Cari compagni, non sono riuscito a partecipare all'assemblea telematica da voi organizzata il 13 marzo in occasione dell'anniversario della Strage operaia della Mecnavi al Porto di Ravenna. Ero di ritorno con il treno dalla grande manifestazione proletaria di Piacenza contro la repressione antioperaia (Piacenza e Prato), per la libertà dei lavoratori arrestati, partecipatissima nonostante i divieti, ma ho avuto dei problemi con le coincidenze al ritorno. Vi invio un intervento scritto come contributo alla discussione sui temi dell’assemblea da voi proposta.
La strage operaia della Mecnavi, suscitò rabbia e dolore e tutti in coro, confederali, padroni, istituzioni dissero ipocritamente “mai più”. Invece i morti sul lavoro continuano a ritmo di 4 operai al giorno.
La lotta per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e nell'ambiente dev'essere rilanciata. 57 morti sul lavoro nel mese di febbraio, 123 dall'inizio dell'anno. Dai Tribunali dei padroni escono sentenze solo favorevoli all’impunità dei padroni. L’ultima è la sentenza di Viareggio, dove la Cassazione ha prescritto e cancellato i reati di “omicidio colposo plurimo” per i dirigenti di Ferrovie.
Diciamo spesso che l'unica giustizia è quella proletaria, ma cosa possiamo fare per quest’obiettivo?
Pensiamo che la maniera migliore per commemorare la strage dei 13 operai uccisi dal profitto al Porto di Ravenna nell''87, morti asfissiati nei cunicoli di una nave come topi perchè i padroni assassini gli avevano negato sicurezza e diritti, con il ricatto del lavoro nero, sia quella di rilanciare la lotta generale su questi temi e di organizzare iniziative in presenza, in sicurezza per la pandemia, ma che nessuna assemblea telematica può sostituire.
Proprio l'anno scorso ci eravamo incontrati per organizzare l'iniziativa a Ravenna ma abbiamo dovuto cambiare programma e annullare l’evento perchè era appena scoppiata la pandemia. Come non sono “fatalità” le morti sul lavoro, così anche la pandemia è un prodotto di questo sistema di produzione che si basa sul profitto dei padroni che hanno distrutto l’ambiente con le monoculture e gli allevamenti intensivi. I padroni e i governi al loro servizio l’hanno poi trasformata in strage.
Come voi, anche noi pensiamo che occorra la ripresa di un’attività a livello nazionale su queste questioni, lavorando per unire, organizzare, promuovere una larga aggregazione di energie che si rendano protagoniste nel condurre una battaglia di civiltà contro la barbarie della guerra quotidiana dei padroni assassini.
La lotta contro le morti sul lavoro e la lotta contro precarietà, cassintegrazione, attacco al diritto di sciopero, la rappresaglia padronale e poliziesca, sono tutte lotte che attaccano la radice del modello di produzione capitalistico. Se c’è ancora chi pensa che queste lotte si possono fare solo in ambito aziendale o solo a livello territoriale, ci deve dimostrare con i fatti che così i lavoratori possono portare a casa dei risultati. La nostra esperienza come Rete nazionale per la salute e sicurezza dimostra invece che è necessario organizzare un fronte ampio di lotta, una Rete appunto, per condurre questa battaglia.
Abbiamo unito, come Rete nazionale, tanti soggetti diversi, dai delegati sindacali extraconfederali agli studenti, dall’associazioni dei famigliari delle vittime, a qualche giornalista, a qualche avvocato, all’intellettuale.
Abbiamo organizzato 2 manifestazioni nazionali (5 mila a Torino e 5 mila patecipanti a Taranto), una presenza in tutte le realtà dove sono avvenuti incidenti mortali, un Convegno nazionale sul nesso “morti su lavoro/precarietà” organizzato proprio a Ravenna e moltissime iniziative territoriali. Attraverso la Rete nazionale è stato possibile coordinare tutte le vicende legate a queste questioni.
A Ravenna abbiamo occupato un’agenzia interinale proprio il 13 marzo, proprio al Porto dove incidenti e morti sul lavoro si sono susseguiti anche dopo la Mecnavi, come nel 2006, quando era morto sul lavoro l’operaio Vertullo, al suo primo giorno di lavoro, dopo solo un’ora di lavoro. Una lotta che non potevamo certo fare assieme ai confederali che si sono dimostrati parte del problema (caporali, gestione diretta dell’Agenzia interinale). Una lotta a cui la compagnia portuale, e con essa i confederali con in testa la CGIL, ha reagito portandoci in Tribunale con cui 7 di noi hanno ricevuto un decreto penale di condanna.
Poi ci sono stati i processi che dobbiamo considerare come parte di questa guerra e che richiedono una mobilitazione, dalla Thyssen all’ILVA, all’ Eternit se non si vuole delegare ai giudici borghesi questa battaglia.
Abbiamo lanciato campagne a difesa dei delegati combattivi licenziati per rappresaglia dai padroni, come Dante De Angelis, Riccardo e altri, portando avanti denuncia e mobilitazione.
L’esperienza della Rete nazionale per la salute e sicurezza non è stata solo di denuncia ma anche di proposte che, proprio perché sostenute come Rete nazionale, hanno potuto avere la forza necessaria nella costruzione di vertenze.
Il legame con la lotta di classe è l’altro elemento che dà la forza necessaria a questa battaglia, con i lavoratori protagonisti delle lotte per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Con scioperi e fermate nei luoghi di lavoro la realtà dell'Assemblea dei lavoratori combattivi si sta già battendo su questi temi e quelle lotte secondo noi vanno rafforzate, sostenute ed estese. Come la scadenza prossima del 17 aprile contro la gestione fallimentare della pandemia da parte di governo ed istituzioni, sulla questione vaccini.
La questione dei processi contro i padroni assassini, dicevamo, è terreno di lotta. Oggi la madre di tutti i processi è il processo all’ILVA di Taranto, oggi ArcelorMittal, il maxiprocesso “ambiente svenduto” che ha unito diverse realtà di lavoratori, medici e avvocati esperti sul fronte della salute e sicurezza in fabbrica. Ma è anche un processo che ha al centro il conflitto capitale/lavoro, capitale/natura, l'inquinamento ambientale per cui “nocivo è il Capitale, non la fabbrica”, del rapporto tra fabbrica e territorio che caratterizza la situazione dell'AM a Taranto. Questo processo riguarda tutta la classe operaia del nostro paese. L’azione dei compagni dello Slai Cobas per il sindacato di classe di Taranto al processo, in fabbrica e in città, deve essere sostenuta perché è una lotta esemplare che unisce la lotta per l’occupazione con la salute e la sicurezza per gli operai, contro padroni e governo, in opposizione ai sindacati filopadronali e all'ambientalismo che ne chiede la chiusura.
Per concludere: la battaglia per la sicurezza e salute nei luoghi di lavoro e nell’ambiente è di lunga durata. Considerate, compagni, questo intervento come un contributo a questo processo. E’ una guerra e dobbiamo combatterla. Tenetemi informato sulle vostre proposte.
Enzo per lo Slai Cobas per il sindacato di classe – Ravenna
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