"Le
morti operaie non sono mai un fatto privato ma legate alla più grande e
importante questione sociale, lo sfruttamento del lavoro da parte del capitale
e la sicurezza sul lavoro come costo per il padrone. La vita dell'operaio in
questo contesto è una variante del capitale, un effetto collaterale della
guerra del capitale.
Ma
l'amarezza più grande in questo caso è il fatto che proprio nelle fila operaie
e delle loro famiglie la morte viene considerata un fatto privato"
.... ma come testimoniato anche da chi sul terreno della battaglia su Salute e Sicurezza sui luoghi di Lavoro si batte da anni
ADRIA - una strage operaia annunciata
diffusione a
cura della rete nazionale sicurezza e salute sui posti di lavoro e sul
territorio
In merito alla ennesima strage di Adria valgono,
purtroppo, considerazioni già fatte troppe volte.
La strage deriva, come in molti altri casi simili,
dalla mancata osservanza delle più elementari norme in materie di lavori in
cisterna e in presenza di prodotti chimici pericolosi.
Non c'è bisogno di ricercarle nel D.Lgs.81/08 o nel
D.P.R.177/11 (spazi confinati). C'erano già nel D.P.R.547/55... Non andava
inventato niente di nuovo.
L'inosservanza delle norme avviene perché:
- conviene
economicamente alle aziende, a fronte di risparmio di costo del lavoro
(appalti, subappalti), riduzione dei tempi di lavoro, mancata definizione,
applicazione, controllo di procedure, mancato utilizzo di prodotti chimici meno
pericolosi, ma più costosi, mancato acquisto di DPI, mancata erogazione della
formazione;
-
la tutela della salute e sicurezza delle aziende è
sempre di più vista non come un percorso tecnico che, partendo da analisi dei
cicli lavorativi e da valutazione dei rischi, porti a misure concrete di
prevenzione e protezione, ma come un “fare carta” (i famigerati Sistemi di
Gestione...) con il solo obiettivo di deresponsabilizzare il management e
colpevolizzare il lavoratore vittima (e quando si parla di “errore umano” non
si fa altro che colpevolizzare il lavoratore...);
-
mancano o sono enormemente carenti strutture pubbliche
di controllo dell’applicazione delle norme ed esse sono politicamente pilotate
o limitate nelle loro possibilità di agire da forti interessi politici (i
direttori delle ASL e delle ARPA sono eletti dai partiti...), collusi con gli
interessi economici delle aziende pubbliche e private;
-
sono complici e colpevoli quei consulenti (ingegneri,
medici, tecnici) pagati dalle aziende e che collaborano con loro non con la
finalità di proteggere i lavoratori, ma di fare i biechi interessi dell’azienda
(e quindi loro personale);
-
il ruolo degli RLS è sempre di più visto come
l’adempimento formale di obblighi normativi eseguiti su carta, ma non nella
sostanza, con ruolo di accondiscenda rispetto alle scelte aziendali; quei RLS
che cercano di fare veramente battaglia sono combattuti dalle aziende che fanno
il possibile per isolarli o allontanarli;
-
i sindacati, spesso collusi e complici delle aziende,
(salve ormai qualche poca eccezione e sempre più spesso a livello personale
piuttosto che di organizzazione) non fanno assolutamente niente per fermare la
strage: a quando ad esempio uno sciopero generale contro la mancanza di salute
e di sicurezza sui luoghi di lavoro;
-
la sempre maggiore precarietà del lavoro rende i
lavoratori troppo succubi delle aziende e ricattabili per poter fare valere i
propri diritti sul diritto al lavoro e al lavoro salubre e sicuro;
-
le sanzioni per le inosservanze delle norme sono
ridicole (poche migliaia di euro nei casi peggiori), le pene detentive in caso
di lesioni od omicidio sono parimenti non proporzionate alla gravità dei fatti,
la rubricazione degli omicidi sul lavoro come omicidi colposi, vanifica del
tutto ogni forma di deterrenza (quanti processi sono finiti in prescrizioni o
con pene risibili, sospese in condizionale?).
-
manca cultura della salute e della sicurezza, manca
informazioni, manca consapevolezza dei propri diritti, colpevoli di questo
oltre le aziende (e ci mancherebbe...), anche sindacati, partiti, mezzi di
informazione.
Tutto questo crea le condizioni perché le aziende e i
loro complici attuino di fatto la SOSPENSIONE DEL DIRITTO ALLA SALUTE E ALLA
SICUREZZA dei lavoratori (come quello dei cittadini).
NEI LUOGHI DI LAVORO SI VIVE ORMAI NELLA COSTANTE,
ACCETTATA, CONSOLIDATA ILLEGALITA’!
Ultima osservazione e anche autocritica.
Smettiamo si parlare di morti di lavoro solo quando le
stragi diventano “mediatiche”, come quella di Adria!!!
Molto cinicamente osservo che con i morti di Adria
siamo perfettamente “in media” (quattro morti accertati al giorno per
infortunio sul lavoro). E allora perché meravigliarsi solo ora e tacere tutti
gli altri giorni?
Di morte sul lavoro e per il lavoro dobbiamo parlarne
tutti i giorni, ma non solo per piangerli.
Soprattutto per analizzarne in maniera critica le
cause, come quelle sopra accennate, e cercare di portare battaglia (con le
poche forze che ci restano) per ridurre o limitare (non dico certo eliminare)
queste cause.
La strage non finirà. Ma ogni lavoratore strappato
alla morte, al’infortunio, alla malattia
è già una vittoria.
Marco Spezia
La resa di un cittadino normale che voleva solo dare
un contributo volontario contro gli infortuni mortali
La tragedia di ieri ha messo in luce una verità banale
e scontata. Che l’articolo 18 tutela anche la Sicurezza dei lavoratori. Del
resto lo scrivo da anni che le morti sui luoghi di lavoro sono quasi tutti da
ricercarsi in luoghi di lavoro dove non c’è la protezione di questo articolo di
civiltà e dove non è presente il sindacato. La strage di Adria mette in luce i
veri aspetti della posta in gioco. Un’azienda di soli 10 dipendenti, come
quella dove si è verificata la tragedia, non ha l’articolo 18, di conseguenza
non ha un rappresentante della Sicurezza, e non ha probabilmente nessun
iscritto al sindacato e dov’è quasi impossibile fare un’assemblea per discutere
dei problemi aziendali con un rappresentante dei lavoratori. Un
camionista, che purtroppo è morto, è andato a versare direttamente in una vasca
il contenuto della cisterna del camion contenente acido fosforico, mentre
l’acido doveva andare in un silos a decantare. Com’è stato possibile? Di chi è
la responsabilità? Ma davvero i lavoratori tramano contro la loro vita e
volontariamente non rispettano le procedure di sicurezza che li tuteli?
Un camionista ha deciso da solo di saltare le procedure o era una prassi
abituale e perché non è stato fermato? La magistratura chiarirà. Se ci fosse
stato presente un sindacato, se ci fosse stato un rappresentante sulla
Sicurezza la tragedia ci sarebbe stata ugualmente? Io credo di no. Ed è per
questo da cittadino “normale” , senza nessun interesse di nessun tipo, da anni
mi sto battendo contro queste tragedie. I lavorati non hanno nessuna arma di
difesa se non hanno protezioni adeguate come l’articolo 18 che evita gli
“omicidi sul lavoro”. I dati raccolti dall’Osservatorio Indipendente di Bologna
morti sul lavoro lo dimostrano inequivocabilmente. Le vittime calano in
questi anni tra gli iscritti all’INAIL ma aumentano complessivamente. Siamo in
questo momento a + 6,4% anche rispetto al 2008 e addirittura + 8,7% rispetto al
23 settembre del 2013. e ricordando anche che in questi anni la crisi ha fatto
perdere milioni di posti di lavoro. Ho tempestato in questi anni di mail le
forze politiche e la stampa, ma niente, salvo rare eccezioni a nessun interessa
la vita di chi lavora. Voi pensate ad un politico, di qualsiasi schieramento e
sappiate che è stato avvertito dell’andamento delle morti sul lavoro. Ma
nessuno che si è mai degnato di rispondere e di chiedere di vedere “le carte”.
E questo vale soprattutto per chi in questo momento ci sta governando. Il 28
febbraio 2014 ho mandato una mail a Renzi, Martina e Poletti avvertendoli
dell’imminente strage di agricoltori che entro pochi giorni sarebbe
ricominciata tra gli agricoltori che sarebbero morti in tantissimi schiacciati
dal trattore. Io credo che in un paese civile e normale i ministri avrebbero
risposto, perlomeno si sarebbero informati. Invece niente, il silenzio più
totale. Da quel giorno ne sono morti così atrocemente 127. Bastava solo fare
una campagna informativa e una “leggina” per far mettere in protezione le
Cabine. Io credo che si dovrebbero vergognare. Ma tanto hanno dalla loro parte
amministratori , stampa e televisione e giornalisti che non sanno neppure cosa
vuol dire avere la schiena dritta. Ma forse non è neppure questo il motivo
dell’indifferenza verso queste tragedie. La verità è ancora più banale, della
vita di chi lavora a questa classe dirigente non importa niente. MI ARRENDO,
BASTA SACRIFICI, BASTA STARE ORE ED ORE AL COMPUTER PER RACCOGLIERE DATI E
DENUNCIARE. NON SERVE A NIENTE, CHI LAVORA E’ ORMAI SOLO MERCE E NEPPURE DELLA
PIU’ PREGIATA.
Carlo Soricelli
curatore dell'Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro
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