INDICE
Assemblea 29 giugno assemblea29giugno@gmail.com
STRAGE DI VIAREGGIO: DOCUMENTO APPROVATO A FORTE DEI
MARMI
Proletari Comunisti pcro.red@gmail.com
IL
COMUNICATO SULLE MANIFESTAZIONI DI IERI DEI LAVORATORI IMMIGRATI DELLE CAMPAGNE
COMUNICATO STAMPA: LA LOTTA CONTRO L’AMIANTO
IN SARDEGNA
Muglia La
Furia fmuglia@tin.it
Federico Giusti giustifederico@libero.it
IL CALDO INSOPPORTABILE NEI LUOGHI DI LAVORO PROVOCA MALESSERI E DISAGI
Maria Nanni mariananni1@gmail.com
VIAREGGIO 29
GIUGNO: SETTIMO ANNIVERSARIO DELLA STRAGE
Controsservatorio Valsusa info@controsservatoriovalsusa.org
AGGIORNAMENTI D’ESTATE
Federico Giusti giustifederico@libero.it
COMUNICATO: IL CALDO NEI LUOGHI DI
LAVORO PROVOCA MALESSERI E DISAGI
Scintilla Onlus scintillaonlus@yandex.com
UN LAVORO PER VIVERE NON PER MORIRE...
Comitato Familiari e Vittime Eureco comitatosostegnovittime.eureco@gmail.com
RICHIESTA DI INCONTRO URGENTE CON LA CITTA’ METROPOLITANA DI
MILANO
Posta
Resistenze posta@resistenze.org
QUANTO PUZZA IL TESSILE ITALIANO IN BANGLADESH
AIEA Val Basento info@associazioneespostiamiantovalbasento.it
L’AIEA SEMINA RICORSI E RACCOGLIE SENTENZE A FAVORE
DEGLI EX ESPOSTI
Maria Nanni mariananni1@gmail.com
COMUNICATO
STAMPA STRAGE FERROVIARIA IN PUGLIA
Sindacato un’altra cosa Toscana sindacatounaltracosa_toscana@googlegroups.com
SULLA STRAGE FERROVIARIA DI OGGI
Alessandra
Cecchi alexik65@gmail.com
DISASTRO FERROVIARIO IN PUGLIA
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From: Assemblea
29 giugno assemblea29giugno@gmail.com
To:
Sent: Friday,
July 01, 2016 2:26 PM
Subject: STRAGE
DI VIAREGGIO: DOCUMENTO APPROVATO A FORTE DEI MARMI
Ieri, 30 giugno 2016, il Consiglio comunale di Forte dei Marmi ha
approvato all’unanimità il documento che segue.
Dopo un breve intervento e la lettura del documento da parte di Marco
Piagentini, presidente dell’Associazione dei familiari della strage ferroviaria
del 29 giugno a Viareggio, il sindaco lo ha messo in votazione.
Il documento può essere sottoscritto da Consigli comunali, provinciali,
associazioni, comitati e da parte di chiunque voglia sostenere la battaglia dei
familiari.
NO alla prescrizione per Viareggio!
Sicurezza, Verità e Sicurezza per Viareggio!
DOCUMENTO APPROVATO DAL CONSIGLIO COMUNALE DI FORTE
DEI MARMI
In condivisione con l’Associazione Il Mondo che Vorrei onlus, i familiari
delle Vittime della strage ferroviaria di Viareggio del 29 Giugno 2009, i
Sindaci e i rappresentanti dei Comuni presenti al Consiglio comunale
straordinario di Viareggio, tenuto in data 9 giugno 2016, sottoscrivono il
seguente documento.
Ormai da sette anni noi tutti aspettiamo la verità processuale.
Nel fare nostre le parole pronunciate dal presidente della Repubblica nell’incontro
avuto il 24 settembre 2015 con i rappresentanti dell’Associazione Il Mondo che
Vorrei “per Viareggio ci deve essere giustizia e verità e chi ha sbagliato
dovrà essere condannato”, anche noi pretendiamo verità, giustizia e sicurezza.
Riteniamo:
-
disumano non
ascoltare il perenne dolore dei familiari delle Vittime;
-
inammissibile
non fare niente per il “NO alla prescrizione per Viareggio”;
-
inaccettabile
non farsi carico, da parte di chi rappresenta le istituzioni, delle indicazioni
del capo dello Stato.
Intendiamo e
vogliamo adoperarci, con tutte le forze e le energie, affinché:
-
i reati per
il procedimento in corso non cadano in prescrizione;
-
ai manager e
agli amministratori delegati di aziende pubbliche sia imposta per Statuto la
rinuncia alla prescrizione.
E’ per noi immorale, che chi, accusato di gravi responsabilità, in un
processo come quello di Viareggio, già alla 92a udienza, dal giorno dell’immane
tragedia, abbia continuato a ricoprire ruoli apicali di responsabilità e
gestione della cosa pubblica (da Moretti a Elia, da Soprano a Margarita...).
Ne chiediamo pertanto le immediate dimissioni con sospensione dai loro
incarichi pubblici e statali.
Come primi
cittadini, in qualità di responsabili per la sicurezza e la salute dei nostri
concittadini, nella giurisdizione di nostra competenza vogliamo essere messi a
conoscenza della documentazione sulla valutazione del rischio del trasporto di
merci pericolose su ferrovia come forma elementare di garanzia e prevenzione
della sicurezza e della salute di ogni comunità.
A seguito
del disastro ferroviario del 29 giugno 2009 e dalle testimonianze rese dai Vigili
del Fuoco del comando di Viareggio e vista la causalità con la quale è stato
rilevata la sostanza trasportata in quella notte pretendiamo che i presìdi atti
al pronto intervento, come Vigili del Fuoco e Protezione civile, siano
preventivamente informati e avvisati su orari, tempi, modalità e materiali
trasportati nella tratta ferroviaria del Comune di nostra competenza a tutela e
a garanzia della sicurezza e della salute della nostra comunità.
Facciamo
nostre le proposte-raccomandazioni che la Commissione della
Direzione generale per le investigazioni ferroviarie del Ministero delle Infrastrutture
e dei trasporti ha elaborato il 12 maggio 2012 e il 31 maggio 2013 a seguito del disastro
ferroviario di Viareggio, pretendendo che queste proposte siano, assieme alle
altre, istituite dalle ferrovie come procedure obbligatorie per la necessaria
prevenzione e protezione.
Riaffermiamo la reintegrazione immediata del ferroviere Riccardo Antonini,
licenziato il 7 novembre 2011 per essere stato a fianco dei familiari delle 32
Vittime ed essersi messo a disposizione gratuitamente come loro consulente
nella ricerca della verità e per garantire quella sicurezza che avrebbe evitato
la strage ferroviaria del 29 giugno 2009. Essendo, tra l’altro, consapevoli e
coscienti che il licenziamento di Riccardo Antonini è strettamente ed
indissolubilmente legato alla tragica notte del 29 giugno 2009.
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From: Proletari Comunisti pcro.red@gmail.com
To:
Sent: Friday,
July 01, 2016 4:55 PM
Subject: IL COMUNICATO SULLE
MANIFESTAZIONI DI IERI DEI LAVORATORI IMMIGRATI DELLE CAMPAGNE
Ieri 30
giugno le strade di Bari e di San Ferdinando si sono riempite ancora una volta
di lavoratori e lavoratrici delle campagne, sostenuti da altri lavoratori e
solidali, per chiedere a gran voce documenti, contratti, case, trasporti.
E’ stata una
lunga è importante giornata di mobilitazione, che ha visto i due cortei
contemporanei sfilare nelle rispettive città fino ai palazzi del potere, per
pretendere risposte concrete a questioni che non possono più essere rimandate.
A Bari la
manifestazione è partita nonostante gravi difficoltà che hanno minato la
presenza dei lavoratori in piazza: pochi giorni prima del corteo, tutte le
agenzie di pullman a noleggio della provincia di Foggia si sono rifiutate di
trasportare i lavoratori dai ghetti dove vivono fino a Bari, molti di loro
dichiarando apertamente che non volevano trasportare “neri immigrati” a una
manifestazione.
Non ci siamo
dati per vinti, nonostante il fiato sul collo e l’attenzionamento continuo
della Digos e della polizia (come se i lavoratori fossero
pericolosi criminali da controllare) siamo arrivati in treno a Bari
raggiungendo il concentramento.
E’ stata una
piazza che ha unito lavoratori precari, disoccupati e occupanti di case
italiani e stranieri, ospiti del Cara di Bari, solidali da tutta la Puglia, il sindacato SI
COBAS, in supporto alle rivendicazioni dei lavoratori delle campagne, perché
queste lotte devono procedere insieme.
Il corteo è
arrivato in tarda mattinata davanti agli uffici della Regione Puglia, dove i
lavoratori in presidio hanno preteso una risposta alle reiterate richieste di
incontro con il dirigente regionale con delega all’immigrazione e gli Assessori
preposti, a seguito delle promesse ricevute al tavolo del 3 marzo e la forte
mobilitazione del 9 maggio.
Ancora una
volta la Regione Puglia
ha dimostrato totale chiusura e non volontà di incontrare e confrontarsi con i
diretti interessati, con chi tiene in piedi quotidianamente il settore agro
industriale in questa regione.
Un enorme e
sproporzionato dispiegamento delle forze dell’ordine ha dimostrato che questi
lavoratori, la loro forza e la loro determinazione fanno paura, fanno vacillare
gli equilibri di una giunta che crede di poter decidere sulla loro pelle.
Evidentemente per la
Regione Puglia è più facile e meno rischioso sedersi al
tavolo con la CGIL,
sindacato padronale che in questi anni ha fatto disastri nelle campagne, che
continua a escludere i lavoratori dalle decisioni e a screditare i percorsi di
autorganizzazione.
Con
determinazione e coraggio, dopo ore di presidio permanente davanti agli uffici,
i lavoratori hanno ottenuto l’impegno scritto per un incontro con il
funzionario Fumarulo per il 15 luglio, quando ancora una volta torneranno in
piazza e pretenderanno risposte.
Sul fronte
calabrese i lavoratori delle campagne insieme all’associazione di piccoli
produttori “Sole di Calabria” si sono mobilitati sulle stesse parole d’ordine
usate a Bari, per ottenere risposte dalle istituzioni locali.
Il corteo ha
sfilato dalla tendopoli di San Ferdinando fino al Comune, vedendo una larga
partecipazione di lavoratori provenienti dai vari ghetti della Piana di Gioia
Tauro, sostenuti anche dai produttori.
Anche qui
sono stati stanziati dalla regione ingenti fondi (750.000 euro) per la
costruzione dell’ennesima tendopoli, che aumenterebbe sfruttamento e
marginalità anziché andare verso una soluzione definitiva: i lavoratori ne sono
ben consapevoli e hanno manifestato per ribadire con forza il loro no a
tendopoli e campi container. Oltre a questo è stata chiesta una soluzione per
la delicata questione delle residenze, che qui come in molte parti d’Italia
costituisce un vincolo alla regolarizzazione.
E’ stata
ricevuta una delegazione che ha ottenuto l’impegno da parte dell’istituzione
locale per l’apertura di un tavolo congiunto con Prefettura e Regione Calabria:
lavoratori e produttori vogliono ribadire alle istituzioni che il lavoro e le
condizioni alloggiati e dei lavoratori non sono un’emergenza e necessitano di
soluzioni strutturali, case, trasporto pubblico, regolarità di contratti.
E’ stata
chiesta infine chiarezza e giustizia per la morte di Sekinè Traorè, ennesima
vittima del razzismo di Stato e di un sistema di sfruttamento che vogliamo
abbattere.
In Calabria
come in Puglia, dalle istituzioni non arriva nessuna promessa relativa all’utilizzo
di risorse regionali per predisporre trasporti pubblici sui luoghi di lavoro e
alloggi; la proposta del campo container/tendopoli come soluzione a una situazione
di estremo disagio strutturale continua ad essere l’unica alternativa ad oggi
presente.
Ma i
lavoratori non si accontentano e non si fanno prendere in giro; ieri hanno
urlato chiaramente che nessuno può decidere della loro vita e del loro lavoro
senza coinvolgerli, e che il campo di lavoro non può essere una soluzione.
A partire
dalla lotta dei braccianti si stanno sviluppando iniziative in molte altre
città italiane sul problema dei permessi di soggiorno, connesso a doppio filo
con quello della casa e del lavoro: a livello nazionale cresce sempre più la
consapevolezza che la conquista dei diritti passa necessariamente per la messa
in discussione complessiva delle leggi e delle normative nazionali, in primis
della Bossi-Fini.
E’ per
questo lavoreremo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi allo sviluppo di
una mobilitazione nazionale che chiami in causa e metta di fronte alle sue
responsabilità il governo centrale.
ANCORA UNA VOLTA WE NEED YES!
Comitato
Lavoratori delle Campagne
Rete
Campagne in Lotta Solidaria (Bari)
Si Cobas
Diritti a
Sud (Nardò)
MFPR
Slai Cobas
per il sindacato di classe(Taranto)
Meticcia
(Lecce)
CSOA Sparrow
(Cosenza)
Sole di
Calabria
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From: AIEA Val Basento info@associazioneespostiamiantovalbasento.it
To:
Sent:
Friday, July 01, 2016 5:28 PM
Subject:
COMUNICATO STAMPA: LA
LOTTA CONTRO L’AMIANTO IN SARDEGNA
Da diversi
mesi a questa parte l’Associazione Italiana Esposti Amianto (AIEA) in Sardegna
è intervenuta in maniera sostanziale per rivendicare il diritto dei benefici
previdenziali a favore degli ex esposti all’amianto; il diritto al
riconoscimento delle malattie professionali tabellate correlate alla
esposizione all’amianto e alle altre sostanze pericolose e cancerogene presenti
negli ambienti di lavoro.
L’AIEA ha
insistito fortemente presso le istituzioni territoriali affinché venga
istituito un protocollo unico finalizzato alla sorveglianza sanitaria idonea
alla diagnosi precoce del carcinoma del polmone, che risulta essere la
patologia prevalente nei lavoratori dell’industria. Queste iniziative sono
state condivise dai sindacati confederali, dall’Associazione Nazionale Mutilati
e Invalidi per Lavoro e dalle altre associazioni impegnate con particolare
attenzione alle richieste di bonifiche e di smaltimento dell’amianto.
E’ emersa la
stridente contraddizione tra l’accertata e documenta presenza di amianto
nei siti industriali e gli Enti e le Istituzioni che hanno negato questa
realtà, o pur sapendo, l’hanno sottaciuta. Non solo, l’INAIL è stato messo
sotto accusa perché ha rigettato il riconoscimento dei benefici previdenziali e
delle malattie professionali pur essendo tabellate.
I mezzi di
informazione sardi e non solo, coinvolti con puntualità, constatando il grande
movimento, la partecipazione degli ex esposti e soprattutto,
raccogliendo le testimonianze dirette delle tantissime vedove, hanno
diffuso ampiamente gli accadimenti.
Questo
movimento di giustizia ha visto partecipi alcuni parlamentari, consiglieri
regionali, sindaci, esperti medici il cui impegno sociale ha contribuito a
delineare un percorso aggregante e propositivo finalizzato all’ottenimento dei
diritti reclamati dai lavoratori e dai loro familiari.
Non si può tacere che questa grande azione non è piaciuta a tutti: alcuni
con azioni individuali e inopportune, hanno ostacolato questo movimento per
trarne indebiti vantaggi.
L’AIEA, conseguentemente informa che qualsiasi decisione deve essere
presa in completa autonomia dalla presidente di AIEA Sardegna nella persona di
Sabina Contu a diretto contatto con i responsabili nazionali.
NESSUN’ALTRO E’ LEGITTIMATO A FARLO.
Per AIEA
Maura
Crudeli, presidente - Roma
Fulvio
Aurora, segretario sede nazionale - Milano
Murgia
Mario, vice presidente Sud Italia e isole - Matera
e-mail: aiea.milano@libero.it
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To:
Sent: Friday,
July 01, 2016 5:34 PM
Qualche tempo fa, Paolo Varesi (persona che stimo)
e che fa parte della Commissione consultiva permanente ex articolo 6 del D.Lgs.
81/08, a proposito di un mio post sugli “Organismi paritetici/Enti
bilaterali” ebbe modo di scrivere la seguente lettera.
* * * * *
Credo che la
frenesia con la quale affronti il tema ti porti spesso a generalizzare, facendo
tu stesso di tutta l’erba un fascio. Sono d’accordo sul fatto che ci sia un
eccesso incontrollato di organismi paritetici privi dei requisiti minimi
prevista dalla legge. Io stesso qualche hanno fa ho presentato un esposto al
Ministro del Lavoro e delle politiche sociali per chiedere, purtroppo senza
successo, un intervento di pulizia. Tu però con questo articolo ti spingi oltre
perché elenchi una serie di organismi paritetici e di confederazioni senza
conoscerne la reale dimensione. Mi riferisco in particolare ad Enbic ed Enbims
in quanti organismi paritetici costitutivi da CISAL e da una serie di
organizzazioni datoriali di tutto rispetto. Vi è di più, questi organismi
offrono la propria collaborazione solo ai datori di lavoro che applicano i CCNL
sottoscritti dalle medesime organizzazioni, così come dovrebbe essere. Mi
permetto di fare questa precisazione non per partito preso ma perché conosco
direttamente le strutture da te imprudentemente citate. Recentemente ho
partecipato alla settima giornata nazionale per la sicurezza nei cantieri,
organizzata da FederArchitetti. Si è parlato anche di efficacia della
formazione e responsabilità dei soggetti formatori. Ti sorprenderà ma
approfittando della presenza di alcuni parlamentari ho richiesto per conto
della CISAL e di Enbic ed Enbims, una integrazione della normativa in grado di
attribuire anche ai soggetti formatori la responsabilità in caso di infortunio
o malattia derivante da formazione inadeguata. Concludo dicendo che mi
piacciono le tue “scorribande” ma se mi posso permettere eviterei di scadere
nel populismo.
Con stima.
Paolo Varesi
Membro
Commissione consultiva permanente c/o Ministero del Lavoro
* * * * *
Replicai sia pubblicamente che in privato
e ci lasciammo con la promessa di riprendere l’argomento qualora ce ne fosse
stata l’occasione.
L’occasione mi è data dalla notizia che anche nella provincia di
Bolzano è stato siglato un accordo per la costituzione dell’ente
bilaterale artigiano al fine di garantire “consulenza gratuita alle piccole imprese” ed una “Rappresentanza dei Lavoratori Territoriale
(RLST)” alle migliaia di lavoratori del settore artigiano.
Sto parlando dell’accordo sottoscritto tra
le organizzazioni sindacali dei lavoratori ASGB, CGIL/AGB, CISL/SGB,
UIL/SGK (dell’Alto Adige-Suedtirol) e quelle degli imprenditori artigiani
APA/LVH e CNA/SHV. Non meravigli il fatto che di sindacati ce ne siano 4 (l’ASGB
è un sindacato etnico, costituito con legge provinciale... unico caso al mondo,
quello civile intendo) e che gli acronimi siano riferiti alle denominazioni
bilingui delle organizzazioni.
Nella sostanza, dopo 20 anni di
discussioni, l’ente bilaterale ha assunto (con i quattrini degli associati) due
giovani tecnici della prevenzione che hanno trovato “un posto di lavoro” (cosa della
quale mi rallegro) presso una delle associazioni imprenditoriali firmatarie
dell’accordo, per rappresentare i lavoratori del settore (RLST), nonché fornire
consulenza alle migliaia di imprese artigiane.
Due giovani, sulla cui esperienza nell’uno
e nell’altro campo mi permetto di dubitare e che si dovranno limitare a mettere
la firma sui DVR a crocette, partecipare a qualche riunione periodica o
compilare qualche POS via telefono.
Tutti sappiamo quali siano i compiti degli
RLST, basta leggersi il D.Lgs. 81/08, ma per i vertici dell’ente bilaterale
altoatesino sono prioritariamente quelli di: “consigliare le aziende su come sia opportuno, sulla base della normativa
vigente (bontà loro - ndr) tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. I titolari delle
imprese riceveranno anche
consigli per adeguare i documenti sulla valutazione dei rischi e sui corsi
formativi di sicurezza”.
E poteva mancare un cenno alla cultura
della sicurezza? Figurarsi. “L’obiettivo
di questo servizio senza costi aggiuntivi (peraltro senza darti
nulla - ndr) è quello di creare
una cultura della sicurezza al fine di ridurre il rischio di incidenti”.
E’ già, altrimenti per quale motivo
avrebbero messo in piedi questa baracca?
Piacerebbe peraltro sapere se “lorsignori della bilateralità” si
sono presi la briga di leggere le attribuzioni previste per i rappresentanti
dei lavoratori (articoli 47, 48, 50 del D.Lgs. 81/08) e quelle per gli
organismi paritetici (articolo 51). Parrebbe proprio di no visto che non se ne
parla.
Per gli artigiani imprenditori un servizio
(forse solo un favore), per i lavoratori semplicemente una presa in giro.
In fondo un RLST del genere più che “rappresentare” i lavoratori alla
fine permetterà di dare soluzione ad alcuni adempimenti (formali) a carico
delle imprese. E se lo farà impedendo ai lavoratori di avere una loro “vera” rappresentanza, poco importa,
soprattutto alle 4 Organizzazioni Sindacali dei lavoratori che si potranno
lavare la coscienza in pubblico e parlare di risultato storico. Poi magari ci
salterà fuori anche qualche contributo o quota di adesione da spartire.
Paolo, tu che ne dici?
Franco
Mugliari alias Muglia La Furia
mail: fmuglia@tin.it
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From: Federico
Giusti giustifederico@libero.it
To:
Sent:
Saturday, July 02, 2016 12:25 AM
Subject: IL CALDO
INSOPPORTABILE NEI LUOGHI DI LAVORO PROVOCA MALESSERI E DISAGI
Comunicato
Con richiesta di pubblicazione
Federico Giusti
Da anni, all’arrivo
della stagione estiva, si ripresentano i medesimi problemi acuiti dalla cronica
mancanza di interventi e di investimenti.
Eppure per
il caldo nei luoghi di lavoro, esistono innumerevoli linee guida, studi,
normative che permetterebbero una ottimale gestione del microclima viste anche
le note conseguenze negative del caldo eccessivo sulla nostra salute.
I parametri
microclimatici sono numerosi e non riguardano solo le temperature, ma i tassi
di umidità, gli stessi materiali dei vestiti con cui si lavora. Eppure
basterebbe acquistare dei semplici ventilatori e condizionatori, non lavorare
nelle ore più calde, rivedere gli orari dei turni e i carichi di lavoro,
provvedere, per chi lavora fuori, vestiti adeguati e acqua in abbondanza.
Non solo nei
lavori agricoli, spesso al nero, ma anche nei cantieri edili, nell’igiene
ambientale, nella manutenzione del verde e delle strade i problemi legati all’eccessivo
caldo sono sempre più numerosi. ma anche nei capannoni industriali i problemi
non mancano, anche per l’assenza di condizionatori e il mancato utilizzo di
materiali isolanti.
il
microclima da anni dovrebbe essere contemplato nel documento di valutazione del
rischio ma continua ad essere sottovalutato.
Basti
ricordare che perfino numerosi edifici pubblici sono privi di semplici
ventilatori. Di sicuro negli ultimi anni si è investito sempre meno nel
benessere termico e per rendere i luoghi e le condizioni di lavoro più umane e
attente alla salute e sicurezza
Per questo
infortuni e morti sul lavoro sono in aumento e perfino i dati dell’INAIL sono
parziali perché sul lavoro ci si infortuna e si muore con sempre maggiore
frequenza.
In questi
giorni vogliamo lanciare un allarme all’INAIL sul microclima perché pensiamo
utile e necessario un monitoraggio atto a verificare e combattere le situazioni
di maggiore disagio.
Delegati
RSU, lavoratori indipendenti di Pisa e provincia
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From: Maria
Nanni mariananni1@gmail.com
To:
Sent: Sunday,
July 03, 2016 9:13 AM
Subject: VIAREGGIO 29 GIUGNO: SETTIMO
ANNIVERSARIO DELLA STRAGE
A Viareggio il 29 giugno, settimo anniversario della strage alla stazione, migliaia di persone al corteo, presenti i familiari e i comitati del Moby Prince, de L’Aquila, di San Giugliano di Puglia, della Thyssen, dell’Eternit, della torre crollata al porto di Genova.
Dal palco
Marco Piagentini ha ribadito il NO! alla prescrizione e Daniela Rombi ha
ricordato i nostri cari colleghi macchinisti Alessandro Bertolucci e Peppe
Lombardo, il licenziamento di Riccardo Antonini, confermato che i familiari non
si fermeranno e che l’unica lotta persa è quella che si abbandona.
Poi dal
grande schermo il corto “Ovunque Proteggi”. Sempre abbracciati dai fischi dei
treni.
Il servizio
del TG3 al minuto 13.45 al link:
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To:
Sent: Sunday, July 03, 2016 10:44 PM
Subject: AGGIORNAMENTI D’ESTATE
A tre
mesi dalla precedente newsletter ecco qualche nuovo spunto per l’estate: ancora
sulla sentenza del Tribunale Permanente dei Popoli (TPP) e sui problemi dal
fronte giudiziario.
Vi
segnaliamo intanto quattro autorevoli interventi ancora a commento della
sentenza del TTP emessa lo scorso autunno. Risalgono a un paio di mesi fa, li
abbiamo pubblicati nelle scorse settimane sul nostro sito e risultano di grande
attualità: sono di Sergio Foa
professore di diritto amministrativo nell’Università di Torino, Ugo Mattei professore di diritto civile nell’Università
di Torino, Livio Pepino presidente del Controsservatorio Valsusa e Gianni Tognoni, segretario del Tribunale Permanente dei
Popoli. Gli interventi sono ai link:
E
ancora a proposito della sentenza: è in programma per il prossimo autunno una presentazione al Parlamento Europeo. E non sarà certo un
appuntamento rituale: le istituzioni europee e in particolare il commissario
Laurens Jan Brinkhorst e la Commissione Petizioni sono ritenuti dal TPP tra i
responsabili delle violazioni di diritti fondamentali e il Parlamento Europeo
non può non esserne direttamente coinvolto.
Il
movimento notav, che ha colto pienamente il valore e la portata della sentenza
conta di farsi vedere con le sue bandiere a Strasburgo ricordando quando, nel
2007, aveva consegnato al Parlamento Europeo una petizione sottoscritta da ben
32.000 valsusini. Vi terremo informati.
Intanto
segnaliamo il 6° Forum europeo contro le grandi
opere inutili e imposte che si terrà dal 15 al 17 luglio
prossimi a Bayonne, nel versante
francese dei paesi baschi: sarà, per certi versi, anche una tappa intermedia
verso Strasburgo.
Ulteriori
informazioni al link:
Anche
in questa occasione la creatività del movimento No TAV darà un’impronta all’appuntamento:
proprio domani partirà da Venaus una carovana che, in bicicletta (!), percorrerà in undici tappe gli oltre 1.000 km che separano la Val di Susa da Bayonne. A
pedalare non sarà una squadra di corridori professionisti, ma attivisti No TAV
tra cui alcuni settantenni non nuovi a simili esperienze. Ad accoglierli e a
sostenerli, ad ogni tappa, esponenti dei movimenti e amministratori di piccole e
grandi città francesi.
Ma c’è
un tema, oggi più che mai al centro delle vicende che accompagnano l’opposizione
al TAV e più volte da noi affrontato: la repressione della protesta sul piano
giudiziario, vedi ad esempio il primo Quaderno del Controservatorio
al link:
Si è
fatta via via sempre più strada una forma di intervento giudiziario solo all’apparenza
meno pesante ma molto ampio e diffuso: è particolarmente preoccupante perché
punta a tener lontani molti attivisti dai luoghi delle proteste e intimidirne
molti altri.
E’
quella che vede un uso abnorme e sempre più massiccio di misure cautelari che
colpiscono molti militanti No TAV della valle, non di rado ultrasessantenni e
anche ultrasettantenni.
E’
evidente la sproporzione tra le pesanti misure cautelari
inflitte (arresti domiciliari, obbligo di firma, divieti di
residenza in un determinato comune) e l’entità di reati contestati
in relazione a manifestazioni di resistenza popolare: ad esempio la violazione
del divieto di circolazione previsto da ordinanze prefettizie reiterate per
anni senza alcuna giustificazione in un’ampia zona “rossa” che circonda la zona
di Chiomonte; ma anche la disobbidienza, da parte di militanti controllati
mille volte, di esibire i propri documenti di fronte all’ennesima richiesta e
in situazioni di assoluta mancanza di tensione; e ancora l’appellativo di “fascista”
rivolto a un carabiniere che ostenta provocatoriamente l’effigie di Mussolini.
E via elencando.
E oltre
alle misure cautelari anche condanne assurde, come il caso clamoroso di questi
ultimi giorni: due mesi di carcere per concorso morale in invasione di terreni
e violenza privata a una ex studentessa laureata in antropologia alla Ca’
Foscari di Venezia. A nulla sono valse le prove video che la scagionano: ciò
che ha convinto i giudici è un “noi partecipativo”
usato come espediente narrativo nella sua tesi di
laurea che riassumeva un’esperienza di tre mesi sul campo.
Questo
è il clima oggi sul fronte No TAV, mentre un Ministro annuncia l’ennesima
riduzione di costi derivanti semplicemente da tagli di pezzi di linea che
rendono l’insieme del progetto (se possibile) ancora più assurdo e, sul piano
della logica, sempre più incomprensibile anche a quella parte di opinione
pubblica tendenzialmente favorevole, se pure poco e male informata.
Ma in
questo panorama in cui le misure repressive puntano con sempre maggiore
evidenza a fiaccare la determinazione di un intero movimento c’è un fatto
nuovo. Alcuni militanti che sono sottoposti a misure cautelari hanno detto no e
hanno lanciato una sfida alla luce del sole: veniteci a prendere e portateci
in galera.
Scrive
una ex insegnante, oggi in pensione: “[...] Per
questi motivi rifiuto le misure restrittive che mi sono state o mi saranno
comminate: non accetto di far atto di sudditanza con la firma quotidiana, non
accetterò di trasformare i luoghi della mia vita in obbligo di residenza né la
mia casa in prigione; non sarò la carceriera di me stessa”.
Leggete
il suo messaggio al link:
Intanto, ancora sul
fronte giudiziario, sempre più evidente appare l’utilizzo di “due pesi e due misure”: il riferimento è al delicato tema
della tutela giudiziaria delle persone offese dai reati commessi dagli agenti e
dai funzionari. Tema che sarà sviluppato da avvocati e magistrati nel corso
della presentazione, martedì prossimo alla GAM di Torino, del documentario “ARCHIVIATO. L’obbligatorietà dell’azione penale in Valsusa”
realizzato anche con il patrocinio del Controsservatorio Valsusa:
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From: Federico
Giusti giustifederico@libero.it
To:
Sent:
Monday, July 04, 2016 6:01 PM
Subject: COMUNICATO:
IL CALDO NEI LUOGHI DI LAVORO PROVOCA MALESSERI E DISAGI
Con richiesta di pubblicazione
Federico Giusti
IL CALDO NEI LUOGHI DI LAVORO PROVOCA MALESSERI E DISAGI
PARTICOLARMENTE A RISCHIO PAZIENTI OSPEDALIERI, OSPITI NELLE RESIDENZE
PER ANZIANI, CHI LAVORA NEI CAPANNONI INDUSTRIALI E ALL’ARIA APERTA
Da anni, all’arrivo della stagione estiva, si ripresentano i medesimi
problemi acuiti dalla cronica mancanza di interventi e di investimenti per il
microclima.
Sarebbe opportuno appurare il microclima nei luoghi di lavoro, non
pensiamo solo ai capannoni industriali e a chi lavora, ma anche all’utenza che
subisce uguali disagi.
Pensiamo ai pazienti di numerosi ospedali, alle residenze per anziani che
nella maggior parte dei casi sono prive anche di aria condizionata con pale
elettriche assenti o mal funzionanti.
Ci sono giunte numerose lamentele e proteste dalle residenze per anziani.
Eppure per il caldo nei luoghi di lavoro, esistono innumerevoli linee guida, studi, normative
che permetterebbero una ottimale gestione del microclima viste anche le
note conseguenze negative del caldo eccessivo sulla nostra salute.
I parametri
microclimatici sono numerosi e non riguardano solo le temperature, ma i tassi
di umidità, gli stessi materiali dei vestiti con cui si lavora.
Eppure
basterebbe acquistare dei semplici ventilatori e condizionatori, non lavorare
nelle ore più calde, rivedere gli orari dei turni e i carichi di lavoro,
provvedere per chi lavora fuori vestiti adeguati e acqua in abbondanza.
Non solo nei
lavori agricoli, spesso al nero, ma anche nei cantieri edili, nell’igiene
ambientale, nella manutenzione del verde e delle strade i problemi legati all’eccessivo
caldo sono sempre più numerosi, ma anche nei capannoni industriali i problemi
non mancano anche per l’assenza di condizionatori, il mancato utilizzo di
materiali isolanti.
Il
microclima da anni dovrebbe essere contemplato nel documento di valutazione del
rischio, ma continua ad essere sottovalutato.
Basti
ricordare che perfino numerosi edifici pubblici sono privi di semplici
ventilatori: di sicuro negli ultimi anni si è investito sempre meno nel
benessere termico e per rendere i luoghi e le condizioni di lavoro più umane e
attente alla salute e sicurezza.
Per questo
infortuni e morti sul lavoro sono in aumento e perfino i dati dell’INAIL sono
parziali perché sul lavoro ci si infortuna e si muore con sempre maggiore
frequenza.
In questi
giorni vogliamo lanciare un allarme all’INAIL sul microclima perché pensiamo
utile e necessario un monitoraggio atto a verificare e combattere le situazioni
di maggiore disagio.
Delegati RSU,
lavoratori indipendenti di Pisa e provincia.
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From: Scintilla
Onlus scintillaonlus@yandex.com
To:
Sent: Monday,
July 04, 2016 11:40 PM
Subject: UN
LAVORO PER VIVERE NON PER MORIRE...
L’INAIL, come tutti gli anni, ha reso pubblica la sua annuale relazione
riguardo all’andamento infortunistico e delle patologie professionali.
L’andamento generale rimane quello degli ultimi anni: le denunce di
infortuni sono in calo, aumentano le malattie professionali. C’è però una triste
novità che era già stata avvisata dai dati parziali usciti all’inizio di questo
anno: si registrano quasi 100 morti in più in seguito a infortuni a causa di
lavoro.
Va evidenziata la forte differenza tra le denunce e il numero degli
infortuni accertati come causati da eventi legati al lavoro svolto è molto alta
(221.000), in gran parte dovuta alla ricerca da parte dell’INAIL di risparmiare
sui pagamenti delle relative indennità.
E’ in continua ascesa il trend delle malattie professionali: 59.000, 1.500 in più rispetto all’anno
scorso. Le denunce sono aumentate del 24% a partire dal 2011.
Questi dati, solo apparentemente confortanti, ma sicuramente
sottostimati, non tengono neanche conto dell’andamento dell’occupazione,
segnata ancora da una fortissima precarietà e da una disoccupazione dilagante,
soprattutto giovanile. Emblematico è lo straordinario aumento nell’utilizzo dei
voucher.
Non c’è da meravigliarsi. La produzione nel sistema del lavoro salariato
rimane pericolosa come e più di prima e il calo di infortuni non dipende certo
dal miglioramento delle condizioni di lavoro, ma unicamente dalla stagnazione
economica. L’unica arma in mano ai lavoratori per difendere la loro salute e la
loro vita è la ripresa delle lotte.
Non diamo tregua ai nostri assassini! Scioperiamo immediatamente a ogni
infortunio, a ogni violazione delle norme sulla sicurezza. Dobbiamo organizzarci per
difendere la nostra classe, lottare per una nuova civiltà del lavoro, per una
nuova società in cui sia abolita la maledetta proprietà privata dei mezzi di
produzione, condizione basilare per sopprimere nocività e morti sul lavoro
Scintilla Onlus ha messo a disposizione gratuitamente sul proprio sito
web, all’indirizzo:
una sezione sulla salute e sicurezza dei lavoratori, dove potrete trovare
e scaricare materiali indispensabili per approfondire le conoscenze sui vari
argomenti inerenti questa materia e portare avanti le vertenze sui posti di
lavoro contro la nocività, gli infortuni e le malattie professionali.
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To:
Sent:
Wednesday, July 06, 2016 12:05 PM
Subject: RICHIESTA
DI INCONTRO URGENTE CON LA CITTA’
METROPOLITANA DI MILANO
Buongiorno,
riportiamo a
seguire la richiesta di un incontro urgente con il Sindaco e i Consiglieri di
città Metropolitana in merito alla questione del nuovo impianto di trattamento
rifiuti nell’area della ex Eureco a Paderno Dugnano.
Non essendo
in possesso di tutti gli indirizzi e-mail preghiamo cortesemente di diffondere
il comunicato.
Cordiali
saluti
Per
il Comitato a sostegno dei Familiari delle Vittime e dei lavoratori Eureco
Loris
Brioschi
Lorena Tacco
Al
presidente della città metropolitana di Milano Giuseppe Sala
ai
consiglieri dell’assemblea della città metropolitana di Milano
e per conoscenza
al
sindaco della città di Paderno Dugnano Marco Alparone
ai
consiglieri del consiglio comunale di Paderno Dugnano
Giuliano
Pisapia
Oggetto: Rilascio permessi all’azienda
Tecnologia & Ambiente srl per la gestione di rifiuti pericolosi in Paderno Dugnano
Egregio
Presidente, egregi Consiglieri,
il 4
Novembre 2010, a
Paderno Dugnano, presso l’azienda Eureco, a causa di gravissime inadempienze,
successivamente punite dalla legge, in tempi diversi, perdevano la vita in modo
orribile quattro lavoratori: Harun Zeqiri, 44 anni, Sergio Scapolan, 63,
Salvatore Catalano, 55 e Leonard Shehu, 37. Altri tre dipendenti rimanevano
feriti in modo grave.
Questa
vicenda ha segnato in modo indelebile la cittadinanza e l’istituzione di
Paderno Dugnano, per le morti assurde e per il possibile danno ambientale sul
territorio.
Ora
siamo venuti a conoscenza che esattamente nella stessa localizzazione, a
ridosso della Milano Meda e del canale Villoresi gli appositi Uffici della
Città Metropolitana stanno procedendo al rilascio di permessi per la ripresa di
attività analoghe e pericolose.
Con la
presente a nome del Comitato a sostegno dei Familiari e delle vittime Eureco richiediamo
un Incontro urgente con codesta Istituzione.
Riteniamo
che oltre gli adempimenti burocratici che pur sussistono, debbano esistere
delle ragioni etiche e morali di un livello superiore che non possono
schiacciare la memoria esistente.
Anche
per questo abbiamo diffuso ai mezzi di informazione questa richiesta.
Rimanendo
in attesa di un cortese riscontro porgiamo Cordiali Saluti.
Paderno
Dugnano, 06/07/16
Comitato
a sostegno dei familiari e delle vittime Eureco
riferimenti:
Loris Brioschi e Lorena Tacco
cellulari:
347 31 27 634 e 392 21 28 038
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From: Posta
Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent: Thursday, July 07, 2016
3:04 AM
Subject: QUANTO PUZZA IL TESSILE ITALIANO IN
BANGLADESH
da Senza
Tregua
L’attentato
terroristico in Bangladesh, con la morte di nove italiani merita una condanna
senza appello. Quella del terrorismo islamico finanziato e sostenuto per anni
dai settori imperialisti per la destabilizzazione di interi paesi, che uccide
persone innocenti, che vuole far piombare l’umanità in un medioevo senza
precedenti. Un terrorismo che colpisce alla rinfusa, che non ha nulla a che
fare con rivendicazioni progressiste e neanche lontanamente sostenibili o
giustificabili, che è riflesso dell’imperialismo e non certo lotta per l’emancipazione,
la liberazione dei popoli.
Ma che ci
facevano tanti italiani imprenditori, o lavoratori del settore tessile in
Bangladesh? L’orribile attentato di pochi giorni fa (orribile al pari di tutti
gli altri attentati dell’ISIS di questi mesi, in qualsiasi parte del mondo, e
quale sia la nazionalità delle vittime) ha colpito diversi cittadini italiani,
imprenditori o lavoratori del settore tessile. Non un caso isolato, ma una
frequentazione sempre maggiore quella del sud est asiatico per le imprese
tessili della penisola, che getta ormai un’ombra sul “made in Italy”, divenuto
a tutti gli effetti marchio di sfruttamento planetario.
Nell’imbarazzo
dei media e della stampa, che si sono tenuti ben lontani dall’approfondire
questa questione, viene fuori ancora una volta quel legame tra le peggiori
condizioni di lavoro, bassi salari, lavoro minorile, orari massacranti e un
settore che è insieme all’agroalimentare il fiore all’occhiello della
produzione nazionale, che vanta una forte tradizione imprenditoriale, di
qualità e riconoscimento mondiale. Non è un mistero che da tempo la
delocalizzazione al di fuori dei confini nazionali abbia comportato una crisi
del settore e delle piccole aziende italiane delle filiere dei grandi marchi,
che oggi preferiscono appaltare i propri lavori a veri e propri centri di
sfruttamento, in cambio di maggiore profitto. Il Bangladesh è uno dei centri
privilegiati di questo meccanismo.
“Nel periodo
gennaio-febbraio 2016”
- ha scritto un dispaccio dell’AdnKronos – “ammontava a 274 milioni di euro il
valore delle importazioni dal Bangladesh all’Italia. Oltre 271 milioni di
questi, quasi il 99%, è rappresentato da prodotti tessili, articoli di
abbigliamento e articoli di pelle. Per altro, secondo gli ultimi dati
disponibili dell’agenzia ICE, in crescita del 13% rispetto allo stesso bimestre
del 2015. Non è un caso, infatti, che più della metà degli italiani morti nell’assalto
terroristico di ieri sera a Dacca, in Bangladesh, lavorasse nel tessile. La Lombardia è una delle
regioni dove pesa di più, in termini di ricchezza prodotta, l’interscambio
commerciale con il Bangladesh, rappresentando circa il 15% del totale
nazionale. Secondo gli ultimi dati disponibili della Camera di commercio di
Milano, nella prima parte del 2015 gli scambi valevano 132 milioni di euro, di
cui 80 di import e 52 di export, un valore in crescita del 94% rispetto a 5
anni fa, 64 milioni di euro in più. Le importazioni, che riguardano per il
97,3% prodotti tessili, hanno vissuto un boom lo scorso anno e sono salite del
30% con punte del 496% a Cremona e del +264% a Pavia”.
Qualcuno
ricorderà la tragedia a Dacca nel 2013 dove oltre 1.100 operai, tra cui donne e
bambini morirono nel crollo di una fabbrica. Allora un’importante catena di
abbigliamento italiana risultò coinvolta, in quanto appaltatrice di decine di
migliaia di capi, inchiodata dalle foto del crollo e dalle etichette ben
evidenti, nonostante un tentativo iniziale di negare ogni coinvolgimento.
Non vi è
alcun legame e nessuna giustificazione rispetto all’attentato dell’ISIS sia
chiaro, ma non si parli di filantropia, o passione per i viaggi. Alcune stime economiche
hanno verificato che sui capi di abbigliamento prodotti tramite subappalti nel
sud est asiatico le grandi marche riescano a ricavare un profitto di oltre
venti volte il costo pagato alla fabbrica che esegue il lavoro. Una polo ad
esempio, venduta in Italia a 80 euro ne costa appena 4, 5. Di questi una parte
misera finisce ai lavoratori, pagati meno di 2 euro al giorno, nonostante le
grandi rivendicazioni delle organizzazioni sindacali e operaie di quei paesi,
sempre più coscienti della condizione di sfruttamento.
Per capire
cosa sta accadendo in Italia basta farsi un giro nei distretti tessili di un
tempo oggi ridotti a un cumulo di macerie o rilevati da aziende che usano
manodopera straniera costituendo una sorta di zone economiche speciali (Prato),
tollerate dallo stato, in cui le condizioni di lavoro del sud est asiatico sono
di fatto importate in Italia.
La
particolarità del tessile si evince da un dato che lo differenzia da altri
settori industriali.
Mentre le
aziende italiane di meccanica, automobili, farmaceutica, ecc., producono
principalmente per il mercato locale, “in molti comparti del Made in Italy,
invece” - scrive l’Istat nel suo rapporto annuale nel 2014 – “quote rilevanti
della produzione realizzata all’estero sono riesportate in Italia, in particolare nei settori tessile e
abbigliamento (58,2%)”.
Tradotto si
delocalizza all’estero una parte di semilavorati per poi apporre il marchio in
Italia: il prodotto resta “made in Italy” ma la maggior parte del lavoro è
svolta fuori dall’Italia, per consentire maggiori guadagni alle grandi imprese.
Le piccole falliscono, o si convertono in una sorta di agenti intermedi che
fanno anche loro questo tipo di lavoro, per conto di grandi gruppi, che così
mascherano le loro responsabilità adducendo rapporti di terzi intermediari e la
loro non diretta responsabilità.
Sappiamo
cosa accade, sappiamo quanto gravi siano le responsabilità delle aziende
italiane, dell’elite della moda, e del “made in Italy” in tutto questo. Quando
apriremo una riflessione collettiva?
In
Bangladesh oggi ci sono migliaia di operai sottopagati che lavorano in
condizioni misere. Migliaia di Iqbal Masih, il bambino pakistano che denunciò
la condizione di sfruttamento del lavoro minorile. E le imprese italiane lo
sanno. E non sono lì a fare filantropia.
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From: AIEA
Val Basento info@associazioneespostiamiantovalbasento.it
To:
Sent:
Saturday, July 09, 2016 8:13 AM
Subject: L’AIEA
SEMINA RICORSI E RACCOGLIE SENTENZE A FAVORE DEGLI EX ESPOSTI
COMUNICATO STAMPA
CORTE D’APPELLO DI POTENZA,
DI ANCONA, DI SASSARI, DI VENEZIA E DI CATANZARO
L’AIEA SEMINA RICORSI E
RACCOGLIE SENTENZE A FAVORE DEGLI EX ESPOSTI.
L’Associazione
Italiana Esposti Amianto Onlus Val Basento (AIEA VBA), giorno dopo giorno
continua a ottenere sentenze favorevoli nel Tribunale di Matera sia per il
riconoscimento dei benefici previdenziali sia per le malattie professionali che
i propri iscritti hanno contratto durante il periodo lavorativo.
A consuntivo,
al 30 giugno 2016, 470 ricorsi
istruiti con il supporto tecnico legale dell’AIEA VBA (in attività dal febbraio
2009), hanno ottenuto sentenza favorevole dal Tribunale di Matera; 80 di queste sentenze sono state
oggetto di ricorso in appello da parte dell’avvocatura INPS; ricorsi rigettati
dalla Corte di Appello di Potenza.
L’Associazione
ha istruito con i propri medici convenzionati, esperti di epidemiologia e
medicina del lavoro, centinaia di pratiche per malattie professionali o rendite
al superstite, di queste circa 90
sono andate a buon fine.
Giorno dopo
giorno continuano ad avvicinarsi all’Associazione ex esposti o familiari di
lavoratori che purtroppo sono deceduti prematuramente, lavoratori di siti
industriali dismessi: EniChem di Pisticci Scalo, Liquichimica e Materit di
Ferrandina Scalo, e di siti industriali in attività: Ferrosud, Italcementi e
anche ultimamente della Valdadige di Matera. Lavoratori che hanno contratto
gravi patologie, familiari di lavoratori che purtroppo sono deceduti per l’esposizione
lavorativa a sostanze pericolose e cancerogene come l’amianto. Chiedono ristoro
per il danno ricevuto e giustizia per i loro cari.
Il gruppo
tecnico/legale dell’AIEA ha prodotto, nei primi anni di attività, relazioni
tecniche a supporto dei ricorsi legali permettendo il riconoscimento delle
mansioni operative degli impianti produttivi, dei magazzini gestione scorte e
magazzini materie prime, dei servizi energetici ausiliari, dei laboratori, dei
servizi tecnici di staff agli impianti produttivi ed ausiliari del ex sito
industriale ANIC/EniChem di Pisticci Scalo (MT); successivamente, è entrata
nelle procedure di riconoscimento a favore dei lavoratori dell’ex Liquichimica
di Ferrandina (MT), casi abbandonati e dormienti, aprendo anche per questi
lavoratori la strada al riconoscimento, mansione dopo mansione, reparto dopo
reparto, impianto dopo impianto.
Oltre alle
470 sentenze passate in giudicato, sono diverse decine i ricorsi in attesa di
giudizio, altrettanti in fase di elaborazione amministrativa.
L’impostazione
operativa dell’AIEA VBA è stata estesa in Sardegna promuovendo la vertenza
amianto per gli ex esposti dei siti industriali di Ottana (NU) e di Assemini
(CA); complessi industriali simili a quelli di Pisticci e Ferrandina.
Recentemente si sono avute le sentenze in Corte di Appello di Sassari, a favore
dei lavoratori di Ottana (NU) aprendo una breccia sul muro di omertà e di
falsità che si costruita a discapito degli operai che hanno lavorato nei siti
industriali della Sardegna, mentre a Cagliari si sono avute le prime sentenze
di riconoscimento di malattia professionale per lavoratori della Syndial di
Assemini ex Rumianca.
Sono
altrettanto meritevoli di attenzione le recenti sentenze ottenute nelle Corti
di Appello di altre regioni italiane:
-
a Venezia,
il 16 giugno 2016, dove la Corte,
rigetta il ricorso INPS promosso nei confronti di un collega dell’ex
ANIC/EniChem di Pisticci Scalo, attualmente residente nel Veneto;
-
a Catanzaro,
il 05 luglio 2016, dove la
Cortet accoglie l’appello di un collega responsabile della
manutenzione di Pisticci Scalo e condanna l’INPS al riconoscimento dei benefici
pensionistici per l’intero periodo lavorativo ed al ricalcolo della situazione
contributiva.
L’Associazione,
prendendo atto dei referti rivenienti dalla sorveglianza sanitaria, denuncia l’aggravamento
delle lesioni riscontrate tra i lavoratori dell’ex Materit di Ferrandina (MT),
alle patologie asbesto correlate placche pleuriche, asbestosi subentrano
patologie oncologiche come: cancro alla laringe, cancro polmonare e cancro al
colon retto; patologie oncologiche che hanno causato il decesso di diversi
lavoratori. Le vedove, finora abbandonate, chiedono giustizia, stiamo ricevendo
richieste per presentare gli esposti denuncia alla procura di Matera.
Ci auguriamo che questi esposti possano promuovere
adeguate indagini su tutte le patologie asbesto correlate (non solo il
mesotelioma) così come avviene nelle altre Procure d’Italia, non ultimo a
Taranto per il processo ILVA 1, attualmente sottoposta all’attenzione della
Corte di Appello.
Matera, 08 luglio 2016
Mario Murgia
Associazione
Italiana Esposti Amianto Val Basento
---------------------
To:
Sent:
Tuesday, July 12, 2016 10:18 PM
Subject: COMUNICATO STAMPA STRAGE FERROVIARIA
IN PUGLIA
COMUNICATO
STAMPA 12 LUGLIO 2016
Arrivano
in queste ore notizie terribili sui due treni carichi di pendolari, lavoratori
e studenti, che si sono scontrati frontalmente sulla linea a binario unico fra
Andria e Corato. Si parla di 23 morti accertati e di circa 50 feriti, diversi
gravissimi. Le prime due vetture si sono sgretolate nell’impatto. Enormi
difficoltà per le operazioni di soccorso. Il nostro pensiero va alle famiglie
delle vittime e dei feriti, e ai colleghi in servizio sui due treni
(sicuramente un macchinista è morto e un altro è gravissimo). Mentre il quadro
del disastro si mostra in tutta la sua spaventosa portata, il Presidente del
Consiglio Renzi ripete: “non ci fermeremo finché non sarà fatta chiarezza su ciò
che è accaduto”.
Ma
per noi che da anni ci battiamo per la sicurezza del trasporto ferroviario è
purtroppo già chiara la verità: è un’altra strage annunciata, come nel 2005 a Crevalcore, come nel 2009 a Viareggio, come...
Invece
del cordoglio di rito il Premier Renzi dovrebbe dare risposte ai cittadini
sulla sicurezza dell’esercizio ferroviario che in questa realtà del trasporto
regionale sono infinitamente arretrate rispetto all’Alta Velocità, si viaggia
ancora su linea a binario unico e senza alcun sistema in grado di impedire una
strage.
Non
ci accontenteremo della verità giudiziaria, con le immancabili responsabilità
che ci aspettiamo saranno attribuite all’ “errore umano”; le reali risposte
sulla sicurezza non possono che essere sistemiche e qui le responsabilità sono
in capo a chi presiede e decide gli indirizzi. Al contrario sono anni che le
risorse vanno in un’unica direzione. Anni in cui le parole d’ordine del
risparmio, della compressione dei costi, della liberalizzazione hanno condizionato
ogni assetto consegnandolo alla deregolamentazione del privato. Per impedire
che disastri e incidenti avvengano, occorre intervenire prima, non fare
annunci, che annunci rimangono, dopo! Occorre invertire completamente la rotta
della privatizzazione, delle esternalizzazioni e degli scorpori.
In
primis il Presidente del Consiglio avrebbe dovuto disporre gli investimenti per
la sicurezza di pendolari e cittadini, per il futuro del trasporto regionale e
del trasporto merci al pari di quello dell’Alta Velocità, non proporre le
solite frasi di circostanza. La rete nazionale deve essere tutta a gestione
unica e pubblica. Non ci possono essere cittadini di serie A e cittadini di
serie B o addirittura di serie C!
NO
A LIVELLI DI INVESTIMENTI OPPOSTI PER TRENI AD ALTA VELOCITA’ E TRENI E LINEE
PENDOLARI E SECONDARIE.
Il
GOVERNO DEVE GARANTIRE A TUTTI I CITTADINI ITALIANI LE STESSE OPPORTUNITA’ PER
VIAGGIARE IN SICUREZZA.
CAT
Coordinamento Autorganizzato Trasporti
CUB
Trasporti
SGB
Sindacato Generale di Base
USB
Unione Sindacale di Base
---------------------
To:
Sent:
Tuesday, July 12, 2016 10:19 PM
Subject: SULLA
STRAGE FERROVIARIA DI OGGI
PUGLIA:
SCONTRO TRA DUE TRENI: MORTI E FERITI
Il numero
delle vittime continua a salire: sono già 25, i feriti 50.
Quando
anticipi simili tragedie, sulla base della realtà e dei fatti, fai allarmismo.
Quando
denunci simili tragedie, sulla base della realtà e dei fatti, strumentalizzi.
Il potere ti
vorrebbe sempre zitto e genuflesso ai suoi piedi.
Simili “poteri”
hanno fatto male i loro conti...
Politicanti,
amministratori e manager VERGOGNATEVI e TACETE!
Le vostre
parole appesantiscono il dolore dei familiari.
Il Presidente
del Consiglio e Segretario generale del PD, dottor Renzi, ha dichiarato che “questa
volta non faranno sconti...”.
Perché, dopo
tragedie simili, sono stati fatti sconti?! Per tutti, ricordiamo la promozione
del cavalier Moretti a Finmeccanica.
Postscriptum:
ad oggi sono trascorsi 38 giorni dalla consegna e dalla pubblicazione del
documento dei familiari delle 32 vittime della strage ferroviaria di Viareggio
del 29 giugno 2009 ed il sindaco della città, dottor Del Ghingaro, è ancora
alle prese con l’approfondimento del documento.
I sindaci
dei Comuni di Forte dei Marmi e di Camaiore lo hanno approvato, senza alcun
approfondimento.
---------------------
To:
Sent:
Wednesday, July 12, 2016 08:17 PM
Subject: DISASTRO FERROVIARIO IN PUGLIA
Da Ancora IN MARCIA!
DISASTRO FERROVIARO
IN PUGLIA
SCONTRO FRONTALE TRA DUE
TRENI PENDOLARI
La causa da ricercare
negli “ERRORI DISUMANI” commessi da chi non ha effettuato gli investimenti in
sicurezza.
LA DISASTROSA SCELTA DEL PEDALE A “UOMO
MORTO”.
In serata il numero
delle vittime accertate è salito a 27 e sono circa 50 i feriti.
Ruvo di Puglia, 12
luglio 2016
Gravissimo disastro
ferroviario circa tre ora fa, in Puglia, sulla linea ferroviaria a binario
unico che collega Bari a Barletta, nel tratto tra Corato e Ruvo di Puglia nel
territorio di Andria, in località Boccareto. La linea ferroviaria, indipendente
dalla rete nazionale delle FS, è gestita dalla società Ferrotramviaria SpA.
Al momento si
registrano venti morti e molti feriti, alcuni in modo grave. Si è trattato di
uno scontro frontale tra due treni che viaggiavano in direzione opposta. Dalle
prime immagini rilevate dall’elicottero dei Vigili del Fuoco, che mostrano i
rottami, si può ipotizzare che l’impatto, avvenuto in una zona isolata in
aperta campagna, sia stato molto violento. Numerose le squadre dei soccorritori
intervenuti sul posto che hanno già estratto dalle lamiere contorte molte
persone tra cui un bambino trasportato d’urgenza in ospedale.
Su questa linea la
circolazione e il distanziamento dei treni sono regolati con un sistema
primitivo, il cosiddetto “blocco telefonico”, ovvero mediante lo scambio di
fonogrammi registrati, tra i capistazioni di due stazioni limitrofe al fine di
inoltrare un convoglio “alla volta” su ciascuna tratta di binario. Nel normale
funzionamento, solo dopo l’arrivo di un treno, controllato di persona dal
capostazione, egli può autorizzare telefonicamente il collega della stazione
limitrofa a inviare un altro treno. Il controllo e la vigilanza sulla sicurezza
per queste linee, come per altre “secondarie” definite correntemente “ex
concesse”, è svolto direttamente dal Ministero dei Trasporti, a differenza
della rete FS gestita da Rfi, dove è competente l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria,
ANSF.
Come nel disastro di
Crevalcore ed altri episodi analoghi, protagonista della tragedia è il
micidiale sistema a UOMO MORTO, che secondo i tecnocrati ministeriali (e dell’ANSF
per le linee FS) è considerato un dispositivo di sicurezza. La sua funzione si
riduce a questo: se non si “pedala” almeno ogni 55’, interviene un allarme sonoro
e dopo due secondi e mezzo il treno entra in frenatura di emergenza. E’
evidente a tutti, anche per semplice buon senso, che costringere i macchinisti
a pigiare ripetutamente per tutto il tempo di lavoro un pulsante o un pedale ad
intervalli regolari di soli 55 secondi non aggiunge nulla in termini di
sicurezza perché dopo un breve periodo il gesto diviene, fisiologicamente, un
riflesso condizionato, del tutto avulso dalle esigenze di marcia e inefficace
per il controllo della guida. La ripetizione ossessiva di questa azione (che è
completamente svincolata dal controllo della via libera dai treni) accompagna
la vita del macchinista peggiorandone le condizioni di lavoro e,
conseguentemente, la sicurezza della circolazione. Il costo irrisorio del
pedale a UOMO MORTO rispetto alle apparecchiature di sicurezza integrate che
controllano il traffico e la marcia del treno in tempo reale (come ad esempio la Ripetizione Segnali
e le varie versioni di Controllo Marcia Treni) ha orientato le scelte delle
imprese e condizionato anche le Istituzioni preposte a dettare le norme e a
effettuare la vigilanza.
L’esercizio ferroviario
su linea a binario unico necessita di particolari accorgimenti tecnici e
organizzativi per evitare proprio il rischio di incidenti come questo. Risulta
inaccettabile che nel 2016 su questa linea non vi siano sistemi, dispositivi e
procedure organizzative per impedire che accadano disastri di questo tipo.
Sarà facile dire che
si tratta di “errore umano”... commesso da qualche operatore sul campo, in
treno o a terra, che spesso muore per primo. Per noi invece si tratta di “errori
disumani” commessi da chi (lontano dalla ribalta) effettua le scelte sugli
investimenti, scrive le regole sulle condizioni di sicurezza e svolge i
controlli e la vigilanza. In sostanza decide a tavolino quali percentuali di
rischio siano tollerabili per i treni di seria A, di serie B e questi delle
linee in concessione, a tutti gli effetti di serie C.
Appare
evidente che il trasporto pendolari e le linee locali, considerate secondarie,
anche sotto il profilo della sicurezza sembrano soffrire di una condizione meno
avanzata. Dopo questo disastro che per la sua gravità risulta essere tra i più
gravi del paese, sarà necessario riscrivere “le regole” del trasporto locale,
riconoscere la sua funzione strategica e destinargli le attenzioni e gli
investimenti necessari e sottop
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