Cina, “nell’industria del
cuoio paghe da fame, sicurezza a rischio, scioperi repressi. Coinvolte Adidas,
Clarks ed Ecco”
Il rapporto Tricky footwork, realizzato dalla Campagna
Abiti Puliti, riporta le testimonianze di operai della regione del Guangdong,
in fabbriche che producono per conto di marchi come Adidas, Clarks ed Ecco. I
salari sono sotto un livello dignitoso, le imprese impongono straordinari
obbligatori, le protezioni sono insufficienti
Paghe da fame, straordinari obbligatori, sicurezza e salute a
rischio, repressione violenta degli scioperi. Con la polizia
che aizza i cani contro chi si astiene dal lavoro. E’ questa la
fotografia dell’industria cinese del cuoio e delle calzature, scattata
dal rapporto Tricky footwork, realizzato dalla Campagna
Abiti Puliti nell’ambito del progetto Change Your Shoes. La Cina è di gran
lunga il primo produttore ed esportatore mondiale di calzature, con
oltre 15,7 miliardi di paia di scarpe realizzate nel solo 2014. Gli operai
intervistati lavorano nella regione del Guangdong, in stabilimenti che
producono per conto di noti marchi europei tra i quali Adidas, Clarks
ed Ecco: il rapporto arriva alla conclusione che nell’industria del
cuoio cinese “le violazioni delle leggi del lavoro sono ancora un
fenomeno diffuso”.
Sul fronte dei salari, il rapporto sottolinea le paghe molto
al di sotto di un livello dignitoso. Gli intervistati guadagnano in media
3mila yuan, circa 410 euro, mentre per fare fronte alle esigenze
fondamentali della vita avrebbero bisogno di 4.300 yuan. Le
fabbriche, inoltre, normalmente non rispettano le leggi nazionali in
materia di orario di lavoro. Gli intervistati lavorano in media
10,6 ore al giorno: il 19% lavora 8 ore al giorno e il 21% più di
11 ore al giorno. Metà del campione ha dichiarato
di essere costretto a prestare lavoro straordinario. C’è chi
resta in fabbrica più di 30 ore extra al mese, ma rifiutare espone
a ritorsioni, per esempio a richiami disciplinari, trattenute
dallo stipendio, demansionamento e abusi verbali. Per molti, spiega la
ricerca, il reddito aggiuntivo da lavoro straordinario è
imprescindibile e lo considerano parte integrante del salario regolare. Le
leggi in materia di salute e sicurezza, prosegue il rapporto, sono
poco applicate. I mezzi di protezione sono spesso insufficienti. Le mascherine,
per esempio, non dovrebbero essere usate per più di otto ore, ma i dipendenti
dell’azienda Stella, che sono stati intervistati, dicono di aver ricevuto
solo una o due mascherine alla settimana. Il 55% degli
intervistati riferisce di problemi di salute, propri o dei
colleghi. I più comuni sono l’intossicazione da benzene e le allergie da
contatto provocate dall’uso di sostanze chimiche. Il 64% segnala episodi
in cui essi stessi o i loro colleghi sono rimasti feriti: le ferite più
comuni sono tagli alle mani causati dai macchinari. Otto lavoratori
su dieci sono stati testimoni di scioperi e dell’intervento della
polizia nelle fabbriche. Il sindacato non si è attivato nell’organizzazione
degli scioperi né nella difesa dei lavoratori che hanno subito ritorsioni
per avervi partecipato, e non ha mai avviato le procedure previste
per la contrattazione collettiva. Dall’indagine emerge infine che la All-China
Federation of Trade Unions (Acftu) non svolge un ruolo attivo o perché
non è presente nelle fabbriche analizzate oppure perché “sceglie di
ignorare i suoi doveri statutari”.
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