I padroni usano la crisi, anche questa dell’epidemia, per scaricare i costi sugli operai e a queste condizioni i protocolli di cgil-cisl-uil sulla sicurezza contagio non reggono.
La produzione dell’ossigeno a Sabbio, che rispecchia quanto avviene negli altri reparti, è l’esempio di come funziona lo sfruttamento in fabbrica ai tempi del virus: collaborazione tra gli operai per compensare le carenze delle macchine, per spingere la produttività oraria e tanto orgoglio filo-aziendale.
In sintesi ecco quello che è successo nelreparto di Sabbio: dal 16 al 25 marzo e’ continuata la produzione normale con il diametro 229 di circa 2600 pezzi, dal 25 marzo al 10 aprile sono state prodotte 5000 bombole del diametro 168 per l’ossigeno (vedi articolo su eco).
Il 1 aprile sono state spedite le prime 600 bombole ossigeno mentre dal 14 aprile la produzione all’inizio della linea e’ ripartita con il 229x7,1 al carbonio che non è ossigeno, e solo verso fine aprile sono terminate le consegne “urgenti” per l’ossigeno.
In questo modo l’emergenza e la forte richiesta di ossigeno rimane, i consumi in lombardia in media sono arrivati ad aumentare del 600%, con i produttori di ossigeno che cercano disperatamente le bombole sul mercato per riempirle di ossigeno.
Infatti ancora oggi le altre aziende in Italia che fabbricano bombole non hanno mai smesso la produzione a ciclo continuo per l’ossigeno, alla faccia della produzione sociale e urgente sbandierata dalla Tenaris su tutti media nazionali.
Ma cosa è cambiato nelle condizioni di lavoro per gli operai al loro rientro in reparto dopo che è finito il ricorso ai volontari?
La ripresa a Sabbio dopo pasqua è avvenuta così: tutti gli operai sono stati inseriti in organico, nessuna comunicazione ufficiale della RSU sulla fine dei volontari, ma messaggi dei delegati sui telefoni dei singoli lavoratori che dicono che se non te la senti puoi stare a casa, ma chi si fida? Intanto si va avanti a fare 2 squadre ridotte invece che i turni pieni.
L’azienda però puo’ contare sui record che ha ottenuto con i volontari e far ricadere sugli tutti gli operai le nuove condizioni di lavoro che ha ottenuto spingendo durante la produzione per l’ossigeno con meno organici, visto che quello che conta per lei è il rapporto uomo/bombola (ad esempio alla Cridan tagliatubi hanno fatto oltre 1500 spezzoni in 3 giorni e alla verniciatrice anche 550 ma per l’azienda si puo’ arrivare a 600 a turno).
Risultato gli operai che non si allineano per il direttore sono tutti potenziali problemi da eliminare perchè sono quelli che secondo l’azienda fanno chiudere il reparto e quindi possono essere messi in ferie forzate per punizione perchè non hanno fatto i numeri di pezzi raggiunti con la squadretta, la scusa è che non ti vedo sereno, ti vedo preoccupato per il virus, e’ meglio che stai a casa in smaltimento ferie.
All’azienda non basta più che esegui la tua mansione devi spingere gli altri colleghi a farsi carico delle anomalie per mantenere la produzione a mille anche a scapito della sicurezza.
Dopo gli organici tirati all’osso grazie alle ODL (organizzaione del lavoro) concordate con i sindacati confederali, frutto delle precedenti ristrutturazioni, vogliono rosicare ancora più margine per guadagnare e spremere gli operai.
Il metro per l’azienda sono le macchine che gli costano di piu’ a livello di orario e di costi di produzione che sono il transfer e la verniciatrice, quelli dove ci sono più organici.
La parola magica è collaborazione e orgoglio, vogliono che l’operaio si assuma la responsabilita’ di dire al suo collega che oltre alla tua mansione devi intervenire a supplire anomalie dell’impianto per fare in modo che non si perda produzione.
Le dichiarazioni degli operai che abbiamo raccolto sulle fasi di lavorazione di una postazione:
“sull’impianto di verniciatrice dove ci sono minimo tre operai, il carico, lo scarico-imballo e il verniciatore che è dietro all’impianto e che deve controllare il processo di verniciatura, secondo l’azienda quando l’operatore del carico sta facendo il cambio cesto il verniciature deve venire a controllare l’avvita cappellotti per dare continuita’ al carico e non perdere bombole, anche se questo non e’ previsto dalla pratica operativa.
Una situazione frutto delle odl concordate tra sindacato e azienda che hanno consentito di tagliare sugli organici prendendo per buono le modifiche impiantistiche dell’azienda (“investimenti”) e che sulla carta ha fatto risultare che la macchina e’ al 100% automatica, quando nella realta’ non e’ cosi’.
Infatti per dimostrare la continuita’ dell’impianto prima i cappellotti venivano avvitati sulle bombole a mano fuori fuori linea nei cesti, secondo una procedura che teoricamente consente un massimo di 170 bombole a turno per operatore.
Ma nella realta’ questa postazione del carico con l’avvita cappellotti automatico invece funziona al 90 % e quindi l’operaio deve spesso intervenire eseguendo una serie di manovre, mettere la macchina in manuale, esce allarme, fare una serie di operazioni, devo avvitare a mano quello che non è funzionato in automatico, c’è la barriera di sicurezza, entra esci ripristina, non ripristina…..
Tutto questo si complica quanto si deve cambiare il cesto e quindi per non perdere produzione o questa operazione viene fatta dallo stesso operatore di corsa in 3 round, facendo piu’ volte avanti indietro tra cambio cesto e controllo carico, rischiando di farsi male, perchè e’ un dato di fatto che così aumenta il rischio per l’operaio, si puo’ inciampare e cadere, si può sbagliare…..oppure secondo l’azienda deve “collaborare” il verniciatore che deve abbandonare la sua postazione di controllo e venire ad aiutare il carico, mentre l’operatore del carico cambia il cesto, cosi la macchina continua a funzionare, ma cosi hai lavorato a 4 mani e non a 2 mani e questo incide sul tempo ciclo e sulla produzione.
Terza opzione e’ come fanno i caschi blu: inizia a cambiare il cesto, fa svuotare un po il piano di carico della sabbiatrice, poi torna indietro riprende con il manipolatore a caricare avanti indietro e ricarica le bombole in manuale, nel frattempo va avanti a movimentare il cesto e poi riprende a caricare il piano di carico…..quindi andare avanti indietro piu’ volte con il rischio di dimenticare quello che sto facendo, creare casino, rischiare di inciamparsi, di cadere, manovrare la gru e il cesto in un certo modo, ma questo non è in pratica operativa e non lo sarà mai, perchè così non si è in sicurezza e invece serve attenzione per non farsi male.
E’ così che l’azienda arriva a fare i numeri, non fa i fermi di cambio cesto e recupera ogni volta 8-10 minuti che sono 20 bombole ogni cambio cesto, che sono 100 ,120 bombole in più a turno alla verniciatrice facendo 500 pezzi ma anche arrivando a 600 con i volontari, con personale da pochi giorni in affiancamento e con altro operaio che gli diceva cosa fare, tutto questo è stato fatto “normalmente”.
Servirebbe una persona in più nell’area per cambiare i cesti e avere la continuita’ dell’impianto, mentre se andiamo avanti così tra un po il verniciatore non ci sara’ piu’ e sara’ quello dello scarico che andra’ a vedere il ciclo di verniciatura e coadiuvare il carico….
e quando scenderanno le bombole verniciate male il problema sara colpa dell’operaio…..
Si è spinto sui ritmi e sui tempi per poi dover tenere fermo la verniciatrice per giorni e quindi ritardare le bombole ossigeno perchè la prova idraulica, l’impinato a valle, non ha potuto produrre perchè non c’era personale sufficiente o perchè con un solo turno su quella postazione non si può stare dietro alla alimentazione della verniciatrice in linea.
Questo a riprova che all’azienda non gli fregava niente di organizzare il ciclo continuo per produrre per l’emergenza il maggior numero di bombole nel minor tempo, ma spingere la produttività sulle macchine e invece di essere in 30 operai così ne bastano 20.
La commessa di bombole per l’ossigeno nel reparto di sabbio non è stata una produzione sociale ma la foglia di fico per non chiudere la Tenaris Dalmine e continuare a produrre anche in altri reparti i tubi del petrolio, inoltre grazie ai volontari e alla sperimentazione fatta con turnazioni a ranghi ridotti l’azienda vuole imporre anche negli altri reparti, una produzione di “emergenza” ai tempi del coronavirus scaricando sugli operai il peggioramento delle condizioni di lavoro.
Ma piu’ diamo al padrone margine per guadagnare, più ci stiamo scavando la fossa con le nostre mani.
Gli operai non hanno altro altra strada se non quella di unirsi collettivamente per difendersi.
Iniziamo dal raccogliere e denunciare le situazioni di peggioramento nei reparti.
Un primo passo necessario per costruire la nostra forza e imporre con la lotta la sicurezza sul posto di lavoro e la difesa del posto di lavoro, fuori e contro i sindacati confederali che invece stanno cogestendo la ripartenza per i profitti dei padroni.
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