INDICE
ASSOCIAZIONE
ITALIANA ESPOSTI AMIANTO (AIEA) NEWSLETTER GIUGNO 2016
Muglia La
Furia fmuglia@tin.it
UN FILM GIA’ VISTO...
Daniele
Barbieri pkdick@fastmail.it
ALL’INFERNO
PREPARANO LO CHAMPAGNE
Posta
Resistenze posta@resistenze.org
A SAN FERDINANDO E’ STATO UCCISO UN BRACCIANTE
Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
MA CHE FINE HANNO FATTO 550 LAVORATORI MORTI PER
INFORTUNI SUL LAVORO NEL 2015?
Vittorio
Agnoletto vagnoletto@primapersone.org
I VESCOVI E
IL TTIP
Muglia La
Furia fmuglia@tin.it
SENTENZA STORICA DELLA CORTE D’APPELLO DI SASSARI:
RICONOSCIUTA L’ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO PER 2 LAVORATORI DELL’EX ENICHEM DI
OTTANA (NU)
Clash
City Workers cityworkers@gmail.com
PRESIDIATA
LA STANZA DEL
SINDACO DI PISA: L’INTERVISTA A FEDERICO GIUSTI
Daniele
Barbieri pkdick@fastmail.it
DALLA
VALSUSA: LA MISURA E’
COLMA
Posta
Resistenze posta@resistenze.org
CONTRO LA
STRATEGIA DEL CAPITALE
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To:
Sent: Sunday, June 19, 2016 9:40 AM
Subject: ASSOCIAZIONE ITALIANA
ESPOSTI AMIANTO (AIEA) NEWSLETTER GIUGNO 2016
AMIANTO: SPERANZA DALLA
REGIONE SARDEGNA PER SORVEGLIANZA SANITARIA
L’ AIEA ha
promosso un incontro Istituzionale, esteso alle Parti Sociali (CGIL, CISL, UIL)
e alle associazioni Medicina democratica e ANMIL, per discutere ed operare in
merito ad una Sorveglianza Sanitaria estesa a tutti i lavoratori ex esposti ed
esposti all’amianto che abbia come obiettivi: la riduzione della mortalità, la
promozione della diagnosi precoce anche attraverso un progetto pilota in
collaborazione con i maggiori ospedali e centri universitari regionali.
Continua a
leggere al link:
FONDO VITTIME AMIANTO: NOTE
AIEA
La cifra
totale messa a disposizione del fondo dal 2008 al 2015 è di 251.066.124,00
euro; in tutto sono stati elargiti agli aventi diritto 167.197.023,00 euro; la
differenza tra le entrate e le uscite è di 83.869.101,00 euro; di questa cifra
è stato deciso di accantonare 28.783.164,00 euro per le vittime non
professionali; i rimanenti 55.085.937,00 euro saranno distribuiti, secondo le
cifre spettanti, ai percettori di pensioni per le vittime professionali dell’amianto
entro la fine dell’anno 2016.
Continua a
leggere al link:
CONVEGNO MILAZZO RESOCONTO E
CONVEGNO INAIL ROMA
Del Convegno
effettuato il 18 e 19 Maggio a Milazzo troverete l’intera documentazione nel
sito:
Importante è
la disposizione per una Sorveglianza Sanitaria identica in tutta Italia.
Continua a
leggere al link:
PROCESSO MORTI PER AMIANTO
ALLA BREDA/ANSALDO
Il 16 giugno
si è tenuta al Palazzo di Giustizia di Milano un’altra udienza del processo
contro 10 dirigenti della BredaTermomeccanica/Ansaldo/Finmeccanica di Milano,
imputati della morte per amianto di 12 lavoratori.
Continua a
leggere al link:
UTILIZZO DEI DRONI PER
MAPPARE AMIANTO NELLE SCUOLE
Un programma
per la mappatura dell’amianto nelle scuole, per un’efficace progettazione e
realizzazione di interventi di bonifica. E’ quanto prevede un protocollo d’intesa
firmato oggi dalla Struttura di missione per la riqualificazione dell’edilizia
scolastica della Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Ambiente
e della Tutela del Territorio e del Mare.
Continua a
leggere al link:
PROIEZIONE I VAJONT A GENOVA
PALAZZO DUCALE
Il
film/inchiesta è una produzione indipendente, ideato e scritto dalla
giornalista e regista Lucia Vastano, girato da Maura Crudeli e Federico Alotto
con il sostegno di Medicina Democratica e AIEA e raccoglie le testimonianze
delle persone coinvolte in alcuni fra i tanti “Vajont” italiani, i disastri
causati dall’uomo che hanno colpito il nostro Paese, storie che si ripetono
calpestando valori e dignità delle persone spesso, per non dire sempre, in
funzione degli interessi economici.
Continua a
leggere al link:
http://www.associazioneitalianaespostiamianto.org/eventi/proiezione-i-vajont-a-genova-palazzo-ducale
CONVEGNO AMIANTO MOVIMENTO
FORENSE SEZIONE ROMA
Il 27 maggio
2016 dalle ore 13.00 alle ore 16.00 presso la Corte di Appello civile di Roma, Sala Unità d’Italia,
la Commissione
di diritto del lavoro del Movimento Forense sezione di Roma, ha presentato il
convegno “Esposti all’amianto. Patologie, risarcimenti, storie ed azioni
giudiziarie a tutela di lavoratori e cittadini”.
Continua a
leggere al link:
CONVEGNO MILAZZO AMIANTO E
INQUINAMENTO AMBIENTALE
Tutti i
relatori hanno contribuito a mettere in evidenza le problematiche inerenti all’Amianto,
alle sue patologie e agli Inquinamenti e patologie ambientali della Valle del
Mela, dando grande risalto, con la loro professionalità ed enorme esperienza a
ciò che è stato fatto e maggiormente a ciò che dovrebbe essere fatto nel
prossimo e immediato futuro.
Continua a
leggere al link:
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To:
Sent:
Monday, June 20, 2016 5:10 PM
Subject: UN FILM GIA’ VISTO...
Con l’incontro del 15 giugno 2016
“dovrebbe essersi conclusa”, a
livello tecnico, la discussione per la revisione dell’ “Accordo per la formazione e l’aggiornamento” di RSPP e ASSP mentre la Conferenza Stato Regioni (a livello politico) è convocata per il prossimo 23
giugno (pare).
L’Accordo oltre a rivedere i percorsi formativi per gli RSPP, deve
rispettare il mandato di cui all’articolo 32, comma 5 bis e quello di cui all’articolo
37 comma 14 bis (crediti formativi)
del D.Lgs. 81/08.
Mi piacerebbe poter dire che l’Accordo si è chiuso
nei termini che avevo presentato e commentato io, ma non posso farlo non
avendo (ancora) a disposizione il nuovo testo. La mia talpa in Conferenza per darmi il testo del nuovo accordo mi
ha chiesto 50 euro in pezzi da 10. Cosa che rifiutato con sdegno.
Per ora quindi, senza avere sotto mano il testo
definitivo uscito dal confronto tecnico in Conferenza Stato Regioni, non
aggiungo altro.
Quel che è certo è il fatto che, rispetto ai
commenti pubblicati sul mio blog lo scorso anno dove avevo cercato di
riassumere le novità contenute nell’Accordo, non vi dovrebbero essere grandi
novità. E, se trovate delle similitudini con quanto già scritto, non
stupitevi, si tratta di un “film già
visto”.
Ora, se non ci saranno colpi di mano,
dovrebbe esserci il voto (che ricordo deve essere unanime) della Conferenza
Stato Regioni.
Il tutto prima che la materia sicurezza sul lavoro venga riportata alla
competenza esclusiva dello Stato, con buona pace per regioni e Conferenza Stato
regioni, sempre che la riforma costituzionale venga approvata nel referendum d’autunno.
Ma questa è un’altra storia.
Ed ecco i link per risalire al testo ed ai commenti
sulla “bozza di accordo”, come
elaborata lo scorso anno e che non dovrebbe presentare, almeno per le parti
principali, grandi novità.
“FUSSE CHE FUSSE LA VORTA BBONA” del 18
febbraio 2015
FUSSE CHE FUSSE ... PARTE SECONDA! del
24 febbraio 2015
NUOVO ACCORDO PER LA FORMAZIONE E L’AGGIORNAMENTO
DI RSPP/ASPP, MA E’ PRESTO PER DIRLO del 14 marzo 2015
NUOVO ACCORDO FORMAZIONE RSPP (E NON
SOLO) del 24 marzo 2015
Franco
Mugliari alias Muglia La Furia
mail: fmuglia@tin.it
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From:
Daniele Barbieri pkdick@fastmail.it
To:
Sent:
Wednesday, June 22, 2016 7:26 PM
Subject: ALL’INFERNO PREPARANO LO
CHAMPAGNE
Si avvicinano le nozze diaboliche
Bayer-Monsanto.
Un po’ di notizie (quelle che i “grandi
media” occultano) raccolte da Francesco Masala.
Come nelle migliori storie d’amore,
Bayer offre 66 miliardi di dollari per comprare Monsanto, 62 miliardi di
dollari era troppo poco:
Per avere un’idea del prezzo, più di
120 stati al mondo hanno un PIL inferiore a 60 milioni di dollari, dopo il
matrimonio insieme avranno un fatturato almeno come quello dell’Ungheria o del
Bangladesh.
Nel curriculum della Bayer si
trovano lo Zyklon B (acido
cianidrico), utilizzato come pesticida e antiparassitario (anche in USA)
prima di essere impiegato nelle camere a gas dei campi di sterminio nazisti, e
prodotto dalla I. G. Farben:
e due armi chimiche letali, come
Iprite, usata a partire dalla prima guerra mondiale, e Tabun, usata in
abbondanza nella guerra Iraq- Iran:
Bayer si scusa (che gentili) per
aver usato schiavi ebrei nelle loro fabbriche:
Invece nel curriculum di Monsanto si
trovano molti composti di morte. Fra il 1965 e il 1969 ha prodotto, insieme
ad altre imprese, l’Agent Orange in esclusiva per il governo degli USA, ma
erbicidi e defolianti non mancano anche oggi, come il glifosato, per esempio:
Il defoliante, contenente diossina,
serviva a distruggere qualsiasi copertura per i guerriglieri vietnamiti, poi la
guerra è andata come è andata, intanto sia i vietnamiti che i soldati USA,
anche quelli che ancora sopravvivono, ringraziano la Monsanto:
Oltre che avere curricula con tanta
morte, i due promessi sposi hanno comprato i brevetti su molte forme di vita:
Ecco perché all’inferno si
festeggia.
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From: Posta
Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent:
Thursday, June 23, 2016 3:13 AM
Subject: A SAN FERDINANDO E’ STATO UCCISO UN
BRACCIANTE
di Mattia Greco
da Senza
Tregua
Alla ribalta
della cronaca nazionale tornano gli immigrati della piana di Gioia Tauro.
Qualche anno fa, in maniera molto confusa, i media nazionali si occuparono
delle rivolte di quel proletariato africano che trascorreva le stagioni tra i
campi per una manciata di euro al giorno.
La scorsa
settimana, un bracciante malese di nome Sekine Traorè è stato ucciso. Raggiunto
da un colpo di pistola sparato da un militare, Antonio Catalano. Si parla, come
sempre, di legittima difesa.
Traorè “era
un pazzo”, “era ubriaco”, “stava aggredendo altri immigrati” nella tendopoli
dove vivono ai confini della dignità umana. Successivamente Traorè ha cercato
di ferire gli uomini in divisa accorsi in aiuto di altri immigrati spaventati
dal maliano. Queste sono le notizie che diffondono le agenzie d’informazione di
tutta Italia derubricando il fatto nell’ennesimo caso di cronaca che coinvolge “l’immigrato”.
Muore un
altro immigrato e si riaccendono le luci su una questione quanto mai spinosa e
all’ordine del giorno, per chi quelle scene le vive quotidianamente. La
vicenda, stavolta, si svolge poco distante dalla più nota Rosarno, a San
Ferdinando, un comune con poco più di 4.000 abitanti. Sono tra i 400 e i 500
gli immigrati accampati all’interno di una tendopoli, i quali lavorano nella
piana per la raccolta degli agrumi. Il comune è stato sciolto tempo fa per
infiltrazioni mafiose. Il paese è tristemente noto a causa delle varie ndrine
che gestiscono i vari settori dell’economia locale e influenzano tutta la
società.
Un fenomeno
che non si ferma solo a San Ferdinando ma è comune a gran parte del meridione,
specie della Calabria. Le varie cosche controllano la zona e sono proprio loro
quelli che nella maggior parte dei casi sfruttano la forza-lavoro degli
immigrati nelle loro terre. Loro sono i padroni, 12 ore di lavoro circa per
poco meno di 25 euro, oppure 1 euro per ogni cassetta di mandarini e 50
centesimi per una di arance. Inoltre, c’è anche una tassa di soggiorno (5 euro)
e se ti rifiuti di pagarla succede come nel 2010, vieni sparato. La ndrangheta
controlla l’economia locale, e in effetti è un settore egemone della borghesia.
E’ riconosciuta dalla popolazione locale, utilizza a volte metodi illegali, e
si fa spazio con intimidazioni, malaffare, e quando questo non basta uccide.
Non c’è da
stupirsi sul fatto che queste cosche hanno interazioni con la politica, e
spesso a candidarsi tra le file dei diversi schieramenti, e ad amministrare
direttamente la cosa pubblica, vi sono i soliti volti noti delle varie ndrine.
Vivere in questa terra non è facile, anzi è difficilissimo, qui regna il
silenzio, l’omertà, la rassegnazione e la passività. La popolazione si è come
dire abituata all’assenza dello stato, sempre più complice della degradazione
sociale e della miseria in cui tutto il Mezzogiorno è immerso. Un popolo
abbandonato a sé stesso, e una gioventù facile preda delle organizzazioni
criminali locali. Quello che ha di fronte ai suoi occhi questa gente è la prova
inconfutabile del collasso di una società intera basata su delle logiche
improponibili in cui regnano corruzione e malaffare.
Soffermiamoci
adesso sulle condizioni di questi braccianti immigrati che vendono la loro
forza-lavoro nella piana di Gioia Tauro, come Traorè. Con molto coraggio, hanno
intrapreso un lungo viaggio in cerca di una vita migliore per se stessi e per
la propria famiglia. Spinti dalla guerra, dalla miseria e dalla privazione di
risorse. Proprio quelle risorse che poi vanno a finire nelle tasche di un
occidente sempre più avido, che per mettersi a posto la coscienza parla di
solidarietà, istituisce giornate della memoria e convegni in ogni dove sul tema
dell’accoglienza.
La maggior
parte di questi immigrati rientra nella categoria dei lavoratori stagionali:
nei campi prima in Calabria, poi nell’estate si sposta verso la Puglia e la Campania per la raccolta
dei pomodori. Secondo un sondaggio l’85% di questi lavoratori non ha un
contratto (ma la percentuale cresce notevolmente se si tiene conto del fatto
che un buon numero di immigrati ha paura del proprio padrone e quindi tace sul
fatto che lavora in condizioni pessime, evidenziando una completa assenza dei
diritti fondamentali e delle tutele); il 38% degli intervistati, non solo
guadagna meno di 25euro, ma deve anche pagare il trasporto di tasca propria; il
44%, invece, denuncia che lavora attraverso l’interazione di un caporale. Per
non parlare poi delle pessime condizioni igienico sanitarie in cui vivono
questi lavoratori sottopagati e ipersfruttati. Solo il 6%, infatti, può
disporre di servizi igienici, acqua ed elettricità. Vivono in grandi tendopoli
che riescono ad ospitare migliaia di immigrati provenienti da tutta l’Africa,
oppure in ruderi ormai dismessi. Un bracciante su tre deve accontentarsi di
dormire a terra a causa della mancanza dei letti. Queste condizioni di vita
precarie fanno sì che molti di loro si ammalino anche gravemente, le più comuni
sono: malattie delle vie respiratorie (27%); patologie muscolo-scheletriche
(12%); traumatismi (9%) ecc.
Una
condizione questa che molti preferiscono non vedere e ben lontana dalla visione
distorta del “profugo accolto e privilegiato” che è funzionale agli affaristi
di ogni risma. Si occulta così la cruda realtà dove facendo un parallelo con le
condizioni di vita degli operai nell’800 non notiamo nessuna differenza, anzi,
se possibile, un peggioramento. L’immigrazione
è un fenomeno intrinseco ad un sistema di sfruttamento, quello
capitalista, che costringe milioni di uomini e di donne a spostarsi, ogni anno,
in massa dalla loro terra d’origine. Questo tema deve essere affrontato con
cura, dall’ottica del punto di vista della classe operaia, perché se da una
parte bisogna essere solidali con il proletariato immigrato che fugge dalla
disperazione di determinate condizioni economiche e sociali, il nostro pensiero
deve svincolarsi dalla retorica di una certa sinistra radical chic che non vede
oltre il suo naso, e non tiene conto di un fattore importante: l’immenso esercito industriale di riserva mosso
dal capitale, in particolare dal continente africano ma non solo. Un ingresso
di questa nuova forza-lavoro nel mercato del lavoro che consente al padronato
di abbattere ogni salario, ogni diritto conquistato dal movimento operaio.
Friedrich
Engels nella sua opera “La situazione della classe operaia inglese” descriveva
l’immigrazione irlandese con molta cura e minuzia di dettagli. Gli irlandesi
arrivavano in Inghilterra e accettavano qualsiasi tipo di impiego. Dalla loro
parte avevano una certa fisicità che li rendeva perfetti per qualsiasi tipo di
lavoro anche se a primo impatto poteva sembrare duro e sfiancante. Man mano
sostituivano gli inglesi nelle fabbriche accettando ritmi di lavoro più intensi
e salari al ribasso. Non solo, dunque, peggioravano le condizioni lavorative ma
anche lo stile di vita ne risentiva. L’irlandese viveva in abitazioni
fatiscenti, in locali malsani, spesso putridi, ed indossava abiti vecchi e
scuciti. L’intera classe operaia inglese risentì di questo peggioramento
generale. La condotta morale del proletariato stesso ne era profondamente
condizionata con il lavoratore che risultava completamente alienato dalla vita
di fabbrica e non gli restava che sfogare i soli due piaceri. Infatti, solo nel
bere e nel praticare attività sessuale egli si sentiva realmente libero. Tutto
questo mentre i padroni, i fabbricanti, accumulavano sempre maggiori profitti
dallo sfruttamento del proletariato.
Un breve
excursus storico che ci fa capire quanto le cose non siano per nulla cambiate.
Basta fare un semplice collegamento con la vicenda di qualche giorno fa. Traorè
probabilmente era ubriaco, sfinito dopo giorni e giorni di duro lavoro nei
campi. Tutto questo si ipotizza che l’abbia portato a scagliarsi contro gli
altri compagni di lavoro con cui condivideva la tenda e successivamente con le
forze dell’ordine intervenute. Fatto che non si può scindere dall’analisi del
fenomeno nel suo insieme, come esso si riproduce all’interno di un sistema di
sfruttamento e le sue contraddizioni sociali, e prendere atto della necessità
di un cambiamento rivoluzionario per tutto il proletariato in un contesto
storico in cui la lotta di classe è all’ordine del giorno, e la conducono in
maniera vittoriosa i nostri nemici di classe, ovvero la borghesia.
Dobbiamo
rigettare completamente il pensiero xenofobo e razzista fomentato dalle destre
per creare una guerra tra poveri, tra sfruttati, tra vittime dello stesso
sistema funzionale al grande capitale così come il pensiero finto progressista
e cattolico che non si pone sul piano politico della lotta di classe. Il
proletariato condivide gli stessi interessi, al di là di origini e confini, per
questo è necessaria l’unità di tutti i lavoratori e la sua organizzazione come
classe, che è l’unica arma che gli consente di migliorare le proprie
condizioni, che le consentirà di rovesciare l’intero sistema di sfruttamento a
cui è soggetta. Per questo dobbiamo rivendicare la parità di diritti e salario
per tutti i lavoratori, autoctoni e immigrati, il miglioramento complessivo
delle condizioni di vita e di lavoro schierandoci contro qualsiasi forma di
sfruttamento, contro il lavoro in nero senza tutele, contro il caporalato e il
sistema dei grandi proprietari agricoli che lo generano.
La nostra
solidarietà è rivolta a chi ha deciso di non scendere nei campi, rinunciando ad
una giornata di lavoro per chiedere giustizia per il bracciante immigrato ucciso
e verità su come sono avvenuti realmente i fatti, le cui ricostruzioni
ufficiali lasciano – come sempre – più di un dubbio. Dal canto nostro non
abbiamo dubbi sul fatto che le forze dell’ordine siano sempre molto decise
quando si tratta di intervenire contro un proletario e molto meno quando si
tratta di toccare i fili del massimo profitto dei padroni sul quale si regge la
legalità dell’ordine dello sfruttamento capitalistico.
La borghesia
ci vuole divisi, spetta a noi comunisti tracciare il sentiero per l’unità del
proletariato nei posti di lavoro e nei quartieri in un’unica forza liberatrice
di tutti gli sfruttati contro tutti gli sfruttatori, per costruire un mondo
nuovo senza sfruttamento dell’uomo sull’uomo e guerre imperialiste dove nessuno
sia più costretto ad emigrare e il proletariato possa vivere pienamente dei
frutti della ricchezza che produce, in prosperità, progresso sociale e pace con
i popoli di tutto il mondo.
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From: Carlo
Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent:
Thursday, June 23, 2016 10:21 AM
Subject: MA CHE
FINE HANNO FATTO 550 LAVORATORI MORTI PER INFORTUNI SUL LAVORO NEL 2015?
Il
Parlamento riconvochi il Presidente dell’INAIL, che spieghi ai rappresentanti
del popolo come mai spariscono 550 lavoratori tra le morti per infortuni da
questo Istituto. perchè tante morti non vengono riconosciute come tali.
Governo e
opposizione non hanno nulla da dire? Insomma facciamo chiarezza!
Delle 1.246
denunce per infortuni mortali pervenute all’INAIL ne sono state riconosciute
solo 694. Si parla addirittura di un calo rispetto al 2014. Gli altri 552 morti
che fino hanno fatto?
Sono
resuscitati? O non sono morti per infortuni.
La stampa
tutta era scandalizzata per l’aumento delle denunce: adesso non si chiede
spiegazioni? Un can can mediatico incredibile. Adesso il silenzio? Dei 694
morti che l’INAIL ha riconosciti come morti per infortuni sul lavoro il 55% non
sono morti sui luoghi di lavoro. Rimangono 364 lavoratori che l’INAIL riconosce
morti sul posto di lavoro.
Noi come
potete vedere nel Report dei morti del 2015 e nell’apertura dell’Osservatorio
ne abbiamo registrati sui luoghi di lavoro 678. Quasi il doppio. lavoratori che
non hanno neppure la dignità di essere riconosciuti come morti sul lavoro.
Questo è spiegabile perché noi li monitoriamo tutti. Complessivamente se si
aggiungono i morti sulle strade e in itinere si superano i 1.400 morti.
Insomma si
faccia chiarezza, Si stabilisca finalmente che l’INAIL riconosce come morti sul
lavoro solo i propri assicurati e che tantissimi non lo sono. Che tantissime
denunce che riceve questo Istituto dello Stato non sono riconosciute come “morti
sul lavoro”. o per non essere assicurati all’INAIL o perchè con modalità non
rispettate, soprattutto in itinere. O per altri motivi che non si conoscono.
Ma i media e
le televisioni non hanno nulla da dire a proposito? Si avventano tutti quando c’è
una notizia clamorosa quale un aumento del 15% che non esiste se si prendono in
considerazioni tutte le morti, che però sono molte di più.
Povero
questo nostro paese che non è neppure capace di stabilire quanti morti sul
lavoro ha. Il Presidente dell’INAIl ha relazionato in parlamento. Un parlamento
silenzioso, forse perchè se ne frega della vita di chi lavora. Perchè non lo
riconvocano e chiedono spiegazioni? Consiglio a tutti d’andare a rileggere
quello che tutti i media scrivevano solo pochi mesi fa sullo spaventoso
aumento. che poi è diventato un calo.
Da ADNKronos
INAIL: 694
MORTI SUL LAVORO NEL 2015, AUMENTANO LE DENUNCE
Gli
infortuni mortali accertati sono stati 694 nel 2015 con un calo del 2% rispetto
al 2014, a
fronte di 1.246 denunce di infortunio mortale (erano 1.152 nel 2014, 1.395 nel
2011). E’ quanto emerge dalla relazione annuale INAIL esposta dal presidente
dell’Istituto Massimo De Felice. Degli incidenti mortali accertati 382, il 55%,
è avvenuto al di fuori dell’azienda.
Nel 2015
sono state registrate poco meno di 637 mila denunce di infortuni, rispetto al
2014 si ha una diminuzione di circa il 4%; sono circa il 22% in meno rispetto
al 2011. Gli infortuni sul lavoro hanno causato circa 11 milioni di giornate di
inabilità, con costo a carico dell’INAIL; in media 82 giorni per infortuni che
hanno provocato menomazione, circa 20 giorni in assenza di menomazione.
Le denunce
di malattia, spiega l’INAIL, sono state circa 59 mila (circa 1.500 in più rispetto al
2014), con un aumento di circa il 24% rispetto al 2011. Ne è stata riconosciuta
la causa professionale al 34%, il 3% è ancora “in istruttoria”. Il 63% delle
denunce è per malattie del sistema osteomuscolare (cresciute del 46% rispetto
al 2011). Le denunce riguardano le malattie e non i soggetti ammalati, che sono
circa 44.000; di cui circa il 39% per causa professionale riconosciuta. Sono
stati poco meno di 1.600 i lavoratori con malattia asbesto-correlata. I
lavoratori deceduti nel 2015 con riconoscimento di malattia professionale sono
stati 1.462 (il 27% in meno rispetto al 2011), di cui 470 per silicosi/abestosi
(l’85% è con età al decesso maggiore di 74 anni).
In crescita
le aziende irregolari: delle 20.835 aziende sottoposte a controlli (il 67% del
terziario, il 29% del settore industria) l’87,4% sono risultate irregolari.
Sono stati regolarizzati 61.333 lavoratori (più del 3% rispetto al 2014), di
cui 54.771 irregolari e 6.562
in nero.
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From: Vittorio
Agnoletto vagnoletto@primapersone.org
To:
Sent: Friday, June 24, 2016
11:41 PM
Subject: I VESCOVI E IL TTIP
Un interessante presa di posizione dei vescovi statunitensi ed europei sul TTIP. Gli accordi commerciali internazionali, materia ancora sconosciuta alla stragrande maggioranza dei cittadini, saranno sempre più decisivi nel condizionare la qualità di vita nostra e delle future generazioni.
Nonostante il cognome di uno dei due firmatari il documento è vero... e
direi anche interessante. Il vento portato da Francesco per ora continua a soffiare
con modalità inaspettate.
Buona
lettura.
Vittorio
Prima che il
TTIP venga completato, concordato e ratificato, è essenziale intraprendere un
esaustivo esame costi/benefici sotto l’aspetto sociale ed ambientale. Tale
riesame dovrebbe prendere in considerazione non solo la teoria economica, ma
anche un’analisi obiettiva dei reali effetti del trattato sui cittadini, le
società e il pianeta. Questa disamina deve tener conto del potenziale impatto
del TTIP sui bisogni essenziali, sugli elementi fondamentali del benessere di
tutti i cittadini e sui diritti che offrano accesso ed opportunità per tutti.
Il TTIP deve contribuire al benessere di tutti i cittadini, specialmente di
quelli poveri. Tutti dovrebbero partecipare alle decisioni che impattano sulle proprie
vite. I presunti benefici devono essere equamente distribuiti, in modo da non
esacerbare le diseguaglianze. In sintesi, il TTIP deve portare ad un mondo più
sicuro e pacifico, piuttosto che accrescere le tensioni economiche e politiche.
E’ pur vero
che il perseguimento di una politica per un futuro migliore per tutti,
rispettoso dei diritti delle generazioni presenti e future, non può realizzarsi
mediante un’eccessiva regolamentazione né attraverso una drastica
deregolamentazione. Accordi e trattati debbono sostenere il dinamismo sociale
sia incoraggiando le potenzialità creative della mente e del cuore, sia
promuovendo una equa partecipazione di tutti i membri dell’unica grande
famiglia umana.
Quello che
Papa Francesco ha scritto ai paesi del G-8 nel 2013 si applica anche al TTIP: “Il
fine dell’economia e della politica è di servire l’umanità, a partire dai più
poveri ed indifesi” (Lettera al Right Honourable David Cameron, 17 giugno
2013). La storia fornisce evidenza di come una crescita dei commerci e degli
investimenti possa realmente risultare benefica a condizione che venga
strutturata in modo da contribuire a ridurre, non ad esacerbare, le
disuguaglianze o le ingiustizie. Le politiche commerciali devono basarsi su
criteri etici centrati sulle persone nel perseguimento del bene comune per le
nostre nazioni e per tutte le genti sparse per il mondo. La negoziazione e l’applicazione
di accordi commerciali deve conformarsi ai principi che promuovono e difendono
la vita e la dignità umana, che tutelano l’ambiente e la salute pubblica e che
promuovono la giustizia e la pace nel mondo.
Certi
principi devono essere adottati per valutare qualsiasi proposta di trattato
commerciale, incluso il TTIP
SOSTENIBILITA’ E PRECAUZIONE
I vescovi
degli USA e dell’UE desiderano sottolineare i principi di sostenibilità e
precauzione. Una delle implicazioni del principio di precauzione è che deve
essere assegnata priorità alla prevenzione del danno. Si deve pazientare nell’adozione
di prodotti o procedure fino a quando non ci sia evidenza scientifica che
questi non causino danni significativi alle generazioni presenti e future e non
mettano a rischio l’ecologia della natura.
TUTELA DEL LAVORO
La dignità
umana richiede quale priorità la tutela dei lavoratori e dei loro giusti
diritti. Sosteniamo i diritti dei lavoratori, incluso il diritto ad
auto-organizzarsi, così come la conformità agli standard lavorativi concordati
a livello internazionale. Qualsiasi accordo deve essere accompagnato dall’impegno
per l’impresa di assistere i lavoratori in malattia, così come le loro famiglie
e comunità, di far fronte alle tensioni sia sociali che finanziarie legate alle
delocalizzazioni che possono essere causate dal libero commercio. Particolare
attenzione deve essere posta nelle condizioni di sicurezza nel lavoro, in un
ragionevole orario di lavoro, nelle ferie, nel salario familiare minimo, nonché
in altri riconosciuti benefici sociali.
POPOLAZIONI INDIGENE
In ogni
parte del mondo i vescovi cattolici esercitano estensivamente il loro ministero
tra i gruppi indigeni. Nel rispetto del loro patrimonio culturale e in vista
del loro sviluppo economico, il TTIP deve rispettare il patrimonio di queste
comunità indigene e condividere con equità i benefici di qualsiasi commercio
con gruppi nei quali si originano saperi tradizionali e risorse naturali.
MIGRAZIONI
La nostra
Chiesa ha da lungo tempo difeso il diritto delle persone a migrare quando le
condizioni nel paese di origine non sono sicure o non permettono di provvedere
a loro stesse e alle proprie famiglie. Se si vogliono ridurre le migrazioni,
siamo convinti che ciò deve essere attuato alleviando le condizioni che
spingono le persone a lasciare le loro terre natali. Qualsiasi accordo
commerciale o sugli investimenti dovrebbe essere definito in modo da assicurare
una riduzione della necessità ad emigrare.
AGRICOLTURA
I nostri
fratelli vescovi qui e all’estero, assieme ad altri partner coi quali
lavoriamo, hanno espresso pesanti timori circa la vulnerabilità dei piccoli
produttori agricoli quando sono posti di fronte alla concorrenza di prodotti
agricoli che beneficiano di notevoli vantaggi grazie alle vigenti politiche e
ai sussidi dei loro governi. Qualsiasi accordo dovrebbe promuovere il settore
agricolo dei paesi in via di sviluppo e proteggere chi vive in aree rurali,
specie nel caso di piccoli produttori agricoli.
SVILUPPO SOSTENIBILE E CURA DEL CREATO
La crescente
integrazione economica a livello globale contiene potenziali benefici per tutti
i partecipanti, ma dovrebbe fare qualcosa di più della semplice regolazione del
commercio e degli investimenti. Il legame essenziale tra la preservazione dell’ambiente
e uno sviluppo umano sostenibile richiede di porre attenzione prioritaria alla
protezione dell’ambiente e della salute delle comunità, inclusa l’assistenza a
paesi poveri che spesso mancano di conoscenze tecnologiche o di risorse
sufficienti a mantenere un ambiente sicuro. Gli accordi dovrebbero prevedere l’alleggerimento
dal peso dirompente del debito a carico di paesi poveri e il supporto ad uno
sviluppo che accresca l’affidamento su se stessi ed un’ampia partecipazione nei
processi decisionali. Il TTIP non dovrebbe consentire il commercio e l’investimento
in merci che possano compromettere il bene comune (quali le armi illegali o le
droghe).
DIRITTI DI PROPRIETA? INTELLETTUALE
Siamo anche
preoccupati per le clausole sui diritti di proprietà intellettuale riguardo ai
farmaci e all’agricoltura. Dobbiamo tenere in conto la necessità di assicurare
l’accesso ai medicinali e i progressi nell’agricoltura per le popolazioni più
esposte. La Chiesa
colloca i diritti di proprietà intellettuale all’interno del più vasto contesto
del bene comune ed è convinta che questi diritti debbano essere bilanciati con
i bisogni dei poveri. Il principio del bene comune non richiede solo la
legittima tutela dell’interesse privato ma anche che si tenga in conto il bene
comune a livello locale e globale. Gli accordi non possono essere instaurati od
accettati esclusivamente sulla base dei benefici per i contraenti nel quadro
bilaterale. Vanno anche tenuti in conto i benefici e i costi per soggetti
terzi, in particolare i poveri, gli indifesi, i giovani, gli anziani e gli
infermi.
MECCANISMI DI RISOLUZIONE DELLE DISPUTE
Ci poniamo
interrogativi sul merito di richiedere per le parti sovrane nei trattati
internazionali di aderire ad un arbitrato internazionale vincolante quale il
forum per la risoluzione delle dispute, o mediante il meccanismo di strutture
per la risoluzione delle dispute investitore-stato (ISDS) o attraverso corti
internazionali sugli investimenti, proposte di recente. Ambedue questi percorsi
possono portare a vantaggi indebiti per interessi commerciali disposti a
sfruttare le regole dell’arbitrato o dei sistemi giudiziari e ad un
indebolimento di importanti standard sui diritti ambientali, lavorativi e
umani. Gli interessi privati non dovrebbero far eclissare i beni pubblici. L’impatto
sulla legislazione ambientale e sociale, o sulle politiche per la salute, l’istruzione
e la cultura deve essere attentamente studiato. Una sproporzionata attenzione
per l’armonizzazione o la semplificazione regolatoria non possono costituire la
base per arrivare a compromettere adeguate normative sulla sicurezza, il
lavoro, la salute e l’ambiente adottate localmente da organismi confederali,
statali o regionali.
PARTECIPAZIONE
E’ cruciale
che tutte le persone abbiano voce in capitolo in decisioni che riguardano le
loro vite. La dignità umana richiede trasparenza e il diritto delle persone a
partecipare a decisioni che impattano su di loro. La partecipazione va in
particolare applicata per i negoziati del TTIP e per altri accordi commerciali.
Questi dovrebbero svolgersi in sedi pubbliche e attraverso processi che
assicurino che le voci provenienti dai settori più colpiti della società
possano essere ascoltate e i loro interessi riflessi in qualsivoglia accordo
dovesse venir fuori. Giustizia va applicata in ogni fase dell’attività
economica; i canoni della giustizia devono essere rispettati sin dall’inizio,
non appena il processo economico e politico viene alla luce, e no giusto in
conclusione o per caso.
In questa
esortazione apostolica, “Evangelii
Gaudium”, Papa Francesco osserva: “La grande crisi mondiale che colpisce
la finanza e l’economia mette allo scoperto i loro squilibri e, soprattutto, la
loro mancanza di reale preoccupazione per i bisogni umani; l’uomo è ridotto ad
un unico bisogno: il consumo”.
Il Papa
Emerito Benedetto XVI, nell’enciclica “Caritas
in Veritate”, ha dichiarato: “L’economia
ha bisogno di un’etica per funzionare correttamente, non qualsivoglia
etica, ma un’etica che sia centrata sulle persone”. Il nostro insegnamento pone
le persone (specialmente i più poveri e indifesi) al primo posto. L’accordo
TTIP attualmente proposto deve essere giudicato con questi standard di alto
livello.
per i
Vescovi della UE Reinhard Marx
per i
Vescovi degli USA Joseph Edward Kurtz
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To:
Sent: Saturday, June 25, 2016
5:37 PM
Come volevasi dimostrare: la bozza
del testo di revisione [del percorso formativo per RSPP/ASSP] ha regolarmente
affrontato il tavolo tecnico del 15 giugno, ma non è ancora approdata, con le
modifiche di contenuto e formali successive al tavolo tecnico, nella sede della
“Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province
autonome di Trento e Bolzano” per una possibile, ma non scontata, approvazione.
Nuovo percorso formativo per
RSPP/ASSP con numero di ore ridotto al lumicino, esoneri confermati per i
soggetti dell’articolo 32, comma 5 del D.Lgs. 81/08, ore di aggiornamento
ridotte nel numero ma soprattutto valide per anche per coordinatori (se
coerenti), crediti formativi ai sensi degli articoli 32 e 37 con una tabella
che incrocia tutto e tutti con dei SI, dei NO o IN PARTE.
Tutto qui.
L’unica cosa degna di nota avrebbe
dovuto essere il riconoscimento delle “sperimentazioni” messe in atto da alcune
regioni e province autonome (percorsi di formazione integrata per RSPP, Moduli
B zero ecc.), ma a questo ci ha già pensato il mercato.
Ennesimo tentativo di regolamentare
la formazione in FAD, e learning, video conferenza, enti bilaterali/ organismi
paritetici destinato a restare ancora una volta lettera morta.
Comunque se passa, prepariamoci alla
solita valanga di seminari, convegni ecc., con crediti formativi, per capire
cose che la semplice lettura del testo dovrebbe consentirci di comprendere e
applicare.
Poi arriveranno gli interpelli (la Cassazione 2) e infine,
quando i buoi saranno già scappati dalla stalla, anche la magistratura
(Cassazione 1). Nel frattempo furbi e furbetti del quartierinio ci avranno
fatto su un po’ di quattrini mettendo in piedi corsi “new style”.
Comunque, non preoccupatevi, vale
sempre l’insegnamento gattopardesco del “che tutto cambi perché nulla cambi”.
Franco Mugliari alias Muglia La Furia
mail: fmuglia@tin.it
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From: AIEA
Val Basento info@associazioneespostiamiantovalbasento.it
To:
Sent: Monday,
June 27, 2016 11:19 AM
Subject: SENTENZA
STORICA DELLA CORTE D’APPELLO DI SASSARI: RICONOSCIUTA L’ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO
PER 2 LAVORATORI DELL’EX ENICHEM DI OTTANA (NU)
L’Associazione Italiana Esposti
Amianto AIEA Onlus diventa sempre più sinonimo di giustizia per i lavoratori ex
esposti all’amianto, le sentenze della Corte di Appello di Ottana (NU) aprono
una breccia sul muro di omertà e di falsità che si costruita a discapito degli
operai che hanno lavorato nei siti industriali della Sardegna.
La Corte di Appello di Sassari, dando incarico al Consulente
Tecnica di Ufficio per verificare la richiesta dei ricorrenti, ha posto il
seguente quesito:
“Esaminati
gli atti e i documenti di causa, compiuto ogni accertamento utile, autorizzato
l’accesso presso gli uffici competenti e presso la società proprietaria degli
impianti onde visionare e/o acquisire documentazione utile e necessaria per l’espletare
l’incarico, dica il CTU se nell’ambiente di lavoro dove si è svolta la
prestazione lavorativa decennale così come dedotta dal ricorrente, tenuto conto
anche della specifica ubicazione, fosse presente e rilevabile esposizione ad
amianto e, in caso positivo, se fosse esposizione a rischio diretto o
ambientale, se vi fosse concentrazione di fibre di amianto ed in quale misura
con riferimento ai valori limite indicati nel D.Lgs. 277/91 e successive
modifiche. Chiarisca, in particolare, il CTU il numero di ore al di sopra delle
quali si può ipotizzare, nel caso in specie, il superamento della soglia
massima”
Il CTU nella sua relazione evidenzia: “Nella
costruzione di impianti chimici e/o petrolchimici, non solo in Italia ma nel
mondo, come è possibile facilmente rinvenire dalla letteratura tecnica, sono
stati usati, almeno fino agli anni ‘70 e ‘80, sistemi, metodologie e materiali
similari. Da ciò deriva che gli impianti di Ottana sono la copia quasi gemella
dei loro omologhi di Marghera, Pisticci, Ravenna, Porto Torres, Priolo,
Brindisi, Augusta ecc.”.
Dall’analisi fatta sulle manualità operativa
giornaliera nell’esecuzione dei lavori di manutenzione che i lavoratori
ricorrenti effettuavano (elettricista e strumentista) nello stabilimento di
Ottana, la CTU
conclude dichiarando che per i casi esaminati “esposizione media annua ponderata sulle 8 ore lavorative superiore a 0,1
f/cm3”.
Si arriva, dopo oltre 10
anni, alle conclusione che le mansioni come ad esempio quelle svolte dagli
addetti alla manutenzione elettrica e strumenti, sono in sintonia con quanto
affermato dall’Atto di indirizzo del 06/03/01 del Ministero del Lavoro per il
riconoscimento dei benefici previdenziali dovuti all’esposizione all’amianto
emanato per gli stabilimenti del gruppo Enichem di Brindisi, Marghera, Ravenna,
ed in seguito (anno 2005, vedi allegato) per lo stabilimento di Pisticci Scalo
(MT) dove gli addetti alla manutenzione elettrica e strumenti, oltre a tante
altre mansioni, hanno avuto in via amministrativa i benefici previdenziali ai
sensi del comma 8 della L. 257/92.
Nel frattempo migliaia di
domande inoltrate all’INAIL, che a negato il diritto ai richiedenti, sono
prescritte. Nella provincia di Nuoro l’INAIL ha certificato l’esposizione solo
a 12 richieste su 1441 domande, e riconosciuto 6 richieste di malattie
professionali su 77 domande.
L’AIEA, anche alla luce di
documentazione che dimostra l’acquisto di manufatti contenenti amianto ben
oltre la data dell’emanazione della L. 257/92, tramite la sua delegata, Sabina
Contu presidente di AIEA Sardegna, invita l’INAIL a ritirare, in autotutela, le
relazioni emesse dalla CONTARP nel 2003 per gli stabilimenti di Ottana (NU) e
Assemini (CA) perché esse potrebbero avere generato violazione dei diritti
umani, in particolare del diritto alla salute e alla sicurezza personale.
Documentazione che è già a
disposizione delle Procure della Repubblica interessate.
La vertenza Sardegna promossa
dall’AIEA è condivisa da CGIL, ANMIL che insieme sottolineano:
“...non siamo contro le
industrie ma non si possono barattare i posti di lavoro con la salute degli
operai”
Al presente link
potete prendere visione degli articoli riportati dai quotidiani locali:
Ulteriori
articoli ai seguenti link:
SERVIZIO CONFERENZA STAMPA
SU SENTENZA STORICA TRIBUNALE DI SASSARI
http://www.rainews.it/dl/rainews/TGR/basic/PublishingBlock-c9be07a1-4453-4cfd-b296-30d47339bd1a.html
SENTENZA STORICA:
RICONOSCIUTI I CONTRIBUTI PREVIDENZIALI A DUE EX LAVORATORI DI OTTANA ESPOSTI
ALL’AMIANTO
OTTANA, SENTENZA STORICA PER
I LAVORATORI ESPOSTI ALL’AMIANTO
AMIANTO: EX OPERAI ENICHEM
DA RISARCIRE, “ORA TAVOLO INAIL”
SENTENZA STORICA DELLA CORTE
D’APPELLO DI SASSARI: RICONOSCIUTA L’ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO PER 2 LAVORATORI DELL’EX
ENICHEM
RICONOSCIUTI I BENEFICI PER
DUE EX LAVORATORI
AMIANTO: RISARCIMENTO EX
OPERAI ENICHEM
AMIANTO: RISARCIMENTO EX
OPERAI ENICHEM
AMIANTO ALL’EX ENICHEM,
GIUDICI DICONO SÌ AL RISARCIMENTO PER DUE OPERAI
AMIANTO, SENTENZA CLAMOROSA:
SÌ A RISARCIMENTO EX OPERAI ENICHEM
SENTENZA STORICA DELLA CORTE
D’APPELLO DI SASSARI: RICONOSCIUTA L’ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO PER 2 LAVORATORI
DELL’EX ENICHEM
RICONOSCIUTA ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO
LAVORATORI EX ENICHEM, CONFERENZA A NUORO
AMIANTO: RISARCIMENTO EX OPERAI ENICHEM
SENTENZA STORICA A CAGLIARI: PENSIONE ANTICIPATA PER MALATO D’AMIANTO -
CASTEDDU ONLINE
Grazie per l’attenzione,
Mario
Murgia
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From: Clash City
Workers cityworkers@gmail.com
To:
Sent: Monday,
June 27, 2016 4:19 PM
Subject: PRESIDIATA LA STANZA DEL SINDACO DI
PISA: L’INTERVISTA A FEDERICO GIUSTI
Al termine dell’assemblea,
i lavoratori del Comune di Pisa hanno deciso di presidiare la stanza
del Sindaco Filippeschi per ricevere risposte concrete sull’inarrestabile
riduzione del personale, sull’aumento del carico di lavoro e sul continuo
ricorso alle esternalizzazioni dei servizi.
Il Sindaco si nega...
e i lavoratori occupano il primo piano, presidiando le stanze del “primo
cittadino”!
I principali nodi su
cui i dipendenti del Comune pretendono risposte sono:
-
riduzione del
numero di dipendenti, passato da 1.000 a 700 dipendenti negli ultimi
anni, in linea con quanto avviene in tutta Italia;
-
blocco
del turn over al 25%, per cui si può procedere a una sola assunzione, a fronte
di 4 pensionamenti;
-
contrattazione
del secondo di secondo livello e riduzione del salario accessorio;
-
aumento
delle esternalizzazioni: privatizzazione dei servizi sociali, educativi,
cimiteriali, bibliotecari che comportano un peggioramento della qualità del
servizio e delle condizioni di lavoro, a vantaggio delle cooperative/ditte in
appalto.
Riportiamo l’intervista
completa a Federico Giusti RSU del Comune di Pisa, protagonista della mobilitazione
di mercoledì 22 giugno, che ci spiega nel dettaglio punto per punto, quali
siano le condizioni per i lavoratori (dipendenti diretti e lavoratori in
appalto) e quali le responsabilità dell’amministrazione Filippeschi, in linea
con le scelte del PD nazionale.
Al seguente link, l’intervista
a Federico Giusti:
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From: Daniele Barbieri pkdick@fastmail.it
To:
Sent: Wednesday, June 29, 2016
10:58 AM
Subject: DALLA VALSUSA: LA MISURA E’ COLMA
Nella volontà di
metterci in mezzo alla costruzione del progetto dell’Alta Velocità ci siamo
incontrati in tanti.
Iniziare a guardare
in modo diverso la terra in cui si vive per capire se le trivelle stanno
arrivando.
Alimentare il
passaparola, prendere la macchina per riuscire ad accorrere in fretta.
Recuperare del
materiale da buttare sulla carreggiata per bloccarla.
Preparare un tè per
scaldare la notte tutti insieme.
Prendersi la Maddalena, organizzare
collettivamente le giornate e vivere questo spazio rompendo la propria quotidianità.
Non avere paura di
difenderlo insieme.
Riscoprire i sentieri
e trovare nuove vie per arrivare al cantiere, sperimentare modi diversi per
attaccarne le reti.
Stringersi attorno a
chi per tutto questo viene punito e non lasciarlo solo.
La lotta qui ha
cambiato la vita di molti di noi.
La lotta qui è
riuscita a dare molto filo da torcere alla realizzazione dell’opera.
Proprio per questo ci
hanno attaccato da più fronti: hanno fatto di un cantiere un fortino, hanno
militarizzato la valle, hanno promesso compensazioni e deciso tavoli di
trattativa per guadagnarsi gli indecisi; hanno provato a spaventarci con multe,
misure cautelari e arresti.
In questo quadro s’inserisce
quest’ultima operazione repressiva.
Il 21 giugno la
polizia ha bussato alle porte di molti di noi per portare ancora misure
cautelari e arresti. In questo momento in cui gli ostacoli fanno faticare la
lotta, viene colpita l’ostinazione di 23 persone, qualcuno che in valle ci vive
e qualcuno che ha deciso di esserci con costanza.
Se di prima
impressione parrebbe che non si siano fatti scrupoli obbligando persino delle
signore di settant’anni a presentarsi quotidianamente dai carabinieri e
utilizzando misure straordinarie come l’arresto e l’isolamento dopo una
perquisizione, in realtà, a ben vedere, c’è la volontà precisa di stroncare la
lotta.
Se questa volontà ci
è già chiara da tempo, se gli spazi per lottare sono sempre più risicati, se le
nostre vite sempre con più facilità sono legate a delle carte di tribunale, è
arrivato il momento in cui tutto ciò non si può più accettare.
La misura è colma.
Ecco perché ho deciso
di non trasformare la mia casa in prigione, me stesso in carceriere e
permettere di essere allontanato dai miei affetti e dalla lotta. Consapevole
delle conseguenze di questo gesto e sulla spinta di chi a Torino già ha
sperimentato una strada come questa e ha rifiutato le misure cautelari, questa
è l’unica scelta che ho sentito di fare.
Una scommessa di chi
è stato colpito e di chi in Val di Susa e altrove vorrà vederci un’occasione
per rilanciare la nostra forza.
Giuliano
Cels 23 giugno 2016
Vedi anche
Mai scrivere “noi”: appello per la libertà di ricerca e di pensiero
Non potete fermare il vento, gli fate solo perdere tempo
Bussoleno, 10/12 giugno: una montagna di libri contro il TAV
---------------------
From: Posta
Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent: Thursday, June 30, 2016
2:51 AM
Subject: CONTRO LA STRATEGIA DEL
CAPITALE
da Nuova Unità
15/06/16
Il compito
della classe operaia non è salvare il capitalismo dalla sua crisi e dalle sue
armi di distrazione di massa, ma salvare la classe lavoratrice e le masse
popolari dal capitalismo.
I salari e i
diritti dei lavoratori sono sempre più sotto attacco, la disoccupazione cresce,
nonostante i numeri della propaganda governativa, sono poche le industrie
rimaste in seguito alla delocalizzazione. Renzi si gongola della sua politica
antipopolare di tagli, decurtazione dei salari e precariato perché attrae
investimenti esteri, ma i capitalisti stranieri si appropriano delle imprese
italiane per chiuderle o ristrutturarle per renderle più competitive con
conseguente riduzione del personale.
Privatizzazioni
dei servizi pubblici, compresa la sanità (con tutte le conseguenze che ricadono
sugli operatori e sui pazienti), Jobs Act e accordo sulla rappresentanza,
firmato con la complicità dei sindacati confederali, eliminazione delle tutele
sindacali, repressione sui luoghi di lavoro dove aumentano i ritmi e si
tagliano le pause, lavoro precario, libertà di licenziamento e più sfruttamento
sono misure che eliminano gli ostacoli ai capitalisti e ne aumentano i
profitti.
Per portare
a compimento il disegno capitalista il governo Renzi (del quale è degno
rappresentante) deve ricorrere alle riforme istituzionali e costituzionali. Per
cambiare l’Italia è vero, nel senso di renderla sempre più barbara come gli
Stati Uniti. Ma mano libera ai capitalisti non è prerogativa italiana. Le
riforme delle riforme fanno parte della politica europea. Dopo aver affamato i
portoghesi, gli spagnoli, i greci (dove continuano massicce lotte e scioperi
oscurati dai mass-media a sostegno di Tsipras) tocca alla Francia. Paesi retti
da governi che si definiscono di sinistra ma agiscono come la destra, sono
governi reazionari quindi basta col considerarli di sinistra e stupirsi delle
loro scellerate scelte antipopolari, questa paternità gli va tolta.
Solo che la Loi travail vede, a differenza
dell’Italia, scioperare tutte le categorie e scendere milioni di lavoratori,
giovani e studenti nelle piazze in difesa dei propri diritti e per salvare lo
stato sociale. Mobilitazioni che si scontrano con la repressione, aumentata
considerevolmente dopo gli attacchi terroristi, ma rivolta solo contro le
proteste. Evidentemente i sindacati francesi sono meno condizionati dai partiti
di governo che invece sono molto presenti nel nostro paese dove l’offensiva del
capitale è favorita dalla concertazione tra governi, Confindustria e sindacati
che, invece di mettere in moto la classe per la difesa delle conquiste
storiche, cercano di frenare le poche lotte isolate causando passività,
sottomissione e rassegnazione.
La strategia
del capitale e dell’imperialismo è chiara. Il capitalismo è in una fase sempre
più profonda della sua crisi, deve crescere la sua aggressività militare e, con
l’alibi della lotta al terrorismo, ogni tipo di violenza, la deriva fascista,
il ricorso alla repressione e all’offensiva antipopolare. Viminale e Palazzo
Chigi stanno lavorando ad un Decreto legge sulla “sicurezza urbana” per dare
più poteri ai Sindaci di intervenire su un settore finora affidato a Prefetto e
Questore. Ulteriore tassello, insieme alla legge sulla rappresentanza che
dovrebbe sancire l’accordo vergognoso tra Confindustria e sindacati e la nuova
legge sugli scioperi, per tentare di chiudere la bocca a chi si oppone.
In questo
contesto si inseriscono la promozione e le campagne anticomuniste.
Persecuzioni, condanne, divieti contro i partiti comunisti ricorrono in tutti i
paesi. Solo qualche esempio: in Polonia, dove si sta realizzando una “Aegis
Ashore”, l’installazione terrestre del sistema missilistico USA già costruito
in Romania, militanti del Partito comunista sono stati condannati a 9 mesi di
carcere, molti al lavoro sociale obbligatorio e a multe per la diffusione delle
loro idee sul giornale Brzack. In Ukraina il Partito comunista è al bando e la
giunta golpista e nazista con il pretesto del rafforzamento della sicurezza nel
mar Nero si allea con il governo fascista turco, e privatizza le terre, una
manna per le multinazionali dell’agricoltura.
La politica
anticomunista è adottata ufficialmente dalla UE che equipara nazifascimo e
comunismo nascondendo persino il ruolo dell’URSS nella vittoria sul nazismo (l’87%
dei giovani tedeschi, inglesi e francesi lo ignorano) per mantenere questa
società marcia e moribonda in una presunta libertà e democrazia occidentale, a
tutto vantaggio degli Stati Uniti che accrescono la loro influenza sugli
alleati europei. Influenza che spazia dal campo culturale a quello militare (si
intensificano le esercitazioni NATO), a quello economico e che trova, pur con
qualche contraddizione, terreno fertile. Membri della UE come Svezia,
Finlandia, Danimarca (in prima fila contro gli immigrati), lodati da Washington
per il loro mantenimento delle sanzioni contro la Russia, sono forti sostenitori
del TTIP. La candidata Clinton, infatti, definisce la collaborazione USA-UE il “maggiore
scopo strategico dell’alleanza transatlantica”. Ovvero non un’alleanza con la UE, ma un blocco politico,
militare ed economico sotto comando statunitense che, con Israele e le
petromonarchie si affermi sulla cooperazione Russia, Cina, Iran e qualsiasi
paese si contrapponga ai diktat di Washington.
La crisi del
capitalismo è evidente dalla crescente aggressività militare (e relative spese
sottratte dal sociale) delle forze imperialiste che non pongono limiti al
controllo delle materie prime e dei mercati. Aumentano gli scenari di guerra,
risorsa del capitale per superare la crisi e ciò comporterà maggiore
sfruttamento e peggioramento delle condizioni di vita.
La classe
operaia sempre più oppressa, ricattata, minacciata se organizza scioperi, da
anni non è capace di organizzarsi per intensificare la sua guerra di classe e
rispondere a quella che gli ha dichiarato la borghesia. Dimostrando la sua
debolezza sarà condannata alla schiavitù. Il suo compito non è quello di
salvare il capitalismo dalla sua crisi e dalle sue armi di distrazione di
massa, ma salvare la classe lavoratrice e le masse popolari dal capitalismo con
l’unità di classe (fuori dalla logica del proprio orticello) e con lotte decise
e incisive.
Cambiare
profondamente e radicalmente il sistema sociale che rende i poveri sempre più
poveri mentre l’1% diventa sempre più disgustosamente ricco è la sola
soluzione. Ma per portare a compimento questo progetto è necessario che la
stessa classe diventi protagonista del suo futuro sia sul piano sindacale che
su quello politico attraverso la ricostruzione del proprio partito. L’autentico
Partito Comunista basato sulle teorie di Marx, Engels, Lenin, il solo in grado
di organizzare la rivoluzione proletaria e di costruire una società socialista
senza padroni né sfruttamento.
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