mercoledì 20 luglio 2016

19 luglio - NUOVA INGIUSTIZIA: Paderno Dugnano, l’ex Eureco riapre sul luogo della strage



Nel 2010 morirono 4 operai. L’ok della Città metropolitana
di Ferdinando Baron 


La protesta dei familiari delle vittime davanti alla sede dell’ex Eureco
In un paese, l’Italia, dalle mille trappole burocratiche e dalle lungaggini infinite proprio questa volta non ci sono stati intoppi: la ditta di trattamento rifiuti può lavorare nella sede che si è scelta. Peccato che il freddo e neutrale parere tecnico della Città metropolitana di Milano si scontri col dolore delle famiglie di uno dei più gravi incidenti sul lavoro della storia recente, 4 uomini bruciati vivi in uno spaventoso rogo proprio mentre «trattavano» rifiuti. La burocrazia ha ignorato anche il «no» arrivato dal Comune di Paderno Dugnano e dal Consiglio della Città metropolitana stessa. «Chiedete ad Harun, Sergio, Salvatore e Leonard se sono d’accordo che si riprenda lo stesso tipo di attività proprio nel luogo in cui sono morti!», afferma Antonella, la compagna di una delle vittime dell’ex Eureco di via Mazzini a Paderno Dugnano. Il 4 novembre 2010 l’incendio uccise Harun Zeqiri, 44 anni, Sergio Scapolan, 63 anni, Salvatore Catalano, 55 e Leonard Shehu, 37, ferì gravemente altri tre operai, bloccò per ore la superstrada Milano-Meda con migliaia di automobilisti in coda. Solo per un caso lo scoppio non coinvolse proprio i pendolari. Niente di tutto ciò ha bloccato il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale all’impresa Tecnologia & Ambiente per la realizzazione di un nuovo impianto per il trattamento di rifiuti speciali nello stesso insediamento, cinque anni e mezzo dopo.
Nel frattempo, uno dei titolari di allora, l’imprenditore Giovanni Merlino, oggi 65 anni, sta scontando una pena di 5 anni di reclusione per omicidio plurimo colposo inflitta in primo grado con rito abbreviato e confermata in appello. La Cassazione, non più tardi del maggio di quest’anno, ha respinto il ricorso dei difensori dell’uomo. L’esplosione che provocò l’incendio, fu scritto dal giudice Antonella Bertoja nelle motivazioni della prima condanna, venne provocata dalle miscelazioni non autorizzate cui il titolare di Eureco sottoponeva i rifiuti pericolosi manipolati dagli operai, in violazione delle norme di sicurezza. Solo due famiglie hanno ottenuto un risarcimento, agli altri, che formalmente lavoravano per una cooperativa, è stato negato qualsiasi contributo. «Da allora io non ho più trovato lavoro — conferma Firet Meshi — ci sono altri 2 feriti che hanno tirato avanti solo grazie alla solidarietà delle persone». Oltre il danno la beffa di veder riaprire la ditta che ha tolto loro tutto. Certo, diversa è la società e diversi sono i titolari. Ma il posto è identico: sempre a ridosso di una superstrada trafficata e del canale Villoresi. Di qui la decisione delle famiglie delle vittime, da anni riunite in comitato, di dare battaglia con manifestazioni di protesta: ieri davanti alla ditta, il 25 luglio presso la sede della Città metropolitana. Al loro fianco è rimasto solo il Comune di Paderno e altri comitati come quello degli esposti all’amianto.


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