venerdì 27 maggio 2016

27 maggio - SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! NEWSLETTER N. 256 DEL 27/05/16



NEWSLETTER PER LA TUTELA DELLA SALUTE
E DELLA SICUREZZA DEI LAVORATORI
(a cura di Marco Spezia - sp-mail@libero.it)

INDICE

LE “FREQUENTLY ASKED QUESTIONS” DI SICUREZZA SUL LAVORO - KNOW YOUR RIGHTS! - N.14
1
CAMPI ELETTROMAGNETICI: DA LUGLIO NOVITA’ PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO
6
DPI: L’EQUIPAGGIAMENTO PER SALDATURA E LE PROTEZIONI PER LASER
8
INTERPELLO: LA NORMATIVA PER LA GESTIONE DELL’AMIANTO NEGLI EDIFICI
10
CAMPI ELETTROMAGNETICI: PROCEDURE SCRITTE, BUONE PRASSI E DPI
12
IMPARARE DAGLI ERRORI: INCIDENTI CON LE PIATTAFORME SU AUTOCARRO
15


LE “FREQUENTLY ASKED QUESTIONS” DI SICUREZZA SUL LAVORO - KNOW YOUR RIGHTS! - N.14

Nella mia attività di diffusione della cultura della salute e sicurezza sul lavoro, spesso sono chiamato, da lavoratori o associazioni sindacali di base, a svolgere delle vere e proprie “consulenze” (ovviamente del tutto gratuite) di ampio respiro, che poi riporto, per condividere l’esperienza con tutti, nella mia newsletter, nella rubrica “Le consulenze di Sicurezza sul Lavoro – Know Your Rights!”.
In qualche caso invece le richieste che mi pervengono non richiedono consulenze di ampio respiro, ma brevi e sintetiche risposte a domande su temi molto specifici e limitati.
Anche in questo caso mi sembra giusto e doveroso diffondere questi brevi consulenze che hanno la forma delle cosiddette “Frequently Asked Questions”, facendo nascere su tale argomento una nuova rubrica della mia newsletter.
Ovviamente, per evidenti motivi di privacy e per non creare motivi di ritorsione verso i lavoratori o le associazioni che le hanno poste, riportando le domande ometto il nominativo del lavoratore e dell’azienda coinvolti.

************

Ciao Marco,
lavoro in una ditta di pulizia e tra i prodotti che utilizziamo ci sono anche degli acidi.
Volevo porti un quesito sul tipo di guanti che dovremmo utilizzare.
La nostra azienda ci fornisce solo guanti in lattice e finisce che ci roviniamo le mani perché l’acido penetra attraverso il lattice.
Puoi dirmi che caratteristiche devono avere i guanti per la protezione dall’acido?
Grazie.

Ciao,
i guanti, come tutti i Dispositivi di Protezione Individuali (DPI), devono essere scelti dal datore di lavoro, non sulla base di sue opinioni personali, magari legate a motivazioni economiche, ma secondo precisi criteri indicati sia nella legislazione generale di tutela di salute e sicurezza (D.Lgs.81/08 e D.Lgs. 475/92), sia nelle norme tecniche applicabili.
Per quanto riguarda il primo aspetto, l’articolo 76 del Decreto impone che:
1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al Decreto Legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, e sue successive modificazioni.
2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio maggiore;
b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
d) poter essere adattati all’utilizzatore secondo le sue necessità”.
Il D.Lgs. 475/92 e sue modifiche e integrazioni è il recepimento in Italia della Direttive Europee 89/686/CEE, 93/68/CEE, 93/95/CEE e 96/58/CE.
Lo puoi scaricare da Internet, ad esempio all’indirizzo:
Tale Decreto impone sostanzialmente delle regole ben precise applicabili ai fabbricanti di DPI per la loro realizzazione e commercializzazione.
Tale Decreto rimanda per le caratteristiche che devono possedere i DPI a norme tecniche (le cosiddette “norme armonizzate”) emesse dall’istituto di normazione europea EN e recepite in Italia dall’istituto di normazione italiano UNI.
Solo i DPI conformi a tali norme armonizzate possono essere immessi sul mercato e devono recare un’etichetta recante il simbolo CE e la norma armonizzata di riferimento e contenere all’interno della confezione una nota informativa su come utilizzare i DPI in funzione dei possibili rischi a cui è sottoposto il lavoratore.
Tenendo conto di tali norme, il datore di lavoro deve effettuare la scelta dei DPI, in funzione dei rischi presenti nelle attività lavorative, secondo quanto disposto dall’articolo 77, comma 1 del Decreto:
1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua l’analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi;
b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;
c) valuta, sulla base delle informazioni e delle norme d’uso fornite dal fabbricante a corredo dei DPI, le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);
d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione
[...]”
Pertanto il datore di lavoro deve individuare le caratteristiche minime di protezione che devono avere i DPI in funzione della norma tecnica corrispondente e deve acquistare i DPI che abbiano quelle caratteristiche minime di protezione.
In merito al rischio da contatto con prodotti chimici, le norme armonizzate di riferimento sono le seguenti:
-         UNI EN 374-1:2004Guanti di protezione contro prodotti chimici e microorganismi - Parte 1: Terminologia e requisiti prestazionali”;
-         UNI EN 374-2:2015Guanti di protezione contro i prodotti chimici e microorganismi pericolosi - Parte 2: Determinazione della resistenza alla penetrazione”.
Secondo tali norme, i DPI devono essere realizzati per poter resistere alla penetrazione di vari tipi di agenti chimici e devono riportare sull’etichetta un simbolo di provetta chimica seguito da una o più lettere dalla A alla L, a ognuna delle quali corrisponde l’agente chimico che il guanto è in grado di proteggere.
A esempio un guanto per la protezione dal metanolo deve riportare in etichetta il simbolo della provetta seguito dalla lettera A (quella che nella codifica delle norme armonizzate corrisponde al metanolo).
Venendo al tuo caso, vedrai che i guanti in lattice (quelli monouso) non riportano alcuna marcatura CE, né alcuna indicazione, perché non sono DPI, ma solo ausili per proteggere dalla polvere o dallo sporco, ma non da agenti chimici.
I guanti da utilizzare per la manipolazione di agenti chimici devono avere nella confezione e sui guanti il marchio CE, il riferimento alle norme armonizzate di cui sopra, il simbolo della provetta e almeno la lettera L (quella relativa alla classe degli acidi minerali inorganici).
Inoltre i guanti devono essere accompagnati da nota informativa (anche in italiano) che illustri le loro caratteristiche e la modalità di utilizzo.
Anche in questo caso al lavoratore deve essere impartita specifica informazione e formazione, secondo quanto disposto dall’articolo 77, comma 4, lettera h):
Il datore di lavoro assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno specifico addestramento circa l’uso corretto e l’utilizzo pratico dei DPI”.

************

Gentilissimo Marco,
nella mia azienda sono stati programmati degli interventi di manutenzione straordinaria dell’illuminazione con sostituzione dei corpi illuminanti installati sul soffitto.
La definizione dell’intervento, data dal direttore dei lavori è la seguente “Modifica e integrazione dell’impianto di illuminazione con interventi volti all’installazione di elementi decorativi non strutturali, amovibili e che non richiedono alcuna modifica degli elementi strutturali preesistenti”.
Volevo sapere se tale intervento si può configurare come cantiere e se quindi si devono applicare le normative sui cantieri edili oppure no.
Grazie.

Ciao,
ai sensi dell’articolo 88, comma 1 del D.Lgs.81/08 (Decreto), il Titolo IV relativo ai cantieri si applica “nei cantieri temporanei o mobili quali definiti all’articolo 89, comma 1, lettera a)” del Decreto, cioè in:
qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile il cui elenco è riportato nell’allegato X”.
A sua volta il punto 1 di tale allegato riporta tale elenco di “lavori edili o di ingegneria civile”:
I lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le parti strutturali delle linee elettriche e le parti strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro”.
Pertanto tale elenco comprende lavorazioni elettriche, solo dove siano “comprese le parti strutturali delle linee elettriche e le parti strutturali degli impianti elettrici”.
Nel caso in questione (ristrutturazione degli impianti di illuminamento) nella descrizione data dal direttore dei lavori si parla di “installazione di elementi decorativi non strutturali, amovibili e che non richiedono alcuna modifica degli elementi strutturali preesistenti”.
Pertanto non si configurano interventi su “le parti strutturali delle linee elettriche e le parti strutturali degli impianti elettrici”, non si ricade pertanto nelle lavorazioni di cui all’allegato X del Decreto e, di conseguenza, non si ricade nemmeno nel campo di applicazione del Titolo IV del Decreto stesso.
Resta inteso che la gestione delle lavorazioni appaltate dovrà svolgersi in ogni caso secondo quanto disposto dall’articolo 26 del Decreto “Obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione”.

************

Buongiorno.
Sono un dipendente provato con mansioni di vigilante. La mia mansione comporta anche l’utilizzo di motocicletta.
Ho avuto un grave infortunio alla spalla. L’assenza si è protratta per circa 7 mesi. Ora la mobilità è buona, circa del 90%, ma mi manca molto la forza.
Il medico aziendale mi “consiglia” (così scrive...) lavori in ufficio e, solo a seguito di mia richiesta, mi “consiglia” servizio di sorveglianza a piedi. La mia richiesta era motivata dal fatto che volevo rendermi “utile”.
Il medico non era molto d’accordo, ma in un certo senso lo ho convito perché lavoro “leggero” e non pericoloso.
Ora però l’azienda dice che potrei fare un po’ di tutto appellandosi al “consiglio” del medico.
La domanda è perché il medico “consiglia”: non dovrebbe prescrivere?
Pensavo di rinunciare il servizio di vigilanza a piedi, che era una mia richiesta per andare incontro all’azienda, ma a quanto pare mi si ritorce contro
Mi può chiarire?
Grazie infinite.

Ciao,
la sorveglianza sanitaria, organizzata dal datore di lavoro ed eseguita dal medico competente nominato dal datore di lavoro stesso, è anche finalizzata alla verifica della idoneità psico-fisica del lavoratore a svolgere la sua mansione specifica, in funzione dei rischi per la salute che la mansione comporta.
In pratica la sorveglianza sanitaria serve e verificare che la mansione svolta, in funzione dei suoi rischi, non abbia conseguenze negative per la salute del lavoratore, in funzione di eventuali patologie o infermità che interessano il lavoratore stesso.
Tale principio generale costituisce, ai sensi del D.Lgs.81/08 (“Testo unico per la sicurezza”, nel seguito Decreto) obblighi sanzionabili a carico del datore di lavoro (o dei dirigenti da egli delegati) e del medico competente.
Un primo obbligo, a carico del datore di lavoro è quello richiamato dall’articolo 18, comma 1, lettera c) del Decreto che impone che:
Il datore di lavoro [...] e i dirigenti [...] devono nell’affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza”.
Ciò si esplicita attraverso la sorveglianza sanitaria che il datore di lavoro deve organizzare tramite la nomina del medico competente, secondo l’articolo 18, comma 1, lettera a) del decreto:
Il datore di lavoro [...] e i dirigenti [...] devono nominare il medico competente per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria”;
e nell’inviare i lavoratori alla sorveglianza sanitaria, secondo l’articolo 18, comma 1, lettera g), richiedendo al medico competente l’osservanza degli obblighi a lui imposti dal Decreto:
Il datore di lavoro [...] e i dirigenti [...] devono inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e richiedere al medico competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente Decreto”.
Infine il datore di lavoro deve verificare che i lavoratori siano adibiti alla loro mansione solo a seguito di giudizio di idoneità alla mansione, espresso dal medico competente, secondo l’articolo 18, comma 1, lettera bb) del Decreto:
Il datore di lavoro [...] e i dirigenti [...] devono vigilare affinché i lavoratori per i quali vige l’obbligo di sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di idoneità”.
Gli obblighi per il datore di lavoro di cui all’articolo 18 sono sanzionabili penalmente in caso di mancato adempimento.
Per quanto riguarda il medico competente, egli deve eseguire le visite mediche da lui definite nel programma di sorveglianza sanitaria, in funzione dei rischi specifici per ogni mansione, secondo l’articolo 25, comma 1, lettera b):
Il medico competente programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati”.
Tale obbligo è sanzionato penalmente in caso di mancato adempimento da parte del medico competente.
L’articolo 41, comma 2 del Decreto definisce poi le visite mediche da effettuare da parte del medico competente:
La sorveglianza sanitaria comprende:
a) visita medica preventiva intesa a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica;
b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica [...];
c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica;
d) visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l’idoneità alla mansione specifica;
e) visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla normativa vigente;
e-bis) visita medica preventiva in fase preassuntiva;
e-ter) visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità alla mansione”.
Nel tuo caso si applica quanto disposto alla lettera e-ter). Anche tale tipo di visita medica deve essere eseguita “al fine di verificare l’idoneità alla mansione”, proprio in funzione del fatto che un’assenza dal lavoro per motivi di salute di tale entità ha alla base una patologia o un’infermità che potrebbe essere pregiudizievole all’occupazione nella mansione precedentemente occupata.
In esito alle visite mediche di cui sopra il medico competente deve esprime un giudizio di idoneità o meno alla mansione, in funzione dei rischi che essa comporta.
Ciò è stabilito dall’articolo 41, comma 6 del Decreto:
Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche di cui al comma 2, esprime uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione specifica:
a) idoneità;
b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni;
c) inidoneità temporanea;
d) inidoneità permanente”.
Il giudizio di idoneità o non idoneità deve essere espresso per iscritto al lavoratore e al datore di lavoro, ai sensi del successivo comma 6-bis:
Nei casi di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6 il medico competente esprime il proprio giudizio per iscritto dando copia del giudizio medesimo al lavoratore e al datore di lavoro”.
Il mancato adempimento di quest’ultimo obbligo da parte del medico competente è sanzionato penalmente.
A seguito di eventuale giudizio di idoneità da parte del medico, il datore di lavoro deve attuare quanto previsto dall’articolo 42 del Decreto:
Il datore di lavoro [...], in relazione ai giudizi di cui all’articolo 41, comma 6, attua le misure indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano un’inidoneità alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori, garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza”.
Di conseguenza, il medico competente, in esito alla visita medica di sorveglianza sanitaria per prolungata assenza per motivi di salute è obbligato a esprimere un giudizio di idoneità o meno alla mansione. In caso di giudizio di idoneità parziale, tale giudizio deve essere accompagnato dalle “prescrizioni o limitazioni” derivanti dallo stato di salute del lavoratore.
Nel tuo caso il medico competente deve esprimere un giudizio di “inidoneità temporanea” alla tua mansione, specificando la durata di tale inidoneità.
La tua azienda, sulla base di tale giudizio di inidoneità parziale, deve adibirti a mansioni compatibili con il tuo stato di salute (“equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori, garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza”). Questo però sole “ove possibile”, cioè solo se esiste ed è disponibile mansione per te compatibile all’interno dell’azienda.
Poiché, a seguito del tuo stato di salute, l’azienda dispone nei tuoi confronti un cambio di mansione, si ricade però nel caso di cui alla lettera d) dell’articolo 41, comma 2, per cui il medico competente dovrà esprimere (sempre per iscritto) un giudizio sull’adeguatezza di tale nuova mansione al tuo stato di salute.
In alternativa il medico competente può esprimere un giudizio di “idoneità parziale temporanea” alla mansione di vigilante, specificando la durata di tale inidoneità parziale e le “prescrizioni o limitazioni” derivanti dal tuo stato di salute (nel tuo caso prescrizione di non guidare motoveicoli).
Ricapitolando:
-         il medico competente deve esprime un giudizio scritto a te e al datore di lavoro sulla tua idoneità o meno alla mansione, in funzione del tuo stato di salute;
-         se sei idoneo parzialmente alla mansione (di vigilante) il medico deve indicare le “prescrizioni o limitazioni” relative a tale idoneità parziale;
-         se non sei idoneo totalmente (e temporaneamente) alla mansione, il datore di lavoro deve adibirti ad altra mansione compatibile con il tuo stato di salute; in tal caso, trattandosi di cambio di mansione, il medico competente informato dal datore di lavoro, dovrà esprimere nuovamente giudizio di idoneità alla nuova mansione;
-         il medico competente deve quindi sempre esprimere un “giudizio”, eventualmente con “prescrizioni o limitazioni”: il semplice “consiglio” non è previsto dalla normativa!!!
A disposizione per ulteriori chiarimenti.
Marco Spezia

************

NOTA
Nel testo delle “Frequently Asked Questions” sopra riportate sono state usati i seguenti acronimi e termini:
ASL = Azienda Sanitaria Locale
CCNL = Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro
DPI = Dispositivi di Protezione Individuali
DVR = Documento di Valutazione dei Rischi
DUVRI = Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza in caso di lavori in appalto
RSPP = Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione
RLS = Rappresentate dei Lavoratori per la Sicurezza
D.Lgs.81/08 o Decreto: Decreto Legislativo n.81 del 9 aprile 2008 e successive modifiche e integrazioni (cosiddetto “Testo Unico sulla sicurezza”)



CAMPI ELETTROMAGNETICI: DA LUGLIO NOVITA’ PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO

Da Vega Enginnering

18/05/16
di Federico Maritan Condividi

La Direttiva Europea 2013/35/UE sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dai campi elettromagnetici (CEM), che abroga la precedente Direttiva 2004/40/CE e che dovrà essere recepita negli ordinamenti nazionali entro il 1 luglio 2016, obbliga il Datore di Lavoro a una valutazione del rischio nel rispetto di precisi criteri.

La Direttiva 2013/35/UE sui CEM stabilisce prescrizioni minime di protezione dei lavoratori contro i rischi riguardanti gli effetti biofisici diretti e gli effetti indiretti noti, provocati a breve termine dai campi elettromagnetici.

Nella Direttiva 2013/35/UE, inoltre, sono presenti i seguenti nuovi valori limite:
-         VLE (Valori Limite di Esposizione): valori stabiliti sulla base di considerazioni biofisiche e biologiche, in particolare gli effetti diretti acuti e a breve termine scientificamente accertati, ossia gli effetti termici e l’elettrostimolazione dei tessuti;
-         VLE relativi agli effetti sanitari: VLE al di sopra dei quali i lavoratori potrebbero essere soggetti a effetti nocivi per la salute, quali il riscaldamento termico o la stimolazione del tessuto nervoso o muscolare;
-         VLE relativi agli effetti sensoriali: VLE al di sopra dei quali i lavoratori potrebbero essere soggetti a disturbi temporanei delle percezioni sensoriali e a modifiche minori delle funzioni cerebrali.

Per la corretta applicazione di questa novità normativa, la Commissione Europea ha appena emanato una “Guida non vincolante di buone prassi per l’attuazione della direttiva 2013/35/UE relativa ai campi elettromagnetici”, suddivisa in tre volumi.

Il primo volume della Guida sull’attuazione della Direttiva sui CEM contiene consigli sullo svolgimento della valutazione dei rischi: secondo la Guida, tale valutazione dovrebbe essere coerente con una serie di procedure di valutazione dei rischi comunemente utilizzate, tra cui lo strumento interattivo online per la valutazione dei rischi (OiRA) fornito dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro.

Il secondo volume presenta dodici studi di casi che indicano ai datori di lavoro come effettuare le valutazioni e illustrano alcune delle misure di protezione e prevenzione che possono essere scelte e attuate per la protezione dai CEM.

Il terzo volume è destinato principalmente alle Piccole e Medie Imprese (PMI), ma può essere utile anche per i lavoratori, i rappresentanti dei lavoratori e le autorità di regolamentazione degli Stati membri. Tale documento vuole offrire un aiuto per effettuare una valutazione iniziale dei rischi derivanti dai campi elettromagnetici sul luogo di lavoro. A seconda del suo esito, la valutazione aiuta a decidere sull’eventuale necessità di adottare ulteriori misure in conformità alla direttiva relativa ai campi elettromagnetici.

Il documento “Guida non vincolante di buone prassi per l’attuazione della direttiva 2013/35/UE relativa ai campi elettromagnetici - Volume 1: Guida pratica” è scaricabile all’indirizzo:


Il documento “Guida non vincolante di buone prassi per l’attuazione della direttiva 2013/35/UE relativa ai campi elettromagnetici - Volume 2: Studi di casi” è scaricabile all’indirizzo:

Il documento “Guida non vincolante di buone prassi per l’attuazione della direttiva 2013/35/UE relativa ai campi elettromagnetici - Guida per le PMI” è scaricabile all’indirizzo:



DPI: L’EQUIPAGGIAMENTO PER SALDATURA E LE PROTEZIONI PER LASER

Da: PuntoSicuro
23 maggio 2016

Informazioni sui dispositivi di protezione degli occhi e del viso tratte dal progetto “Impresa Sicura”.
Focus sull’equipaggiamento per saldatura e sulle protezioni degli occhi per le radiazioni laser.

Quando si parla dei dispositivi di protezione degli occhi e del viso, necessari in molte attività lavorative, non si fa riferimento solo agli occhiali di protezione predisposti per rischi meccanici, termici o chimici, ma anche a specifici dispositivi realizzati per specifiche attività.

Per parlare di alcuni di questi DPI, con particolare riferimento all’equipaggiamento per saldatura e alle protezioni degli occhi per le radiazioni laser, torniamo a presentare il progetto multimediale Impresa Sicura (Regione Marche, Regione Emilia-Romagna e INAIL) che è stato validato dalla Commissione Consultiva Permanente per la salute e la sicurezza come buona prassi nella seduta del 27 novembre 2013.
Progetto che ha prodotto negli anni non solo diversi materiali relativi alla prevenzione in vari comparti lavorativi (metalmeccanica, cantieristica navale, lavorazione del legno, calzature, ecc.), ma anche una raccolta dettagliata di informazioni sui Dispositivi di Protezione Individuale nel documento “Impresa Sicura DPI”.

Nel capitolo dedicato ai dispositivi di protezione degli occhi e del viso, il documento “Impresa Sicura DPI”, dopo aver affrontato la tipologia dei vari dispositivi e i corretti criteri di scelta, si sofferma anche sui rischi correlati ad alcune specifiche attività.

Riguardo all’equipaggiamento specifico per saldatura, si indica che la saldatura e/o il taglio alla fiamma e/o il taglio ad arco elettrico sono effettuati utilizzando un equipaggiamento specifico.
In particolare:
-         saldatura e/o taglio alla fiamma: occhiali a stanghetta o a mascherina con lenti verdi inattiniche con livello di protezione da 1,7 a 8 (montatura non trasparente);
-         saldatura e/o taglio ad arco elettrico: schermi a mano o maschere a casco con lastrine verdi inattiniche con livello di protezione da 9 a 14.
Si ricorda che sulla montatura, oltre al numero della norma e all’identificazione del fabbricante, dovranno essere riportati altri simboli, ad esempio relativi a: resistenza agli impatti a energia incrementata, resistenza agli impatti a bassa energia, resistenza agli impatti a media energia, protezione da metalli fusi e solidi caldi, ecc.
Nel documento è riportata una tabella relativa ai simboli aggiuntivi sulla montatura.

Si indica poi che per stabilire la classe del filtro è necessario definire il tipo di saldatura e il modo di utilizzo, quindi l’intensità di corrente ovvero l’intensità del flusso di ossigeno.

In appendice al capitolo sui DPI per occhi e viso, il documento riporta utili indicazioni tratte da alcune norme tecniche, non recenti, ma ancora ricche di informazioni per comprendere meglio come proteggere gli occhi.

Ad esempio vengono riportate informazioni tratte dalla norma UNI EN 169:1993 “Protezione personale degli occhi. Filtri per la saldatura e tecniche connesse. Requisiti di trasmissione e utilizzazioni raccomandate” (sostituita dalla UNI EN 169:2003) che specifica i numeri di graduazione e i requisiti di trasmissione dei filtri destinati a proteggere operatori che svolgono lavori che implicano saldatura, saldo-brasatura, taglio ad arco e al plasma.

La norma indica che la selezione di un numero di graduazione di un filtro di protezione adatto al lavoro di saldatura o alle tecniche connesse dipende da numerosi fattori:
-         per la saldatura a gas e le tecniche connesse, quali la saldo-brasatura e il taglio al plasma, la presente norma si riferisce al grado di erogazione dei cannelli; tuttavia, per la saldatura di leghe leggere, è opportuno tenere conto delle caratteristiche dei flussi che hanno un’incidenza sulla composizione spettrale della luce emessa;
-         per la saldatura ad arco, il taglio ad arco e il taglio al plasma, l’intensità di corrente è un fattore essenziale che permette di effettuare una scelta precisa; inoltre, nella saldatura ad arco, sono da prendere in considerazione anche il tipo di arco e la natura del metallo base.

Inoltre, continua, la norma, altri parametri hanno un’influenza non trascurabile, ma la valutazione della loro azione è difficoltosa.
Ad esempio:
-         la posizione dell’operatore rispetto alla fiamma o all’arco: per esempio, a seconda che l’operatore sia chino sul lavoro che sta eseguendo oppure adotti una posizione all’estremità del braccio, può essere necessaria una variazione di almeno un numero di graduazione;
-         l’illuminazione locale;
-         il fattore umano.

L’appendice riporta poi precise tabelle tratte dalla norma UNI EN 169:1993 e presenta altre due norme:
UNI EN 170:1993 “Filtri ultravioletti requisiti di trasmissione e utilizzazioni raccomandate”;
UNI EN 171:1993 “Filtri infrarossi requisiti di trasmissione e utilizzazioni raccomandate”.

Sempre con riferimento ai DPI correlati a specifici rischi, parliamo ora della marcatura per protettori dell’occhio per laser.
Infatti particolari indicazioni di marcatura devono essere presenti quando i DPI riguardano protettori dell’occhio per laser.
E nel documento si fa specifico riferimento alla norma UNI EN 12254 che si applica agli schermi per posti di lavoro in presenza di laser con radiazione fino ad una potenza media massima di 100 W o di energia del singolo impulso di 30 J che si verifica nel range compreso tra 180 nm (0,18 micron) e 106 nm (1.060 micron).

Il documento fa riferimento anche ad altre due norme tecniche.

La UNI EN 207 relativa ai protettori dell’occhio per laser, la cui classificazione è basata su un numero di scala stabilito in funzione del fattore di trasmissione spettrale, della potenza e della densità di energia del laser come indicato nel prospetto 1 della UNI EN 207.
E altri requisiti generali relativi ai protettori dell’occhio contro radiazioni laser sono i seguenti:
-         fattore di trasmissione luminosa;
-         stabilità alle radiazioni laser;
-         qualità del materiale e della superficie;
-         stabilità;
-         resistenza all’accensione;
-         campo di utilizzo;
-         resistenza meccanica.

Dopo aver fornito informazioni sulla marcatura secondo la UNI EN 207, il documento si sofferma infine sulla norma UNI EN 208 relativa ai protettori dell’occhio contro radiazioni laser per i lavori di regolazione sui laser e sistemi laser.

Ricordiamo che, al di là degli altri requisiti generali, la classificazione dei protettori dell’occhio per lavori di regolazione su sistemi laser è basata su un numero di scala stabilito in funzione del fattore di trasmissione spettrale e della potenza dei laser come indicato nei prospetti 1 e 2 della UNI EN 208.
Nel documento sono riportate, anche in questo caso, indicazioni più dettagliate sulla marcatura.

Concludiamo ricordando che è stato recentemente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della UE il nuovo Regolamento (UE) 2016/425 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016 sui Dispositivi di Protezione Individuale.

L’accesso al sito “Impresa Sicura” via internet è gratuito e avviene tramite registrazione al link:

INTERPELLO: LA NORMATIVA PER LA GESTIONE DELL’AMIANTO NEGLI EDIFICI

Da: PuntoSicuro
25 maggio 2016
Tiziano Menduto

La Commissione Interpelli risponde sull’ambito di applicazione della normativa in tema di gestione dell’amianto negli edifici, con riferimento alla Legge 27 marzo 1992 n. 257 ed al Decreto Ministeriale 6 settembre 1994. Quale normativa applicare?

In una recente intervista di PuntoSicuro sul tema dell’amianto abbiamo sottolineato come l’Italia sia un paese pieno di fibre di amianto, con bonifiche insufficienti e un’insufficiente attenzione e tutela della popolazione e dei lavoratori.

E Stefano Farina, coordinatore della sicurezza e responsabile del settore costruzioni di AIFOS (Associazione Italiana Formatori e Operatori della Sicurezza), ai nostri microfoni ha ricordato come nei cantieri di ristrutturazione o demolizione di edifici la presenza di amianto si riscontri circa nell’80% dei casi...


Come affrontare la presenza di materiali contenenti amianto e tutelare la salute dei lavoratori? E con l’applicazione di quali normative?

A rispondere è un recente documento della Commissione Interpelli, prevista dall’articolo 12 del D.Lgs. 81/08, che indica come la normativa da applicare possa essere diversa a seconda che i materiali contenenti amianto siano presenti in impianti funzionali all’immobile o in impianti produttivi strettamente correlati all’attività imprenditoriale e per questo non funzionali all’esercizio dell’immobile.

Stiamo parlando dell’Interpello n. 10/2016 del 12 maggio 2016, che ha per oggetto la “Risposta al quesito relativo all’ambito di applicazione della normativa in tema di gestione dell’amianto negli edifici, con riferimento alla Legge 27 marzo 1992 n. 257 ed al Decreto Ministeriale 6 settembre 1994”.

Confindustria ha infatti avanzato istanza di interpello per sapere se gli impianti tecnici produttivi, strettamente correlati all’attività imprenditoriale e funzionali al ciclo di produzione delle attività ivi esercite, rientrino nella definizione di “impianti tecnici in opera all’interno e all’esterno degli edifici” di cui al D.M. 06/09/94.

Ricordiamo che il Decreto del Ministero della Sanità del 6 settembre 1994 è relativo alle “Normative e metodologie tecniche di applicazione dell’articolo 6, comma 3 e dell’articolo 12, comma 2, della legge 27 marzo 1992, n. 257, relativa alla cessazione dell’impiego dell’amianto”. E contiene un articolo unico in cui si indica che “le norme relative agli strumenti necessari ai rilevamenti e alle analisi del rivestimento degli edifici, nonché alla pianificazione e alla programmazione delle attività di rimozione e di fissaggio e le procedure da seguire nei diversi processi lavorativi di rimozione previste dall’ articolo 12, comma 2, della legge 27 marzo 1992, n. 257, nonché le normative e metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l’amianto, previste all’ articolo 6, comma 3, della legge medesima sono riportate nell’allegato” al Decreto.

Inoltre Confindustria evidenzia che la Circolare Ministeriale n. 7 del 12 aprile 1995, emanata in risposta a dei quesiti pervenuti al Ministero della salute, precisa che “la normativa contenuta nel Decreto Ministeriale 6 settembre 1994, oltre che alle strutture edilizie con tipologia definita nella premessa del Decreto medesimo, si applica anche agli impianti tecnici sia in opera all’interno di edifici che all’esterno, nei quali l’amianto utilizzato per la coibentazione di componenti dell’impianto stesso o nei quali comunque sono presenti componenti contenenti amianto”.

Per dare il proprio parere la Commissione Interpelli fa alcune premesse normative.

Si premette innanzitutto che la Legge n. 257 del 27 marzo 1992 che dispone la cessazione dell’impiego dell’amianto disciplina (direttamente e attraverso il rinvio ad un apposito Decreto Ministeriale attuativo) gli interventi relativi agli edifici nei quali siano presenti materiali o prodotti contenenti amianto libero o in matrice friabile. La citata normativa rimanda a un successivo Decreto del Ministro della Sanità, la regolamentazione degli strumenti necessari ai rilevamenti e alle analisi del rivestimento degli edifici, nonché alla pianificazione e alla programmazione delle attività di rimozione e di fissaggio e le procedure da seguire nei diversi processi lavorativi di rimozione.

Inoltre si indica che il Decreto attuativo emanato nel 1994 (il Decreto Ministeriale 6 settembre 1994 già citato) definisce in via preliminare il proprio ambito applicativo, prevedendo in proposito che “la presente normativa si applica a strutture edilizie a uso civile, commerciale o industriale aperte al pubblico o comunque di utilizzazione collettiva in cui sono in opera manufatti e/o materiali contenenti amianto dai quali può derivare una esposizione a fibre aerodisperse”. A maggior chiarimento, lo stesso Decreto precisa opportunamente che “sono pertanto esclusi da tale normativa gli edifici industriali in cui la contaminazione proviene dalla lavorazione dell’amianto o di prodotti che lo contengono (quindi siti industriali dismessi o quelli nei quali è stata effettuata riconversione produttiva) e le altre situazioni in cui l’eventuale inquinamento da amianto è determinato dalla presenza di locali adibiti a stoccaggio di materie prime o manufatti o dalla presenza di depositi di rifiuti” e la successiva Circolare Ministeriale n. 7 del 12 aprile 1995 che “la normativa contenuta nel Decreto Ministeriale 6 settembre 1994, oltre che alle strutture edilizie con tipologia definita nella premessa del Decreto medesimo, si applica anche agli impianti tecnici sia in opera all’interno di edifici che all’esterno, nei quali l’amianto utilizzato per la coibentazione di componenti dell’impianto stesso o nei quali comunque sono presenti componenti contenenti amianto”.

Fatte queste premesse la Commissione Interpelli fornisce le seguenti indicazioni.

La legge n. 257 del 27 marzo 1992 e le relative precisazioni amministrative, ivi compreso il riferimento agli “impianti tecnici in opera all’interno che all’esterno” è diretta ai soli edifici, ed è da intendersi riservata ai soli impianti posti a servizio dell’edificio (ad esempio impianti termici, idrici, elettrici).

E pertanto, partendo dal presupposto che in ogni caso si vuole garantire la salubrità dell’ambiente e la salute dei lavoratori, la Commissione ritiene che eventuali materiali contenenti amianto debbano essere gestiti:
mediante l’applicazione delle disposizioni del Decreto Ministeriale 6 settembre 1994 da parte del proprietario/conduttore e del D.Lgs. 81/08 da parte del datore di lavoro che opera nell’immobile, nel caso di materiali contenenti amianto presenti in impianti funzionali all’immobile;
attraverso le previsioni normative del D.Lgs. 81/08 a cura del datore di lavoro, nel caso di materiali contenenti amianto presenti in impianti produttivi strettamente correlati all’attività imprenditoriale e per questo non funzionali all’esercizio dell’immobile.

Il documento della Commissione per gli Interpelli “Interpello n. 10/2016 con risposta del 12 maggio 2016 al quesito di Confindustria” è scaricabile all’indirizzo:



CAMPI ELETTROMAGNETICI: PROCEDURE SCRITTE, BUONE PRASSI E DPI

Da: PuntoSicuro
25 maggio 2016
di Tiziano Menduto

Una guida di buone prassi per l’attuazione della Direttiva 2013/35/UE sui campi elettromagnetici si sofferma sulle misure di prevenzione e protezione.
Focus sull’utilità delle procedure scritte, sull’adozione di buone prassi e sull’uso dei DPI.

Laddove non sia possibile eliminare i rischi alla fonte, per tutelare i lavoratori dall’esposizione ai campi elettromagnetici una delle misure organizzative più importanti è costituita dall’elaborazione di procedure scritte e dall’applicazione di buone prassi nelle attività lavorative.

Ad affermarlo è la “Guida non vincolante di buone prassi per l’attuazione della direttiva 2013/35/UE relativa ai campi elettromagnetici. Volume 1: Guida pratica”, prodotta dalla Commissione Europea per aiutare i datori di lavoro a ottemperare agli obblighi previsti della Direttiva europea 2013/35/UE (Direttiva EMF o CEM), Direttiva che dovrebbe essere recepita dal nostro Paese entro il 1° luglio 2016.

Per favorire la prevenzione e protezione dei lavoratori esposti, la Guida si sofferma infatti sulle misure tecniche (schermature, ripari, interblocchi, dispositivi di sicurezza, ecc.), sulle misure organizzative (restrizione dell’accesso, segnaletica, formazione, ecc.) e sui Dispositivi di Protezione Individuali (DPI).

Un’importante misura organizzativa è costituita dalle procedure scritte.

Infatti qualora sia necessario ricorrere a misure organizzative per gestire i rischi derivanti da campi elettromagnetici, queste dovrebbero essere documentate nella valutazione dei rischi affinché tutti sappiano come occorre procedere.
Ricordando che con l’acronimo LA si intende il Livello di Azione (il valore del campo elettrico e magnetico), nelle procedure è necessario includere:
-         la descrizione di tutte le aree oggetto di restrizioni particolari all’accesso o allo svolgimento di una determinata attività;
-         informazioni dettagliate relative alle condizioni di accesso a un’area o per lo svolgimento di una determinata attività;
-         i requisiti specifici di formazione per i lavoratori (per esempio la formazione richiesta per superare temporaneamente il LA inferiore);
-         i nominativi di coloro che sono autorizzati ad accedere alle aree;
-         i nominativi dei membri del personale responsabili della supervisione del lavoro o dell’attuazione delle restrizioni di accesso;
-         l’identificazione dei gruppi specificamente esclusi dalle aree, per esempio i lavoratori particolarmente a rischio;
-         i particolari relativi alle disposizioni di emergenza, se del caso.

Inoltre copie delle procedure scritte devono essere consultabili nelle aree cui si riferiscono, e devono essere distribuite a tutte le persone potenzialmente interessate. E ricordiamo che è prassi comune fornire informazioni o istruzioni sulla sicurezza a coloro che entrano nel sito per la prima volta. Se nel sito sono state identificate alcune aree in cui l’accesso o attività specifiche sono soggetti a restrizioni, sarebbe opportuno spiegarlo nelle informazioni sulla sicurezza del sito.

Dopo aver ricordato che i rischi derivanti dai campi elettromagnetici spesso possono essere ridotti al minimo con costi minimi o pari a zero progettando l’assetto del luogo di lavoro in generale e le singole postazioni di lavoro in particolare, la Guida ricorda che la struttura delle postazioni di lavoro è importante per l’esposizione del lavoratore.

In un esempio (corredato di immagini) relativo alla predisposizione di una specifica postazione di lavoro per una saldatrice a punti, la guida mostra che una buona pratica consiste nell’organizzare la postazione di lavoro in modo che la posizione dell’operatore (in piedi o seduto) sia davanti all’apparecchiatura e nel considerare altresì l’ubicazione dei lavoratori che svolgono altre mansioni. Infatti il campo nella posizione dell’operatore davanti alla saldatrice a punti è più debole del campo a fianco della saldatrice.

La Guida sottolinea poi l’importanza dell’adozione di procedure di lavoro adeguate.

Infatti spesso i lavoratori possono ridurre al minimo la generazione di campi di forte intensità o ridurre la loro esposizione operando semplici cambiamenti nelle proprie procedure di lavoro.
Per esempio se la corrente di alimentazione e la corrente di ritorno scorrono attraverso conduttori distinti, questi dovrebbero essere collocati in stretta prossimità, se possibile. Si otterrà così una sostanziale riduzione nel campo generato poiché flussi di corrente opposti provocheranno la cancellazione del campo.
In ogni caso i lavoratori devono fare attenzione ad allontanare i cavi dal loro corpo, ogni qualvolta sia possibile, soprattutto se ci sono cavi diversi per la corrente di alimentazione e di ritorno.

Un altro esempio riporta esempi di buona e cattiva pratica nell’attività di saldatura.
Il problema è che i cavi di saldatura sono pesanti e tendono a limitare i movimenti della pistola per saldatura. Di conseguenza gli addetti alla saldatura tendono a sostenere il cavo sulla spalla, o ad appenderlo intorno al collo. Questo inevitabilmente avvicina il campo di forte entità al cervello e al midollo spinale. L’opzione di sostenere il cavo con altri mezzi non soltanto ridurrebbe l’esposizione, ma sarebbe preferibile dal punto di vista ergonomico.

La Guida riporta alcune indicazioni di buona prassi:
-         il cavo viene allontanato dal corpo del lavoratore, e pertanto l’esposizione viene mantenuta bassa;
-         i cavi di alimentazione e di ritorno vengono tenuti insieme, per quanto possibile, la cancellazione del campo ridurrà quindi l’intensità dei campi nell’ambiente di lavoro.

Dopo aver ricordato che le apparecchiature che generano campi elettromagnetici dovrebbero essere oggetto di un regolare programma di manutenzione preventiva e, se del caso, a ispezioni che ne garantiscano il funzionamento efficiente, la Guida si sofferma infine sui DPI.

Anche se la protezione collettiva dovrebbe sempre avere la priorità rispetto alle misure di protezione individuale, talvolta misure tecniche od organizzative che consentano un’adeguata protezione collettive potrebbero non essere attuabili. In questi casi può essere necessario ricorrere a DPI.

In realtà il ricorso alla protezione individuale per offrire protezione dai campi elettromagnetici non è facilmente praticabile. In particolare l’efficienza della protezione individuale dipende dalla frequenza del campo, e pertanto i DPI adatti per una gamma di frequenza difficilmente sono adatti per altre gamme. La scelta delle apparecchiature adeguate dipenderà dalla situazione specifica e dal tipo di rischi che si vogliono evitare.

Ad esempio, in funzione delle varie situazioni:
-         calzature, stivali o guanti isolanti o anti-elettricità statica possono essere efficaci nella riduzione dei rischi;
-         se sono necessarie calzature isolanti, di norma basteranno stivali da lavoro resistenti oppure scarpe con pesanti suole di gomma; qualora la valutazione riveli che questo tipo di calzature non sono adeguate, potrebbe essere necessario reperire un fornitore di dispositivi di sicurezza più specializzato;
-         il dispositivo di protezione degli occhi può essere utilizzato per proteggere gli occhi dai campi ad alta frequenza;
-         in alcune situazioni potrebbe essere necessario l’utilizzo di tute protettive integrali, ma è opportuno ricordare che queste possono comportare nuovi rischi impedendo i movimenti o frenando la dispersione di calore per coloro che le indossano.

E si ricorda anche che è necessario controllare che DPI indossati per altri rischi siano compatibili con la presenza di forti campi elettromagnetici.
Ad esempio:
-         stivali di sicurezza con puntali in acciaio potrebbero non essere adatti in un ambiente con forti campi magnetici statici, mentre i campi magnetici a bassa frequenza, se sufficientemente forti, riscaldano il rinforzo in acciaio;
-         alcune tute protettive hanno delle componenti elettroniche che possono essere soggette a interferenze in forti campi elettromagnetici.

La sezione della Guida relativa alle misure di prevenzione e protezione si conclude ricordando che i DPI devono essere sottoposti a manutenzione e ispezione adeguate per garantire che siano sempre idonei all’impiego previsto.

Il documento della Commissione europea “Guida non vincolante di buone prassi per l’attuazione della direttiva 2013/35/UE relativa ai campi elettromagnetici. Volume 1: Guida pratica” è scaricabile all’indirizzo:



IMPARARE DAGLI ERRORI: INCIDENTI CON LE PIATTAFORME SU AUTOCARRO

Da: PuntoSicuro
26 maggio 2016
di Tiziano Menduto

Esempi di infortuni correlati all’utilizzo di piattaforme installate su autocarro.
La dinamica degli infortuni e le indicazioni per l’impiego delle piattaforme di lavoro mobili elevabili.

Continuiamo il viaggio di “Imparare dagli errori”, rubrica dedicata al racconto e all’analisi degli infortuni lavorativi, attraverso gli incidenti, i rischi e la prevenzione nell’utilizzo delle Piattaforme di lavoro Elevabili (PLE).
E ricordando che le PLE, riguardo alle modalità di spostamento, si possono suddividere in autocarrate, rimorchiate (su carrello trainabile) e semoventi, ci soffermiamo oggi in particolare sugli incidenti con le PLE installate su autocarro.

Le dinamiche infortunistiche che presentiamo sono tratte dall’archivio di INFOR.MO., strumento dell’INAIL per l’analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.

I CASI

Il primo caso riguarda l’attività di riparazione di una grondaia.
Un lavoratore, amministratore della ditta, sta operando insieme ad altro addetto (anch’egli titolare di impresa) alla riparazione della grondaia utilizzata per la raccolta delle acque meteoriche e installata sul perimetro del solaio di copertura di un edificio residenziale di tre piani.
Per raggiungere l’altezza necessaria i due lavoratori utilizzano una PLE installata su autocarro di proprietà dell’altra impresa.
Durante le operazioni di riparazione la base del braccio elevatore, denominata “ralla”, cede improvvisamente facendoli precipitare al suolo all’interno del cortile condominiale.
Sbalzato dal cestello il primo lavoratore muore sul colpo per fratture multiple.
Chiaramente il fattore causale rilevato dalla scheda è relativo al cedimento strutturale della ralla.

Il secondo incidente è invece relativo ad attività di manutenzione su una copertura.
Un lavoratore deve salire sulla copertura di un capannone industriale alto circa 8 metri per visionare la parte della stessa da cui trafila acqua all’interno del fabbricato.
Per salire in quota il lavoratore utilizza una PLE installata su autocarro, ma precipita cadendo sul cassone dell’autocarro. Non è stato possibile stabilire se è caduto mentre sbarcava dalla piattaforma o mentre risaliva sulla stessa.
Al momento della caduta non indossava alcun dispositivo di protezione individuale (necessario anche a bordo della piattaforma). La copertura era intrinsecamente protetta contro la caduta nel vuoto verso l’esterno tramite la veletta perimetrale che superava di circa 1 metro il piano di gronda. Quindi la caduta è avvenuta sicuramente in una delle due fasi sopracitate. Si è rilevato che la posizione della piattaforma distava dal perimetro della copertura di circa 50 cm e non vi erano ostacoli che impedivano di collocare la PLE all’interno, posizione più sicura per le manovre di salita e discesa.
Questi i fattori causali rilevati dalla scheda:
-         l’infortunato ha collocato la piattaforma distante dal perimetro della copertura;
-         l’infortunato non indossava imbracatura di sicurezza vincolata alla piattaforma.

LA PREVENZIONE

Ci soffermiamo brevemente oggi su una scheda contenuta nel manuale “Le macchine in edilizia. Caratteristiche e uso in sicurezza. Piattaforme di lavoro mobili elevabili”, un documento nato dal rapporto di collaborazione tra l’INAIL Piemonte e il Comitato Paritetico Territoriale Torino.

Nel documento è contenuta una check list che riporta, fermo restando le indicazioni contenute nelle istruzioni d’uso di ogni macchina, le indicazioni che in genere devono essere considerate per l’impiego corretto delle piattaforme di lavoro mobili elevabili o ponti sviluppabili.

ISTRUZIONI PRIMA DELL’USO

-         verificare che nella zona di lavoro non vi siano linee elettriche aeree non protette;
-         verificare che i percorsi e le aree di lavoro abbiano un’adeguata resistenza e non presentino inclinazioni eccessive per il posizionamento della PLE;
-         verificare se la temperatura ambientale rispetta le indicazioni del fabbricante;
-         posizionare la PLE con motore a combustione interna in ambienti aperti; nel caso in cui sia necessario usarla in ambienti chiusi, provvedere all’allontanamento dei gas di scarico;
-         delimitare l’area d’intervento della PLE. Se operante in sede stradale, la delimitazione/ segnalazione deve essere realizzata nel rispetto delle norme statali e locali relative ai cantieri stradali;
-         controllare la presenza di eventuali perdite di fluidi (ad esempio olio, carburante);
-         controllare il livello dei fluidi;
-         controllare la carica delle batterie (PLE elettriche);
-         controllare l’integrità delle strutture metalliche;
-         controllare la pressione dei pneumatici (PLE semoventi);
-         controllare l’efficienza delle parti elettriche visibili;
-         controllare l’efficienza delle protezioni dei punti pericolosi (ad esempio organi mobili, parti calde);
-         controllare la presenza ed efficienza della segnaletica di sicurezza (ad esempio cartelli, girofaro);
-         posizionare in piano il telaio della PLE e stabilizzarla utilizzando le piastre di appoggio per la distribuzione dei pesi;
-         controllare che la consolle di comando presente sulla piattaforma di lavoro sia fissata saldamente;
-         verificare l’efficienza dei comandi sia a terra che sul cestello, compresi i pulsanti di emergenza, e le relative protezioni contro l’azionamento involontario;
-         verificare il corretto funzionamento di tutti i movimenti della PLE e i relativi finecorsa;
-         verificare il funzionamento dei dispositivi di sicurezza relativi al telaio e agli stabilizzatori (ad esempio blocco di spostamento, indicatore di inclinazione, limitatore di velocità di spostamento, interblocco tra stabilizzatori e struttura estensibile, blocco degli stabilizzatori, freni, dispositivo anticollisione con la cabina autocarro);
-         verificare il funzionamento dei dispositivi di sicurezza relativi alla struttura estensibile (ad esempio regolatore di posizione, rilevamento del carico, rilevamento del momento, dispositivi frenanti);
-         verificare il funzionamento dei dispositivi di sicurezza relativi alla piattaforma di lavoro (ad esempio protezione perimetrale, cancello di accesso, sistema di discesa di emergenza);
-         utilizzare i DPI previsti.
-         verificare accuratamente l’efficienza dei dispositivi frenanti e di tutti i comandi in genere dell’autocarro su cui è montata la PLE;
-         verificare l’efficienza delle luci, dei dispositivi di segnalazione acustici e luminosi dell’autocarro;
-         garantire la visibilità del posto di guida dell’autocarro;
-         verificare la presenza in cabina dell’autocarro di un estintore;
-         controllare che i percorsi in cantiere siano adeguati per la stabilità del mezzo.

ISTRUZIONI DURANTE L’USO

-         predisporre il selettore (chiave) per la manovra dal cestello e, prima di abbandonare la postazione di comando a terra, estrarre la chiave dal selettore;
-         assicurarsi che non siano presenti persone nel raggio di azione della PLE;
-         rispettare le distanze di sicurezza dalle eventuali linee elettriche non protette;
-         distribuire il carico su tutta la superficie del cestello;
-         seguire le procedure previste nelle istruzioni d’uso per il raggiungimento della quota di lavoro e per il rientro;
-         quando la macchina è in funzione, non far sporgere alcuna parte del corpo dalla piattaforma;
-         i soggetti a bordo del cestello non addetti alla manovra per evitare lo schiacciamento delle mani devono: per manovre in direzione orizzontale porre le mani sul parapetto del lato opposto al verso del movimento, per manovre in direzione verticale porre le mani sui montanti verticali del cestello;
-         per sistemare la piattaforma in prossimità di ostacoli, usare le funzioni del braccio, non quella di guida (per PLE semoventi a braccio telescopico e articolato);
-         durante gli spostamenti limitare la velocità in base alla superficie del terreno, alla visibilità, alla pendenza del terreno e agli spazi a disposizione tenendo presente gli spazi di frenata della macchina;
-         assicurarsi della presenza dell’operatore a terra, adeguatamente formato sulle manovre che deve eseguire per eventuali interventi di emergenza e per il controllo della zona circostante il ponte sviluppabile; tale addetto deve conoscere il funzionamento della macchina e delle procedure di emergenza;
-         salire e scendere dalla piattaforma secondo le indicazioni fornite dal fabbricante;
-         le manovre necessarie per raggiungere il punto di intervento devono essere eseguite dall’operatore che si trova sulla piattaforma. La manovra da terra è ammessa solo in casi di emergenza;
-         per la permanenza in quota superiore ai 10 minuti è consigliabile arrestare il motore del veicolo dopo aver raggiunto la postazione desiderata;
-         nel caso di temporanea assenza di un operatore a terra, la cabina delle PLE autocarrate deve essere resa inaccessibile;
-         riporre gli utensili in apposite guaine o assicurarli per impedirne la caduta; assicurare anche i materiali da utilizzare;
-         tutte le persone a bordo della piattaforma di lavoro devono usare i dispositivi di protezione individuale anticaduta agganciati agli appositi punti di attacco predisposti, seguendo le indicazioni del fabbricante;
-         in caso di perdite di olio dall’impianto idraulico, non avvicinarsi al getto di olio ed eseguire immediatamente le operazioni previste dal fabbricante per tale evenienza (ad esempio premere il pulsante di arresto d’emergenza e disinserire la presa di forza);
-         in caso di rottura dei tubi di collegamento dei martinetti (cilindri) degli stabilizzatori, rientrare con il cestello secondo le istruzioni fornite dal fabbricante;
-         segnalare tempestivamente eventuali malfunzionamenti o situazioni pericolose;
-         adeguare la velocità dell’autocarro su cui è montata la PLE ai limiti stabiliti in cantiere e transitare a passo d’uomo in prossimità dei posti di lavoro;
-         durante i rifornimenti di carburante dell’autocarro spegnere il motore e non fumare;
-         segnalare tempestivamente eventuali malfunzionamenti o situazioni pericolose dell’autocarro;
-         mantenere i comandi dell’autocarro puliti da grasso e olio.

ISTRUZIONI DOPO L’USO

-         assicurarsi che non ci siano persone nell’area interessata dai movimenti della PLE;
-         collocare in posizione di riposo il braccio della PLE prima di procedere al sollevamento degli stabilizzatori;
-         chiudere e bloccare la scaletta di accesso al cestello prima di procedere al sollevamento degli stabilizzatori;
-         eseguire l’operazione di rientro degli stabilizzatori in modo graduale affinché la PLE resti livellata per evitare eccessive torsioni del telaio;
-         portare il selettore dell’alimentazione (chiave di interblocco) nella posizione di disattivazione e rimuovere la chiave;
-         prima di abbandonare senza sorveglianza l’attrezzatura è necessario accertarsi di aver spento il motore, inserito il freno di stazionamento, bloccato il quadro di comando a terra e reso inaccessibile il vano cabina;
-         prima di trainare, sollevare e trasportare la PLE assicurarsi che il braccio sia nella posizione di riposo e la piattaforma girevole sia bloccata.
-         il sollevamento della macchina deve essere eseguito con un apparecchio di sollevamento di portata adeguata, agganciando l’attrezzatura nei punti indicati dal fabbricante e seguendo scrupolosamente le indicazioni contenute nelle istruzioni per l’uso;
-         lasciare sempre la macchina in perfetta efficienza curandone la pulizia e la manutenzione secondo le istruzioni d’uso;
-         segnalare eventuali guasti e anomalie;
-         assicurarsi di essere in assetto di marcia: verificare che la presa di forza sia disinserita, che gli stabilizzatori siano completamente ritirati e che le spie in cabina e nel quadro a terra siano spente.

L’indirizzo del sito web di INFOR.MO è:

Il documento “Le macchine in edilizia. Caratteristiche e uso in sicurezza. Piattaforme di lavoro mobili elevabili” del CPT di Torino è scaricabile all’indirizzo.


Nessun commento:

Posta un commento