FACCIAMO
PAGARE LA CRISI AI PADRONI!
L’emergenza
pandemica sta evidenziando le contraddizioni strutturali di questo
sistema in ogni suo aspetto del suo dominio.
Un’emergenza
epidemiologica non fortuita, ma strettamente connessa all’invasiva
espansione della produzione capitalistica che non risparmia alcun
ecosistema.
Sono
infatti in progressivo e costante aumento la deforestazione e la
desertificazione, l’incremento irreversibile della temperatura
terrestre che produce ciclicamente catastrofi naturali,
l’agribusiness e l’allevamento intensivo.
Un
sistema che è fondato unicamente sulla ricerca della massimizzazione
del profitto e all’accumulazione, sul massiccio sfruttamento di
vite e sulla predazione di risorse su scala globale non
poteva che provocare, tra i suoi rovinosi effetti sociali, anche
questa crisi sanitaria mondiale.
Una
crisi che, esasperando e aggravando una recessione economica
già
preesistente, sta scuotendo l’intero sistema produttivo,
peggiorando le condizioni di vita e di lavoro del proletariato e
delle classi lavoratrici, sulle quali il padronato e i governanti
europei cercheranno di accollare ancora una volta i costi economici e
sociali delle loro manovre e delle loro ristrutturazioni..
L'impoverimento
generale, già generalizzato da anni di austerità, è già è in
atto: centinaia di migliaia di operai attendono ancora l'erogazione
della cassa integrazione o della FIS, aumenta la disoccupazione, il
diritto di sciopero e l’attività sindacale sono limitati e
repressi da forze di polizia ed esercito.
In
un contesto di scontro tra le diverse borghesie nazionali, le misure
dei governi nazionali e sovranazionali hanno tutte come denominatore
comune la creazione di ulteriore
debito: le già misere “misure di emergenza” che oggi
vengono varate dal governo Conte a per i lavoratori e i disoccupati
(CIG, CIGS, FIS, reddito di emergenza, bonus e agevolazioni varie),
domani ci chiederanno di restituirle con gli interessi attraverso una
nuova stagione di sacrifici, di attacchi
al salario, ai diritti e al welfare.
In
questi mesi di lockdown abbiamo assistito al fallimento totale nella
gestione dell’emergenza e a una catastrofe provocata da anni di
tagli e di distruzione programmata del sistema sanitario nazionale.
Nel mentre gli ospedali erano al collasso, il Governo e i
rappresentanti locali hanno accettato supinamente i diktat del
padronato e di Confindustria, che hanno imposto la difesa oltranzista
del profitto a discapito della vita di milioni di lavoratori e
lavoratrici, costretti a lavorare in assenza di misure di sicurezza e
prevenzione, contagiando se stessi e le loro famiglie, affollando
ulteriormente i reparti di rianimazione e in molti casi morendo a
causa del CoViD-19 contratto sul lavoro (come testimoniano gli stessi
dati pubblicati dall'INPS).
Gli
ipocriti e ingannevoli richiami all'unità nazionale contro il virus
e la retorica del “siamo tutti sulla stessa barca” puntano a
nascondere la cruda realtà: mai come in questi mesi è apparso
evidente che l'unico interesse che sta a cuore ai padroni e ai
governanti è la tutela del profitto, con ogni mezzo e a tutti i
costi!
Questo
stato di cose è però foriero di grandi esplosioni di malcontento e
di protesta, e richiama la necessità di porre con forza
all'attenzione dei lavoratori e degli oppressi la necessità
oggettiva e immediata del superamento su scala internazionale del
sistema di sfruttamento capitalistico.
Ed
è per questi motivi che noi lavoratori della logistica considerati
carne da macello, con le nostre vite considerate un’inevitabile
costo da pagare; noi addetti alla sanità, infermiere, infermieri e
medici diventati “eroi” nel momento stesso in cui venivamo
mandati al massacro; noi lavoratori immigrati delle campagne
sfruttati e sottopagati; noi addetti alle pulizie; noi operai di
fabbrica trattati al pari delle macchine con cui lavoriamo in catena
di montaggio; noi lavoratori del turismo e dello spettacolo, senza
lavoro e senza salario; noi insegnanti e supplenti precari; noi
disoccupati, intermittenti, precari e a nero dai mille lavori e
contratti, spremuti come limoni nei mille rivoli del decentramento
della produzione capitalista e costretti a sopravvivere con paghe da
fame; noi donne proletarie discriminate per il loro genere; noi rider
che incontrate sulle nostre biciclette per portarvi a casa il cibo;
noi studenti di scuole squalificate
e senza futuro
abbiamo
deciso di prendere in mano le sorti delle nostre vite, con la
consapevolezza che i nostri interessi immediati e futuri sono
contrapposti e incompatibili agli interessi di chi ci sfrutta e di
chi ci governa.
Abbiamo
compreso insieme che è necessario ripartire con la lotta proprio dai
nostri bisognii materiali indicando però anche l’immaginario di
un nuovo tipo di società possibile, necessaria e
indispensabile per il loro completo soddisfacimento: una società
libera dal capitalismo e dalle sue logiche di miseria e di
sfruttamento
Abbiamo
deciso, dopo diversi momenti di confronto nazionale di convergere e
di dar vita a un patto
d’azione, un fronte unico
anticapitalista che ricomponga, nel conflitto e nella prospettiva
politica di una trasformazione radicale della società, le diverse
lotte presenti sul piano nazionale e locale.
Abbiamo
deciso di scendere in piazza SABATO 6 GIUGNO per una giornata
di mobilitazione nazionale articolata in tutti territori dove ad ora
siamo presenti, con una piattaforma di rivendicazioni unificanti.
Al
degrado e alla miseria attuale i proletari devono contrapporre
un’alternativa di classe tesa al superamento della schiavitù
salariata, e perciò incompatibile con gli interessi di sopravvivenza
del capitale.
Facciamo
appello a tutte le realtà sociali, sindacali e politiche che
condividono questa necessità, e ai singoli proletari stanchi di
sfogare la propria rabbia solo sui social virtuali, a partecipare in
massa alla giornata del 6 giugno e ai prossimi appuntamenti del Patto
d'azione.
***
1-
Salario medio garantito per disoccupati, sottoccupati, precari e
cassintegrati;
2-
Riduzione drastica e generalizzata dell'orario di lavoro a parità di
salario: lavorare meno, lavorare tutti;
3-
I costi della pandemia siano pagati dai padroni, a partire da una
patrimoniale del 10% sul 10% più ricco della popolazione;
4-
Libertà di sciopero e agibilità sindacale: contro i divieti delle
questure, dei prefetti e della Commissione di garanzia sugli
scioperi: se si lavora si ha anche il diritto di svolgere attività
sindacale e di scioperare;
5-
Abrogazione dei Decreti-sicurezza: no alla militarizzazione dei
territori e dei luoghi di lavoro;
6-
Drastico taglio alle spese militari (un F35 equivale a 7113
respiratori) e alle grandi opere inutili e dannose (quali TAV, TAP,
Muos);
7-
Piano di assunzione di nuovo personale sanitario: scorrimento degli
idonei e delle idonee nelle graduatorie pubbliche e stabilizzazione
dei precari e delle precarie, per garantire anche l'abbattimento dei
turni di lavoro e le ferie bloccate;
8-
Requisizione immediata di tutte le cliniche private, anche oltre
l'emergenza, per ricostruire tutti i servizi sanitari territoriali
distrutti; contro la mercificazione della salute, per un servizio
sanitario unico, universale, efficiente e gratuito;
9-
Regolarizzazione e sanatoria per tutti gli immigrati, a partire dalle
migliaia di “irregolari” del settore bracciantile; contro la
regolarizzazione-beffa “Conte-Bellanova”: permessi di soggiorno,
documenti anagrafici e riconoscimento pieno per tutti gli
immigrati; garanzia di salario diretto e indiretto, diritto
all'abitare e assistenza sanitaria; chiusura dei CPR e riapertura dei
porti;
10-
Blocco immediato degli affitti, dei mutui sulla prima casa e di tutte
le utenze (luce, acqua, gas, internet) per i disoccupati e i
cassintegrati; blocco a tempo indeterminato degli sgomberi per tutte
le occupazioni a scopo abitativo;
11-
Revoca di qualsiasi progetto di "Autonomia differenziata",
che penalizza i proletari e i lavoratori del Sud;
12-
Amnistia e misure alternative per garantire la salute di tutti i
detenuti e di tutte le detenute.
Patto
d’Azione per un fronte anticapitalista
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