INDICE
Muglia la
Furia fmuglia@tin.it
FACEBOOK ADDIO!
Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
REPORT MORTI SUI LUOGHI DI LAVORO NEI PRIMI DUE MESI
DEL 2016
Mario Murgia murgia.mario50@virgilio.it
LETTERA APERTA AL PRESIDENTE
DELLA COMMISSIONE INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI
Muglia la
Furia fmuglia@tin.it
UN DECALOGO PER LA SICUREZZA NEI
CANTIERI EDILI...DA PREMIO!
VOLANTINO
SCIOPERO 18 MARZO DA DISTRIBUIRE E DIFFONDERE
Posta Resistenze posta@resistenze.org
GROSSI GUAI A FUKUSHIMA
Sinistra Lavoro info@sinistralavoro.it
CONTRO
LE TRIVELLE: IL 17 APRILE TANTI SI!
Orizzonte degli Eventi orizzontedeglieventi79@gmail.com
MATERIALE CONVEGNO SICUREZZA E SALUTE NELLE AZIENDE
Muglia la
Furia fmuglia@tin.it
UNA
BOMBA A SCOPPIO RITARDATO!
Muglia la
Furia fmuglia@tin.it
VERGOGNA!
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To:
Sent:
Saturday, February 27, 2016 4:22 PM
Subject: FACEBOOK ADDIO!
Ho deciso di dire BASTA alla mia partecipazione
alle discussioni nei gruppi di Facebook, basta ai pareri e alle consulenze
gratuite a favore di zotici, poltroni, arroganti anche se continuerò a
pubblicare e pubblicizzare i miei post, così come continuerò a mantenere i
contatti con i miei amici.
Troppa pubblicità, troppe banalità anche
nei gruppi tecnici, direte voi. Si, ma non solo.
Vi sarete accorti che molto spesso le
discussioni prendono spunto dal titolo dell’intervento introduttivo, o
dalle prime parole dello stesso e che però, di quanto si affronta in maniera
più completa nel post cui si fa rinvio, non si trova traccia nei commenti
successivi.
E che dire del fatto che quando uno pone
un tema in discussione o pone delle domande, il primo risponde, il secondo
corregge e integra, il terzo magari conferma e chiarisce, il quarto smentisce e
via con i mi piace, gli emoticon, ecc.. E fin qui tutto bene, ma poi
arriva il sesto che, del tutto incurante di quanto hanno scritto i primi
cinque, ricomincia daccapo e avanti il settimo, l’ottavo e poi...e poi il
decimo ripropone la stessa risposta già data due volte.
Per non dire di quando la discussione
cambia tema in corso d’opera, magari dopo uno scambio di accuse, sfottò, ecc.,
proseguendo su una problematica che nulla c’entra con quella che era stata
posta all’inizio.
Le mie perplessità sono peraltro via via
aumentate nel tempo e su questo ho già avuto modo di scrivere un post dal
titolo “UN INTERPELLO SI AGGIRA PER L’ITALIA”, all’indirizzo
in cui sostenevo come ormai i social
forum, e in particolare Facebook, fossero diventati paradossalmente “un
formante del diritto” alla stregua di leggi, regolamenti, circolari,
interpelli, sentenze, ecc.
Perché cercare la risposta ad un proprio
dubbio sui libri o in internet, ma partendo da una ricerca sui documenti?
Figurarsi, troppo faticoso. C’è il gruppo su Facebook, basta porre la domanda
che le risposte fioccano. Non sempre ciò è vero. Infatti se qualcuno pone una
questione seria (e ogni tanto accade) ecco che i commenti e le risposte
arrivano, se arrivano, con il contagocce. Quando invece le domande, spesso
anche le risposte, trasudano pigrizia, ignoranza, arroganza ecc. , risposte e
commenti a fiumi.
Alcuni esempi: “In un cantiere devo fare
il DVR?”, “Qualcuno ha delle slide già pronte che devo fare un corso e non ho
il tempo per prepararle?”, “Con due lavoratori autonomi va nominato il
coordinatore?”, “Ma se l’RLS non lo vuol fare nessuno cosa devo fare?”, “Mi
dicono che ho i requisiti per fare il formatore, è vero?”, “ma poi gli
attestati li posso firmare?” e avanti con banalità simili la cui risposta si
trova nella norma, nell’accordo, insomma nei testi che i baldi giovani hanno
utilizzato nei corsi da loro frequentati.
Ho spesso partecipato anch’io a queste
discussioni con le mie limitate competenze ma con onestà intellettuale, dando
consigli basati sulla mia esperienza e, soprattutto, senza preconcetti,
spesso difendendo dagli sfottò altrui, quelli che ponevano domande, anche
banali. E stiamo parlando di discussioni all’interno di gruppi frequentati da
professionisti, tecnici laureati o comunque formati nell’ambito della sicurezza
sul lavoro.
Ma quello che è successo ieri è la goccia
che ha fatto traboccare il vaso. Dopo aver risposto a una domanda (mal
posta), colei che l’aveva “postata” mi ha rimproverato di non averla capita.
Insomma si è sentita offesa dalla mia risposta. Una risposta completa a fronte
di una domanda che lasciava margini di interpretazione e quindi, nel dubbio,
meglio abbondare con le informazioni. Evidentemente questo metteva a rischio la
“professionalità” della mia sensibile interlocutrice. Immediatamente è intervenuto
il fan di turno che ha invitato l’amica “a
diffidare dei saccenti”, senza ovviamente dare risposta al quesito.
Poi un terzo ha detto la sua, cannando
completamente la risposta, che ho immediatamente corretto replicando che se è
bene diffidare dei saccenti, molto meglio sarebbe diffidare degli
ignoranti.
A questo punto mi sono preso dell’ignorante dal cafoncello di “coccio” che, non solo aveva cannato
la risposta ma non aveva nemmeno capito che non era a lui che mi rivolgevo.
Evidentemente tale, e a ragione, si doveva essere risentito per la mia
citazione sugli ignoranti. Offesa ritirata dopo averlo minacciato di querela.
Poi è intervenuto uno che dava una risposta già data e avanti tutta.
Quello che ancora mi meraviglia è il fatto
che, anche quando la domanda trasuda ignoranza e totale incompetenza, va bene
lo stesso, chissenefrega. E ci mettono pure la faccia, nome e cognome, vantando
i loro titoli.
Leggete cosa chiede questo genio: “Buongiorno,
sono alla ricerca di riferimenti normativi sul discorso di poter erogare
formazione senza la necessità di accreditarsi presso enti o utilizzare i famosi
organismi paritetici ecc. Grazie a tutti”
In pratica la domanda in un italiano un po’
approssimativo, chiedeva come poter
fare formazione illegittima a norma di Legge.
Beh, perder tempo con questi poltroni,
cafoni e ignoranti non ne vale proprio la pena.
Se fossi un datore di lavoro in cerca di
un giovane tecnico, davvero prima di assumere qualcuno darei un’occhiata a
Facebook, chiederei l’amicizia al candidato (tanto la si dà a cani e porci) e
poi, tanto per farmi un’idea delle caratteristiche di chi sto per assumere
darei un’occhiata al suo profilo, alle sue amicizie e a quanto scrive e replica
nelle discussioni cui partecipa, valutando ovviamente i forum che frequenta.
E allora sarebbero calci nel culo, anche
perché molti non sanno, o davvero non gliene può fregare di meno, che quello
che è stato postato in internet è per l’eternità! Idioti in eterno!
Che avessero dato dell’ignorante anche ad Umberto Eco?
Che avessero dato dell’ignorante anche ad Umberto Eco?
Ecco perché ho deciso di dire addio a
Facebook, ma la stessa cosa potrebbe presto toccare anche ad altri
social.
P.S. Naturalmente ho volutamente
generalizzato nel male e ingiustamente
Franco
Mugliari alias Muglia La Furia
mail: fmuglia@tin.it
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From: Carlo
Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent: Monday,
February 29, 2016 9:42 AM
Subject: REPORT
MORTI SUI LUOGHI DI LAVORO NEI PRIMI DUE MESI DEL 2016
REPORT DEI MORTI SUI LUOGHI DI LAVORO NEI PRIMI DUE
MESI DEL 2016 COMPARATI CON I MORTI SUI LUOGHI DI LAVORO DELLO STESSO GIORNO
DEL 2015 E DEL 2008, ANNO D’APERTURA DELL’OSSERVATORIO INDIPENDENTE DI BOLOGNA
MORTI SUL LAVORO.
Sono 77 i morti per infortuni sui luoghi di lavoro dall’inizio dell’anno al
28 febbraio 2016, erano 76 alla stessa data del 2015 (+1,3%), erano 89 il 28
febbraio del 2008 (– 13,5%).
Con le morti sulle strade e in itinere si superano i 160 morti
complessivi.
Consigliamo a tutti quelli che si occupano di queste tragedie di separare
chi muore per infortuni sui luoghi di lavoro, da chi muore sulle strade e in
itinere con un mezzo di trasporto.
I lavoratori che muoiono sulle strade e in itinere sono a tutti gli
effetti morti per infortunio sul lavoro, ma richiedono interventi completamente
diversi dai lavoratori morti sui luoghi di lavoro.
MORTI PER INFORTUNI SUI LUOGHI
DI LAVORO NEL 2016 PER REGIONE E PROVINCIA IN ORDINE DECRESCENTE DELLE
MORTI.
VENETO 8: Vicenza 3, Padova 2,
Treviso 2, Venezia 1.
SICILIA 6: Agrigento 3, Caltanissetta 1, Catania 1, Enna , Ragusa 1.
TOSCANA 6: Massa Carrara 2, Lucca 1, Pisa 1,
Pistoia 1, Siena 1.
TRENTINO ALTO ADIGE 5: Trento 3, Bolzano 2.
PIEMONTE 6: Torino 2, Asti 2, Alessandria 1, Cuneo 1.
MARCHE 5: Macerata 2, Ancona 1, Ascoli Piceno 1.
LAZIO 5 Roma 2, Viterbo 1, Frosinone 1, Latina 1.
LOMBARDIA 5: Bergamo 2, Brescia 2, Como 1.
CAMPANIA 4: Napoli 3, Salerno 1.
PUGLIA 4: Taranto 2, Foggia 1, Lecce 1.
EMILIA ROMAGNA 4: Bologna 2, Piacenza 1, Reggio Emilia 1,
SARDEGNA 4: Cagliari 2, Oristano 1, Sassari 1.
ABRUZZO 3: L’Aquila 1, Chieti 1, Teramo 1.
UMBRIA 3: Terni 3.
CALABRIA 2: Cosenza 1, Reggio Calabria 1.
LIGURIA 2: Genova 1, Imperia 1.
FRIULI VENEZIA GIULIA 1: Pordenone 1.
I lavoratori morti sulle autostrade, all’estero e in mare non sono segnalati
a carico delle province.
Sono stati 678 i morti per infortuni sui luoghi di lavoro nel 2015,
contro i 661 del 2014 (+2,6%), erano 637 nel 2008 (+6,1%).
I morti sul lavoro non sono aumentati solo rispetto al 2014 come stimato
dalle denunce INAIL.
Noi registriamo un aumento significativo anche rispetto al 2008, anno di
apertura dell’osservatorio.
Con le morti sulle strade e in itinere si superano i 1.400 morti complessivi stima minima.
MORTI PER INFORTUNI SUI LUOGHI
DI LAVORO NEL 2015 PER REGIONE E PROVINCIA IN ORDINE DECRESCENTE DELLE
MORTI.
LOMBARDIA 77: Brescia 24, Bergamo 12, Milano 10, Como 3, Cremona 3, Mantova 3, Pavia 6,
Sondrio 6, Varese 5, Lecco 2, Lodi 2, Monza 2.
TOSCANA 68: Grosseto 11, Firenze 9, Massa Carrara 9, Arezzo
8, Pisa 7, Pistoia 6, Prato 6, Livorno 5, Lucca 4, Siena 2.
VENETO 55: Vicenza 19, Verona 9, Venezia 7, Treviso 7, Padova 6, Rovigo
5, Belluno 2.
CAMPANIA 52: Salerno 19, Napoli 13, Benevento 9, Caserta 7, Avellino 3.
SICILIA 46: Palermo 15, Messina 6, Agrigento 5, Siracusa 5, Trapani 5,
Caltanissetta 4, Catania 4, Ragusa 3.
PIEMONTE 45: Torino 16, Cuneo 10, Alessandria 5, Biella 4, Asti 3, Vercelli 2, Novara
1, Verbano Cusio Ossola 1.
LAZIO 39: Roma 19, Viterbo 10, Frosinone 6, Latina 2, Rieti 2.
PUGLIA 38: Bari 19, Barletta Andria Trani 4,
Brindisi 4, Foggia 4, Taranto 4, Lecce
3.
EMILIA ROMAGNA 32: Bologna 6, Modena 6, Ravenna 4, Forlì Cesena 3, Ferrara 3, Piacenza 3,
Reggio Emilia 3, Parma 2, Rimini 2.
ABRUZZO 31: Chieti 10, L’Aquila 9, Teramo 8, Pescara 3.
TRENTINO ALTO ADIGE 24: Bolzano 14, Trento 10.
MARCHE 19: Ancona 6, Ascoli Piceno 5, Fermo 3, Pesaro-Urbino
3, Macerata 2.
CALABRIA 21: Catanzaro 6, Cosenza 6, Crotone 3, Reggio Calabria 3, Vibo Valentia 3.
LIGURIA 14: La Spezia 6, Genova 3, Savona 3, Imperia 2.
FRIULI VENEZIA GIULIA 15: Pordenone 7, Udine 5, Gorizia 1.
UMBRIA 14: Perugia 11, Terni 3.
MOLISE 12: Campobasso 11, Isernia 1.
SARDEGNA 12: Cagliari 5, Oristano 3, Medio Campisano 2, Carbonia Iglesias 1, Ogliastra
1, Olbia-Tempio 1.
BASILICATA 8: Potenza 4, Matera 4.
VALLE D’AOSTA: 2.
I lavoratori morti sulle autostrade, all’estero e in mare non sono
segnalati a carico delle province.
L’INAIL nel 2014 ha
riconosciuto complessivamente 662 morti sul lavoro, di questi il 52% sono decessi
in itinere e sulle strade, ma le denunce per infortuni mortali sono state 1.107.
Crediamo che anche per il 2015 ci siano più o meno le stesse percentuali.
Nel 2015 tra gli assicurati INAIL sembra ci sia stata un’inversione di
tendenza, per la prima volta dopo tantissimi anni questo Istituto vede
aumentare le denunce per infortuni mortali, questo nei primi dieci mesi del
2015.
Ma le denunce non comportano necessariamente un riconoscimento dell’infortunio.
Sta a noi che svolgiamo un lavoro volontario, senza interesse di nessun tipo,
far conoscere anche questo aspetto ai cittadini italiani.
Carlo
Soricelli
Osservatorio
Indipendente di Bologna morti sul lavoro
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To:
Sent:
Wednesday, March 02, 2016 7:10 PM
Subject: LETTERA APERTA AL PRESIDENTE
DELLA COMMISSIONE INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI
LETTERA APERTA
Al Presidente della Commissione Infortuni e malattie professionali
Senatrice Camilla Fabbri
Senato della
Repubblica
Piazza
Madama
00186 Roma
OGGETTO: RICHIESTA
AUDIZIONE PER ESPORRE LE CONSEGUENZE
PRODOTTE DALL’AMIANTO E DALLE ALTRE SOSTANZE TOSSICHE PRESENTI NEGLI AMBIENTI
DI LAVORO DEI SITI INDUSTRIALI EX ENICHEM DELLA VAL BASENTO,
REGIONE BASILICATA, E I SITI DI OTTANA (NU) E DI ASSEMINI (CA), REGIONE
SARDEGNA.
Illustrissima Senatrice Camilla Fabbri,
Con la presente, oltre a cogliere
l’occasione per ringraziarLa dell’invito che ci ha rivolto per partecipare all’Assemblea
Nazionale sull’Amianto tenutasi il 30 novembre 2015 a Roma, le trasmettiamo
il documento che abbiamo redatto alla luce del recente allarme sociale in
Sardegna dove quotidianamente si contano morti tra gli ex lavoratori ed i loro
familiari per esposizione a sostanze nocive e cancerogene come l’amianto.
Poiché tanti lavoratori
hanno contratto gravi malattie e molti di questi sono deceduti, l’Associazione
Italiana Esposti Amianto (AIEA) e Medicina Democratica hanno presentato
una denuncia presso la Procura
della Repubblica di Nuoro e di Cagliari.
Gli organi della Autorità
Giudiziaria hanno ispezionato l’area dei siti industriali del Comparto fibre
delle società Enichem e Montefibre di Ottana (NU) e aree limitrofe constatando
la presenza di fusti contenenti sostanze tossiche e amianto, discariche abusive
e incontrollate “ricche” di cascami e rifiuti industriali dannosi per la
salute.
Ai lavoratori dei siti industriali sardi non sono
state applicate le tutele previdenziali e sanitarie previste dalla legge 257
del 92.
Lo stabilimento di Ottana (NU), simbolo del polo
chimico-industriale della Sardegna, è il paradigma negativo della mancata
applicazione delle norme suddette; contrariamente alle diverse centinaia di
Siti industriali i cui lavoratori hanno usufruito dei benefici
previdenziali a seguito di Atti di Indirizzo Ministeriali o a seguito delle
valutazioni favorevoli della CONTARP INAIL, come i lavoratori dello
stabilimento di Pisticcci Scalo (MT).
Le cause dei decessi derivanti dalla esposizione a
sostanze nocive e cancerogene come l’amianto, pur essendo riportate nelle
tabelle IARC non vengono riconosciute dall’INAIL Sardegna, come evidenziato dai
numeri e dalle procedure fornite dagli stessi responsabili dello stesso Ente,
durante la conferenza stampa del 4 febbraio 2016 a Cagliari.
Chiediamo di essere auditi dalla Commissione
da Lei presieduta onde illustrare le nefaste conseguenze prodotte dall’amianto
e dalle altre sostanze tossiche presenti nei siti industriali ex
EniChem della Val Basento, regione Basilicata, e i siti di Ottana (NU) e
Assemini (CA), regione Sardegna.
Nella speranza di un Suo positivo riscontro, Le porgo
cordiali saluti.
Matera, lì 29
febbraio 2016
Mario Murgia
Vice
presidente nazionale AIEA
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To:
Sent:
Wednesday, March 02, 2016 4:41 PM
Un decalogo da premio? Si, ma per il peggior prodotto per la sicurezza sul lavoro 2016.
Un vademecum operativo per una maggiore
sensibilizzazione al tema della sicurezza sui luoghi di lavoro, ed in
particolare nei cantieri edili.
Federarchitetti, cogliendo l’occasione della “Prima Giornata Nazionale per la Sicurezza nei cantieri
edili”, che dovrebbe ripetersi con cadenza annuale, ha presentato un decalogo
per la sicurezza.
Federarchitetti ritiene
che in questo campo non basti la formazione dei tecnici, ma che sia anche
necessario raccogliere e fare propri gli appelli espressi, con profondo dolore,
dalle più alte cariche dello Stato, e avviare quindi una seria campagna di
sensibilizzazione per promuovere e sviluppare capillarmente una vera “cultura della
sicurezza“, affinché diventi un patrimonio condiviso da tutti,
operatori e non, del comparto edile, del mondo del lavoro, della collettività
tutta.
Parole di alto valore, condite da retorica e luoghi comuni, cui segue un
prodotto informativo, il decalogo appunto, in cui si esprimono tutta una serie
di raccomandazioni, a volte note (ma si sa che “repetita iuvant”) e alcune
banalità, ma dimenticandosi (e questo fa di questo decalogo del 2010 un
prodotto degno di partecipare al concorso per il peggior prodotto del 2016) di
fare anche solo un cenno ad un aspetto essenziale. Ciò accade a quasi 24
anni dalla Direttiva Cantieri e 20 dal D.Lgs. 494/96, che della Direttiva fu il
recepimento.
Leggete il decalogo e alla fine confrontate la vostra riflessione con
quanto dirò alla fine.
Federarchitetti fa appello a tutti gli addetti ai
lavori impegnati nel comparto dell’edilizia e li invita a:
1. preoccuparsi sempre e comunque dell’incolumità
delle maestranze;
2. contrastare sempre e comunque il lavoro nero;
3. pretendere sempre e comunque che il cantiere sia
pulito e ordinato;
4. utilizzare e fare utilizzare sempre e comunque, all’interno
del cantiere, i DPI (Dispositivi di Protezione Individuale);
5. favorire, promuovere e pretendere per tutti gli
addetti impegnati nel comparto edilizio (datori di lavoro, maestranze e
professionisti) la formazione continua e periodica;
6. verificare l’apprendimento della lingua da parte
dei lavoratori stranieri prima di farli accedere alle lavorazioni di cantiere;
7. vietare in cantiere, nelle ore di lavoro, di bere
bevande alcoliche;
8. considerare i coordinatori della sicurezza (CSP,
CSE) e i Responsabili del Servizio Prevenzione e Protezione (RSPP) figure di
altissima professionalità e responsabilità dai quali si deve tuttavia
pretendere una costante e severa vigilanza in cantiere;
9. dare il giusto valore ai PSC (Piani di Sicurezza e Coordinamento) e ai POS (Piani Operativi di Sicurezza) che vanno considerati come un
elaborato progettuale da personalizzare per ogni singolo cantiere;
10. assicurare ai coordinatori della sicurezza (CSP,
CSE) e ai Responsabili del Servizio Prevenzione e Protezione (RSPP) il giusto
onorario professionale commisurato alle dimensioni del cantiere e alle
responsabilità connesse.
Letto? Bene, tutto condivisibile salvo alcune banalità ed una forzatura (al
punto 8) forse fuori luogo visto che l’articolo 92 del D.Lgs. 81/08 (Obblighi
del coordinatore per l’esecuzione dei lavori) usa un linguaggio completamente
diverso: “verifica,
con opportune azioni di coordinamento e controllo, l’applicazione, da parte
delle imprese esecutrici ecc. ecc.” altro che costante e severa
vigilanza in cantiere.
MA IL VERO MOTIVO PER IL QUALE IL DECALOGO DI
FEDERARCHITETTI ENTRA IN GARA E’ PRESTO DETTO.
Gli architetti, cioè i progettisti, che sono prodighi di buoni consigli per
tutti addetti ai lavori impegnati nel comparto dell’edilizia, si
dimenticano di fare riferimento a loro stessi, al loro ruolo, ai loro compiti e
responsabilità che possiamo sintetizzare nello slogan: “Integrare la sicurezza nei cantieri edili a partire dalla progettazione
dell’opera”.
A stabilire questo significativo principio è stato il legislatore
comunitario che, ormai quasi 25 anni fa, ha imposto che la sicurezza nei
cantieri edili dovesse partire fin dalla fase di progettazione dell’opera.
Al tempo una ricerca condotta su scala europea aveva infatti evidenziato
che oltre il 60% delle cause di
infortunio mortale nei cantieri dipendevano dalle scelte tecnologiche e di
pianificazione di tempi e di costi operate in fase di progettazione dal
committente (ovvero dai professionisti da lui incaricati) e di queste, ben il
35%, avevano quale causa proprio le scelte architettoniche e progettuali.
La dimenticanza di Federarchitetti è grave ma rispecchia appieno quanto i
progettisti hanno saputo prevedere ai fini della sicurezza nei loro progetti:
davvero poco o niente, in tal modo tradendo da un lato lo spirito della Direttiva
che li avrebbe voluti protagonisti nella prevenzione degli infortuni in
cantiere.
Franco
Mugliari alias Muglia La Furia
mail: fmuglia@tin.it
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To:
Sent:
Wednesday, March 02, 2016 7:23 PM
Subject: VOLANTINO SCIOPERO 18 MARZO DA
DISTRIBUIRE E DIFFONDERE
18 MARZO 2016
SCIOPERO
GENERALE DI TUTTE LE CATEGORIE PUBBLICHE E PRIVATE
La Confederazione
Unitaria di Base (CUB), il Sindacato Intercategoriale Cobas Lavoratori
Autorganizzati (SI Cobas) e l’Unione
Sindacale Italiana AIT (USI-AIT)
proclamano lo sciopero generale di
tutte le categorie pubbliche e private per l’intera giornata del 18 marzo 2016.
CONTRO
Contro
la guerra e gli interventi militari all’estero che dietro al pretesto della
lotta al terrorismo promuovono piani imperialistici di sfruttamento e
oppressione.
Contro
l’accordo sulla rappresentanza del 10/01/14 tra Confindustria, CGIL, CISL UIL atto
a irreggimentare le rappresentanze dei lavoratori e il diritto di sciopero; la
libertà di organizzazione sindacale e di sciopero.
Contro
la politica economica e sociale del governo Renzi e dell’unione Europea, contro
il jobs Act e le altre misure per il mercato del lavoro, contro l’abolizione
dell’articolo 18.
Contro
il blocco dei contratti pubblici e privati, l’aziendalizzazione della
contrattazione e la individualizzazione del rapporto di lavoro; contro le
privatizzazioni, le grandi opere dannose e la distruzione del territorio.
Contro
la legislazione che a vario modo favorisce precarizzazione e forme di
sfruttamento selvaggio (esternalizzazioni, appalti, sub-appalti, cooperative di
comodo) come ampiamente appurato nel settore della logistica, del cargo e della
salute pubblica e privata.
Contro
la riforma della scuola, per la stabilizzazione del personale.
Contro
il Fiscal Compact, il pareggio di bilancio inserito nella costituzione.
Contro
la riforma del mercato del lavoro, che lascia milioni di disoccupati privi di
mezzi di sussistenza e promuove lavoro gratuito, per la garanzia del salario.
PER
Per la
redistribuzione del reddito attraverso consistenti aumenti salariali per tutti
i lavoratori e pensionati.
Per la
rivalutazione delle pensioni, riduzione degli anni per il diritto alla
pensione, salute e sicurezza sui posti di lavoro, diritto all’abitare, contro
la precarietà e lavoro gratuito.
Per il
diritto al lavoro, attraverso la riduzione d’orario a parità di salario,
investendo per la bonifica dei siti inquinati, la messa in sicurezza del
territorio, il risparmio energetico e le energie alternative.
Per la
libertà di circolazione della forza lavoro, la parità di diritti agli immigrati
e l’integrale abolizione della legge “Bossi-Fini”.
Contro la guerra, lo sfruttamento e il precariato
Per la difesa dei diritti e delle libertà delle
lavoratrici e dei lavoratori
Il 18 Marzo sciopera e partecipa alle mobilitazioni!
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From: Posta
Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent: Thursday, March 03, 2016
12:48 AM
Subject: GROSSI GUAI A FUKUSHIMA
Il disastro della centrale nucleare di Fukushima Daiichi rischia di essere censito come una delle tragedie della storia, senza confini, non solo a causa della fusione nucleare, ma piuttosto per la funesta perdita dell’anima di una nazione.
Immaginate
uno scenario in cui 207 milioni di scatole di cartone, in fila indiana,
circondassero il pianeta come binari ferroviari. Riempite ciascuna scatola con
rifiuti radioattivi. Questa è la quantità di rifiuti radioattivi stivati all’aperto
in sacchi neri da una tonnellata in tutta la prefettura di Fukushima, per l’ammontare
di 9.000.000 di metri cubi.
Ma non è
tutto: devono essere ancora gestiti altri 13 milioni di metri cubi di terreno
radioattivo. (Fonte: Voice of America News, Problems Keep Piling Up in Fukushima, 17 febbraio 2016).
E c’è ancora
di più, le operazioni di pulizia vanno solo 50-100 piedi oltre le
strade. In più, una catena montuosa di 100 miglia lungo la
costa e le colline intorno a Fukushima sono contaminate, ma del tutto ignorate.
Di conseguenza, la terra decontaminata sarà probabilmente avvelenata di nuovo
dal flusso radioattivo proveniente dalle colline e dalle montagne.
Indubbiamente,
come e dove stoccare milioni di metri cubi di rifiuti radioattivi stipati in
sacchi neri da una tonnellata non è un problema da poco. E’ un problema super
colossale. Che cosa succede se si deteriorano i sacchi? Che cosa succede se uno
tsunami colpisce la zona? I “cosa-se” sono infiniti.
I sacchi
neri di terreno radioattivo, ora sparsi in 115.000 siti di Fukushima, dovranno
essere spostati in strutture provvisorie ancora da costruire, coinvolgendo un’area
di 16 chilometri
quadrati, in due città vicine alla centrale nucleare distrutta.
Di per sé,
115.000 siti ciascuno contenente molti, ma molti sacchi da una tonnellata di
rifiuti radioattivi è un incubo logistico: il solo trasporto è un compito
colossale, per decenni a venire.
Secondo
fonti governative e dell’industria giapponese, per ripulire tutto e smantellare
i reattori distrutti ci vorranno almeno 40 anni e 250 miliardi di dollari,
supponendo che tutto vada per il verso giusto. Ma sfortunatamente qualsiasi
cosa avesse potuto andare storto per la Tokyo Electric
Power Company (“TEPCO”) negli ultimi 5 anni, è andato storto: non un buon
record.
L’impianto
nucleare di Fukushima Daiichi rimane totalmente fuori controllo con un epilogo
ancora lontano a venire. E mentre è in atto questo dramma, ospitare gli eventi
olimpici accanto a una fusione nucleare fuori controllo appare incomprensibile.
Non più tardi
del 30 ottobre 2015, The Japan Times riportava: “I livelli estremamente elevati
di radiazione e l’incapacità di sapere con precisione dettagli sul combustibile
nucleare fuso rendono impossibile tracciare la rotta della disattivazione
programmata dei reattori della centrale”.
D’altra
parte, secondo la TEPCO,
è in corso la preparazione della rimozione del combustibile nucleare fuso,
prevista a partire dal 2021. “Ma è difficile sapere cosa sta succedendo all’interno
dei reattori e non ci sono modi per saperlo. Non sarebbe difficile introdurre
una telecamera all’interno del reattore, il problema è che la telecamera si
romperebbe a causa degli alti livelli di radiazioni” dice Toru Ogawa, direttore
dei Laboratori delle scienze avanzate per lo smantellamento dell’Agenzia per l’energia
atomica giopponese (Kiyoshi Ando, Long Road Ahead for Fukushima Cleanup, Nikkei
Asian Review, 19 febbraio 2016).
Al di là
della remota possibilità di individuare il nocciolo nucleare fuso, anche detto “corium”,
gli ingegneri non hanno ancora capito come estrarre il nucleo fuso, ammesso che
possa mai essere localizzato e gestito in qualche modo. Nel frattempo, cosa
succede se il nucleo fuso filtra nella terra attraverso i vasi di contenimento
in calcestruzzo armato? Un disastro per i secoli a venire! Ma, per quanto
riguarda le Olimpiadi?
Se per caso
il nocciolo nucleare fuso penetra il suo contenitore in cemento armato e filtra
nel terreno, il risultato è la probabile diffusione incontrollabile di isotopi
mortali sia nel suolo che nelle acque sotterranee circostanti. E’ difficile
immaginare che gli eventi olimpici si disputino in prossimità di un nocciolo
nucleare fuso.
“Gli eventi
sportivi delle Olimpiadi di Tokyo 2020 si terranno nella zona giapponese di
Fukushima. Agli spettatori e agli atleti del villaggio olimpico sarà servito
cibo della zona come parte di un tentativo di ristabilire la reputazione di
Fukushima, in passato una delle regioni agricole più fertili del Giappone”
(Fukushima to Host Olympic 2020 Events, The Times, 25 febbraio 2015).
La questione
se Fukushima potrà mai tornare a essere un luogo adeguatamente sicuro e
decontaminato resta aperta e sfocia logicamente nella questione di chi fa il
lavoro sporco, quanti lavoratori sono assunti e quale sia il loro stato di
salute. Secondo la stampa mainstream giapponese, i lavoratori stanno lavorando
bene, si stima siano coinvolti 45.000 lavoratori in tutto e procedono senza
grossi problemi.
Ma fonti
affidabili al di fuori della stampa dominante dicono altrimenti, una su tutti
Mako Oshidori, giornalista freelance giapponese, direttrice di Free Press
Corporation/Japan, ex studente della Scuola di Scienze della vita presso la Tottori University
Faculty of Medicine, in un saggio intitolato “La verità nascosta su Fukushima”,
consegnato al Convegno internazionale “Effetti delle catastrofi nucleari sull’ambiente
naturale e la salute umana”, tenutasi in Germania nel 2014, co-organizzato da
Medicina Internazionale per la
Prevenzione della guerra nucleare.
Free Press
Corporation/Japan si è costituita dopo il grande terremoto di Sendai nel 2011
come contrappeso ai media dominanti giapponesi influenzati dal governo. “C’è
una cosa che mi ha veramente sorpreso qui in Europa. E’ il fatto che la gente
qui pensa che il Giappone sia un paese molto democratico e libero”. (Mako
Oshidori)
Secondo
Mako, la TEPCO
e il governo coprono deliberatamente le morti dei lavoratori di Fukushima, e
non solo. A seguito di una sua indagine sulle morti non dichiarate, agenti del
governo hanno iniziato a sorvegliarla: “Quando desideravo parlare con qualcuno,
notavo l’agente avvicinarsi e provare a origliare la conversazione” (Exposed:
Death of Fukushima Workers Covered-Up by TEPCO and Government, NSNBC
International, 21 marzo 2014).
Mako
Oshidori: “A ora, ci sono molti decessi tra i lavoratori del NPP (Nuclear Power
Plant); ma solo i deceduti sul lavoro vengono conteggiati. Quelli che muoiono
improvvisamente mentre non sono sul posto di lavoro, per esempio, durante il
fine settimana o nel sonno, non sono computati tra le morti segnalate. Per
esempio, ci sono alcuni lavoratori che hanno lasciato il lavoro dopo una
elevata esposizione alle radiazioni, 50, 60, 70 milli Sievert, e muoiono un
mese più tardi: nessuna di queste morti è riportata e nemmeno inclusa nel conto
delle morti sul lavoro. Questa è la realtà dei lavoratori NPP”.
La “realtà
dei lavoratori delle centrali nucleari che muoiono un mese dopo” non trova
accordo nell’insistenza dell’amministrazione Abe per riaprire gli impianti
nucleari, anche se il paese ha continuato a funzionare per cinque anni senza il
nucleare.
Nel suo
racconto, Mako parla dei problemi per i giornalisti a causa delle interferenze
del governo “un ex agente, a cui sono noti i metodi di lavoro dell’Agenzia di
Intelligence di Pubblica Sicurezza (PSIA), ha detto che quando sei visibilmente
seguito, l’obiettivo è l’intimidazione. Se c’è una persona visibile, allora ce
ne sono altre dieci invisibili, qualcosa di analogo agli scarafaggi. Così, se
si intraprende una circoscritta e seria indagine sull’incidente nucleare, si è
sotto pressione e diventa più difficile intervistare la gente”.
Mako è
riuscita a intervistare le madri di Fukushima, ad esempio: “Queste madri (e
padri) vivono nella città di Iwaki, Fukushima. Sono attive sul tema della
refezione scolastica. Attualmente, la produzione di Fukushima non è venduta a
causa della sospetta contaminazione. Così la politica della prefettura è quella
di incoraggiarne l’uso nelle mense scolastiche, tentando di fare appello alla
sua sicurezza. Le madri contestano come attualmente in Giappone venga misurato
solo il cesio e non hanno idea se vi sia traccia di stronzio-90 nel cibo. Si
oppongono all’uso della produzione locale per le mense scolastiche per paura di
scoprire, dieci anni più tardi, che vi era in realtà del plutonio nel cibo
mangiato dai bambini”.
Alle madri
che si oppongono alla politica nutrizionale della prefettura è stato detto di
lasciare la regione se sono preoccupate della contaminazione.
Tutto questo
ci riporta alla domanda su chi fa il lavoro sporco. Secondo Michel
Chossudovsky, direttore del Centro per la Ricerca sulla Globalizzazione (Canada), il
criminale sindacato giapponese Yakuza, è attivamente coinvolto nel
reclutamento. Il personale qualificato per il lavoro di pulizia radioattiva
comprende persone sottoccupate, povere, indigenti, disoccupate, senza fissa
dimora, barboni, disperati: persone disposte a intraprendere lavori
sotto-pagati, ad alto rischio. I senza nome sono assoldati.
Come
denunciato da Mako Oshidori, le leggi governative sulla segretezza e le
tecniche di intimidazione mistificano di gran lunga l’entità della tragedia,
una nuvola nera opprimente che non si dissipa. Le persone hanno paura di
raccontare per paura di rappresaglie, del carcere, di esser schedate. Il nome
di Mako Oshidori è nella lista nera.
Di
conseguenza, è istruttivo rilevare l’emanazione di una nuova legge sul segreto
di Stato del Giappone (Act on the Protection of Specially Designated Secrets -
SDS): la legge n. 108 del 2013 approvata sulla scia del tracollo di Fukushima,
molto simile alle dure disposizioni adottate nella seconda guerra mondiale sul
controllo dell’ordine e della quiete pubblica in Giappone. Secondo la legge n.
108, “la fuga di notizie” è sufficiente per avviare un procedimento penale,
indipendentemente da come, quando e perché.
Allora,
Susumu Murakoshi, presidente della Federazione giapponese dell’ordine degli
avvocati dice: “La legge dovrebbe essere abolita perché mette in pericolo la
democrazia e il diritto del popolo di sapere” (Abe’s Secrets Law Undermines
Japan’s Democracy, The Japan Times, 13 dicembre 2014).
L’opinione
pubblica è formata dalla pubblica conoscenza degli eventi, ma l’emanazione da
parte del governo Abe di una legge sulla segretezza così ignobile e
straordinariamente ampia (quasi chiunque può essere arrestato) che minaccia
pene detentive fino a 10 anni, mina la fiducia nella credibilità del governo
giapponese.
Ma
categoricamente, il Giappone ha bisogno di nutrire fiducia.
22/02/16
Robert Hunziker
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From: Sinistra
Lavoro info@sinistralavoro.it
To:
Sent:
Thursday, March 03, 2016 11:52 AM
Subject: CONTRO LE TRIVELLE: IL 17 APRILE TANTI SI!
Le trivellazioni
sono una pratica barbara e arcaica di ricerca e produzione di fonti
energetiche, che violenta il territorio e deturpa il paesaggio, che sottrae
sovranità alle comunità locali e le sacrifica alle multinazionali, che
impoverisce ulteriormente la
Terra, piegandola a un modello di sviluppo non più
compatibile con la sopravvivenza del Pianeta e del genere umano.
Il cosiddetto
decreto “sblocca trivelle” del Governo Renzi rende questa pratica più agile,
più snella e accentra nelle mani del Governo nazionale la valutazione d’impatto
ambientale sulle perforazioni.
In tutta Italia e
in tutto il mondo esistono comitati, movimenti, studi scientifici che, oltre a
battersi contro le trivellazioni, dimostrano la possibilità e l’utilità di
investire su una produzione energetica rinnovabile e pulita, non più fondata su
idrocarburi e risorse naturali non rinnovabili.
E’ il principio di
una necessaria e non rinviabile rivoluzione verde, che restituisca centralità
all’ambiente e ai diritti degli uomini e delle donne, che coniughi lavoro buono
e ecologia.
Il referendum del
17 aprile è importante: sul piano simbolico, culturale e politico.
Ed il fatto che sia
oggetto di uno scandaloso oscuramento mediatico è una testimonianza di quanto
se ne avverta il pericolo nelle sedi governative e nelle sedi delle
multinazionali.
Sinistra italiana
voterà SI per bloccare le trivelle e rivendicare la conversione ecologica dell’economia.
Facciamolo tutti insieme e avremo vinto la battaglia giusta di una guerra
giusta.
Michele Piras
deputato Sinistra Italiana
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From:
Orizzonte degli Eventi orizzontedeglieventi79@gmail.com
To:
Sent:
Thursday, March 03, 2016 3:24 PM
Subject:
MATERIALE CONVEGNO SICUREZZA E SALUTE NELLE AZIENDE
Sono
disponibili le presentazioni del Convegno “Sicurezza e salute
nelle aziende: la gestione del rischio psicosociale tra ostacoli e opportunità”
del 22
gennaio scorso.
E’
possibile scaricarle al link:
Per
approfondire alcune tematiche è possibile leggere anche:
-
il
rischio psicosociale e lo stress
-
rischi
psicosociali
-
la
salute aziendale
-
psicologia
dei sistemi complessi. l’uomo e le tecnologie
-
gli
aspetti psicosociali come parametri d’ordine dell’evoluzione dei sistemi
produttivi
Auguriamo
distinti saluti.
Orizzonte degli Eventi
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To:
Sent: Saturday, March 05, 2016 4:33 PM
Subject: UNA BOMBA
A SCOPPIO RITARDATO!
Sul Decreto “Milleproroghe” ho già
avuto modo di intervenire, con riguardo particolare alla
denuncia avanzata in sede comunitaria da Marco Bazzoni, relativamente
al rinvio legato all’adeguamento della normativa antincendio nelle strutture
alberghiere nelle scuole.
Il mio post dal titolo “Le 1000 e una
proroga delle proroghe” lo trovate all’indirizzo:
Oggi pubblico il contributo dell’ingegner
Marco Bianchini su un altro tema oggetto di rinvio, quello della valutazione
del rischio dal rinvenimento di ordigni bellici inesplosi.
Ringrazio Bianchini per l’approfondimento
e ricordo che sul tema si era sviluppato un intenso dibattito in occasione del
cliccatissimo post all’indirizzo:
Se qualcuno,
oltre che commentare i vari post volesse scriverli direttamente (come fatto da
Marco Bianchini), sarò lieto di pubblicarli sul mio blog.
Franco
Mugliari alias Muglia La Furia
mail: fmuglia@tin.it
* * * * *
Caro Muglia La Furia,
con la pubblicazione in Gazzetta
Ufficiale della legge cosiddetta “Milleproroghe 2016”, verranno ulteriormente
prorogate le integrazioni nel Testo Unico Salute e Sicurezza sul lavoro
inerenti i rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici
inesplosi nei cantieri temporanei o mobili.
La disposizione contenuta nell’articolo
4, comma 6, dispone infatti la modifica alla Legge n. 177/12 che sul punto
recita: “Le modificazioni al Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, introdotte
dal comma 1 del presente articolo, acquistano efficacia decorsi dodici mesi dalla data della
pubblicazione del Decreto del Ministro della difesa, di cui al comma 2 del
presente articolo. Fino a tale data continuano ad applicarsi le disposizioni di
cui all’articolo 7, commi primo, secondo e quarto, del Decreto Legislativo Luogotenenziale
12 aprile 1946, n. 320, che riacquistano efficacia, a decorrere dalla data di
entrata in vigore della presente Legge, nel testo vigente il giorno antecedente
la data di entrata in vigore del codice dell’ordinamento militare, di cui al Decreto
Legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e sono autorizzate a proseguire l’attività le
imprese già operanti ai sensi delle medesime disposizioni”.
Pertanto dal 26/06/16 (trascorsi 12
mesi dalla data di pubblicazione del decreto D.M. n. 82 del 11/05/15, in
Gazzetta Ufficiale il 26/06/15) avranno efficacia le seguenti integrazioni al
D.Lgs. 81/08:
-
nel carnet dei cosiddetti “rischi
particolari” oggetto di valutazione dei rischi contenuti nel Titolo I ex articolo
28, comma 1 (collegati a stress lavoro-correlato, lavoratrici in stato di
gravidanza, differenze di genere, differenze di età, di provenienza da altri
paesi, connessi alla specifica tipologia contrattuale) vengono aggiunti i “rischi
derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri
temporanei o mobili”;
-
nell’elenco dei lavori comportanti “rischi particolari” contenuto nell’Allegato
XI vengono aggiunti i “lavori che espongono i lavoratori al rischio
di esplosione derivante dall’innesco accidentale di un ordigno bellico
inesploso rinvenuto durante le attività di scavo”;
-
il Coordinatore per la Progettazione in Sicurezza
(CSP) ha l’obbligo di effettuare la valutazione
del rischio dovuto alla presenza di ordigni bellici inesplosi
rinvenibili durante le attività di scavo nei cantieri (articolo 91, comma
2.bis);
-
quando il CSP intenda procedere alla
bonifica del sito nel quale è collocato il cantiere, il committente provvede a
incaricare una “impresa specializzata” per effettuare l’attività di preventiva
e sistematica messa in sicurezza, svolta sulla base di un parere vincolante
dell’autorità militare competente per territorio;
-
nell’articolo 104, comma 4 bis è
considerata “impresa specializzata”, per l’espletamento delle attività
relative alla bonifica preventiva e sistematica, l’impresa che risulta iscritta
in un apposito albo istituito presso il Ministero della Difesa.
Fino al 26/06/16 è altresì valido l’elenco
di prestatori di servizio di bonifica sistematica previsto dalla precedente
normativa.
L’albo delle imprese “Bonifiche Campi Minati” abilitate ai
sensi del Decreto Legislativo luogotenenziale n. 320/46 è reperibile nel
seguente link:
Dottor ingegner
Marco Bianchini
Bolzano
---------------------
To:
Sent: Saturday, March 05, 2016 4:33 PM
Subject: VERGOGNA!
QUESTO E’ UN POST CHE NON AVREI MAI VOLUTO SCRIVERE
E CHE, ECCEZIONALMENTE HO DECISO DI FARE CON CARATTERI MAIUSCOLI.
SONO INCAZZATO (E QUESTO CAPITA
SPESSO) E INDIGNATO (COSA CHE MI CAPITA UN PO’ MENO).
STAMATTINA, A BOLZANO, HO PARTECIPATO AD UN SEMINARIO SINDACALE SULLA SICUREZZA SUL
LAVORO IN CUI È STATO RICORDATO UNO DEGLI EPISODI CHE HANNO CONTRIBUITO A
SEGNARE LA STORIA DELLA
PREVENZIONE IN ITALIA: I 13 MORTI DELLA ELISABETTA MONTANARI (RAVENNA 13 MARZO
1987).
NEL MIO INTERVENTO HO VOLUTO RICORDARE ANCHE UN OPERAIO BOLZANINO, LUCIANO FRATTI,
GRUISTA, MORTO A META’ DEGLI ANNI ‘80, SCHIACCIATO DAI CONTRAPPESI IN
CALCESTRUZZO DELLA GRU CHE MANOVRAVA, DICENDO SEMPLICEMENTE: “UNO CHE CI
CREDEVA”.
A QUESTO PUNTO LO STORICO SEGRETARIO
DEL SINDACATO CHE PRESIEDEVA IL SEMINARIO HA MOSTRATO UNA FACCIA PERPLESSA (N.B.
ERA SUL PALCO E L’HANNO POTUTO VEDERE TUTTI) E NON SI È LIMITATO A QUESTO.
INFATTI HA AGGIUNTO IL SEGUENTE COMMENTO AL MICROFONO: “ IO C’ERO E SO COME E’
MORTO”, SENZA ULTERIORI SPIEGAZIONI.
IMMAGINO CHE TUTTI AVRANNO PENSATO CHE LA MORTE DI LUCIANO SIA
AVVENUTA A CAUSA DI UNA SUA IMPRUDENZA (INSOMMA ERA COLPA SUA) O PER CHISSA’
QUALE ALTRO MOTIVO.
VADA PER LA RISAPUTA ARROGANZA DEL NOTO SINDACALISTA, VADA
ANCHE PER L’ IGNORANZA, PERALTRO AMMESSA DALLO STESSO, NEL RICONOSCERE CHE LUI,
SINDACALISTA A TEMPO PIENO GIA’ ALLORA, DELL’INCIDENTE DI RAVENNA NON AVEVA MAI SENTITO PARLARE,
MA LA MANCANZA DI
RISPETTO PER LA MEMORIA DI
UNA PERSONA MORTA, A MAGGIOR RAGIONE LAVORANDO, E’ COSA CHE UNA PERSONA, PRIMA
ANCORA CHE UN SINDACALISTA, NON PUO’ E NON DEVE PERMETTERSI.
Franco
Mugliari alias Muglia La Furia
mail: fmuglia@tin.it
web: http://muglialafuria.blogspot.com
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