo è
gratuita e io vi farò da cicerone e si può anche mangiare a sacco se uno non
vuole muoversi.
Per informazioni e prenotazioni inviare una
mail a carlo.soricelli@gmail.com.
Grazie!
Carlo Soricelli
Informazioni utili per dormire e mangiare
Pro Loco di Casa Calistri
via Casa Calistri, 2 40045 Granaglione (BO)
telefono 0534 77 84 01
Rifugio Monte Cavallo (Cooperativa Sociale
Campeggi Monghidoro)
via Monte Cavallo, 1 40045 Granaglione (BO)
telefono 0534 21 329
mail: rifugiocavallo@alice.it
Bed & breakfast “La Presa”
Casa Moschini 22, 40045 Granaglione (BO)
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From: Cobas Pisa confcobaspisa@alice.it
To:
Sent: Friday, October 09, 2015 4:58 PM
Subject: LE CLAUSOLE SOCIALI A TUTELA DEI
LAVORATORI NEI CAMBI DI APPALTO
Il primo obiettivo nei casi di cambio di
appalto è quello di non far applicare i contratti a tutele crescenti previsti
dai Decreti attuativi del Jobs Act con una campagna politica e sindacale
rivolta agli enti pubblici.
Detto ciò vediamo alcuni aspetti inerenti
il rapporto di lavoro e la clausola
sociale di esecuzione premettendo che il primo compito di una organizzazione
sindacale è quella di attivarsi prima della scrittura di un appalto, quando si è ancora nella fase embrionale e
così facendo ottenere clausole a tutela dei posti di lavoro, clausole che non
sempre possono avere una pezza di appoggio nei contratti collettivi nazionali di
riferimento (per esempio l’articolo 4 del CCNL multiservizi).
In alcune gare di appalto troviamo scritta
una clausola standard (generica ma in molti casi sufficiente).
In caso di aggiudicazione, l’Appaltatore si
impegna, in via prioritaria, ad assumere e utilizzare per l’espletamento dei
servizi, qualora disponibile, il personale precedentemente adibito al servizio
quali soci lavoratori o dipendenti del precedente aggiudicatario, a condizione
che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l’organizzazione
d’impresa prescelta dall’Appaltatore subentrante, anche al fine di garantire i
livelli occupazionali e la continuità del servizio, fondamentale per i servizi
oggetto di gara.
Non si tratta di una clausola che dia
certezza assoluta anche sotto il profilo del mantenimento delle ore (spesso i
contratti dominanti sono part time) e dei posti di lavoro perché la natura
dell’appalto può essere suscettibile di qualche modifica e l’organizzazione di
impresa della azienda o cooperativa subentrante potrebbe essere in contrasto
con la conservazione dei posti di lavoro e dei contratti.
Proprio per questa ragione il contratto di
appalto deve essere scritto in modo tale da evitare interpretazioni univoche e
restrittive da parte del vincitore, vincolarlo il più possibile al rispetto di
procedure, servizi per i quali personale qualificato e già operante nel
medesimo appalto diventi in qualche modo indispensabile.
Di solito si prevede che le stazioni
appaltanti possano esigere condizioni particolari per l’esecuzione del
contratto, sempre che le stesse risultino compatibili con il diritto
comunitario e, con i principi di parità di trattamento, non discriminazione,
trasparenza, proporzionalità.
Alcune amministrazioni locali sono arrivate
al punto di giudicare la clausola a salvaguardia dei posti di lavoro una sorta
di turbativa di mercato ma anche in questo caso non ci sono gli estremi per una
decisione che lasci fuori i lavoratori.
L’attenzione degli enti pubblici è rivolta
solo agli aspetti formali (bando, lettera d’invito, capitolato speciale) con il
rispetto di tutti i doveri pubblicitari previsti dalla legge, ma attenzione: la
presenza di clausole sociali non deve
determinare, direttamente o indirettamente, conseguenze discriminatorie nel
mercato Europeo. La conservazione dei posti di lavoro non può dirsi in
contrasto con le normative comunitarie, soprattutto se la natura dell’appalto è
tale da avere alle sue dipendenze persone con particolari difficoltà di
inserimento, con situazioni sociali e familiari disagiate.
Le stazioni appaltanti devono quindi
garantire la libera circolazione dei mezzi e dei servizi, ma la conservazione
dei posti di lavoro non stride con questi principi, mentre altro discorso vale
per le modalità e i criteri di aggiudicazione che ai fini strettamente
sindacali non ci interessano.
Quanto poi alle cooperative di tipo B,
ricordiamo che queste sono tenute ad assumere una certa quota (almeno il 30% )
di personale tra le figure svantaggiate e quindi hanno alcune tutele in più e
la stazione appaltante, privata o pubblica che sia, può inserire nel bando la
clausola sociale a salvaguardia di queste figure svantaggiate (non solo loro,
ma l’intero organico facente parte dell’appalto).
Ciò non mette al riparo da eventuali
cambiamenti organizzativi che possano anche determinare un appalto al ribasso
con perdita di ore ma sicuramente non ci sono gli estremi per giudicare
turbativa o illegale una clausola sociale che esplicitamente preveda la
conservazione del posto fin dalla scrittura del bando
Ricordiamo poi che con l'articolo 29 del
D.lgs.276/03 era prevista la responsabilità solidale del committente almeno per
quanto riguarda gli obblighi retributivi e contributivi maturati (stipendi e
contributi pensionistici), riprendendo l'articolo 2112 del Codice Civile che
nel caso del trasferimento di azienda sanciva la continuità del rapporto di
lavoro senza alcuna interruzione (quindi nessun licenziamento e successiva
riassunzione, ma solo continuità del rapporto di lavoro pur con
aziende/cooperative diverse). Il Codice Civile prevedeva poi la piena
applicazione del contratto nazionale di lavoro o l'applicazione del nuovo CCNL
adottato dalla azienda subentrante.
Lo stesso regime di solidarietà veniva
applicato nei casi di cessione di un ramo di azienda, ma nel nostro caso
avveniva solo se oltre al personale ci fosse anche una cessione di beni.
Queste clausole, recepite in alcuni, ma non
tutti i contratti nazionali, scaturivano dalla necessità di garantire i posti
di lavoro con la fine di un appalto.
Negli appalti pubblici la clausola viene
inserita direttamente nel bando di gara in modo da rendere automatico il
diritto alla conservazione del posto di lavoro trasferendo lavoratori a carico
del futuro aggiudicatario.
Qui potrebbero sorgere alcune obiezioni
soprattutto in enti pubblici meno attenti alla forza lavoro, ma il diritto
comunitario non è in contrasto con la clausola sociale che non rappresenta
alcuna discriminazione verso aziende e cooperative che partecipino ad un bando
di gara.
Detto ciò non esiste alcun obbligo di
assunzione di tutto il personale, chi si aggiudica un appalto può accampare la
motivazione della diversa organizzazione del lavoro e così risparmierà su
qualche assunzione o magari diminuirà il monte ore di alcuni lavoratori.
Spetta quindi all'appaltante il compito di
verificare se sussistono le condizioni per non riassorbire la totalità del
personale, insomma l'ente pubblico deve verificare in cosa consista l'effettivo
mutamento tecnico e organizzativo e eventualmente disconoscerlo, il che impegna
l'ente pubblico a un ruolo attivo e non solo di mero spettatore. Molto dipende
comunque da come un bando di gara viene effettivamente scritto
In tutti i casi esiste l'obbligo a
convocare la RSU
o la RSA durante
il cambio di appalto e avviare una trattativa. Per questo i lavoratori e le
lavoratrici devono organizzarsi sindacalmente con i Cobas e non affidarsi solo
alle vaghe promesse di CGIL, CISL, UIL.
Ci sono poi alcuni CCNL, per esempio quello
del trasporto e spedizioni merci per il settore artigiano, che prevedono
(all'articolo 42 bis) la priorità di assunzione per il personale già presenti
nella precedente gestione, ovviamente sempre in presenza di pari condizioni dell'appalto (da qui la
necessità che l'appalto non sia al ribasso).
Ma ci sono altri contratti nazionali che
non prevedono clausole sufficienti perchè i sindacati maggiormente
rappresentativi hanno scelto di non tutelare fino in fondo i lavoratori e le
lavoratrici per conflitti di interessi, per esempio, con il terzo settore e le
cooperative sociali.
Per concludere crediamo che in presenza di
una organizzazione sindacale combattiva e non compromessa e con la
partecipazione attiva dei lavoratori e delle lavoratrici ci siano le condizioni
per scongiurare licenziamenti nei cambi di appalto avvalendosi anche di una
giurisprudenza che ad oggi, con i contratti nazionali vigenti, vincola i datori
di lavoro al rispetto di alcune regole.
Ma ribadiamo la necessità che si vigili
sull'operato delle pubbliche amministrazioni fin dalla scrittura delle gare di
appalto.
Per approfondimenti:
Cobas Pisa
web : http://www.cobaspisa.it
mail: confcobaspisa@alice.it
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From: Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent: Sunday, October 11, 2015 9:24 AM
Subject: 63° GIORNATA DELLE MORTI SUL LAVORO
Oggi è la 63° celebrazione giornata che
l’ANMIL tutti gli anni mette in campo per ricordare le morti sul lavoro.
Ma come curatore dell’Osservatorio
Indipendente di Bologna morti sul lavoro voglio mostravi un grafico che un
ingegnere, che è stato anche un imprenditore, mi ha fatto per far conoscere
agli italiani cosa è successo su questo fronte dopo l’introduzione della Legge
Fornero (il grafico è visionabile all’indirizzo http://cadutisullavoro.blogspot.co.uk).
Il grafico mostra un aumento molto
significativo delle morti sui luoghi di lavoro tra gli ultrasessantenni.
Al sensibile ingegnere ho mandato il numero
complessivo delle morti sui luoghi di lavoro degli interi anni 2013/14 e al 9
ottobre di quest’anno, e quanti di questi sono morti che avevano un’età
superiore ai 61 anni. Come potete vedere c’è da rimanere scioccati guardando il
grafico.
Oltre un aumento generalizzato delle morti
che anche l’INAIL registra tra i suoi assicurati, la situazione si aggrava
ulteriormente tra i lavoratori anziani. Al 9 ottobre 2015 su 540 morti
complessivi sui luoghi di lavoro ben 169 hanno un’età superiore ai 60 anni.
Ricordiamo per la milionesima volta che
stiamo parlando dei morti sui luoghi di lavoro e che se si aggiungono i morti
sulle strade e in itinere si arriva a superare i 1.150 morti complessivi.
L’incremento non si può spiegare solo con la casualità, ma come appare anche
logico dai tantissimi lavoratori anziani costretti a lavorare e a svolgere
anche lavori pericolosi con l’introduzione della legge Fornero.
Salute malferma, acciacchi, male alle gambe
e alle braccia, riflessi poco pronti in un’età avanzata, poco hanno contato per
chi ha approvato questa legge. Ricordiamo che tanti di questi che con la crisi
hanno perso il lavoro non sono riusciti a trovarne un altro in regola e
trovandosi senza stipendio e senza pensione sono costretti a svolgere anche
lavori pericolosi.
Poi occorre ricordare che non ci sono solo
gli infortuni mortali, ma anche quelli gravi e meno gravi che oltre alla
sofferenza di chi lo subisce provocano un enorme esborso per le casse dello
Stato. Poi tra qualche giorno ci occuperemo anche delle devastazioni del Jobs
Act che di fatto non tutela più i nuovi assunti anche sul fronte della
Sicurezza.
Il giorno 11 ottobre 2014 i morti sui
luoghi di lavoro erano 525, oggi 11 ottobre 2015 sono 545, l’aumento è del
3,7%. Ma l’INAIL registra tra i suoi assicurati un aumento superiore al 10%.
Perché questa differenza sostanziale?
Il Jobs Act ha incentivato con una forte
iniezione di denaro l’assunzione di lavoratori che prima lavoravano in nero,
erano partite IVA ecc. Praticamente c’è un grandissimo vantaggio ad assumere
questi lavoratori che adesso sono assicurati all’INAIL. Stipendi bassi, licenziabili quando e come si
vuole, silenzio sui propri diritti e sulla sicurezza. Una manna insomma sempre
per i soliti noti.
I nonni dovrebbero trasmette il loro sapere
ai nipoti, non morire lavorando.
Pochi giorni fa a Rubano, Remo Di Leta a 77
anni è morto schiacciato da una lamiera mentre stava demolendo una vecchia
chiatta.
Carlo Soricelli
Osservatorio Indipendente di Bologna morti
sul lavoro
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From: Rete Nazionale Sicurezza sui luoghi
di lavoro e territori bastamortesullavoro@gmail.com
To:
Sent: Monday, October 12, 2015 8:44 AM
Subject: APPELLO PER UN
PRESIDIO/MANIFESTAZIONE ALL'AVVIO IL 20 OTTOBRE DEL PROCESSO ILVA DI TARANTO
Il 20 ottobre comincia dopo una lunghissima
e combattuta udienza preliminare il vero e proprio processo alla famiglia di
padron Riva e a tutti i suoi complici che hanno reso tristemente famosa l'ILVA
come “fabbrica della morte” e Taranto come “capitale del popolo inquinato”.
Il processo ILVA mostra esemplarmente il
sistema del capitale ed è il “padre” di tutti i processi di questo tipo. Gli
imputati sono tutte le espressioni del sistema economico, politico,
istituzionale, dai grandi capitalisti ai loro agenti, dai rappresentanti delle
Istituzioni, parlamentali, regionali e locali, a esponenti della Digos e delle
Forze dell'Ordine, dai dirigenti degli Enti che dovevano controllare, fino a
preti vicino ai vertici della chiesa.
Mancano, ed è una grave lacuna del
processo, i vertici e i rappresentanti in fabbrica dei sindacati confederali. E
il quadro del sistema borghese sarebbe completo.
L'ILVA è al centro oggi della
contraddizione epocale tra gli interessi del capitale e gli interessi degli
operai e delle masse popolari, tra la logica del profitto e la salute, la vita
degli operai e delle masse popolari.
Ma il processo ILVA è oggi soprattutto
espressione dell'azione dei governi, e oggi in particolare del governo Renzi,
che in nome di salvare gli interessi dei padroni e gli interessi dell'economia
nazionale dei padroni legati alla produzione dell'ILVA, non hanno esitato e non
esitano ad agire contro il processo con decreti e azioni ad hoc che ne vogliono
impedire lo svolgimento, mettere al riparo gli imputati e negare giustizia e
risarcimento a operai e masse popolari.
L'ILVA mostra in maniera esemplare come lo
Stato sia sempre e solo al servizio del capitale. La gestione attuale di Stato
e di governo dell'ILVA mostra che l'intervento dello Stato borghese serve solo
per socializzare le perdite e in futuro, nuovamente, privatizzare i profitti.
Per questo il processo ILVA è una grande
scadenza nazionale.
E' a questa scadenza nazionale che
chiamiamo come operai dell'ILVA, lavoratori del cimitero luogo di massima
concentrazione di inquinamento ai Tamburi, proletari e famiglie dei quartieri
Tamburi e Paolo VI, costituitisi parte civile autorganizzati al processo con
l'appoggio dello Slai Cobas per il sindacato di classe e la Rete nazionale per la
sicurezza e la salute sui posti di lavoro e territori, a un
Chiamiamo tutte le realtà collettive e
individuali, impegnate nella lotta anticapitalista e contro le devastazioni
ambientali e territoriali, a mandare l'adesione, a propagandare la scadenza in
tutte le forme e in tutti i luoghi di lavoro, territori, scuole, università,
ecc. e a partecipare personalmente o con delegazione al presidio/manifestazione
nazionale al Tribunale, alla fabbrica e al quartiere Tamburi per il 20 ottobre.
cellulare: 347 11 02 638
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From: Claudio Gandolfi clgand@libero.it
To:
Sent: Monday, October 12, 2015 2:39 PM
Subject: SICUREZZA SUL LAVORO: LA FORTUNA NON BASTA A
SALVARSI...
Parlando sabato 10 all’assemblea di
Unimpresa di Treviso, Renzi ha detto che “Lo Stato ha il compito non di dare a
tutti un reddito, ma di creare le condizioni per un lavoro per tutti”.
Voglio leggere in queste parole la volontà
del suo Governo non tanto di garantire per tutti “la sicurezza del posto di
lavoro”, quanto bensì di garantire “la sicurezza sul posto di lavoro per
tutti”.
I numeri ci raccontano che questo ancora
non è e che, al contrario, la penisola del lavoro è una lunga striscia di
sangue, dove a ogni ricorrenza e/o tragedia si ripete la stessa fastidiosa
litania del dispiacere, dello sgomento, del “non deve succedere mai più”;
E’ successo anche domenica 11, in occasione della 65°
giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro, quando ANMIL ha
reso noti i dati INAIL relativi agli infortuni sul lavoro nei primi 8 mesi del
2015.
Questi dati infatti ci mandano un segnale
molto preoccupante perché, se da un lato in numero assoluto gli infortuni sono
diminuiti del 4,14% rispetto al 2014, dall’altro quelli mortali (al contrario)
sono aumentati del 15,33% passando da 652 a 752.
Nel perdurare della crisi economica questo
significa semplicemente una cosa, ovvero che “SI LAVORA DI MENO MA SI MUORE DI
PIU’”!
Siamo una “Repubblica Democratica fondata
sul Lavoro” ma in nome del risparmio, della crisi che morde, della concorrenza
al ribasso, della deregolazione delle norme per togliere lacci e lacciuoli alle
imprese, sono ancora tanti, troppi gli imprenditori per cui la sicurezza non è
un valore su cui investire ma un “costo da tagliare”.
Per me la “buona politica” dovrebbe
occuparsi anche di questo, mettendo in atto misure e condizioni che lascino
fuori dal mercato del lavoro i “banditi”, perché sul lavoro la “fortuna” non
basta per tornare a casa tutte le sere “interi” e con le proprie gambe...
Claudio Gandolfi
Bologna
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From: Franco Mugliari fmuglia@tin.it
To:
Sent: Monday, October 12, 2015 4:42 PM
Subject: MORTI SUL LAVORO: NEL 2015 UNO AL
MESE IN PROVINCIA DI BOLZANO
9 morti nei primi 9 mesi del 2015 è il
tragico bilancio denunciato ieri nel corso della 65° giornata dedicata al ricordo delle vittime
sul lavoro. Ma oltre ai morti non vanno dimenticati i 15 mila infortuni e
malattie professionali, invalidanti e non, che collocano la provincia di
Bolzano ai primi posti in Italia sulla base dei ben più oggettivi indici
infortunistici (rapporto tra numero degli infortuni e numero di ore lavorate).
Nel 2014 i morti in Alto Adige erano stati
15, quindi un dato superiore a quello del 2015 arrivato peraltro solo a tre
quarti del suo cammino. Ma non si può tacere di fronte allo strano criterio di
valutazione del dato infortunistico introdotto un paio di settimane fa nel
corso del seminario bolzanino con il procuratore della Repubblica di Torino,
dottor Guariniello. In quella sede si disse che se è vero che i morti in Alto
Adige sono stati 15, ben 4 erano contadini e per 2 si trattava di incidenti
stradali (infortuni in itinere). Procuratori della Repubblica e dirigenti
dell’Ispettorato del Lavoro presenti in sala e sul palco; che qualcuno abbia
battuto ciglio?
Una volta per infortunio mortale sul lavoro
si intendeva quello accaduto a soggetti titolari di una posizione assicurativa,
con esclusione quindi di quelli che coinvolgevano soggetti non assicurati
(lavoratori in nero), oppure che accadevano nel tragitto casa/lavoro o a chi,
ultrasettantenne, moriva cadendo da un albero raccogliendo ciliegie. E nel conto
non rientrava nemmeno chi moriva per un tumore determinato dall’aver maneggiato
per anni sostanze nocive non comprese nell’apposita tabella INAIL. E poi, che
volete, fumava anche.
E mentre il sistema legislativo si evolveva
riconoscendo l’infortunio in itinere e affermando che per malattia
professionale si intende qualsiasi patologia che il lavoratore riesca a
dimostrare stia in una relazione causale con il lavoro (tabellata o meno), ecco
il nuovo sistema di calcolo “salva-coscienze”: sono infortuni sul lavoro solo
quelli per i quali Procura della Repubblica e Ispettorato del Lavoro devono
avviare un’indagine per la definizione di eventuali responsabilità penali. E
state tranquilli che con la penuria di magistrati e di ispettori le cose non
potranno che andare meglio in futuro. In fondo a chi volete dare la colpa
quando il contadino arando il proprio campo rimane schiacciato dal proprio
trattore? In agricoltura, si sa, sono tutti lavoratori autonomi (chissà chi li
paga i raccoglitori che in queste settimane lavorano alla raccolta di mele e
uva) e quindi i controlli sono inutili.
E sindacati? Dopo aver sbraitato per anni
con la richiesta di “un carabiniere in ogni azienda” oggi, a 20 anni di
distanza dall’entrata in vigore della 626 (oggi D.Lgs.81/08) scoprono gli
organismi paritetici. E chiedono giustamente che questo importante strumento di
co-gestione delle problematiche della sicurezza sul lavoro venga istituito (per
la cronaca è compito delle parti sociali istituirli e pare che abbiano firmato
un protocollo di intesa in tal senso), ma non può essere evidentemente un
organo di controllo.
E tutto ciò mentre la Provincia autonoma di
Bolzano presenta un disegno di legge per abolire le ispezioni, o meglio, per
sostituire alle sanzioni penali, oggi previste dalle normative in materia di
sicurezza, ben più lievi sanzioni amministrative, di fatto trasformando
l’ispettorato da organismo di vigilanza a organo di consulenza.
Lo ha denunciato Mauro Parisi su “Italia
oggi” (quotidiano filo-imprenditoriale) dello scorso 22 settembre.
“L’intenzione manifesta è che in Alto Adige si possano adottare direttive
cogenti volte a recare il minore intralcio possibile al normale esercizio delle
attività di impresa. E ciò, non soltanto mediante la riduzione dei controlli
nelle imprese, ma perfino la loro eliminazione”.
E i sindacati? I partiti politici di
opposizione? Silenzio.
Qualcuno forse qualche giorno fa avrà letto
che è stata approvata (ma non ancora in via definitiva) la norma che modifica
l’articolo 117 della Costituzione che prevede una diversa distribuzione delle
competenze tra lo Stato, le regioni e le province autonome.
La tutela della salute e la sicurezza sul
lavoro torneranno tra le materie di competenze dello Stato. Ma non sarà così
per le province autonome di Trento e Bolzano che continueranno ad avere in
materia quella competenza concorrente (secondaria) di cui godono in virtù dello
statuto di autonomia. E quindi se non si interviene localmente a livello
politico e sindacale, il progetto di definitiva sepoltura delle attività di
prevenzione degli organi di controllo sarà completato.
Asciugata la lacrimuccia? Tirato su il
“moccio” dovuto alla commozione nell’ascoltare il richiamo dei dirigenti ANMIL
ad una maggiore prevenzione? Bene, e allora avanti come sempre. Ci rivediamo il
prossimo anno per la 66° celebrazione della giornata nazionale dei caduti sul
lavoro.
Franco Mugliari alias Muglia La Furia
mail: fmuglia@tin.it
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From: CUB Sanità Firenze cubsanita.firenze@libero.it
To:
Sent: Monday, October 12, 2015 6:17 PM
Subject: INCONTRI DI FORMAZIONE SINDACALE
INCONTRI DI FORMAZIONE SINDACALE
Sala dei marmi, Parterre
piazza della Libertà
Firenze
La CUB Sanità di Firenze invita
i propri delegati, gli iscritti, e tutti i lavoratori a un ciclo di incontri
pomeridiani con l'obiettivo di fornire una preliminare consapevolezza dei
problemi sindacali, degli strumenti e delle logiche di azione in ambito
sindacale e di tutela dei lavoratori.
Gli incontri hanno lo scopo di favorire
anche la comprensione dell'attività e degli obiettivi dell'organizzazione
rispetto all'azione di autotutela del singolo lavoratore.
PROGRAMMA
VENERDI’ 23 OTTOBRE 2015
“Introduzione al ruolo del sindacato e
delle relazioni sindacali”
Maurizio Barsella
CUB Toscana
VENERDI’ 30 OTTOBRE 2015
“Le fonti del diritto del lavoro: Leggi,
Contratti e Accordi”
Andrea Ranfagni
Centro Studi Diritti e Lavoro
MARTEDI’ 24 NOVEMBRE
“Principali tutele dei lavoratori
dipendenti”
Andrea Ranfagni
Centro Studi Diritti e Lavoro
VENERDI’ 4 DICEMBRE
“La tutela della sicurezza e della salute
sui luoghi di lavoro”
Gino Carpentiero, Marco Spezia
Operatori della prevenzione
Sportello salute Medicina Democratica
TUTTI GLI INCONTRI avranno inizio alle
16:30 e prevedono una relazione di circa un'ora e mezzo per dare spazio al
dibattito
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From: Teoria & Prassi teoriaeprassi@yahoo.it
To:
Sent: Tuesday, October 13, 2015 10:11 AM
Subject: CRESCE L’OPPOSIZIONE DI MASSA AI
TRATTATI NEOLIBERISTI
Si succedono in molti paesi europei le
manifestazioni contro i trattati di libero scambio (il TTIP, il CETA e il TiSA)
che USA e UE stanno negoziando in segreto. A Berlino hanno dimostrato in
250.000. La mobilitazione prosegue e si estende fino al 17 ottobre, giornata in
cui vi sarà un grande presidio a Bruxelles, nella consapevolezza che il TTIP
pregiudicherà la vita dei lavoratori e dei giovani.
Questi trattati ispirati dal neoliberismo
andranno infatti ad incidere sui regolamenti che garantiscono un minimo di
condizioni e di tutele in materia lavorativa, ambientale, dell’alimentazione e
in relazione ai servizi pubblici.
Il TTIP, in particolare, si incentra sui
cambiamenti nelle regolamentazioni affinché le multinazionali possano penetrare
più facilmente in settori che vengono visti come mercati appetitosi per i loro
voraci interessi.
Un aspetto distintivo del TTIP è la spinta
al processo di privatizzazione di tutto ciò che è pubblico. Un esempio è
l'acqua: il TTIP (assieme al TISA, il trattato parallelo sui servizi pubblici)
mira a privatizzare tutti i servizi pubblici comprese le reti idriche, quelle
fognarie e la depurazione.
Nelle dichiarazioni pubbliche dei leader
europei, del PD e delle destre, si afferma
che questo accordo favorirà la crescita e l'occupazione. Sono menzogne
spudorate!
Il TTIP e gli altri trattati produrranno
soprattutto una maggiore concentrazione di capitali e ricchezze nelle mani
delle imprese capitalistiche più grandi e con maggiori risorse.
In conseguenza di ciò vi sarà
l'eliminazione di migliaia di posti di lavoro in diversi settori e un’ulteriore
pressione verso il basso dei salari e dei diritti.
Gli unici beneficiari dei trattati saranno
le grandi imprese europee e statunitensi che avranno mani libere per ottenere
il massimo profitto, senza restrizioni né regolamenti.
Con questi trattati viene anche ridefinito
il ruolo della politica e delle istituzioni borghesi, che saranno chiamati dai
capitalisti ad approvare rapidamente leggi e regolamenti per soddisfare le
esigenze del massimo profitto. Il governo antidemocratico e antipopolare di
Renzi rappresenta in pieno questa tendenza.
Chiaramente il TTIP, il CETA e il TiSA sono
anche rivolti contro i paesi dipendenti, più poveri.
Denunciamo lo sporco gioco che si sta
consumando sulle nostre teste.
Diciamo NO ai trattati neoliberisti
sviluppando l’opposizione di massa, senza coltivare nessuna illusione sul ruolo
delle istituzioni imperialiste!
Fuori dall’UE, dall’euro e dalla NATO!
Togliamo ogni legittimità ai politicanti
borghesi che ci vogliono rovinare la vita e il futuro!
13 ottobre 2015
Piattaforma Comunista per il Partito
Comunista del Proletariato d’Italia
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From: Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent: Wednesday, October 14, 2015 9:04 AM
Subject: INTERVISTA SULLE MORTI SUL LAVORO
DELLA IENA OPERAIA
Cari amici vi segnalo il link con
l'intervista che mi ha fatto la trasmissione Iena Operaia sulle morti sul
lavoro:
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From: Davide Hanau hanaudavide@yahoo.it
To:
Sent: Wednesday, October 14, 2015 10:42 AM
Subject: INCONTRO SUGLI ASPETTI DELLA
SICUREZZA NELLE COLLABORAZIONI TRA AUTONOMI
Ciao
a seguire l'incontro che organizzo alla
fine della settimana prossima.
Spero di vedervi in tanti.
Davide Hanau
INCONTRO INFORMATIVO GRATUITO: ADEMPIMENTI
SULLA SICUREZZA
“LE COLLABORAZIONI TRA LAVORATORI AUTONOMI:
ASPETTI CRITICI RISPETTO ALLE NORME DI SICUREZZA”
L'evoluzione dell'organizzazione del lavoro
nell'ultimo decennio ha reso estremamente comune la formula di 2 o più
lavoratori con partita IVA che collaborano per portare avanti gli incarichi
affidati.
La legislazione di riferimento rimane
invece ancorata allo schema di aziende di grandi dimensioni con un datore di
lavoro che non effettua interventi manuali, ma semplicemente coordina, e dei
lavoratori dipendenti con molteplici tutele.
L'autonomo è concepito come lavoratore che
opera sempre da solo.
Questo vuoto legislativo rispetto a un
settore come il giardinaggio, e ancor di più dell'arboricoltura, dove
paradossalmente lavorare da soli risulta assolutamente scorretto per la
sicurezza, genera grandi dubbi che portano alcuni a definire irregolare queste
collaborazioni.
Analizzeremo il punto, senza pretesa di
arrivare a una soluzione che al momento non esiste, partendo da dati e
considerazioni certe, per poi sviluppare un dibattito aperto in base alle
esperienze di ognuno.
Relatore: dottor Davide Hanau
Data e orario: venerdì 23 ottobre 2015 ore
14:00
Sede: Penta.com via Vallescura, 12/2
Bologna
L'incontro è gratuito, la prenotazione
obbligatoria.
Per prenotare la partecipazione:
telefonare al numero 051 64 47 972 Federica
(Penta.com)
oppure inviare una mail a federica@pentacomsrl.com
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From: Posta Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent: Thursday, October 15, 2015 2:16 AM
Subject: RIFORMA DELLA CONTRATTAZIONE =
FINE DEL CONTRATTO NAZIONALE
Da USB Italia
09/10/15
La trattativa sulla cosiddetta
"riforma della contrattazione" tra CGIL, CISL, UIL e Confindustria, è
stata interrotta apparentemente in modo unilaterale dal Presidente Squinzi che
ha affermato che sarebbe inutile continuare, viste le posizioni del sindacato.
Possiamo soltanto immaginare quanto
"avanzate e rivoluzionarie" possano essere le posizioni di CGIL,
CISL, UIL: quindi Confindustria persegue evidentemente altri obiettivi.
Squinzi aveva condizionato il rinnovo dei
contratti nazionali in scadenza all'accordo con CGIL, CISL, UIL sulla riforma
del modello contrattuale. Ma aveva anche previsto che il contratto nazionale
dovrebbe trasformarsi in una cornice con poche regole generali e con gli
aumenti contrattuali per tutte le aziende che non praticano la contrattazione
decentrata o di secondo livello,
pretendendo anche di non applicare più il principio dell'inflazione
programmata perché "troppo favorevole per i lavoratori".
Tutto ciò che è relativo invece a orari,
flessibilità, turnazioni, organizzazione del lavoro ecc., andrebbe affrontato a
livello aziendale come pure gli aumenti salariali che dovranno essere legati
alla produttività aziendale. Una produttività che non dipende principalmente
dai ritmi e dagli orari di lavoro, ma dall'andamento del mercato, dalle
innovazioni tecnologiche, ecc.
Nella contrattazione decentrata poi
dovrebbero essere inseriti anche elementi di welfare aziendale relativi alla
salute/sanità (privata naturalmente) e alla previdenza complementare, in linea
con la distruzione dei diritti e dei servizi sociali pubblici che Renzi sta
attuando.
Si dovrebbe poi cominciare a discutere
della partecipazione dei lavoratori alla gestione aziendale, sull'esempio
tedesco, che a prescindere dal modello economico e politico che sottende, anche
dal punto di vista esclusivamente economico, in tempi di crisi economica ormai
permanente, non dà proprio l'idea di un
futuro sereno.
La rottura con CGIL, CISL, UIL si è
verificata soprattutto rispetto ai tempi e alle modalità di entrata in vigore
delle nuove norme: se già con i prossimi
rinnovi contrattuali come vuole Squinzi con la CISL consenziente, o nei prossimi come chiede la CGIL.
Quindi Squinzi afferma che di rinnovo dei
Contratti nazionali ora non se ne parla e in ciò si inserisce la decisione del
Governo Renzi che, pienamente convinto della necessità di svuotare rapidamente
il Contratto nazionale, oltre a continuare a tener bloccati il Contratto dei
dipendenti pubblici, annuncia una legge
per l'introduzione del "salario minimo", tra l'altro già previsto dai
Decreti attuativi del Jobs Act.
Più che di "salario minimo"
sembrerebbe trattarsi di un "salario al minimo", se è vero che si
vocifera una cifra di 6 euro l'ora o poco più, che corrisponde a circa la metà
della media prevista nei contratti nazionali esistenti.
L'adozione di un "salario minimo"
di quell'entità per legge, quindi sottratto alla contrattazione, fa subito
venire in mente che le aziende faranno a gara, come fece la Fiat di Marchionne, per
uscire da Confindustria e conseguentemente dal Contratto nazionale di
riferimento per poter poi applicare una normativa e salari contrattati a
livello aziendale.
Certo al personale già assunto, salvo
licenziamenti e successive riassunzioni, cosa questa non da escludere, non si
potrebbe ridurre lo stipendio, ma ai nuovi assunti si applicherebbe da subito
il contratto aziendale e i nuovi aumenti sarebbero per tutti legati
esclusivamente alla produttività, con enormi tagli al costo del lavoro e
risparmi notevolissimi per le aziende.
Ma allora, come associazione dei datori di
lavoro, se potrebbe uscire ridimensionata nel proprio ruolo e nel potere di
contrattazione generale con il sindacato e con le istituzioni, perché mai Confindustria
decide di rompere la trattativa con CGIL, CISL, UIL e affidarsi all'intervento
del Governo?
Potrebbe essere soltanto un bluff per
tentare di alzare la posta nella trattativa con il sindacato e ottenere
maggiori margini di guadagno.
Potrebbe aver concordato con il Governo una
soluzione legislativa che riduce i salari, svuota il contratto nazionale, ma
lascia a Confindustria una sorta di monopolio di rappresentanza nell'ambito
delle aziende.
O, infine, potrebbe essere il risultato di
un pre-accordo con lo stesso sindacato per inscenare una farsa che, come al
solito, vedrebbe la CISL
sull'uscio e in procinto di entrare, la
UIL a metà strada e la CGIL un po' più lontana, ma tutti in movimento
verso la stanza dei bottoni e del banchetto ufficiale che consacrerebbe un
accordo al massacro, ma magari dopo qualche volto indignato alla TV o magari
qualche scioperetto da operetta per dimostrare di aver fatto il massimo e di
aver ottenuto il possibile.
Quale che sia il perché, il risultato non
cambierebbe: addio Contratto nazionale, strumento solidaristico e di
acquisizione generale di migliori condizioni di lavoro e di un progressivo
incremento del salario per tutti. Addio addirittura anche a quel parzialissimo
recupero dell'inflazione al quale eravamo abituati e aumenti salariali legati
esclusivamente alla produttività e a un merito che, sempre a discrezione
dell'azienda, suona come premio a chi non crea problemi, a chi non sciopera, a
chi non si ammala, a chi non fa figli.
E in questo progetto i bassi salari saranno
parzialmente compensati da un modello di relazioni sociali che prevederà un
welfare aziendale che accompagnerà il lavoratore nel suo percorso di vita e
pian piano sostituirà al ribasso l'intervento dello stato sociale che verrà
progressivamente privatizzato in ogni suo aspetto: dalla scuola alla sanità,
dall'abitare alla maternità, ecc.
Della serie: o paghi o crepi!
Da sottolineare anche un altro aspetto non
marginale in questa partita generale sulla "riforma della
contrattazione". Questo è un obiettivo non soltanto di Confindustria e di
Renzi, ma è ciò che è stato chiesto alla Grecia nel famoso memorandum che si
dovrà rispettare per ottenere prestiti da strozzini, ed è la stessa richiesta
fatta da Draghi e Trichet all'Italia nel 2011.
Le cambiali si pagano e nessuno può far
finta di nulla: che questo passi sulla testa di milioni di persone, di donne e
di uomini che non arrivano a fine mese, che perdono una casa e qualsiasi
certezza, che vengono licenziati o che non riescono a godersi un giorno di
pensione, per loro è poca cosa.
E se serve ridurre gli spazi democratici,
sfregiare la democrazia, uccidere il diritto allo studio, il diritto alla
salute, il diritto ad una pensione, il diritto di sciopero...non è importante!
Tenteranno di passare su tutto come un
carro armato. L'importante è assicurare profitti e margini di guadagno anche in
un periodo di lunga crisi come l'attuale, costi quel che costi.
Si può e si deve fare qualche cosa. Si può
e si deve reagire!
Costruire conflitto, costruire opposizione
e dissenso è assolutamente necessario, ma non basta più. Costruire un'alternativa sociale e sindacale
è ormai una necessità impellente e chi ha più coscienza di ciò ha il dovere di
impegnarsi in questo progetto.
Questo è ciò che stiamo facendo come Unione
Sindacale di Base e i riscontri positivi arrivano ogni giorno dalle lavoratrici
e dai lavoratori, dai pensionati e dai disoccupati, dai giovani e dai migranti
che ogni giorno riempiono le nostre sedi e con i quali percorriamo urlando le
piazze e le strade di questo paese.
Abbiamo buone gambe e tanta voce: non sarà
facile far finta che non ci siamo!
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From: Posta Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent: Thursday, October 15, 2015 2:16 AM
Subject: BUTTANDO VIA LA
PAURA
Lunedì 19 Ottobre ore 21
Circolo Dravelli, Strada Praciosa 11
Moncalieri (TO)
Proiezione e dibattito: I facchini in
lotta, il granello nell'ingranaggio che inceppa le multinazionali.
Interventi di: Si Cobas e ANPI Grugliasco
* * * * *
BUTTANDO VIA LA PAURA: QUANDO I LAVORATORI
SI ORGANIZZANO, LOTTANO E CONTANO
La crisi strutturale che ha investito le
nazioni a capitalismo avanzato e globalizzato è stata per i padroni
un'opportunità eccezionale. Lungi dal semplicistico ragionamento veicolato dai
media per cui "la crisi colpisce tutti", le ristrutturazioni
aziendali, le delocalizzazioni e i licenziamenti (attuati o anche solo
minacciati) sono stati efficacemente utilizzati come destro per ottenere la
completa regressione delle garanzie per i lavoratori e per ottenere un
eccezionale compressione dei salari esistenti.
Tale meccanismo ha anche consentito di
paralizzare i già non attivissimi sindacati concertativi che non hanno mai
condotto una efficace azione di contrasto alla lotta di classe portata avanti
in modo energico e spietato dal capitale.
Ma non ovunque è stato così.
Al fondo della scala salariale, i
lavoratori del facchinaggio e della logistica, spesso composti anche da
immigrati, precari, hanno trovato il modo, attraverso la reciproca solidarietà
operaia e l'organizzazione, di mettere in campo efficaci lotte, scioperi e
occupazioni contro un padronato spietato, che ha dovuto però compiere
significativi arretramenti, sbattendo la testa contro la forza dei lavoratori.
Questi ultimi hanno saputo resistere sia
alla forza dei padroni che a quella dello stato che ha attivato il processo
penale e la prigione nei confronti dei resistenti.
Del resto, a fronte di "salari"
inferiori a sette o addirittura cinque euro all'ora, ovvero in condizioni di
lavoro massacranti e precarie, l'articolo 36 della Costituzione Italiana, per
cui il lavoratore ha diritto ad una retribuzione "in ogni caso sufficiente
ad assicurare a sé ed alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa" deve
esser sembrato se non una presa in giro, un'enorme ipocrisia.
Di fronte ad una classe padronale e alla
politica loro amica che insieme hanno fatto carta straccia di questi diritti
della Carta Fondamentale, la resistenza eroica di questi lavoratori e dei loro
sindacati conflittuali ha certamente acquisito valore morale, ma soprattutto ha
guadagnato il suo posto nella storia del movimento operaio in quanto è stata
efficace, in un momento di quiescenza di altri vasti settori sindacali
concertativi.
I facchini, con la lotta, hanno portato a
casa i risultati, mostrando che la classe operaia è tutt'altro che finita e
ridotta all'impotenza.
Hanno dimostrato che nel capitalismo è solo
lo sfruttamento del lavoro da parte di pochi nei confronti di molti la fonte
della ricchezza. Ricchezza la quale è distribuita in modo diseguale e indegno,
proprio perché viene prodotta in questo modo.
Hanno mostrato, con la loro lotta, come
questa diseguaglianza iniziale nella distribuzione della ricchezza è fonte di
tutte le altre contraddizioni: dallo sfruttamento degli immigrati, all'assenza
di abitazioni fruibili da lavoratori sempre più sfruttati, allo sfruttamento
della donna o dei giovani, alla crisi delle periferie.
Soprattutto hanno dimostrato in quali
condizioni la lotta è efficace: il settore in cui prestano il proprio lavoro
(la logistica) è un tassello fondamentale del processo produttivo. Senza la
consegna e la movimentazione delle merci la catena produttiva si ferma. Hanno
dimostrato di saper sfruttare questa loro incidenza nella sfera di produzione
della ricchezza, gettando via la loro paura per farla rinascere nei corpi e
nelle menti del padrone, confermando che è proprio questa incidenza a fornire
al movimento di lavoratori che lotta un potere enorme, tale da inceppare gli
ingranaggi di grandi multinazionali, per regolare ed incidere nei rapporti tra
le classi.
Hanno anche fatto comprendere come i
concetti di classe, lotta di classe e contraddizione tra capitale e lavoro non
possono essere soltanto compresi e sbandierati figurativamente, ma occorre
soprattutto praticarli, tentando di unire ciò che il potere ed i padroni
disuniscono.
Questa importante lezione di prassi
consente di intravedere il dato politico fondamentale su cui ci si dovrebbe
interrogare: per eliminare la diseguaglianza nella distribuzione della
ricchezza, occorre che siano gli stessi lavoratori produttori a decidere
collettivamente come, dove, cosa e quando produrre per le necessità collettive,
abbandonando l'anarchia produttiva del capitalismo e la realizzazione dei fini
speculativi delle imprese private. Forse non si parlerebbe più di settori in
dismissione con sacrifici occupazionali da chiedere ai lavoratori. Si
parlerebbe di lavoratori che decidono insieme dove e come impiegare la propria
forza produttiva che occuperebbe tutti nel modo dignitoso che quella norma
costituzionale vorrebbe.
"Ditching the Fear" (Buttando via
la paura) è un film documentario realizzato da Labournet TV, che racconta la
lotta dei facchini e della logistica, di come, appunto "unusual
things" ("cose insolite"), glossiamo provocatoriamente noi, sono
accadute in Italia dal 2008. Racconta del terreno di scontro che hanno dovuto
affrontare, di fronte alla Granarolo, all'IKEA, ai caporali e alle
"cooperative" dei mercati generali.
"Parlando colle mie compagne, sono
venuta a conoscenza sin dal 2012 del sindacato Si Cobas. Ma c'era molta paura,
perché si viene messi in una condizione di servitù, sei così schiavizzato sul
posto di lavoro che non puoi nemmeno dire..., bhe non dici niente, continui
solo a lavorare, capo dopo capo, dopo capo... Così ho parlato con le mie
compagne dal 2012 e non so come sia successo, ma è stata una gran fortuna"
(Una lavoratrice Yoox, dal film).
Quali sono queste cose inaudite?
Che la classe operaia si organizza, lotta
in modo efficace e non figurativo o per sola delega, e (cosa altrettanto
inaudita) raggiunge in questo modo altrettanto inauditi risultati!
Enzo Pellegrin
12/10/2015
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From: Maria Nanni mariananni1@gmail.com
To:
Sent: Thursday, October 15, 2015 10:26 AM
Subject: SCIOPERI NAZIONALI DEI FERROVIERI
DAL 22 AL 25 OTTOBRE 2015
CAT e CUB Trasporti hanno dichiarato una
nuova azione di sciopero nazionale così articolata nei giorni 23, 24, 25
ottobre:
-
per
il personale Cargo, sciopero dalle 21:00 del 22/10/15 alle 21:00 del 23/10/15;
-
per
tutto il personale del Gruppo FSI e di TreNord e per il personale mobile della
società NTV, sciopero dalle ore 21:00 del 24/10/15 alle ore 21:00 del 25/10/15.
Scioperiamo contro ritmi di lavoro
massacranti e contro un regime pensionistico disumano che prevede il diritto
alla pensione oltre l’aspettativa media di vita, per molte categorie di
ferrovieri.
Scioperiamo contro la prospettiva
dell’ennesimo CCNL di lavoro al ribasso (il quinto) e il progetto di
privatizzazione selvaggia del settore FS voluta dal Governo Renzi, che rischia
di cancellare senza appello i diritti dei ferrovieri, consegnandoli allo
spettro dell’esternalizzazione e dell’appalto, situazioni che già oggi
attanagliano tanti lavoratori del comparto, posizioni un tempo occupate da
personale FS e via via sostituite da operatori esterni, con stipendi da fame e
senza tutele.
Scioperiamo contro il disastro
imprenditoriale di NTV che svela il vero volto fallimentare delle
privatizzazioni e della concertazione, che minaccia il posto di lavoro di
migliaia di dipendenti.
Scioperiamo contro il rinnovo farsa delle
RSU che, nel rigore dell’Accordo Vergogna sulla Rappresentanza voluto da
Confindustria e sindacati concertativi, cancellerà la democrazia sindacale,
limiterà il diritto di espressione e di sciopero, ingabbierà ogni ragionevole
istanza anteponendo gli interessi concertati tra strutture sindacali e azienda
alle richieste dei lavoratori.
Scioperiamo contro gli attacchi vili che
Governo e sindacati di regime stanno portando al diritto di sciopero e di
libero dissenso.
Scioperiamo per la sicurezza del lavoro e
delle lavorazioni e a sostegno dei ferrovieri sanzionati e licenziati
nonostante le loro battaglie di civiltà.
Scioperiamo contro lo sfruttamento del
mercato del lavoro, aggravato anche dalle ultime riforme nazionali, contro la
privatizzazione e lo smantellamento del trasporto pubblico e dei servizi
pubblici essenziali.
SCIOPERIAMO PER RISCATTARE IL NOSTRO FUTURO
Associazione CAT e CUB Trasporti
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