comunicato stampa
davvero
scarsa la partecipazione degli operai dell’Ilva allo sciopero dei
metalmeccanici e questo non certo perchè gli operai non ci tengono al contratto
nazionale, quanto non vogliono stare al gioco truccato sulle briciole della
contesa padroni – sindacati confederali e soprattutto non ci stanno a
partecipare a uno sciopero ‘senza assemblee, niente confronto con gli operai,
nessun cenno alla questione ambientale. ...senza neanche fare un’ora di
assemblea, in barba ai principi più elementari di quella democrazia tanto
decantata dai sindacati. .. Operai che quando espongono problemi concreti della
loro condizione di lavoro e di salute non trovano alcun appoggio reale
....operai che non vogliono partecipare allo strano giochetto con cui i
delegati, membri di direttivi e compagnia cantando che quando è sciopero ci
vanno in permesso sindacale, mentre gli operai normali perdono la giornata.
Noi vogliamo una assemblea generale di tutti gli operai sulla questione
contratto, ma soprattutto sulla questione svendita dell’Ilva, chiusura afo 4,
sicurezza e ambiente.. cosa che i sindacati presenti all’interno USB compresa ,
si guardano bene dal fare.
Ma i nodi fra non molto verranno al pettine in termini di esuberi e
novazione dei contratti sicurezza, diritti ambiente.
operai Ilva
Slai Cobas per il sindacato di classe Taranto
slai cobasta@gmail.com
347-1102638
10 giugno 2016
In silenzio in fabbrica, ma pronti invece
a correre a Bari – dove interverrà tra gli altri il segretario generale Fiom
Maurizio Landini – a parlare addirittura di potere d’acquisto del salario, di
condizioni di lavoro, di tutela e rilancio dell’occupazione, di
formazione-welfare-partecipazione.
Landini, magari, nel suo discorso dovrà
spiegare come si può perseguire la strada della partecipazione se i lavoratori
non sono coinvolti in prima persona. Perché riteniamo che non basta un
volantino striminzito per spiegare le ragioni di uno sciopero. Forse si teme
che le assemblee diventino luoghi di confronto in cui i lavoratori chiedano ai
propri delegati di rispondere alle perplessità e alle paure circa il futuro
della fabbrica? Il futuro prossimo nello stabilimento più inquinato ed
inquinante d’Europa potrebbe infatti significare esubero per molti di loro.
Già, esubero. Significa quindi che per molti di questi operai si prospetta la
possibilità di andare a casa. Sembrerebbe infatti che a breve l’altoforno/4
(tornato in funzione nel 2011 dopo tre anni di lavori di ristrutturazione)
potrebbe fermarsi, spegnersi definitivamente. Conferme a questo proposito
arriverebbero dalla presenza sull’impianto di materiali che dovrebbero servire
a bloccarne le funzioni. Anche il carbon coke dovrebbe essere acquistato e non
più prodotto nel siderurgico con la conseguente chiusura di tutte le batterie
tranne la decima, undicesima e dodicesima. La produzione dell’acciaio di Stato,
con Afo/5 spento da oltre un anno, dovrebbe concentrarsi su Afo/1 e su Afo/2,
il reparto che la Procura di Taranto sequestrò senza facoltà d’uso dopo
l’incidente in cui perse la vita l’operaio Alessandro Morricella, investito da
una colata di ghisa incandescente, e oggi in marcia per effetto del decreto
voluto dal governo Renzi. Uno dei tanti decreti salva Ilva – siamo a quota 10 –
che non tengono minimamente in considerazione la sicurezza e la salute dei
lavoratori del siderurgico e dei cittadini di Taranto. Mentre i sindacati
preparano gli autobus per raggiungere Bari, mentre il Pd esulta ancora per il
decimo decreto salva Ilva (sposta il termine per depositare le offerte dal 23
al 30 giugno e viene nominato dal ministero dell’Ambiente un comitato di
esperti che, entro 120 giorni, deve esprimere un parere sulle eventuali
proposte di modifica del piano ambientale presentate dai gruppi privati
interessati all’acquisto), il Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti
propone il piano B per Taranto. Ribadiamo che l’unica vera scommessa che il
nostro territorio deve vincere, salvaguardando lavoro e salute, sarà la
chiusura programmata di tutte le fonti inquinanti, bonifica, formazione e
reimpiego degli operai. Elaborazione e attuazione di progetti di pubblica
utilità e di bonifica (previa nuova formazione di tutti i lavoratori), mobilità
lunga finalizzata al prepensionamento con un accordo, come avvenuto in passato
nel 1994 che stabilisca costi, modi, tempi e beneficiari, benefici per
l’amianto, che ricordiamo essere presente nello stabilimento così come
dichiarato da Bondi. Incentivi alla fuoriuscita volontaria (da quantificarsi e
a carico dello Stato) e accesso al Fondo europeo di adeguamento alla
globalizzazione (FEG/FEAG) per offrire un sostegno ai lavoratori in esubero. Le
nostre proposte sono note da tempo. E ora è tempo di raccogliere la sfida del
cambiamento, perché quello delle chiacchiere è finito
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