mercoledì 26 febbraio 2014

29 gennaio: Padroni assassini e sindaci PD complici anche alla Ferriera di Trieste - gli operai sciopero e occupazione della Ferriera

Rinviati a giudizio due dirigenti dell'impianto che avvelena il quartiere di Servola. Il sindaco Cosolini (Pd) aveva parlato di "giornalismo a orologeria". "Se abiterei lì? La domanda è mal posta" 

Alla Ferriera di Servola, l’impianto siderurgico di Trieste, dopo l’inchiesta de ilfattoquotidiano.it sui sospetti sversamenti di catrame arrivano i primi rinvii a giudizio per il direttore dello stabilimento Giuseppe Bonacina e per il commissario straordinario della Lucchini s.p.a., Piero Nardi, per violazioni ambientali. Al centro dell'indagine il video da noi pubblicato ad ottobre in esclusiva, in cui è riconoscibile una sostanza scura e densa che viene versata a terra  di Franz Baraggino e Stefano Tieri
Ferriera di Trieste, dati sulla mortalità legata alle emissioni battono Taranto
Ogni limite legale viene sistematicamente sforato. A parità di popolazione, prendendo in considerazione le morti connesse all'inquinamento degli impianti siderurgici, il numero registrato nel capoluogo giuliano (1959 decessi) è doppio rispetto a quello della città dell'Ilva

“Il bianco panorama” della Trieste di Umberto Saba si tinge di grigio. E in città capita di ammalarsi a causa dell’inquinamento, persino di morire. Le emissioni rilevate dalle centraline in prossimità della Ferriera, lo stabilimento siderurgico da molti considerato il “cancro della città”, non lasciano dubbi. Ogni limite legale, ormai da anni, viene sistematicamente sforato. Un allarme che trova riscontro nei dati sulla mortalità, dove il capoluogo giuliano supera anche Taranto. E se la speranza è l’ultima a morire, quella nelle promesse della politica non gode di buona salute. Mentre è in atto l’ennesimo passaggio di proprietà, tocca alla presidente Debora Serracchiani promettere il risanamento ambientale: “Faremo tutto il possibile”. Ma a Servola, il rione maggiormente esposto ai fumi della Ferriera, i dubbi sono ormai più delle certezze. Nella città giuliana non esiste giornata realmente limpida: sia che la si guardi dal mare, passeggiando lungo il litorale di Barcola, sia che la si ammiri dall’altipiano del Carso, ad un passo dalla confinante Slovenia, è impossibile che l’occhio non venga catturato da un quartiere perennemente immerso in una cappa di polveri e fumo. Servola, il Tamburi di Trieste, dal 1896 ospita al suo interno un impianto siderurgico conosciuto con il nome di Ferriera; dopo più di un secolo di storia, a vederlo dal di fuori, lo si giudica poco più di un rudere.
Il progetto S.E.N.T.I.E.R.I. è stato finanziato dal Ministero della Salute. Ha analizzato la mortalità delle popolazioni residenti nei pressi dei Siti di Interesse Nazionale per le bonifiche, tra gli altri, quelli di Taranto e Trieste. Il periodo esaminato va dal 1995 al 2002, anni in cui, spiegano i servolani, la situazione non aveva ancora raggiunto gli attuali livelli di gravità. Confrontando i dati delle due città arrivano le sorprese: a parità di popolazione, prendendo in considerazione le morti connesse all’inquinamento degli impianti siderurgici, il numero registrato a Trieste (1959 decessi) è doppio rispetto a quello di Taranto (1072).
Dati allarmanti, legati a doppio filo a quelli sulla concentrazione di inquinanti nell’aria. E qui una premessa va fatta: chi si aspetta che le centraline di misurazione delle sostanze inquinanti siano pubbliche rimarrà deluso. Quelle poste nelle vicinanze dello stabilimento sono gestite, infatti, da Elettra Produzione S.r.l, società privata che proprio dalla Ferriera ottiene i gas di cokeria con cui produce energia (giovando inoltre della delibera sui CIP6 che le permette di rivendere l’energia così prodotta ad un prezzo maggiorato): un conflitto d’interessi a regola d’arte.
Fortunatamente una centralina pubblica esiste. È collocata nel giardino di un’abitazione privata, a pochi metri dall’impianto siderurgico. C’è, ma è come se non ci fosse: la centralina non è stata, ad oggi, ancora mai utilizzata dalle autorità competenti per prendere quei provvedimenti risolutivi che le leggi in materia consentono. Su di essa, fino a quest’estate, pendeva una diffida del gruppo Lucchini, proprietario della Ferriera: nel 2009 la società intimò all’amministrazione regionale di rimuoverla, contestandone l’ubicazione. Non ottenendo riscontro dalla Regione la Lucchini decise di fare ricorso al Tar, la cui sentenza è arrivata quest’estate: il ricorso, dichiarato “inammissibile”, è stato rigettato, poiché non si sono viste “quali illegittimità possano sussistere in una scelta autonoma della regione o degli enti esponenziali della regione (Arpa) di collocare una centralina in un centro abitato”, al cui interno vivono persone con eguale diritto a respirare un’aria decorosa. Da notare infatti che la centralina contestata è a 220 metri dalla cokeria (fonte principale delle emissioni di benzo(a)pirene), da cui i primi condomini distano invece appena 160 metri.
Leggendo i valori misurati dalla centralina contestata si intuisce il perché della diffida: rispetto a quelli riportati dalle altre sono straordinariamente alti e superano ogni limite legale. Per le polveri sottili PM10, associate a un aumento della mortalità respiratoria, il valore limite giornaliero nei primi nove mesi del 2013 è già stato superato 70 volte (a fronte dei 35 sforamenti tollerati annualmente); per quanto riguarda il benzo(a)pirene, cancerogeno, la concentrazione nell’aria nei primi otto mesi dell’anno – di 1,77 ng/m3 – è tale da rendere impossibile il rispetto del limite annuale di 1 ng/m3. Nel 2012 non è andata meglio: gli sforamenti delle PM10 sono stati 99, mentre il limite del benzo(a)pirene è stato superato di tre volte, avendo registrato una media di 3,4 ng/m3.
Un approccio di questo tipo, strettamente normativo, non può però descrivere fino in fondo la drammatica situazione vissuta dai servolani, negli ultimi anni decisamente peggiorata. La salute, che riguarda il benessere psicofisico di una persona, non viene alterata solamente dalla presenza di una particolare sostanza nell’aria. A questo inquinamento bisogna aggiungere quello dei terreni e dell’acqua (la Ferriera si affaccia proprio sul mare, a volte ricoperto da una sospetta schiuma bianca), il rumore delle sirene anche nel pieno della notte, la puzza di zolfo, le polveri presenti ovunque, la paura di scendere in strada. Lo stesso concetto è stato espresso in molte lettera dell’Azienda sanitaria agli enti locali. L’ennesima è stata inviata un anno fa all’assessore all’ambiente del Comune di Trieste, dove si è fatto notare come abbiano più volte evidenziato (a partire dal 2007) i “rischi per la salute umana e l’ambiente conseguenti ad inquinanti quali benzene, polveri e Ipa”. Osservando infine che “la presenza di un’esposizione a più inquinanti, anche se alcuni valori sono prossimi ai limiti di legge, rappresenta un fattore cumulativo di rischio portando ad un’aggressione all’organismo da parte di più sostanze che possono contribuire sinergicamente a determinare danni per la salute con effetti a lungo termine”.
Per la Ferriera di Trieste questo è un momento chiave: in seguito alla crisi economica della Lucchini (al momento l’impianto è in regime di amministrazione straordinaria, richiesto dall’azienda stessa in base alla Legge Marzano), l’ultima possibilità per il proseguimento dell’attività siderurgica è data dal gruppo Arvedi, che a giorni firmerà il contratto d’affitto dell’impianto per i prossimi 8 mesi, a cui potrebbe seguire l’acquisto definitivo. Al tempo stesso dovrà essere reso noto l’accordo di programma che chiarirà le condizioni alle quali il “cavaliere dell’acciaio” subentrerà nella gestione della Ferriera. Tra le altre, e voluta fortemente da Arvedi, quella di affrontare le ingenti spese di bonifica dell’area attingendo a fondi pubblici. E mentre sindacati e operai si mobilitano per scongiurare i tagli all’organico già previsti dalla nuova gestione, si avvicina una data importante.
A febbraio scadrà infatti l’Autorizzazione integrata ambientale concessa dalla Regione e senza la quale la Ferriera non potrà continuare la produzione. Ma l’impressione a Trieste, nonostante le generali condizioni e l’impatto ambientale, è che vogliano rinnovarla senza troppi inciampi. La presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani ci mette la faccia: “Stiamo facendo tutto il possibile per il risanamento ambientale, senza se e senza ma”. Impegno ribadito dal sindaco di Trieste, Roberto Cosolini, che sottolinea come per il Comune “l’obiettivo è garantire la continuità industriale, dentro un accordo di programma che preveda misure per il risanamento ambientale del sito”. E se l’accordo con Arvedi saltasse? “La soluzione sarebbe tutta quanta da trovare”. Insomma, nessun piano di riserva.
 di Franz Baraggino e Stefano Tieri


Trieste, gli operai occupano la Ferriera contro la cassaintegrazione

Impianto in amministrazione straordinaria e trecento lavoratori a rischio dal 4 febbraio. Al centro delle polemiche sullo stabilimento, finito nell'occhio del ciclone per l'emissione di sostanze inquinanti, la trattativa tra Lucchini Spa, attuale proprietario, e Arvedi, unica speranza per continuare la produzione
Occupazione della Ferriera e sciopero per l’intera giornata. L’azione degli operai dello stabilimento siderurgico di Trieste (promossa da CGIL, CISL, UIL, si dissocia invece l’UGL), negli ultimi anni al centro di accese polemiche per il suo inquinamento al di sopra di ogni limite legale, è dura. Dal primo mattino di ieri i lavoratori hanno bloccato la fabbrica, occupandone la direzione e negando l’accesso ai mezzi pesanti all’interno dell’impianto. Motivo: la richiesta di cassa integrazione straordinaria per 300 operai a partire dal 4 febbraio di cui ieri è arrivata la notifica ufficiale.
La situazione amministrativa dello stabilimento è al momento molto delicata: in seguito alla crisi economica del gruppo Lucchini l’impianto è entrato in regime di amministrazione straordinaria; a oggi l’unica speranza per il proseguimento dell’attività siderurgica è data dall’industriale Arvedi, attualmente in trattativa con gli enti pubblici per raggiungere un accordo di programma, la cui firma è stata più volte rimandata negli ultimi mesi e senza la quale non si potrà arrivare all’acquisto dell’impianto.
Elemento di grande preoccupazione per gli operai che temono il ritiro di Arvedi e lo stop definitivo dell’attività industriale. “Se Arvedi non subentra a Lucchini la Ferriera è destinata a chiudere”, è il commento di Luigi Isaia, R.S.U. dell’azienda eletto con la Fiom-CGIL: “La Ferriera perde 130mila euro al giorno, l’anno scorso ha perso 42 milioni di euro. I soldi ora sono finiti, senza un investitore non si va da nessuna parte”. Il sindacalista conclude però mettendo in luce un elemento di speranza per gli operai: “Il gruppo Arvedi ha acquistato una nave di minerale per permettere il proseguimento dell’attività della cokeria che quindi potrà rimanere accesa presumibilmente fino al 31 marzo. Se Arvedi non fosse ancora intenzionato all’acquisto della Ferriera perché l’avrebbe comprata?”. 
La cassa integrazione – questa la motivazione ufficiale – è stata richiesta in seguito alla decisione di chiudere temporaneamente l’altoforno per poter dare avvio a dei lavori di ristrutturazione necessari al suo corretto funzionamento. Ma i lavoratori temono che una volta chiusa la struttura potrebbe non essere più riattivata e per questo motivo hanno manifestato nei giorni scorsi parecchi malumori, culminati nell’azione di oggi.
Nel frattempo, mentre la fabbrica era occupata, nella sede della Regione si è svolto un incontro a porte chiuse tra presidente della Regione, sindaco di Trieste, presidente della Provincia di Trieste, l’ingegner Rosato (in rappresentanza del gruppo Arvedi) e sindacati. Al centro della discussione c’è stato il già citato accordo di programma, che dovrà stabilire gli impegni economici da parte di Arvedi e degli enti pubblici per quanto riguarda la bonifica delle aree inquinate e la ristrutturazione degli impianti.

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