A Bergamo la
giornata del 18 marzo è stata anticipata da volantinaggi che hanno toccato le
più importanti fabbriche del territorio dove si è portato agli operai la
necessità dello sciopero contro il governo della guerra.
Uno sciopero
necessario ma difficile, anche nei posti di lavoro con una presenza organizzata
del sindacato. Tante presenze importanti in piazza ma anche tanti vuoti.
Lavoratori
della logistica e operai di fabbrica; licenziati con infami accordi sindacali
di Cgil e Cisl che hanno chiuso importanti aziende quando il lavoro c'è per
favorire la delocalizzazione e lo sfruttamento di nuova manodopera in nuove
aziende; i senza diritti delle cooperative in maggioranza immigrati, si sono
trovati fianco a fianco contro questo sistema criminale che è il governo delle
imprese e della guerra.
Nell'assemblea
in piazza questo insieme di esperienze si sono fuse nelle ragioni dello
sciopero, i tanti aspetti dello sfruttamento quotidiano, nei magazzini della
logistica o sulle catene delle grandi fabbriche.
E' uscito
chiaro, che le condizioni da nuovi schiavi imposte con il sistema illegale
delle cooperative, è il modello che stanno esportando nelle fabbriche, con la
riforma del art. 18, con il jobs act, con la svendita del contratto nazionale
come quello dei metalmeccanici ora in discussione.
IL VOLANTINO
DIFFUSO
Lavoro non
guerra, diritti per tutti
NO allo
sfruttamento, NO alla precarietà, NO al razzismo
Contro le
guerre ingiuste, vere e proprie rapine internazionali, che i governi fanno, con
il governo Renzi in prima fila, per difendere i profitti dei padroni: per il
controllo del petrolio, per spartirsi nuovi mercati... Sono queste guerre che
producono la miseria e la disperazione che costringono milioni di
uomini e donne a immigrazioni forzate.
Contro la
guerra interna ai lavoratori. Delocalizzazioni, e libertà di licenziare con la
riforma dell'art. 18. precarietà a vita del lavoro e taglio dei diritti con il
Jobs act. morte della democrazia in fabbrica con l'accordo fascista del
10/01/2014
Contro la
guerra interna a tutte le masse popolari, attaccate dalla politica barbara e
infame del governo Renzi, che taglia servizi essenziali e diritti sociali
indispensabili come la sanità, le pensioni, la scuola...
Un governo,
quello di Renzi, al servizio dei profitti di Confindustria e delle banche, che
taglia per privatizzare. Un governo che toglie risorse vitali al benessere
delle masse, per finanziare la politica dei cannoni.
Come lavoratori
abbiamo una sola strada, lottare e scioperare per organizzare la nostra guerra
di classe:
per cacciare
il governo della guerra ai popoli
per
difendere il lavoro e le fabbriche
per un
salario dignitoso
per i
diritti e la libertà di organizzazione sindacale per tutti i lavoratori
per pubblici
servizi sociali primari come la sanità, l'istruzione, la casa
per l'unità
degli sfruttati contro il razzismo usato per dividere i lavoratori
indetto dai
sindacati di base
A Bergamo la
giornata del 18 marzo è stata anticipata da volantinaggi che hanno toccato le
più importanti fabbriche del territorio dove si è portato agli operai la
necessità dello sciopero contro il governo della guerra.
Uno sciopero
necessario ma difficile, anche nei posti di lavoro con una presenza organizzata
del sindacato. Tante presenze importanti in piazza ma anche tanti vuoti
Lavoratori
della logistica e operai di fabbrica; licenziati con infami accordi sindacali
di Cgil e Cisl che hanno chiuso importanti aziende quando il lavoro c'è per
favorire la delocalizzazione e lo sfruttamento di nuova manodopera in nuove
aziende; i senza diritti delle cooperative... in maggioranza immigrati, si sono
trovati fianco a fianco contro questo sistema criminale che è il governo delle
imprese e della guerra.
Nell'assemblea
in piazza questo insieme di esperienze si sono fuse nelle ragioni dello
sciopero, i tanti aspetti dello sfruttamento quotidiano, nei magazzini della
logistica o sulle catene delle grandi fabbriche.
E' uscito
chiaro, che le condizioni da nuovi schiavi imposte con il sistema illegale
delle cooperative, è il modello che stanno esportando nelle fabbriche, con la
riforma del art. 18, con il jobs act, con la svendita del contratto nazionale
come quello dei metalmeccanici ora in discussione.
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