Morti sul
lavoro, chiesti 60 anni di carcere per i vertici della ditta tessile Marlane
Secondo l'accusa l'impianto di Praia
a Mare (Cosenza) ha provocato la morte di 107 operai a causa delle procedure
adottate per la colorazione e per lo smaltimento dei rifiuti. Chiesti 6 anni
per Pietro Marzotto, 10 per l'ex sindaco Carlo Lomonaco
Le morti bianche dimenticate di Praia a Mare,
in provincia di Cosenza, presto potrebbero avere giustizia. La Procura di Paola
ha chiesto 60 anni di carcere al termine dell’istruttoria dibattimentale del
processo “Marlane-Marzotto”. E’ durata oltre quattro la requisitoria dei pm Paola
Sonia Gambassi e Maria Camodeca che hanno auspicato 6 anni di
reclusione anche per Pietro Marzotto, il conte di Valdagno ed ex
presidente del gruppo che gestiva l’impianto tessile della Marlane. Una
fabbrica dei veleni che ha provocato – secondo l’accusa – la morte di 107
operai per l’inquinamento dei terreni e delle acque e a causa delle procedure
adottate per la colorazione dei tessuti e per lo smaltimento dei rifiuti della
lavorazione. L’accusa per Pietro Marzotto è di disastro ambientale. Per il
procuratore Bruno Giordano, che ha lottato contro il tempo per garantire
le udienze e per fare in modo che si chiudesse il processo entro i termini
della prescrizione, i decessi e le malattie sarebbero stati causati dalle
ammine aromatiche dei coloranti e dall’amianto sprigionato dai freni dei telai
che i lavoratori respiravano senza alcuna protezione. Oltre che per Marzotto,
la Procura ha chiesto 10 anni di carcere per l’ex sindaco di Praia a Mare Carlo
Lomonaco, un tempo responsabile del reparto tintoria della Marlane. Secondo
i pm vanno condannati pure l’ex amministratore delegato del gruppo Silvano
Storer (5 anni), Jean De Jaegher (5 anni), l’ex sindaco di Valdagno Lorenzo
Bosetti che era consigliere delegato e vicepresidente della Lanerossi (5
anni), Vincenzo Benincasa (8 anni); Salvatore Cristallino (3
anni); Giuseppe Ferrari (4 anni e sei mesi); Lamberto Priori (7
anni e 6 mesi); Ernesto Antonio Favrin (5 anni); e Attilio Rausse
(3 anni e sei mesi). Chiesta, infine, l’assoluzione per Ivo
Comegna. Stando alla ricostruzione della Procura, un centinaio di operai
sarebbero morti per tumori provocati dall’inalazione dei vapori emessi
nella lavorazione dei tessuti, mentre le morti colpose contestate agli imputati
sono complessivamente una quindicina. Marzotto e i vertici della Marlane erano
stati rinviati a giudizio nel novembre del 2010 al termine di una inchiesta
della procura di Paola durata dieci anni. I periti incaricati dai magistrati
avevano sostenuto che esiste un nesso di causalità tra la morte degli
operai e le esalazioni tossiche sprigionate dai coloranti utilizzati nella
produzione. Nonostante questo, la vicenda della “fabbrica dei veleni” calabrese
non ha mai avuto la visibilità mediatica che meritava. Eppure, nel fascicolo
del processo, ci sono le numerose testimonianze degli operai, i dati statistici
che rivelano all’interno della fabbrica un’incidenza di tumori
significativamente superiore rispetto al dato regionale (4% contro
0,003% secondo una perizia tecnica del 2008) e l’accusa di disastro ambientale
per i rifiuti tossici rinvenuti dai carabinieri del Noe nelle vicinanze dello
stabilimento del conte Marzotto. Si attende adesso la sentenza.
Nessun commento:
Posta un commento