(Riportiamo
- aggiornato - un articolo giù uscito su questo blog).
Quello che
Matteo Renzi va spacciando come nuovo piano per il lavoro (dandogli anche un
termine inglese, che fa tanto moderno...: "Jobs Act"), che
eliminerebbe il precariato, altro non è che la riedizione della proposta di
Ichino, fatta a suo tempo per accompagnare l'attacco all'art. 18.
Vale a dire:
le ditte non pagherebbero i contributi nei primi tre anni, che quindi sarebbero
a carico dello Stato, e quindi di tutti i lavoratori, e i neoassunti verrebbero
esclusi dall'applicazione dell'articolo 18 per i primi tre anni, durante i
quali i padroni possono tranquillamente e in ogni momento licenziarli senza
rischio di ricorsi legali. Si sta discutendo sul campo di applicazione. “se
restringerlo al primo contratto della vita lavorativa o agli under 35, oppure
per qualsiasi assunzione senza limiti di età e di numero di rapporti di lavoro
dipendenti”. Se passa quest'ultima soluzione, tra vari contratti di durata
massima tre anni e nessun limite di età, i lavoratori sarebbero a vita sempre e
in ogni momento licenziabili!!
Per questo
Renzi nelle interviste sta dicendo che non vuole parlare sull'art. 18, o di
modifiche della riforma Fornero (che continua pietosamente a chiedergli
Maurizio Landini); infatti di cosa dovrebbe parlare se con questo piano
l'art.18 è bello che sparito, almeno per i primi tre anni, poi...
La
flessibilità “in entrata”, come dice Renzi, è in realtà tutta in “uscita”; “l'appetibilità”
per i padroni per le assunzioni con questo contratto di inserimento ci potrebbe
essere proprio perchè garantisce la “flessibilità in uscita”, che non verrebbe
certo scoraggiata a causa dell'“indennità risarcitoria” che si vuole introdurre
nella prima fase dato che già Renzi sta pensando di renderla poco onerosa per
le aziende.
La proposta
del piano Renzi, con il suo effettivo mentore, Ichino, di un contratto unico,
per - si dice - eliminare i contratti a termine che si susseguono, quelli interinali,
ecc., in realtà è l'unificazione al livello più basso (anche a livello di
inquadramento contrattuale e quindi retributivo), sarebbe l'unificazione di
tutte le forme di precarietà in una sola, senza più limiti e rischio di
vertenze per i padroni.
Stessa unificazione al ribasso riguarderebbe la introduzione di una retribuzione minima oraria garantita per tutti i lavoratori, e in particolare per precari, immigrati, donne che rientrano dalla maternità... Al di là che in questo modo si vuole rendere legale l'illegalità (già in essere), vale a dire la non applicazione dei contratti a questa settori di lavoratori, lavoratrici, questa proposta è davvero oscena anche dal punto di vista della filosofia oggettivamente razzista, sessista che l'accompagna, e che cristallizza, invece di rimuoverla, una condizione di inferiorità.
Stessa unificazione al ribasso riguarderebbe la introduzione di una retribuzione minima oraria garantita per tutti i lavoratori, e in particolare per precari, immigrati, donne che rientrano dalla maternità... Al di là che in questo modo si vuole rendere legale l'illegalità (già in essere), vale a dire la non applicazione dei contratti a questa settori di lavoratori, lavoratrici, questa proposta è davvero oscena anche dal punto di vista della filosofia oggettivamente razzista, sessista che l'accompagna, e che cristallizza, invece di rimuoverla, una condizione di inferiorità.
Altro
aspetto del piano riguarda i contratti flessibili, per cui il progetto prevede
l'estensione delle tutele: dalla maternità alla malattia... Ma questa, che non
è affatto una proposta nuova, lascerebbe sempre intatta tutta l'illegalità di
rapporti di lavoro di fatto dipendenti, come e più di quelli effettivi,
spacciati, anche con Renzi, come rapporti parasubordinati. Si pensa anche di
far tornare i co.co.co (collaborazioni coordinate e continuative) al posto dei
contratti a progetto per rendere di fatto più larghi, flessibili i tempi e i
modi di utilizzo del lavoratore.
Infine, l'altra "vecchia novità" del sussidio di disoccupazione universale al posto dell'attuale cassa integrazione, che dovrebbe essere uguale per tutti, senza distinzione in base alle dimensioni dell'azienda, all'area geografica, all'età anagrafica. Anche qui ci troviamo all'unificazione delle condizioni di coloro che hanno perso il lavoro, ma al più basso livello. Gli operai attualmente in cassintegrazione ci perderebbero due volte, per l'entità e la durata del sussidio, ma soprattutto perchè verrebbe immediatamente interrotto ogni rapporto con l'azienda, senza alcuna possibilità, come ora, di rientro.
Infine, l'altra "vecchia novità" del sussidio di disoccupazione universale al posto dell'attuale cassa integrazione, che dovrebbe essere uguale per tutti, senza distinzione in base alle dimensioni dell'azienda, all'area geografica, all'età anagrafica. Anche qui ci troviamo all'unificazione delle condizioni di coloro che hanno perso il lavoro, ma al più basso livello. Gli operai attualmente in cassintegrazione ci perderebbero due volte, per l'entità e la durata del sussidio, ma soprattutto perchè verrebbe immediatamente interrotto ogni rapporto con l'azienda, senza alcuna possibilità, come ora, di rientro.
Inoltre
questo sussidio di disoccupazione è condizionato all'obbligo di frequentare un
percorso di formazione - che se fosse legato ad una riqualificazione per un
effettivo sbocco occupazionale potrebbe anche essere utile, ma in realtà, come
alcune esperienze già mostrano, si tratta solo di ore di tempo sprecate,
inutili, senza prospettiva, usate di fatto in forme ricattatorie.
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