di Fabrizio Lorusso
Lo portavano sempre con sé i pompieri, dentro le loro
uniformi. Isola tetti, pareti e tubature. E’ fibroso, incombustibile, mortale.
Non è un indovinello, ma la descrizione dell’amianto o di una sua varietà,
l’asbesto, un minerale di fibre bianche, flessibili e assassine. “Un lavoro
pericoloso, saldare a pochi centimetri da una cisterna di petrolio. Una sola
scintilla è in grado di innescare una bomba che può portarsi via una
raffineria. Per questo ti dicono di utilizzare quel telone grigio sporco, che è
resistente alle alte temperature perché prodotto con una sostanza leggera e
indistruttibile: l’amianto. Con quello le scintille rimangono prigioniere e tu
rimani prigioniero con loro e sotto il telone d’amianto respiri le sostanze
liberate dalla fusione di un elettrodo. Una sola fibra d’amianto e tra
vent’anni sei morto”. Così scrive Alberto Prunetti, autore del romanzo, basato
sulla vita di suo padre e della sua famiglia, Amianto. Una storia operaia
(Ed. Alegre, Roma).
Asbesto-America e Russia
In Europa la bonifica delle strutture infestate
dall’amianto è durata anni, da quando a poco a poco negli anni novanta il
materiale cominciò a essere messo al bando e poi, nel 2005, la misura fu estesa
definitivamente a tutti gli stati membri della UE. Oltre 50 paesi (link lista e cronologia dei divieti), includendo, nelle Americhe, il
Cile, l’Honduras, l’Uruguay e l’Argentina, hanno fatto la stessa cosa,
vietandone l’uso all’interno del proprio territorio. Ma le economie più
importanti del continente americano e ai primi posti nel mondo, come Stati
Uniti, Canada e Brasile, pur avendone limitato gli usi e avendolo proibito
totalmente in alcuni stati, non l’hanno del tutto proibito e continuano a
promuoverne il commercio. Infatti, il Canada è uno dei primi
esportatori
dell’amianto bianco o crisotilo, gli Stati Uniti sono molto attivi
nell’import-export dell’amianto e il Brasile è il terzo produttore mondiale e
lo utilizza ampiamente in casa propria. Gli affari della fibra-killer vanno a
gonfie vele anche per
Russia, Cina, Tailandia, India e Kazakistan, che sono tra i
principali produttori (vedi mappe qui e progetto giornalistico di
ricerca su vari paesi “Danger
in the Dust” qui). In Russia
a Kazakistan le aziende leader sono rispettivamente la Orenburg Minerals e la Kostanai Minerals, controllate dalla
britannica United Minerals Group Limited dal 2003, secondo un report
stilato dagli investitori di Kostanai Minerals. Nel 2004 la compagnia
ha una quota del mercato mondiale dell’asbesto crisolito del 30% e cambia nome:
diventa la Eurasia
FM Consulting Ltd., ma non è
chiaro se tuttora l’impresa controlli Orenburg e Kostanai. Cito da un
reportage del 2010 del progetto “Dangers in the Dust”:
“Una compagnia con sede a Cipro, la UniCredit
Securities International Ltd. — parte di UniCredit, uno dei gruppi bancari più grandi
del mondo, con 10.000 filiali in 50 paesi — possiede partecipazioni sia in
Orenburg Minerals che nella Kostanai Minerals “per conto di clienti occulti”,
secondo quanto detto dal portavoce di UniCredit, Andrea Morawski, a ICIJ [International Consortium of
Investigative Journalists] via mail. Morawski ha sottolineato, comunque:
“Noi non esercitiamo nessun controllo su [Orenburg Minerals or Kostanai
Minerals] né siamo beneficiari delle partecipazioni detenute. Fin dove siamo
ragionevolmente a conoscenza, noi non siamo stati beneficiari di nessuna
commissione/profitto derivante da attività legate all’asbesto”.
L’asbesto non è vietato negli USA che, al contrario,
sono sempre stati un gran importatore d’asbesto e il maggior consumatore
mondiale del minerale, mentre hanno fornito storicamente solo una piccola
percentuale dell’output estratto globalmente. Riporto dal portale Asbestos.com (sezione “Storia”):
“Una regolamentazione presentata dalla Agenzia per la
Protezione Ambientale, che bandiva la maggior parte dei prodotti contenenti
asbesto, venne ribaltata dalla Corte d’Appello del Quinto Circuito a New
Orleans nel 1991 per le pressioni dell’industria dell’asbesto. Anche se si
tratta ancora di un bene legale ed è presente in molti edifici e prodotti d’uso
comune nelle case, l’uso dell’asbesto è declinato considerabilmente negli Stati
Uniti. L’ultima miniera è stata chiusa nel 2002, mettendo fine a quasi un
secolo di produzione di asbesto nel Paese”.
Ad ogni modo negli USA, secondo il US Geological
Survey relativo al
2012, sono entrate 1.060 tonnellate di asbesto dal Brasile. Fondamentalmente il
commercio e gli affari
non si sono mai fermati, l’amianto di tipo bianco-crisolito è ancora utilizzato nei materiali da
costruzione, per l’isolamento, i freni delle automobili e in altri prodotti,
malgrado esistano alternative valide per il settore manifatturiero. Di
conseguenza una trentina di
statunitensi muoiono ogni giorno per le patologie ad esso relazionate. Da anni il Canada è
additato come un “paese canaglia” per la sua reticenza nell’includere l’amianto nella
lista internazionale dei materiali pericolosi. Le attività minerarie canadesi
cominciarono intorno al 1850, quando furono scoperti i giacimenti di crisolito
a Thetford, e un quarto di secolo dopo s’estraeva una cinquantina di tonnellate
all’anno nel Quebec. Negli anni ’50 del secolo scorso la cifra arrivò a oltre
900.000 tonnellate. Nel 2011, la miniera
“Jeffrey Mine in Asbestos” del Quebec è finita al centro dell’attenzione dopo che il governo canadese
aveva proposto un finanziamento da 58 milioni di dollari per riaprire la
miniera. Siccome gli investitori privati fallirono nel tentativo di raccogliere
25 milioni di dollari per la data del primo luglio 2011, che era la deadline
per acquisire la miniera, il finanziamento del governo del Quebec è stato
rimandato a tempo indefinito. Questo spostamento è volto a dare più tempo agli
investitori per raccogliere fondi. Di nuovo nel 2011 il Canada ha deciso di non
supportare la decisione di aggiungere l’asbesto crisolito nella lista delle
sostanze pericolose della Convenzione di Rotterdam, un trattato internazionale che
promuove unità e responsabilità riguardo all’esportazione e importazione di
sostanze e prodotti chimici pericolosi (su Canada e settore/compagnie minerarie
segnalo il link Republic of Mines). Il Canada è l’unica nazione del
G8 a non aver votato per includere l’asbesto nel trattato, un scelta che il
governo ha sostenuto anche nel 2015. Internamente, però, l’uso del minerale è
vietato, ma questo non accade, ipocritamente, per la sua produzione e
commercializzazione all’estero. Ormai il paese non lo produce più,
anche se lo commercia: il valore dei prodotti importati contenenti amianto è passato da 4,9 nel
2013 a 6 milioni di dollari nell’anno successivo, mentre le esportazioni di
tali beni sono state di 1,8 milioni di USD. Nel 2013 la Russia, lo Zimbabwe,
il Kazakhstan, l’India, il Kyrgyzstan, il Vietnam e l’Ucraina si sono opposti
in blocco all’inclusione, mentre il Canada per la prima volta ha potato per la
neutralità. Nonostante la sua posizione oltranzista, il Canada oggi di fatto
usa molto meno amianto di prima, ma fino al 2011, anno di chiusura dell’ultima
miniera, il Quebec da solo era il primo produttore mondiale ed esportava il 96%
del minerale grezzo estratto nei paesi asiatici (vedi: Asbestos.Com) posizionandosi come superpotenza
esportatrice del minerale. Le
prossime elezioni federali canadesi, previste per il 19 ottobre, potrebbero segnare un punto di
svolta in caso di vittoria del Liberal Party, da sempre ambiguo sull’amianto ma
ora riconvertitosi a una linea “verde”, o del New Democratic Party, oggi
all’opposizione e contrario a ogni tipo di asbesto, mentre una vittoria del
Conservative Party di Stephen Harper sarebbe un toccasana per
le lobby pro-amianto.
Il Bloq Québéquois ha mostrato anch’esso non poche ambiguità e
tentennamenti, ma pare orientarsi verso l’estensione delle restrizioni, così
come il Green Party che da sempre combatte il blocco estrattivista.
Italia, Brasile, Messico
Pure l’Italia, in cui il divieto risale al 1992,
continua a importarlo aggirando la normativa. “Negli ultimi anni ne abbiamo
importato 34 tonnellate e i numeri sono indicati per difetto. I rumors si
rincorrevano da mesi (…), la procura di Torino ha aperto un fascicolo
d’indagine, ma la conferma ufficiale è arrivata solo qualche giorno fa alla
Camera dei Deputati”, spiega Stefania Divertito su BioEcoGeo. Il vicepresidente della Camera
Luigi Di Maio, del Movimento 5 Stelle, in un’interpellanza sull’argomento ha
ottenuto una risposta chiara ma incompleta dal sottosegretario all’Interno,
Domenico Manzione: “No, noi non importiamo amianto ma manufatti contenenti
amianto”. Cioè facciamo come Stati Uniti e Canada, per esempio, e tra il 2011 e
il 2014 ne sono entrate 34 tonnellate in prodotti che non conosciamo, dato che
il sottosegretario non ha fornito dettagli al riguardo. Di Maio ha precisato
che “secondo un documento dell’ente minerario del Governo indiano, l’Italia nel
2011 e nel 2012 sarebbe risultato il maggiore importatore al mondo di amianto
con rispettivamente oltre 1.040 tonnellate e 2.000 tonnellate”. Il minerale
sarebbe ancora usato nell’edilizia e anche da una partecipata di Finmeccanica, la Agusta Westland che fornisce elicotteri alle forze
armate ed è guidata da Daniele Romiti. Insomma lo sporco e mortifero
business dell’amianto non molla la presa. E l’Italia è in buona compagnia dato
che, per esempio, anche altri paesi, come Australia, Gran Bretagna, Svezia e
Giappone, continuano comunque a commerciarlo malgrado il divieto di utilizzarlo
internamente. In
Brasile si stima
che l’amianto abbia ucciso 150.000 persone in 10 anni, cioè 15.000 in media
all’anno, cifra che equivale a circa il 15% del totale mondiale. Nel gigante
sudamericano operano 16 grandi aziende che “nelle elezioni finanziano
trasversalmente tutti i partiti politici”, denuncia
Fernanda Giannasi, ex supervisore
del Ministério do Trabalho e attivista anti-amianto. I militanti come
lei hanno sia i
mass media che l’industria contro, visto che cercano d’informare la popolazione sui
rischi e le complicità politico-imprenditoriali del settore in un intorno
ostile e poco sensibile alla tematica. Se ne parla ancora poco e il pericolo
non viene eliminato, però la sua percezione sì. In Messico il mesotelioma è
aumentato dai 23 casi del 1979 ai 220 del 2010, ma c’è una sottostima probabile
del 70% che porterebbe la media annua a 500 casi e, secondo altre stime, anche
fino a 1.500. La “cifra sommersa” si relaziona ai casi in cui non si
diagnostica la malattia o non risulta dai documenti relativi al decesso, anche
perché è conveniente non riconoscere le patologie come “lavorative”. L’asbesto
è presente in innumerevoli strutture nel cuore delle città. La CTM
(Confederazione dei Lavoratori Messicani, sindacato pro-governativo) ha
addirittura difeso l’uso del materiale, dato che il settore impiegherebbe
8-10.000 persone e non ci sarebbero prove di decessi per mesotelioma, il che è
falso e nasconde il problema. Insomma, è come tornare indietro di due o tre
decenni almeno. L’estrazione mondiale di amianto è stata nel 2013 di 2,1
milioni di tonnellate e dal 1995 s’è mantenuta abbastanza stabile, tra le 2 e
le 3 tonnellate, con un totale di oltre 1800 aziende che lo utilizzano (sul
caso messicano: link
1: Datato,
1986 – Link
2: 2010-Mesotelioma
Messico – Link
3 Globalizzazione e trasferimento di industrie pericolose). Anche se in Messico non esiste
una vera e propria associazione di vittime dell’amianto o un movimento
significativo contro l’uso del minerale, per cui lo Stato è sostanzialmente
indifferente all’argomento, l’organizzazione messicana Ayuda Mesotelioma denuncia e lotta da 5 anni, vale a
dire da quando le due fondatrici, Sharon Rapoport e sua sorella Liora, hanno
visto come loro padre s’ammalava gravemente. In cinque decenni il Messico ha
importato oltre 500.000 tonnellate d’asbesto e solo nella capitale lo
utilizzano 42 imprese. Qui si può fare, maneggiarlo è legale, anche se
eticamente deplorabile: i proventi per le quantità importate e processate
internamente sono raddoppiate tra il 2011 e il 2012 passando da 9 a 18 milioni
di dollari.
Amianto-Mondo
“A eccezione della polvere da sparo l’amianto è la
sostanza più immorale con la quale si sia fatta lavorare la gente; le forze
sinistre che ottengono profitti dall’amianto sacrificano gustosamente la salute
dei lavoratori in cambio dei benefici delle imprese”, ha dichiarato l’ex
eurodeputato olandese Remi Poppe. I sintomi del mesotelioma compaiono tra 15 e
50 anni dopo l’inalazione delle microfibre e non esiste realmente nessun
livello “sicuro” di esposizione. Secondo
l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) ogni anno muoiono 107.000 persone in seguito a
malattie contratte per il contatto con l’amianto. Per lo stesso motivo nel
secolo XX le morti premature furono 10 milioni e s’ammalarono 100 milioni di
persone. Oggi 125 milioni di lavoratori rimangono esposti direttamente al
minerale. La Commissione Federale per la Protezione dei Rischi Sanitari del
Ministero della Salute messicano ha riconosciuto la sua tossicità, ma s’è
limitata a suggerire che “le aziende ne controllino l’uso”. La Legge della
Salute di Città del Messico parla di “precauzioni” da prendere sull’amianto, ma
non lo vieta. Secondo i dati dell’istituto di statistica nazionale il 21% delle
case messicane ha un tetto di lamine metalliche, cartone o asbesto e l’1% ha
pareti di cartone, amianto, fusti di piante, bambù o palma. Nel 2014 sono state
concesse delle quote del Fondo di Apporto per la Struttura Sociale per
strutture ad uso abitativo nel quartiere periferico di Iztapalapa e le regole
stabilivano che per essere beneficiari del programma “i pavimenti, i muri e/o i
soffitti devono essere di stanze da letto o cucine all’interno della casa in
lamina di cartone, metallica, di amianto o di materiale di scarto”. In
sostituzione, secondo la Gazzetta Ufficiale della capitale, si prevedeva di
costruire pavimenti, tetti e muri di fibrocemento, quindi di Eternit! La OMS,
al contrario, ha chiesto: di eliminare l’uso di ogni tipologia di asbesto,
compreso quello bianco o crisolito che le lobby del settore pretendono di
presentare come “pulito”; apportare informazioni su soluzioni per sostituirlo
con prodotti sicuri; sviluppare meccanismi economici e tecnologici al riguardo;
evitare l’esposizione durante il suo uso e il suo smaltimento; migliorare la
diagnosi precoce, il trattamento e la riabilitazione medica e sociale dei
malati dell’asbesto; registrare le persone esposte attualmente o nel passato (link a mappe e grafici
aggiornati sull’amianto nel mondo di International Ban Asbestos Secretariat-IBAS).
Il “guru” Stephen Schmidheiny, il Costa Rica,
l’America Latina
La filiera tossica dell’amianto passa anche per il
Costa Rica, la cosiddetta “Svizzera del Centroamerica”. La Garita è un piccolo
paradiso, un angolo tropicale nel centro del paesem vicino alla città di
Alajuela. Le strutture della INCAE Business School, la miglior scuola di
business latinoamericana, spiccano tra le palme, le fattorie, una placida
strada a due corsie e una distesa di prati verdissimi. INCAE è famosa per il
suo approccio basato sullo sviluppo sostenibile e l’etica d’impresa. Possiede
un campus in Nicaragua e uno in Costa Rica. E’ un progetto per l’insegnamento e
la ricerca in gestione d’impresa che nasce nel 1964 sotto l’egida della
Allianza per il Progresso, lanciata in funziona anti-cubana dal presidente
statunitense J. F. Kennedy, dalla HBS (Harvard Business School), dell’agenzia
UsAid e dei capi di stato e gli imprenditori di sei paesi centroamericani
(Guatemala, Honduras, El Salvador, Nicaragua, Costa Rica e Panama). Negli anni
’90 la sua storia s’incrocia con quella di un impresario che,
soprattutto nelle Americhe, s’è costruito una fama di irriducibile guru
dello sviluppo sostenibile, mentre in Europa è ben noto come il “Re
dell’Eternit”: Stephen Schmidheiny. Uomo d’affari per vocazione ed eredità
familiare (cementera Holcim, Wild-Leitz di strumenti ottici, l’elettrotecnica
BBC Brown Boveri e la multinazionale Eternit), è nato a Heerbrugg, Svizzera,
nel 1947, e ha ammassato una fortuna con il business dell’amianto. Il suo record
personale è macchiato da processi giudiziari controversi e accuse pesantissime.
AVINA, Ashoka e lo spirito
del filantrocapitalismo
La fondazione AVINA, creata dall’impresario nel 1994 e
attiva in 21 paesi latinoamericani, collabora da tempo con la scuola e nel 1996
Schmidheiny, che è stato amministratore di Eternit e oggi siede nel consiglio
direttivo di INCAE, ha partecipato alla creazione del Centro Latinoamericano
per la Competitività e lo Sviluppo sostenibile dell’università, il
CLACDS. Ci sono altre organizzazioni senza fini di lucro fondate dal
magnate svizzero: per esempio Fundes (1984) e il fidecommesso Viva Trust (2003)
su cui si sostiene AVINA. In questo è confluito il valore della vendita della
partecipazione dello svizzero in GrupoNueva, consorzio specializzato nel
business forestale e dei derivati del legno che ha spostato la sua sede principale
a San José, Costa Rica, nel 1999. L’imprenditore ha venduto anche le sue azioni
del gruppo Eternit alla fine degli anni ’80. Le fondazioni, a partire dai
trasferimenti di capitale dello svizzero, si sono costituite come enti autonomi
dai suoi precedenti asset e patrimoni d’impresa e promuovono attività
istituzionali, come la rete SEKN (Social Enterprise Knowledge Network),
di cui fa parte INCAE, filantropiche e anche alleanze su temi socio-ambientali:
acqua, città sostenibili, energia, industrie estrattive, innovazione politica,
riciclaggio e cambiamento climatico. Esistono forti movimenti d’opposizione che
applicano l’etichetta “filantrocapitalismo” quando si parla di AVINA e della sua alleata Ashoka, fondazione filantropica
statunitense presente in 70 paesi. “Il capitale cerca di appropriarsi dei
movimenti ecologisti ragionevoli per riconvertirli in capitalismi verdi
addomesticati o forme di business con l’esaurimento del pianeta”, ha commentato
al riguardo l’ingegnere attivista spagnolo Pedro Prieto di ASPO (Asociación
para el Estudio del Auge del Petróleo y del Gas). Perché? “Gli imprenditori
sociali lavorano con quelle popolazioni e la loro attività consiste
nell’avvicinarle alle multinazionali mentre salvaguardano gli interessi di
queste”, ha
detto María Zapata, direttrice
di Ashoka in Spagna. In un’intervista col portale spagnolo Rebelión, il
ricercatore Paco Puche racconta che le fondazioni si infiltrano nei movimenti
attraverso la “cooptazione di leader” e che “AVINA è vincolata al magnate
svizzero Schmidheiny, che deve la sua fortuna al criminale business
dell’amianto. Diciamo che tutti quelli che hanno ricevuto denaro e altri
benefici da questa fondazione (e dopo averla conosciuta, non le hanno
rifiutate) si portano dietro la maledizione della polvere dell’amianto nelle
viscere”.
Processo Eternit
Nel febbraio 2013 il tribunale di Torino ha condannato
Schmidheiny e il suo ex socio nella multinazionale Eternit Group, il barone
belga Louis De Cartier, di 92 anni d’età in quel momento, a 16 anni di prigione
per disastro doloso e rimozione di misure contro gli infortuni: la sentenza era
attesa dai familiari di 3000 vittime. Il 3 giugno 2013 in appello la condanna è
stata aumentata a 18 anni di reclusione, ma il nobile belga era morto pochi
giorni prima. Lo svizzero “Re dell’Eternit” è stato condannato per le sue
responsabilità come amministratore dell’azienda nel decennio 1976-1986 e
assolto da altri capi d’accusa per il periodo 1966-1975. Le cause
dell’asbestosi e del mesotelioma erano già state scoperte negli anni ’60 e,
dopo quel decennio, i due magnati si sono avvicendati nella gestione
dell’azienda. Nonostante tutto, il business di Eternit continuò, per cui la
condanna parla di “dolo”: gli imputati avrebbero nascosto consapevolmente gli
effetti cancerogeni dell’amianto. Il 20 novembre 2014 la Corte di Cassazione,
nell’ultimo livello di giudizio, ha annullato la sentenza precedente
argomentando che i reati sono stati commessi ma che è sopraggiunta la
prescrizione. E’ stato preso come inizio dei termini per la prescrizione l’anno
1986, quando Eternit ha dichiarato il fallimento, e la decisione è polemica,
visto che il disastro ambientale ancora continua a succedere, non s’interrompe
con il fallimento dell’azienda. E’ uno schiaffo a vittime, familiari e alla
società intera. La giustizia s’allontana insieme alla possibilità di congrui
risarcimenti. Nel maggio 2015 s’è aperto il processo “Eternit Bis”: Schmidheiny non è più accusato di
“disastro” ma di omicidio doloso aggravato di 258 persone, ex impiegati di
Eternit o abitanti di Casale Monferrato, uno dei comuni in cui operava
l’impresa che sono deceduti tra il 1989 e il 2014 per mesotelioma pleurico. Dal
canto suo, il magnate sulla sua pagina web si presenta come “pioniere nell’eliminazione
dell’asbesto nell’industria manifatturiera”. I magistrati di Torino considerano
come aggravante il fatto che l’imprenditore avrebbe commesso il reato
esclusivamente per “fini di lucro” e “in modo insidioso”, cioè avrebbe
occultato ai lavoratori e ai cittadini l’informazione sui rischi che correvano,
promuovendo una “sistematica e prolungata opera di disinformazione”. A fine
luglio gli atti del processo sono stati inviati alla Consulta e il procedimento
è stato sospeso in attesa della decisione della Corte circa le eccezioni di
costituzionalità sollevate dai legali di Stephen Schmideheiny in base al
principio del “Ne bis in ibidem”, secondo cui nessuno può essere giudicato due
volte per lo stesso reato. Nel frattempo i PM stanno integrando altri 94 casi
di morti legate all’amianto da contestare al manager svizzero, nel caso in cui
la Corte Costituzionale accolga le richieste degli avvocati difensori. Purtroppo
l’ecatombe dell’amianto durerà ancora per decenni e la tendenza, già in atto almeno da
una ventina d’anni, è quella di un graduale spostamento dei rischi e dell’uso
del minerale verso
i paesi in via di sviluppo. Dunque la lotta per la sua messa al bando e la riparazione del danno
provocato a milioni di vittime, pur con difficoltà e differenti percorsi più o
meno avviati oppure solo incipienti, tende anch’essa a globalizzarsi, passando dall’Europa all’America
Latina e agli altri continenti.
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