“Dati
i picchi degli arrivi negli ultimi giorni in Italia, è chiaro che la capacità
disponibile degli hotspot operativi non è sufficiente per i mesi estivi. Di
conseguenza, l’Italia ha identificato altri luoghi destinati ad ospitare
hotspot, che dovrebbero essere aperti in estate“. Si legge nella terza
relazione dellaCommissione Ue su ricollocamenti e
reinsediamenti. Inoltre si raccomandano azioni per rendere pienamente operativi
gli hotspot di Lampedusa, Pozzallo, Trapani e Taranto, e per crearne di
“mobili”. Ma da Taranto prosegue la campagna contro la realizzazione di queste strutture
“Con questo appello ribadiamo il nostro no al sistema hotspot.
Abbiamo
ascoltato storie incredibili di donne ed uomini infrangersi contro le barriere
fisiche, giuridiche e politiche delineate nell’ambito della cosiddetta
procedura hotspot. Vite diverse ricondotte forzatamente all’interno di
categorie giuridiche, per di più applicate in maniera arbitraria e ingiusta.
Abbiamo avuto direttamente a che fare con i problemi innescati dall’avvio del
dispositivo hotspot (anche) a Taranto, dove è attivo da 2 mesi. Abbiamo visto
donne ed uomini disorientati, vagare per le strade ad alto scorrimento
immediatamente limitrofe alla struttura, senza una meta precisa. Migranti
respinti, lasciati in strada senza un posto nel quale dormire e mangiare, senza
alcun tipo di orientamento, assistenza, supporto, esposti a tutti i rischi
connessi alla precarietà giuridica e sociale. E poi, ancora, donne e uomini
rimpatriati, in base alla nazionalità di origine che, a fronte di percorsi
migratori lunghi e complessi, come messaggio di benvenuto in Europa vengono
immediatamente condotti nei C.i.e. e/o sugli aerei con destinazione il Paese dal
quale fuggono. Solo grazie all’intervento di molti attivisti, su cui non può
reggersi la sorte di tanta gente, sono stati garantiti accoglienza, pasti,
orientamento.
Della
procedura hotspot contestiamo:
1)
L’idea complessiva che
governa la procedura, secondo la quale i migranti possono essere selezionati in
base alla nazionalità di provenienza, in violazione del diritto di accesso alla
richiesta di protezione internazionale, che è invece soggettivo e individuale.
2) Le singole procedure (e violazioni) attraverso le quali avviene la selezione e la differenziazione.
Dal racconto diretto dei migranti transitati abbiamo appreso che l’informativa legale – che l’ente in gestione ha l’obbligo di attuare – è, anche quando effettuata, assolutamente generica e inidonea a far comprendere realmente ciò che avviene al momento dello sbarco e delle identificazioni. Ad esempio, nessuno dei migranti che ha ricevuto il provvedimento di respingimento ne ha compreso la natura e le conseguenze, e nessuno ha compreso il contenuto del questionario che viene somministrato immediatamente dopo lo sbarco, in base al quale, di fatto, si viene respinti. A detta di chi lo somministra, infatti, i migranti sceglierebbero (evidentemente senza che nessuno spieghi loro le conseguenze e le alternative) di autodichiararsi “migranti economici”. Inoltre in nessuna maniera l’hotspot di Taranto può essere configurato come un centro chiuso: le persone condotte all’interno, in ogni fase della procedura, hanno il diritto di spostarsi all’esterno della struttura. Ogni prassi contraria è, nei fatti, una detenzione illegittima, non essendo prevista in nessuna legge, e una grave violazione del diritto alla libera circolazione. Inoltre la procedura hotspot è una prassi extralegale: non è regolamentata dalla legislazione nazionale ma è frutto di accordi di indirizzo politico tra il governo italiano e le istituzioni europee e poi le procedure seguite (anche con finalità detentive) in assenza di apposita previsione normativa, sono una grave violazione della legge italiana e delle normative comunitarie. Non è accettabile, inoltre, che venga impedito l’accesso alla struttura agli enti di tutela che si occupano di orientamento legale. Non rivendichiamo la possibilità di accedere all’interno della struttura al fine di democratizzare il funzionamento dell’hotspot. Al contrario, chiediamo che sia garantito l’accesso a tutti i soggetti che si occupano di tutela giuridica delle e dei migranti come strumento di inchiesta/denuncia delle prassi illegittime/controllo sulle procedure in corso, al fine di circostanziare e specificare gli elementi di critica nei confronti del funzionamento dell’hotspot.
Non è più il tempo di esprimere generica indignazione e sdegno. Occorre costruire una rete di forze politiche, associative, sindacali e di movimento che prendano parola, contestando la pericolosità delle prassi in atto. L’hotspot non può essere una fabbrica di etichette che, una volta applicate arbitrariamente ai migranti che vi vengono condotti, segnano la qualità della vita, la soglia di ricattabilità e la rilevanza dello sfruttamento (sessuale, lavorativo, ecc) alla quale chi è in fuga viene esposto.
2) Le singole procedure (e violazioni) attraverso le quali avviene la selezione e la differenziazione.
Dal racconto diretto dei migranti transitati abbiamo appreso che l’informativa legale – che l’ente in gestione ha l’obbligo di attuare – è, anche quando effettuata, assolutamente generica e inidonea a far comprendere realmente ciò che avviene al momento dello sbarco e delle identificazioni. Ad esempio, nessuno dei migranti che ha ricevuto il provvedimento di respingimento ne ha compreso la natura e le conseguenze, e nessuno ha compreso il contenuto del questionario che viene somministrato immediatamente dopo lo sbarco, in base al quale, di fatto, si viene respinti. A detta di chi lo somministra, infatti, i migranti sceglierebbero (evidentemente senza che nessuno spieghi loro le conseguenze e le alternative) di autodichiararsi “migranti economici”. Inoltre in nessuna maniera l’hotspot di Taranto può essere configurato come un centro chiuso: le persone condotte all’interno, in ogni fase della procedura, hanno il diritto di spostarsi all’esterno della struttura. Ogni prassi contraria è, nei fatti, una detenzione illegittima, non essendo prevista in nessuna legge, e una grave violazione del diritto alla libera circolazione. Inoltre la procedura hotspot è una prassi extralegale: non è regolamentata dalla legislazione nazionale ma è frutto di accordi di indirizzo politico tra il governo italiano e le istituzioni europee e poi le procedure seguite (anche con finalità detentive) in assenza di apposita previsione normativa, sono una grave violazione della legge italiana e delle normative comunitarie. Non è accettabile, inoltre, che venga impedito l’accesso alla struttura agli enti di tutela che si occupano di orientamento legale. Non rivendichiamo la possibilità di accedere all’interno della struttura al fine di democratizzare il funzionamento dell’hotspot. Al contrario, chiediamo che sia garantito l’accesso a tutti i soggetti che si occupano di tutela giuridica delle e dei migranti come strumento di inchiesta/denuncia delle prassi illegittime/controllo sulle procedure in corso, al fine di circostanziare e specificare gli elementi di critica nei confronti del funzionamento dell’hotspot.
Non è più il tempo di esprimere generica indignazione e sdegno. Occorre costruire una rete di forze politiche, associative, sindacali e di movimento che prendano parola, contestando la pericolosità delle prassi in atto. L’hotspot non può essere una fabbrica di etichette che, una volta applicate arbitrariamente ai migranti che vi vengono condotti, segnano la qualità della vita, la soglia di ricattabilità e la rilevanza dello sfruttamento (sessuale, lavorativo, ecc) alla quale chi è in fuga viene esposto.
Anche Taranto può e deve fare la sua
parte“.
Per adesioni inviate mail a:
campagnawelcometa@gmail.com.
Assemblea pubblica : venerdì 20 maggio ore 19.00 Piazza Maria Immacolata
Assemblea pubblica : venerdì 20 maggio ore 19.00 Piazza Maria Immacolata
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