INDICE
NEWLETTER ASSOCIAZIONE ITALIANA ESPOSTI AMIANTO APRILE
2016
Clash
City Workers cityworkers@gmail.com
COMUNICATO
SINDACALE SI COBAS SUI RECENTI INFORTUNI SUL LAVORO
Gino Carpentiero ginocarpentiero@teletu.it
7 GIUGNO
A MILANO
CONVEGNO NAZIONALE STRESS, MOLESTIE LAVORATIVE
E ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
Muglia La
Furia fmuglia@tin.it
PRIMO MAGGIO CON IL LUTTO AL BRACCIO
Fulvio Aurora fulvio.aurora@gmail.com
1 MAGGIO A BAGNOLI
Maria Nanni mariananni1@gmail.com
SANDRO GIACOMELLI E’ STATO RIASSUNTO
Gino Carpentiero ginocarpentiero@teletu.it
To:
PROCESSO MORTE PIETRO MIRABELLI IN SVIZZERA: COSI’ VA LA GIUSTIZIA DI CLASSE, PEGGIO
CHE IN ITALIA
Marco Caldiroli marcocaldiroli@alice.it
DONNE: GUARDIANE DELLA TERRA
MicroMega kwdirect@newsletter.kataweb.it
PRIMO
MAGGIO: UN LUNGO CAMMINO VERSO LA PERDUTA LIBERTA’
Posta Resistenze
posta@resistenze.org
LA FOGLIA
DI FICO DEI VOUCHER
Posta Resistenze posta@resistenze.org
JOBS ACT E DINTORNI: I NUMERI SMASCHERANO RENZI
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From:
AIEA Onlus newsletter@associazioneitalianaespostiamianto.org
To:
Sent:
Sunday, May 01, 2016 6:50 AM
Subject:
NEWLETTER ASSOCIAZIONE ITALIANA ESPOSTI AMIANTO APRILE 2016
TOUR SICUREZZA E PERICOLO
AMIANTO
TG2 Insieme
tratta il tema della sicurezza del lavoro e dell’amianto invitando in studio
Franco Bettoni presidente Anmil e Silvana Zambonini di Aiea Lazio Onlus.
L’AMIANTO ENTRA NELL’AGENDA
DEL GOVERNO
Il prossimo
5 maggio è stata convocata la
Conferenza unificata Stato–Regioni e Autonomie locali, come
annunciato dal sottosegretario Claudio De Vincenti nel corso della Conferenza
sull’amianto organizzata questa mattina da Cgil Cisl Uil, presso la Camera in occasione della
giornata dedicata alle vittime dell’amianto, dal titolo “Subito il Piano
Nazionale Amianto!”.
ORISTANO E LA LOTTA ALL’AMIANTO
Ad Oristano
continua la lotta all’amianto:aperte due inchieste e nel mirino della procura
ci sono la Sardit
e la Cema di
Marrubiu.
LARDERELLO UN BUON ESEMPIO
DI COLLABORAZIONE TRA AIEA, ENEL E COMUNE
L’articolo
scaturito dall’intervista con la giornalista d’inchiesta Nadia Francalacci. Nel
merito ci preme sottolineare che le bonifiche del territorio non sono affatto
concluse, così come non conclusa sembra essere la catena dei decessi e dei
malati che ancora si registrno in Alta Val di Cecina per la pregressa
esposizione all’amianto dei cittadini/lavoratori.
RESOCONTO INCONTRO CNA CON
IL DIRETTORE GENERALE DELL’INAIL
Il 26 aprile
facendo seguito a quanto è accaduto in Sardegna, il sen.Felice Casson, vice
presidente della Commissione Giustizia del Senato, ha organizzato un incontro
del Direttore Generale INAIL, dott. Giuseppe Lucibello, con una delegazione
dell’AIEA (associazione italiana esposti amianto) e il CNA (coordinamento
nazionale amianto) composto da Maura Crudeli, Sabina Contu, Mario Murgia,
Fulvio Aurora.
TOUR PER LA SICUREZZA SUL LAVORO
PROMOSSO DA ANMIL
Parte oggi,
28 aprile, da Monfalcone (GO) il “Tour per la Sicurezza sul Lavoro”,
un’iniziativa realizzata dall’ANMIL, straordinaria nel suo genere, per
promuovere la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali nei
luoghi di lavoro. A Monfalcone sono molte le morti dovute per amianto.
CONVEGNO ROMA CAMERA
DEPUTATI: SUBITO PIANO AMIANTO
Il 29 aprile
presso la Camera
dei Deputati alle ore 9.30, Cgil Cisl Uil e i Presidenti delle Commissioni
Salute, Ambiente e Lavoro della Camera parlano con i rappresentanti del Governo
, con i parlamentari , gli istituti scientifici, le associazioni delle vittime
dell’amianto, le imprese, i sindaci, le province e le Regioni sulla questione
del Piano Amianto.
SEMINARIO RIVOLTO AGLI RSL
SU VALUTAZIONE E GESTIONE RISCHIO AMIANTO
Seminario
rivolto agli RLS sull’amianto nei luoghi di lavoro presso il Centro per la
cultura della Prevenzione nei luoghi di lavoro e di vita. Milano il 5 maggio.
CERIMONIA E INAUGURAZIONE
MONUMETO VITTIME AMIANTO FERRARA
Il
presidente AEAC, associazione esposti Amianto ed altri Cancerogeni di Ferrara
ed i propri iscritti, invitano il 28 aprile le associazioni all’inaugurazione
del primo monumento nazionale dedicato alle persone decedute per esposizione
alle fibre di amianto a Massa Fiscaglia (FE).
INAIL CONDANNATA A
RICONOSCERE MALATTIA PROFESSIONALE TUMORE ALLA LARINGE
Nell’udienza
al Tribunale di Monza – sez. Lavoro – la giudice dott.ssa Francesca Capelli ha
condannato l’INAIL a riconoscere la malattia professionale ad un ex operaio
della Breda Fucine di Sesto San Giovanni colpito da un tumore alla laringe nel
1996.
ATTENTI AL TRENO SELEZIONATO
AL VALSUSA FILM FESTIVAL
Il
documentario di Aiea sez. Savigliano, Attenti al treno è stato selezionato al
Valsusa Film Festival. La proiezione avverrà il 23 aprile presso il museo
valsusino della resistenza.
EPIDEMIOLOGIA E PREVENZIONE
Identificazione
dei lavoratori con precedente esposizione ad amianto, diagnosi precoce dei
tumori polmonari e sorveglianza sanitaria.Atti del convegno nazionale promosso
dalla Fondazione Vittime dell’amianto “Bepi Ferro”
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From: Clash City
Workers cityworkers@gmail.com
To:
Sent: Sunday,
May 01, 2016 8:05 AM
Subject: COMUNICATO SINDACALE
SI COBAS SUI RECENTI INFORTUNI SUL LAVORO
Pubblichiamo
di seguito il comunicato dei sindacato SI Cobas in merito alle ultime vicende
di infortuni sul lavoro avvenuti a Modena e a Bologna e che i padroni stanno
cercando di giustificare con la negligenza dei lavoratori e delle lavoratrici
coinvoltI nascondendo vergognosamente la mancata attuazione di quanto previsto
dalle norme di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro e lo sfruttamento
massivo dei lavoratori che si ritrovano spesso costretti a eludere le leggi
proprio perché incitati dagli stessi padroni e padroncini che gli chiedono di
essere più veloci e più produttivi.
23/04/16
Un giovane
lavoratore Sebastiano Dugo di 19 anni dipendente della ditta Alba Service Società
Cooperativa addetto alla lavorazione e macellazione carni presso lo
stabilimento Globalcarni di Spilamberto (MO), è stato vittima di un grave
infortunio sul lavoro.
Una giostra
piena di prosciutti appesi su lunghi ganci di acciaio, per il carico eccessivo,
si è sbilanciata ed è gravata a terra, colpendolo alla schiena. Il giovane
lavoratore è rovinato a terra ed è stato infilzato da un gancio sulla parte
bassa della schiena.
Ferito e
sanguinante per la profonda lesione, ha ricevuto i primi soccorsi dai sui
colleghi, i quali senza mezzi di primo soccorso hanno cercato di fermare l’emorragia
tamponandola con della carta. Solo all’arrivo dei sanitari del 118, hanno
potuto dare un soccorso adeguato al giovane lavoratore, poi trasferito in
ospedale per le cure del caso.
Un altro
infortunio sul lavoro due giorni fa, alla Arcese di Castel Guelfo (Bologna),
ditta specializzata in trasporto e logistica, una militante del SI Cobas Rita
Adamo sempre attiva nelle nostre lotte (manifestazioni, picchetti), è rimasta
gravemente ferita alle gambe a seguito di un incidente avvenuto mentre stava
manovrando un transpallet a motore elettrico. E’ stata soccorsa dai sanitari e
trasportata in elicottero all’ospedale Maggiore di Bologna e ricoverata nel
reparto di Ortopedia e Traumatologia con una prognosi di almeno 50 giorni.
Ancora una
volta questi gravi incidenti, non sono casi fortuiti, ma il più delle volte
strettamente correlati all’aumento dei carichi e ritmi di lavoro imposti dai
responsabili di queste cooperative mediante inganno, abuso di autorità e
approfittando soprattutto di una situazione di necessità lavorativa e di
ricatto, per le questioni relative al permesso di soggiorno o di minaccia di
licenziamento.
L’alto
sfruttamento del lavoro e la mancata attuazione di quanto previsto dalle norme
di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, sono il binomio che caratterizza
questo genere di infortuni. I padroni non investono nella sicurezza del lavoro
e nella formazione e informazione dei lavoratori, perché questo è per loro un
costo in più, ma quando poi succede l’incidente tutti i responsabili dell’azienda
e della cooperativa corrono a minimizzare i fatti accaduti e ad addossare le
colpe alla negligenza e imperizia del lavoratore.
Le
cooperative per abbattere i costi del lavoro, riducono poi il personale
impiegato nell’attività lavorativa giornaliera (oppure lasciando alcuni operai
a casa senza stipendio come il caso della Cooperativa Alba macellazione carni),
per poi suddividere il lavoro tra i restanti lavoratori, questo genera un alto
aumento dello stress che questi lamentano ogni giorno. I lavoratori del settore
del facchinaggio o della disossazione delle carni accusano tutti gravi
patologie muscolari scheletriche e infiammatorie ai tendini delle mani e delle
braccia.
Quasi tutti
i magazzini sono sprovvisti di un luogo idoneo a infermeria e adeguatamente
attrezzato, così come sono assenti i responsabili del primo soccorso e all’emergenza.
La
responsabilità dell’infortunio è in capo al datore di lavoro per omissione
colposa e violazione delle norme in materia di tutela della salute e della
sicurezza nei luoghi di lavoro. E’ per questo che ne chiediamo inascoltati la
punizione di legge, fermo restando anche il vincolo di solidarietà tra
committente e cooperativa appaltatrice, nei contratti di appalto.
Tramite
scioperi nazionali, il SI Cobas cerca di estendere gli aspetti migliorativi già
conquistati in TNT, BRT, GLS, SDA ed in particolare dell’integrazione a carico
delle cooperative della parte economica per pagare al 100% malattia e
infortunio.
Per
salvaguardare la salute chiediamo di far entrare in azienda medici di fiducia
competenti ed eleggere RLS (Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza) aziendali
(per riscontrare se vi sono effettive condizione di sicurezza, comprendere le
cause che usurano i lavoratori per imporre misure adeguate per preservare la
salute).
Il SI Cobas,
in sede Fedit, ha ottenuto che nelle quattro aziende sopra citate siano
attivate delle assicurazioni a loro carico, perchè nella misura che l’invalidità
del lavoratore non permetta più il suo impiego in azienda garantisca al
lavoratore e alla sua famiglia un reddito dignitoso per vivere.
SI COBAS
NAZIONALE
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From: Gino
Carpentiero ginocarpentiero@teletu.it
To:
Sent: Sunday,
May 01, 2016 4:02 PM
Subject: 7 GIUGNO A MILANO CONVEGNO NAZIONALE STRESS, MOLESTIE LAVORATIVE E ORGANIZZAZIONE DEL
LAVORO
Carissime/i
Vi giro il
programma dell’iniziativa milanese di martedì 7 giugno.
Si svolgerà
(190 posti) presso l’Aula Magna della
Clinica Mangiagalli di Milano e non come si era pensato in un primo
tempo nell’Aula Magna della Clinica del Lavoro Devoto, che peraltro è a breve
distanza.
L’organizzazione
è stata curata da AIBeL, da SNOP (Lalla Bodini), da Giovanni Costa (Direttore
dell’Istituto di Medicina del Lavoro e del Centro Clinico per il Disadattamento
Lavorativo) e dall’AST di Milano (come si chiama oggi la ASL di Milano dopo gli
accorpamenti).
Dalla
Stazione Centrale di Milano si arriva facilmente con la Linea 3 della MM, scendendo
alla fermata di Crocetta.
E’ necessario iscriversi e la scheda di iscrizione dovrà essere rimandata
al sottoscritto al seguente
indirizzo mail dedicato: ginocarpentiero@gmail.com
(non a quello da cui scrivo di solito).
Interverranno
due di noi come potrete leggere nel programma (io e Alessandro Rombolà dello
Sportello di Medicina Democratica di Firenze).
Penso sia un’ottima
occasione per ampliare la rete di associazioni, sportelli del disagio,
operatori ASL, ecc. che si battono perché i fattori psicosociali abbiano
finalmente la dovuta centralità anche con le opportune modifiche legislative.
Cari saluti
a tutte/i
Gino
Carpentiero
Università
degli Studi di Milano - Dipartimento di scienze cliniche e di comunità
Fondazione
IRCSS Ca’ Granda - Ospedale Maggiore Policlinico
Sistema Socio
Sanitario Regione Lombardia - ATS Milano Città Metropolitana
SNOP - Società
Nazionale Operatori della Prevenzione
AIBEL - Associazione
Italiana Benessere E Lavoro
CONVEGNO NAZIONALE STRESS, MOLESTIE LAVORATIVE E ORGANIZZAZIONE DEL
LAVORO: ASPETTI PREVENTIVI, CLINICI E NORMATIVO-GIURIDICI. LE SOLUZIONI
POSSIBILI
Milano, 7 Giugno 2016
Ore 09.00 – 17.30
Aula Magna “G.B. Candiani”
Policlinico - Clinica Mangiagalli
via Della Commenda N. 10 – Milano
ASPETTI GIURIDICI DI
DIFESA DEI LAVORATORI: LE MODIFICHE ALLA NORMATIVA NECESSARIE E POSSIBILI
15.30 - 15.50
Proposta di recepimento nel D.Lgs. 81/08 degli accordi
europei tra CES e Organizzazioni datoriali
Dr. Luigi CARPENTIERO (Medico del Lavoro - Sportello Disagio
Lavorativo Medicina Democratica, Firenze)
15.50 - 16.10
L’articolo 28 del D.Lgs. 81/08 e la categoria dei
“fattori di rischio psicosociale”
D.ssa Anna GUARDAVILLA
(Giurista in Milano)
16.10 - 16.30
Necessità dell’inserimento nel Codice Penale del
reato di vessazioni sul lavoro
Avv. Alessandro
ROMBOLA’ (Sportello Disagio Lavorativo
Medicina Democratica, Firenze)
16.30 - 17.15
DIBATTITO
17.15 - 17.30
CONCLUSIONI
INFORMAZIONI UTILI
Segreteria scientifica:
Laura Bodini, Luigi Carpentiero, Giovanni Costa, Enzo Cordaro, Maria Grazia
Fulco
Segreteria Organizzativa:
Laura Bodini Luigi Carpentiero
ISCRIZIONE E PARTECIPAZIONE:
La partecipazione è gratuita, previa iscrizione obbligatoria tramite modulo allegato da inviare
via mail alla segreteria organizzativa:
Data la limitata capienza dell’aula potranno partecipare ai lavori solo i
primi 190 iscritti in base
alla data di arrivo della scheda di partecipazione.
Come raggiungere la sede del convegno:
Autobus linea 94 fermata Policlinico via Francesco Sforza
Metropolitana Linea 3 Gialla – Fermata Crocetta
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To:
Sent: Sunday,
May 01, 2016 4:19 PM
Subject: PRIMO
MAGGIO CON IL LUTTO AL BRACCIO
Io ho deciso di appoggiare la campagna
promossa da Carlo Soricelli dell’Osservatorio indipendente di Bologna morti sul
lavoro per un PRIMO MAGGIO con il lutto al braccio in
ricordo di tutte le vittime del lavoro (http://cadutisullavoro.blogspot.it).
Lo faccio riproponendo la poesia scritta
da Carlo e interpretata da Flavio Insinna già pubblicata sul blog qualche tempo
addietro:
Si intitola “Morti bianche”. Credo che sia
il modo migliore per ricordare le troppe vittime di infortuni sul lavoro e di
malattie professionali.
Cliccate sul link https://www.youtube.com/watch?v=IO7gAUTYQqc e si aprirà la connessione con YouTube.
Ascoltatela ad occhi chiusi, o facendo
scorrere il testo sul monitor che trovate sotto..., fate un po’ come volete. Ma
fatelo.
In meno di 90 secondi c’è dentro tutto ciò
per il quale io, e quelli come me, vogliono e lottano per “...far parte di una società dove non siano,
come credono gli sciocchi, aboliti il dolore, l’angoscia spirituale o fisica,
la problematicità della vita, ma esistano gli strumenti per condurre una
comune concorde lotta contro il dolore, la miseria, la morte” (Cesare
Pavese).
MORTI BIANCHE
Chiamatele pure morti bianche.
Ma non è il bianco dell’innocenza
non è il bianco della purezza
non è il bianco candido di una nevicata in
montagna.
E’il bianco di un lenzuolo, di mille lenzuoli
che ogni anno coprono sguardi fissi nel vuoto occhi spalancati dal terrore
dalla consapevolezza che la vita sta scappando via.
Un attimo eterno che toglie ogni speranza l’attimo
di una caduta da diversi metri dell’esalazione che toglie l’aria nei polmoni
del trattore senza protezioni che sta schiacciando dell’impatto sulla strada
verso il lavoro del frastuono dell’esplosione che lacera la carne di una
scarica elettrica che paralizza il cuore.
E’ un bianco che copre le nostre coscienze e il
corpo martoriato di un lavoratore E’ il bianco di un tramonto livido e nebbioso
di una vita che si spegne lontana dagli affetti di lacrime e disperazione per
chi rimane.
Anche quest’anno oltre mille morti
vite coperte da un lenzuolo bianco.
Bianco ipocrita che copre sangue rosso
e il nero sporco di una democrazia per pochi.
Vite perse per pochi euro al mese
da chi è spesso solo moderno schiavo.
Franco Mugliari alias Muglia La Furia
mail: fmuglia@tin.it
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From: Fulvio
Aurora fulvio.aurora@gmail.com
To:
Sent:
Sunday, May 01, 2016 10:46 PM
Subject: 1
MAGGIO A BAGNOLI
Il giorno 1
maggio 2016 Paolo Fierro (tabibfierro@hotmail.com) ha scritto.
Stamattina
mentre altrove si celebrava il lavoro che non c’è più, i movimenti e con essi
medicina Democratica Napoli, la
Rete per il Diritto alla Salute e il presidio di Salute
Solidale hanno svolto una manifestazione contro la nocività degli ex siti
industriali di cui Bagnoli-ex Italsider è un emblema, contro le false bonifiche
che vengono puntualmente riproposte dai governanti tutti, contro il riutilizzo
dei territori inquinati per la speculazione edilizia, i grandi alberghi, i
porticcioli turistici o quelli per le navi da crociera.
Una
manifestazione piena quindi di contenuti di conflitto, ma anche per una
riappropriazione degli spazi per ridare una spiaggia, il verde, un ambiente
pulito alla città, una realtà metropolitana nata sul mare, ma alla quale il
mare è negato. Una manifestazione che ha espresso il suo carattere di
antagonismo nel rifiutare il rito della sfilata piena di rancori inconcludenti, ma
ha realizzato un momento di aperta sfida all’ipocrisia del potere rompendo i
cancelli laterali della più grande industria siderurgica del ‘900 ed invadendo
gli spazi abbandonati con una occupazione simbolica durata poche ore di
liberazione di questi enormi spazi confinati ora, ma che lasceranno il segno.
Le forze
dell’ordine, peraltro schierate in massa alla testa e alla coda, hanno scoperto
senza reagire all’improvviso scomparire del corteo in questo varco aperto nel
muro laterale dell’Italsider.
Grande
emozione ha destato percorrere questo enorme spazio riconquistato oltre che
dalla gente di Bagnoli e dai movimenti, da una natura meravigliosa che in
questa baia del golfo, tra le più belle del mondo, sopra i cumuli di scorie ha
fatto ricrescere la macchia palustre e accoglie gli uccelli che nidificano in
riva al mare ed attraversano il Mediterraneo con la loro voglia di
vivere.
Come Napoli,
che non si piega!!
Paolo
Fierro
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To:
Sent:
Monday, May 02, 2016 4:47 AM
Subject: SANDRO
GIACOMELLI E’ STATO RIASSUNTO
1° Maggio: giornata
internazionalista del lavoro, per il lavoro
Sandro Giacomelli, delegato RSA Cobas della DNA Società Cooperativa (indotto
Piaggio) di Pontedera (PI), licenziato il 28 dicembre 2015, è stato riassunto.
Venerdì 29 aprile è stato sottoscritto il verbale di conciliazione in sede
sindacale.
Un risultato significativo e importante. Per noi, che sicuramente abbiamo
concorso a questo risultato, è il miglior modo per festeggiare il 1° Maggio.
Una prima considerazione. E’ significativo che per conseguire la
riassunzione di Sandro non sia stato necessario ricorrere al Giudice del Lavoro.
Ma questo risultato è stato strappato
con la “sola” vertenza, la denuncia, le numerose
iniziative, la mobilitazione di tanti che hanno dato il loro contributo, con
passione e testa.
Una seconda. All’inizio di marzo abbiamo dato vita al Comitato, con l’impegno
di mettere assieme attivisti sindacali, delegati e compagni per rafforzare la
vertenza e far sentire a Sandro la nostra vicinanza; una vicinanza visibile,
collettiva e organizzata, e mostrare concretamente che non era solo. E questo sostegno collettivo ha
avuto la sua importanza.
Una terza. Il Comitato, oltre alle diverse iniziative concentrate nell’arco
di un mese e mezzo, si è giustamente e responsabilmente fatto carico di
promuovere la sottoscrizione per Sandro, sottoscrizione che ha dato buoni risultati mostrando interesse,
sensibilità, adesioni e partecipazione.
Di seguito, riportiamo quanto Sandro ha scritto immediatamente all’accordo
della sua riassunzione.
Viva il 1° Maggio! Viva le lotte dei lavoratori e delle lavoratrici!
Comitato per la reintegrazione di Sandro Giacomelli
Pisa, 30 aprile 2016
Cari compagni e compagne, questo risultato, la
firma della conciliazione e della lettera individuale o lettera di assunzione a
DNA, è come se riportasse il nome di ogni persona che ha partecipato ai
volantinaggi di fronte a Piaggio o alle riunioni del Comitato.
Sento di dover esprimere una considerazione
molto semplice: esperienze come queste cambiano la sensibilità, anche se ieri
la pensavo allo stesso modo, oggi non sono più la stessa persona del giorno
precedente, grazie a tutti voi.
Sandro Giacomelli
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From: Gino
Carpentiero ginocarpentiero@teletu.it
To:
Sent: Monday,
May 02, 2016 4:02 PM
Subject: PROCESSO
MORTE PIETRO MIRABELLI IN SVIZZERA: COSI’ VA LA GIUSTIZIA DI CLASSE, PEGGIO
CHE IN ITALIA
Cari amici e compagni,
vi informo che ho appena saputo da Antonio
Mirabelli, nipote di Pietro, nostro amico e compagno, che è stato depositato l’Atto
di accusa a Lugano per la morte di Pietro (ucciso il 22 settembre 2010 da un
masso staccatosi dalla volta della galleria ove stava operando un compagno di
lavoro), con la richiesta di rinvio a giudizio di 3 imputati.
Dopo oltre 5 anni di indagini estremamente
lacunose ed il tentativo maldestro, rintuzzato, di archiviare tutto, si è
arrivati a un risultato piuttosto parziale e deludente che difficilmente potrà
essere rovesciato in dibattimento: vengono infatti rinviati a giudizio l’ingegnere
addetto alla sicurezza sul lavoro, un preposto (il cosiddetto capo sciolta, in
pratica un capo Reparto) e l’operaio spagnolo che ha cagionato l’incidente: un
operaio specializzato ”Jumbista” (il Jumbo è una macchina complessa
utilizzata per forare la roccia in galleria) che non aveva ricevuto una
formazione adeguata all’uso del mezzo.
Fuori dal processo i principali
responsabili: il datore di lavoro della Ditta Condotte, il Direttore di
Cantiere della stessa ditta e il Committente Svizzero (la Società Alp Transit)
che ha affidato l’appalto ad un’azienda palesemente incapace di lavorare in
sicurezza (già 10 i morti nei lavori di scavo della Galleria del San Gottardo).
Saluti
Gino Carpentiero
Sezione Pietro Mirabelli di Medicina
Democratica Firenze
Coordinatore Sportello Salute e Disagio
Lavorativo - Medicina Democratica Firenze
Direttivo Nazionale di Medicina
Democratica Movimento di Lotta per la Salute Onlus
Direttivo Nazionale dell’Associazione
Italiana Benessere e Lavoro (AIBeL)
cellulare 347 54 81 255
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From: Marco
Caldiroli marcocaldiroli@alice.it
To:
Sent:
Tuesday, May 03, 2016 9:31 AM
Subject:
DONNE: GUARDIANE DELLA TERRA
LA SALUTE DELLE DONNE E’ IL FUTURO DEL PIANETA
APPELLO PER LA TUTELA DELL’AMBIENTE E
DELLA SALUTE, A PARTIRE DALLE DONNE
IL CONTESTO
A
fronte del crescente allarme della Comunità Scientifica e della stessa Organizzazione Mondiale
della Sanità circa
i gravissimi rischi per la salute umana da inquinamento ambientale e delle
specifiche ricadute di genere ad esso connesse dobbiamo purtroppo registrare
gravi ritardi del nostro paese su questi versanti.
L’Italia
ha infatti ricevuto non solo pesanti infrazioni su questioni ambientali, ma ha anche
attirato l’attenzione e le critiche delle istituzioni internazionali diverse
volte negli ultimi anni rispetto al tema dell’uguaglianza di genere, con ripetuti
richiami al rispetto degli obblighi internazionali assunti, alla promozione di
una sostanziale parità di genere e al pieno godimento dei diritti fondamentali
da parte delle donne.
In
questo contesto la dimensione di genere delle questioni ambientali è un tema
su cui da anni è avviata una riflessione che ha bisogno di divenire centrale
nell’agenda politica (sia in termini di ricadute socio-sanitarie specifiche,
che di apporto femminile alla costruzione di movimenti di resistenza e all’elaborazione
di proposte di gestione sostenibile di territori e risorse). Basti a farle da
apripista l’osservazione (ormai risalente nel tempo) circa l’impatto
asimmetrico delle problematiche ambientali sulla componente femminile della
popolazione mondiale.
Esempi
di gravi emergenze ambientali sul territorio italiano, con ricadute sulla
salute della popolazione, possono essere riscontrati a partire dalle 57 (poi
ridotte a 39) aree vaste contaminate che hanno ricevuto la denominazione di SIN
(Siti di Interesse Nazionale); in questo ambito le analisi epidemiologiche come
il Rapporto SENTIERI (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli
Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento) realizzato dall’Istituto
Superiore di Sanità, hanno mostrato risultati preoccupanti per l’incidenza di
tumori correlati all’inquinamento ambientale.
Tra
i risultati diffusi dal Rapporto SENTIERI è possibile sottolineare, a mo’ di
esempio, il dato epidemiologico relativo alla città di Taranto (Rapporto
Sentieri Focus Taranto 2012) che rivela un’incidenza dell’80% superiore dei
tumori del collo dell’utero e del 24% superiore dei tumori alla mammella
rispetto alla media nazionale oltre al generalizzato aumento dei danni
genotossici (patologie trasmesse da madre a feto); o
nella Terra dei Fuochi dove,”per quanto riguarda la salute infantile è emerso
un quadro di criticità meritevole di attenzione, in particolare si sono
rilevati eccessi nel numero di bambini ricoverati nel primo anno di vita per
tutti i tumori, e, in entrambe le province, eccessi di tumori del sistema
nervoso centrale nel primo anno di vita e nella fascia di età 0-14 anni”.
Siamo il paese
dove la speranza di “vita in salute” alla nascita (disabilità medio-grave) dal 2004
al 2013 è diminuita di 7 anni nei maschi e di oltre 10 nelle femmine. Le
evidenze scientifiche dimostrano ampiamente che le sostanze tossiche presenti
nell’aria, nei cibi, nelle acque generano un aumento del rischio non solo di
cancro o di patologie cardiovascolari, ma anche di tante altre malattie in
adulti e bambini, purtroppo in drammatico aumento quali diabete, infertilità,
tumori, endocrinopatie, disturbi neurologici, cognitivi, comportamentali ed
altri ancora.
L’ultimo
rapporto UNICEF ci pone al 32° posto su 41Paesi dell’UE e dell’OCSE
quanto alla disuguaglianza tra i minori in termini di reddito, istruzione,
salute e soddisfazione nei confronti della vita.
In Europa si calcola che ogni anno si
perdano 13 milioni di punti di Quoziente di Intelligenza e si contino ben
59.300 casi aggiuntivi di ritardo mentale a causa dell’esposizione durante la
gravidanza a pesticidi organo-fosforici. In definitiva, per l’esposizione a
sostanze che agiscono come interferenti endocrini i costi sanitari ammontano a 157
miliardi di euro, pari all’1,23% dell’intero prodotto interno lordo.
La
tutela dell’allattamento al seno e della salute neonatale è un ulteriore tema
emergente di grande rilevanza: negli anni numerosi studi scientifici hanno
mostrato la presenza di diossine, PCB ed altre sostanze chimiche nel latte
materno in concentrazioni dannose per il neonato. Da tale allarme è nata nel
2012 la Campagna
Nazionale in difesa del Latte Materno, che raccoglie decine
di organizzazioni, comitati, medici e operatori sanitari tra cui l’ISDE
(Internazional Society Doctor for Environment).
Anche
negli sporadici casi in cui, grazie alla pressione della società civile, sono
state varate apposite leggi regionali a tutela della salute riproduttiva (come
nel caso della Legge Regionale 40/2014 sull’endometriosi in Puglia, approvata nel settembre del 2014) a tutt’oggi è
stato istituito l’Osservatorio, ma stenta a partire il registro, strumento
necessario a quantificare l’incidenza della malattia nei siti inquinati.
In questo contesto sono sempre più numerose le donne che sono in
prima linea nella lotta per la difesa dell’ambiente, della salute e della vita,
attraverso la cittadinanza attiva, l’attivazione sociale e talvolta tramite
canali istituzionali. Lo dimostrano le centinaia di comitati di donne e di
mamme sorti ovunque in Italia contro le conseguenze sanitarie di poli
industriali, centrali a carbone, contaminazione atmosferica ecc., in cui le
donne sono la principale componente sociale in mobilitazione.
I NOSTRI OBIETTIVI
Queste donne, attiviste, madri e cittadine oggi lanciano un
appello alle Istituzioni tutte.
Come pre condizioni:
-
si realizzino scelte coerenti con le dichiarazioni della COP21 e
si dia avvio a una seria politica di programmazione energetica per il nostro
paese, secondo le indicazioni riportate nel documento “Energia per l’Italia” sottoscritto
dagli scienziati italiani;
-
vengano adottate tutte quelle misure utili a passare da una “economia
lineare” a una “economia circolare”, a cominciare da una corretta
gestione dei rifiuti con il
pieno rispetto della gerarchia europea di trattamento dei rifiuti;
-
si abbandonino progressivamente i processi di
combustione, prima causa della scadente
qualità dell’aria nel nostro paese;
-
si adottino tutte quelle misure, che attraverso una agricoltura
sostenibile, preservano la salubrità dei suoli e la qualità dell’alimentazione
specie per gli organismi in accrescimento;
-
si adottino tutte quelle misure necessarie a promuovere e
diffondere pratiche agro-ecologiche nella produzione del cibo, per preservare
la salubrità dei suoli, la biodiversità e la qualità dell’alimentazione, specie
per gli organismi in accrescimento.
In un’ottica di genere:
-
di fronte a tali problematiche vi sia
una completa assunzione di responsabilità da parte dei decisori politici
che porti a individuare nella tutela ambientale e nel pieno rispetto del
principio di precauzione assi trasversali di orientamento per ogni politica di
sviluppo;
-
vengano implementati come previsto nelle convenzioni e
dichiarazioni internazionali ratificate dall’Italia, istituti partecipativi basati su criteri inclusivi e dotati di
carattere deliberante e che tengano in
particolare considerazione l’ottica di genere;
-
si dia una adeguata informazione sui
rischi ambientali in particolare alle donne in età fertile;
-
si promuovano il recepimento, la
sistematizzazione e/o l’istituzionalizzazione dei sistemi di raccolta dati e
documentazione relativi alle emergenze e ai conflitti sociali legati alla
difesa del territorio e della salute e ai monitoraggi ambientali e sanitari
indipendenti (raccolti e sistematizzati attraverso metodologie partecipative da
organizzazioni di tutela ambientale, comitati territoriali e centri studi
indipendenti);
-
vengano previsti specifici benchmark di
genere nell’elaborazione di studi di impatto e nell’implementazione di
politiche di gestione dei territori;
-
vengano recepite le raccomandazioni della società civile circa l’implementazione
dei principi e delle misure previste dalle convenzioni e dalle piattaforme
internazionali ratificate dall’Italia (come la Piattaforma d’Azione di Pechino) e la CEDAW, nonché gli Obiettivi
di sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite che prevedono un goal specifico, il
numero 5, dedicato alla parità di genere e all’empowerment di donne e ragazze.
Con specifico riferimento alle malattie
che compromettono in particolare la salute riproduttiva, neonatale e infantile si
chiede che:
-
vengano
implementati e finanziati gli strumenti previsti dalle leggi approvate a
tutela dell’ambiente, della salute riproduttiva, neonatale e infantile, come
nel caso della Legge Regionale 40/14 della
Regione Puglia sull’endometriosi, così da prevedere percorsi dedicati e
gratuiti per le donne affette da endometriosi e infertilità non solo in
relazione al territorio pugliese, ma a tutti i territori contaminati a livello
nazionale;
-
considerata la concreta possibilità di
aggirare le procedure di monitoraggio degli impianti inquinanti, si chiede l’adozione
di strumenti di controllo
indipendenti e continuativi da applicare a tutti gli impianti che rappresentano
fonti di sostanze inquinanti pericolose e cancerogene tra cui la diossina, e la
chiusura e successiva
riconversione a produzioni non inquinanti degli impianti che non rispettano le
soglie limite di contaminanti previste dalla legge;
-
vengano recepite e implementate le richieste formalizzate dalla Campagna in difesa del latte materno tra
cui ratifica della Convenzione di
Stoccolma, previsione e realizzazione di biomonitoraggi a campione del latte materno e del sangue cordonale, redazione,
discussione e approvazione di un Disegno di Legge che preveda la creazione di
un marchio “dioxin free” per gli
alimenti.
Adesioni confermate al 28 aprile:
Coordinamento No TRIV, Pangea, Laboratorio Carte in Regola, AIDOS,
Parsec, Comitato No Elettrodotto Villanova-Gissi, Comitato SpeziaViaDalCarbone,
Retenergie, Casa Internazionale delle Donne, Associazione Nuovo Senso Civico, Movimento
No Ombrina, UDI, Comitato mamme No MUOS Sicilia, COSPE, AOI, ARCS, Di.i.Re,
Rete delle Reti femminili, daSud, Zeroviolenza, Centro Studi Difesa Civile, Mamme per la Salute e l’Ambiente Venafro
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From:
MicroMega kwdirect@newsletter.kataweb.it
To:
Sent: Monday,
May 02, 2016 8:05 AM
Subject: PRIMO MAGGIO: UN LUNGO CAMMINO VERSO LA PERDUTA LIBERTA’
Mai
come questa volta, devo essere sincero, ho trovato difficoltà nel riflettere
sul senso di questa ricorrenza. Difficoltà che deriva non solo dall’aver
contratto il morbo di una stanca rassegnazione, ma anche dall’amarezza di
osservare il radicale mutamento genetico di quello che, un tempo, era un valore
fondante della società democratica.
Viene
alla mente un tragico parallelismo, in questi giorni di rievocazione della
tragedia di Chernobyl: l’espansione della nube radioattiva i cui effetti, anno
dopo anno, stanno alterando i corpi dei viventi è analoga alla diffusione del
neoliberismo le cui tossine, negli ultimi decenni, hanno radicalmente
trasformato il corpo sociale.
Chi
guardasse al lavoro oggi, a distanza di trent’anni, non ne riconoscerebbe più l’aspetto,
ormai totalmente deformato. La “esplosione legislativa” prodotta dal pensiero
unico dominante negli ultimi decenni, infatti, ne ha indelebilmente segnato i
tratti.
Non
più diritto “a una retribuzione proporzionata alla quantità e
qualità del suo lavoro ed in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla
famiglia una esistenza libera e dignitosa” (articolo 36 della Costituzione), ma lavoro povero, insufficiente a garantire la fine del
mese e sempre più spesso sinonimo di debito: costante compagna della
retribuzione è la “cessione del quinto”, nuova forma di corvee ai signori delle finanziarie.
Non
più valore, espressione di realizzazione individuale e di collettiva
partecipazione al “progresso materiale o spirituale
della società” (articolo 4, comma 2 della Costituzione), ma, al contrario, plasmabile materia nelle mani di un’iniziativa
economica privata ormai priva di qualsiasi limite: ecco servito il “mutamento di mansioni”, ovvero il diritto al
demansionamento.
Non
più fondamento di una società democratica ed egualitaria, ma motore primo di
radicali e multiformi diseguaglianze tra occupati e disoccupati, tra precari e
stabilizzati, tra “tutele obbligatorie”, “tutele reali” e “tutele crescenti”,
tra italiani e immigrati, tra lavoratori in regola, in nero o in grigio, e via
discorrendo in un elenco di disparità che non ha fine.
Inquieta,
del resto, osservare come l’unico baluardo normativo a questa esondazione
produttivista sia oggi l’articolo 2087 del Codice Civile con la sua particolare
sensibilità verso “l’integrità fisica e la
personalità morale dei prestatori di lavoro”, ovvero una norma
coniata nell’ “anno di grazia” 1942, sotto l’egida di un folle regime
totalitario.
Così
come lascia francamente perplessi l’atteggiamento conformista di una parte
sempre maggiore della magistratura del lavoro che, in numerose pronunce, quasi
fosse una “clausola di stile”, cita l’articolo 41 della Costituzione, secondo
cui “l’iniziativa economica privata è libera”, per
giustificare l’insindacabilità di numerose (e spesso discutibili) decisioni dei
datori di lavoro. La libertà dell’iniziativa economica privata, oggi, sta
diventando il “grande paravento” dietro cui si nascondono, con la garanzia dell’insindacabilità
giudiziaria, anche le operazioni imprenditoriali più dubbie e spericolate.
Dinanzi
a questo sconfortante panorama, dunque, cosa dovrebbero fare i Cipputi di tutto
il mondo? Forse rinfrancarsi pensando alle gesta del Leicester dei miracoli
vicino all’incredibile conquista della Premier League o al piccolo Lugano di
Zdenek Zeman a un passo dalla conquista della coppa Svizzera, allegorie
post-moderne della classe operaia che cerca di raggiungere il paradiso,
nonostante e contro i giganti dell’oligarchia calcistica?
Forse
è meglio scolorire i fulgidi sogni e riprendere le parole pronunciate dal capo
Meligqili, figlio di Dalindyebo, nel giorno della solenne festa del passaggio
all’età adulta: “Qui siedono i nostri figli: giovani, sani,
belli, il fiore della tribù xhosa, l’orgoglio della nostra nazione. Da poco li
abbiamo circoncisi, con un rito che promette di introdurli nel mondo degli
uomini; io sono qui a dirvi che questa è una promessa vuota, vana, una promessa
che non potrà mai essere mantenuta… Noi siamo schiavi nel nostro paese, siamo
inquilini sul nostro suolo. Non abbiamo la forza, non abbiamo il potere, non
abbiamo il controllo del nostro destino nella terra sulla quale siamo nati.
Questi figli andranno nelle città, a vivere nelle baracche e a bere alcool di
qualità scadente, perché noi non possiamo offrire loro una terra sulla quale
vivere e prosperare. Le capacità, l’intelligenza, il potenziale di questi
giovani andranno sperperati nello sforzo di guadagnarsi da vivere svolgendo i
servizi più umili, più semplici. I doni che abbiamo offerto oggi non sono
niente, se non possiamo offrire loro il dono più grande, che è l’indipendenza,
la libertà”.
Queste
dolenti parole, ascoltate da un giovane Nelson Mandela, furono il primo motore
dell’indignazione e della lotta di liberazione dalla schiavitù dell’apartheid.
Che
in questo Primo Maggio, giorno di mesta riflessione e non di festa, risuonino
analoghe parole: chissà mai che, nascosti tra la folla, i giovani Mandela del
nuovo millennio prendano coscienza del lungo cammino che, oggi, ci separa dalla
perduta libertà.
Domenico Tambasco
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From: Posta
Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent: Thursday, May 05, 2016
11:30 AM
Subject: LA
FOGLIA DI FICO
DEI VOUCHER
Da La Citta Futura
di Carmine
Tomeo
29/04/16
Il governo Renzi ha proseguito la liberalizzazione del lavoro
accessorio avviata dal governo Monti. Da allora i voucher sono usati come
foglia di fico per nascondere il lavoro nero. Il lavoro accessorio diventa così
uno strumento per lo sfruttamento dei lavoratori.
Quando a
febbraio dello scorso anno il governo emanò i decreti attuativi del Jobs Act,
la modifica introdotta sull’utilizzo dei voucher veniva spacciata come una
positiva misura compensativa rispetto a provvedimenti che rimanevano come da
riforma Fornero. Nel “giorno atteso da molti anni per una parte degli italiani,
ma soprattutto atteso da un’intera
generazione che ha visto la politica fare la guerra ai precari ma non al
precariato” (così si esprimeva il presidente del Consiglio), Renzi annunciava
in conferenza stampa: “Noi rottamiamo un certo modello di diritto del lavoro e
l’articolo 18, i CO.CO.CO. ed i CO.CO.PRO.”. E quasi a giustificarsi, come uno
che ce l’ha messa tutta ma di più proprio non poteva fare, il ministro del Lavoro,
Poletti rimarcava che “i contratti a termine e il lavoro a chiamata non
cambiano”, ma che, seppure “non siamo stati così bravi da trovare una soluzione
alternativa”, in compenso “abbiamo messo mano al lavoro accessorio, i voucher, portando da 5.000 a 7.000 euro la
quantità percettibile dal lavoratore”.
Pochi mesi
dopo, già si parlava di boom dei vouchers e il regalo che le aziende avevano
ricevuto si mostrava agli occhi di tutti. A novembre del 2015, la trasmissione
di RAI3, Report trasmette un’inchiesta con la quale evidenzia l’uso furbesco
dei voucher, per cui spesso i lavoratori vengono assunti per una o due ore, ma
lavorano in nero per altre sei o sette ore giornaliere. Il lavoro accessorio,
reso estremamente libero prima dalla riforma Fornero, che ne ha consentito l’utilizzo
per qualsiasi attività e poi dal governo Renzi, che ha allargato il compenso
massimo percepibile dal lavoratore, diventa così la foglia di fico che copre il
lavoro nero.
Di fronte a
tale evidenza, alla generazione di precari a cui si rivolgeva demagogicamente
il segretario del PD, bisogna ora raccontare una storia diversa. Perciò il
lavoro accessorio, sul quale il governo Renzi ha completato il lavoro del
governo Monti (mostrando anche in questo caso una evidente continuità di intenti),
diventa ora, paradossalmente, non più strumento per consentire alle imprese di
assumere in base a particolari contingenze (come si diceva inizialmente), ma
strumento di contrasto del lavoro nero. E’ quanto, ad esempio, sostiene Filippo
Taddei, responsabile economia e lavoro del Partito Democratico, che in una
intervista a Repubblica sostiene che il lavoro accessorio va bene così com’è,
perché “restano un incentivo all’emersione del lavoro nero” e sarà sufficiente
introdurre la tracciabilità dei buoni lavoro. Che poi è la stessa posizione del
ministro Poletti. Taddei, Poletti e Renzi sembrano come compari nel gioco delle
tre carte, che invitano a giocare ad un gioco a perdere e truffaldino.
A far notare
l’inganno è ad esempio Marta Fana, dottoranda di ricerca in economia a Parigi,
che elaborando dati dell’INPS e del Ministero del Lavoro, mostra “che i
voucheristi del 2015, nei sei mesi prima di diventarlo avevano un contratto a
termine o a progetto”. Per fare considerazioni più precise bisognerà attendere
i microdati dell’INPS, ma intanto già si nota che i lavoratori passati dal
precariato dei contratti a termine o di collaborazione a un precariato molto
peggiore, qual è quello pagato con buoni lavoro, rappresentano circa il 10% dei
voucheristi. Ma questo, Taddei, Poletti e Renzi non lo dicono. In pratica, la
liberalizzazione del lavoro pagato con i voucher realizza spesso il passaggio
da una condizione di precarietà ad una di precarietà estrema, qual è il lavoro
accessorio, che espone il lavoratore, praticamente privo di diritti, alla mercé
del datore di lavoro.
Altro che
far emergere il sommerso. Semmai, spesso è usato come copertura del lavoro
nero. Anche Repubblica, pochi giorni fa, ha citato alcuni dati forniti dall’INAIL.
Dopo la liberalizzazione del lavoro accessorio, sono “magicamente” aumentate le
denunce di infortuni occorsi ai voucheristi: dal 2012 al 2014 (il dato del 2015
non è ancora disponibile) il numero di infortuni è più che triplicato; quello
delle morti sul lavoro è raddoppiato. E guarda caso, gli infortuni dei
lavoratori pagati con buoni lavoro avvengono quasi sempre lo stesso giorno del
pagamento del primo voucher.
Quello che
emerge dalla lettura della realtà è che la liberalizzazione del lavoro
accessorio, avviata da Monti e proseguita con Renzi, altro non è che uno
strumento legale per lo sfruttamento dei lavoratori. Contro di esso e contro il
Jobs Act, di cui la liberalizzazione del lavoro accessorio costituisce uno dei
provvedimenti attuativi, occorre opporre una lotta adeguata, cioè una lotta di
classe.
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From: Posta
Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent: Thursday, May 05, 2016
11:30 AM
Subject: JOBS ACT E DINTORNI:
I NUMERI SMASCHERANO RENZI
di Graziano Gullotta e Francesco Meschino
30/04/16
L’euforia che ha drogato negli scorsi mesi l’apparato comunicativo del governo Renzi sembra scemare sempre più davanti alla “testa dura” dei fatti e delle realtà statistiche e oggettive.
L’euforia che ha drogato negli scorsi mesi l’apparato comunicativo del governo Renzi sembra scemare sempre più davanti alla “testa dura” dei fatti e delle realtà statistiche e oggettive.
L’ultimo rapporto ISTAT con i dati aggiornati al mese di febbraio 2016, mette nero su bianco il carattere antiproletario e contro il lavoro delle
iniziative di questo governo targato PD tutte a favore della classe
padronale, in linea d’altronde con i governi di centrodestra e centrosinistra degli
ultimi cinque lustri.
Il
meccanismo di incentivi alle assunzioni attraverso la decontribuzione totale
(della durata di tre anni) per le imprese, introdotto dal governo nella Legge
di Stabilità per il 2015, non ha lasciato e non lascerà traccia del suo
passaggio se non per i padroni: nel mese di gennaio 2016 la stima degli
occupati era cresciuta dello 0,3% (73.000 lavoratori), la stima dei dipendenti
permanenti a sua volta era salita dello 0,7% (98.000). Con la fine della
decontribuzione totale alle aziende che prosegue nella Legge di Stabilità per
il 2016 con la forma della decontribuzione parziale pari al 40% dei contributi
a carico del padrone, già da febbraio 2016 la stima degli occupati cala dello
0,4% (-97.000 persone occupate) e il calo dell’ultimo mese riporta il livello
dei dipendenti permanenti al dicembre 2015. La disoccupazione sale all’11,7%,
in aumento di 0,1 punti rispetto a gennaio e dello 0,4% su base annua.
Questi
numeri dimostrano che, affidandoci alle stesse parole del comunicato ISTAT, “ridotta la decontribuzione, gli assunti
permanenti calano drasticamente. Per i dipendenti a termine prosegue la
tendenza negativa già osservata dal mese di agosto 2015”.
A render ancor più chiaro questo
rapporto ci sono i dati forniti dall’INPS sulle accensioni e cessazioni dei
rapporti di lavoro dove a Gennaio 2016 si registra un calo del -39,5% delle
assunzioni a tempo indeterminato rispetto a un anno fa (da 156.143 a 106.697) così
come un -5,1% di trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti a termine per
un totale di un -22,8% di assunzioni. Emblematico è il dato relativo a Dicembre
2015, ultimo mese utile per l’accesso alla decontribuzione totale, con un
+71,8% di nuove assunzioni rispetto allo stesso mese del 2014, di cui 305.867 a tempo indeterminato,
ossia quasi il 50% di tutto il 2015.
L’attacco alla regolamentazione del
mondo lavorativo che sta avvenendo in Italia da venticinque anni, non è
sicuramente responsabilità unica di questo governo, chiunque abbia governato ha
enormi colpe a riguardo, basta elencare qualche nome: Pacchetto Treu, Legge Biagi, Riforma Fornero, Jobs Act, dal centrosinistra al centrodestra, la classe dirigente
italiana che ha occupato gli scranni parlamentari ha attaccato e distrutto
sistematicamente il diritto al lavoro.
Le conseguenze nefaste di queste
riforme le vivono sulle proprie spalle quotidianamente i lavoratori di oggi,
soprattutto le nuove generazioni. La
precarietà, promossa dalla borghesia e dai propri rappresentanti in
Parlamento col falso fine di costituire un livello collaterale alla forma
standard del contratto a tempo indeterminato, è diventata un dato strutturale dell’economia, un macigno sulle
spalle di chiunque, giovane o meno giovane, si trovi nella condizione di subire
questa condizione.
L’ammontare complessivo dei
contratti a tempo determinato ha rappresentato nel 2015 il 14% dei rapporti di
lavoro, nel 1998 erano appena l’8%. Per quanto riguarda la fascia di età tra i
15 e i 24 anni, i contratti a termine rappresentano il 60% dei rapporti totali,
triplicati rispetto al 20% del 1998. Assistiamo
dunque a una progressiva e generalizzata precarizzazione del mercato del lavoro,
partita ben prima dello scoppio della crisi ma che nella crisi ha trovato una
sua legittimazione agli occhi dei lavoratori ingannati dai governi e dai loro
mezzi di comunicazione.
In secondo luogo, la fetta di contratti a termine che durano meno di 6 mesi
ha registrato un aumento notevole. Più nel dettaglio, i rapporti
lavorativi che durano da 1 settimana a 6 mesi rappresentano ben il 40% del
totale, e un terzo di questi non durano più di una settimana. In questo
complesso meccanismo di leggi, incentivi, deregolamentazioni, tagli e
corrispondente propaganda mediatica, si inserisce il famigerato Jobs Act, la
riforma del lavoro del governo Renzi, dove in particolare con il licenziamento
facile, anche i rapporti di lavoro a tempo indeterminato sono privi di garanzie
e stabilità per il lavoratore.
Tra gennaio e luglio 2015, in seguito alle
nuove norme contenute in questa riforma, solo il 20% delle nuove attivazioni contrattuali sono a tempo
indeterminato. E tra i contratti permanenti, le assunzioni vere e
proprie sono addirittura in minoranza, in quanto la maggioranza delle
attivazioni è dovuta alle trasformazioni dei contratti precari già esistenti in
contratti indeterminati. Un processo che ovviamente risulta conveniente alle
imprese solo in ragione delle decontribuzioni fiscali. Le nuove assunzioni sono
concentrate maggiormente, inoltre, nei
settori a bassa qualifica.
Buona parte delle assunzioni è
rappresentata da contratti part-time. Inoltre i nuovi assunti con il “contratto a tutele crescenti” hanno un salario
dell’1,4% inferiore rispetto a
coloro che sono stati assunti prima della riforma, con il contratto a
tempo indeterminato “standard”.
Nel 2015 aumenta l’incidenza del
lavoro a termine sull’ammontare complessivo dei contratti per i lavoratori al
di sotto dei 24 anni. A partire da maggio 2015, quindi dopo l’entrata in vigore
della nuova legge, il precariato è tornato a crescere, in ragione delle
ulteriori liberalizzazioni sul mercato del lavoro. Infatti, il 63% dei nuovi
assunti nei primi nove mesi del 2015, ovvero 158.000 su 263.000, ha un
contratto a termine.
Inoltre, si registra una notevole
crescita di un particolare tipo di contratto a termine: il voucher, promosso dal Jobs Act
attraverso l’aumento dei massimali di reddito percepibile con i buoni lavoro e
che garantisce ancora meno tutele oltre
ad eludere i controlli sul lavoro nero. Se nel 2008, anno di
attivazione, furono 24.437 i lavoratori
“assunti” attraverso il voucher, oggi sono circa 1 milione e mezzo con 115 milioni di buoni lavoro
staccati nel 2015 che rappresentano un incremento del 67,5% rispetto al 2014.
Sul totale dei nuovi occupati, i
contratti stipulati mediante gli incentivi governativi sono 9 su 10, da cui si
può facilmente dedurre la falsa stabilità di questi ultimi, in ragione
esclusiva di una convenienza fiscale temporanea per le imprese e con le tutele
giuridiche ridotte ai minimi termini che rendono il lavoratore licenziabile in
qualsiasi momento. Dunque se la giustificazione del Jobs Act con il suo carico
di distruzione dei diritti del lavoro erano, secondo Renzi, quelli di aumentare
l’occupazione (in particolare giovanile) e diminuire la precarietà, numeri alla
mano non si può che parlare di un bluff che è verificabile infine anche da
questi altri dati: il numero di persone che transitano dall’occupazione all’inattività
è maggiore (35,7%) rispetto a quelle che da uno stato di inattività trovano un
lavoro (16,1%) e la
variazione degli occupati tra febbraio 2016 e gennaio 2015 vede una crescita
negli over 50 (+326.000) e una diminuzione nella fascia di età 35-49 di
-187.000 e -35.000 nella fascia 25-34 anni, mentre è impercettibile l’incremento
nella fascia 15-24 con +6.000.
Lo stesso
possiamo dire anche dell’altra iniziativa riguardante il mondo del lavoro, il progetto “Garanzia Giovani” finanziato
dall’UE. Dai dati forniti dai gestori del progetto, risulta che al 7
aprile gli iscritti al programma sono 882.180 (al netto delle cancellazioni),
di cui solo un terzo (circa 300.000) hanno avuto una proposta dopo esser stati
presi in carico dai locali Centri per l’Impiego e di questi solo 32 mila (il
3,7% del totale di Marzo secondo i dati dell’Istituto per lo Sviluppo della
formazione professionale dei lavoratori) hanno avuto accesso a un lavoro
incentivato con ingenti fondi pubblici elargiti al padrone. Per la maggior
parte dei casi si tratta di “lavoro mascherato” attraverso tirocini che sono
stati circa 139.000 oltre 4 volte i contratti di lavoro. Se si approfondisce
sul tipo di contratto, si scopre facilmente infatti che moltissime delle offerte sono sotto forma di stage, tirocini, lavori
demansionati, sottopagati e via dicendo, con orari di lavoro che superano spesso le 40 ore settimanali, nessuna
reale formazione e praticamente gratuiti per il padrone. A questo fra l’altro
si aggiunge che quasi tutti i pagamenti
dei tirocinanti (circa 500 euro mensili per 6 mesi a carico delle Regioni o
INPS) sono in ritardo di molti mesi
o addirittura in Sicilia risultano aperti più tirocini di quanti potevano esser
finanziati lasciando così i tirocinanti, a oggi, senza alcuna garanzia di pagamento. Infine, un dato indicativo
proveniente dalla Sicilia (il dato migliore di tutto il progetto) su ciò che
avviene dopo i tirocini del Garanzia Giovani: dei 20mila tirocini completati
solo in 4.000 (il 20%) sono stati assunti di cui solo 2.500 nella stessa
azienda. La montagna ha partorito il topolino. Non si può di certo parlare di
un intervento contro la disoccupazione giovanile che avanza a lunghe falcate
nel nostro Paese mentre si è certamente dimostrato
un altro valido strumento per i profitti dei padroni, per ingrassare burocrazie varie e riciclare i giovani disoccupati in un
processo continuo di abbassamento dei salari e diritti.
Numeri che
in somma ci dicono che l’unica cosa che
cresce è la precarietà nei rapporti di lavoro, la ricattabilità, l’intensità
dello sfruttamento, i profitti dei padroni, non certo l’occupazione in
generale (e tanto meno stabile) rendendo inoltre evidente che l’inaccettabile assioma “meno diritti-più
lavoro” non ha nemmeno una corrispondenza nella realtà, se non per i
meno diritti per tutti. La lotta politica che vede i comunisti impegnati in
prima linea nelle scuole, nelle periferie e soprattutto nei luoghi di lavoro,
consente di avere un riflesso di prima mano della situazione esistente in
questi ambiti, di ricostruire una tendenza reale correlando dati statistici,
teoria e lavoro politico pratico quotidiano.
Risulta
evidente dopo venticinque anni di attacco sistematico ai diritti dei lavoratori
che si è giunti ad un livello di smantellamento delle protezioni giuridiche mai
visto dal secondo dopoguerra. A questa analisi fotografica della lotta di
classe e dei rapporti di forza oggi nelle fabbriche e nelle strade, va aggiunta
una analisi di tendenza: la necessità di deregolamentazione dell’accesso
al lavoro, dei diritti sul
lavoro, la trasformazione del sindacato di lotta in un sindacato concertativo
(che con i rapporti di forza attuali non può “concertare” nulla se non mettere
la propria firma di approvazione sulla distruzione dei diritti sul lavoro), che
rappresentano alcuni cardini delle politiche pubbliche dagli anni ‘90 in poi,
non costituiscono affatto un “cedimento necessario” per un avvenire migliore,
un costo pagato alla modernizzazione per un’occupazione diffusa e per mantenere
un certo livello di benessere.
I fatti
degli ultimi vent’anni, “chiosati” da questi ultimi dati statistici, ci
dimostrano definitivamente che alla distruzione dei diritti sociali non c’è mai
fine se permarranno questi rapporti di forza tra le classi. La necessità strategica della ricostruzione
comunista in Italia è quindi improcrastinabile, a partire dalla gioventù così
martoriata, bistrattata e costretta a subire uno sfruttamento che non ha precedenti
negli ultimi 70 anni, dall’istruzione all’accesso al lavoro, al trattamento sul
lavoro, alla pensione.
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