Distretto toscano del cuoio,
il lato oscuro: “Dipendenti in nero, precarietà raddoppiata e rischi per la
salute”
Il rapporto realizzato dal Centro nuovo modello di
sviluppo e dalla campagna Abiti puliti rivela che "sono violati i diritti
dei lavoratori". Nel corso delle ispezioni sono state riscontrate
irregolarità per il 21% degli addetti. Il 19% delle malattie professionali sono
tumori
Un lavoro sempre più precario, spesso in nero,
rischioso per la salute. E’ quello che svolgono gli addetti del distretto
industriale di Santa Croce sull’Arno, tra le province di Pisa e
Firenze, ribattezzato la “Repubblica del cuoio”. A scattare la fotografia è
il rapporto “Una dura storia di cuoio“, realizzato dal Centro nuovo
modello di sviluppo e dalla campagna Abiti puliti.
La ricerca fa
luce sulle condizioni di lavoro in una zona che rappresenta uno dei fiori
all’occhiello del nostro Paese: con 240 concerie, oltre 500 laboratori
terzisti e 12.700 addetti, il distretto contribuisce al 70% di
tutto il cuoio per suole prodotto in Europa e al 98% di quello italiano.
E bisogna tener presente che la Penisola genera il 17% del valore della
produzione mondiale di pelli finite, pari a 5,25 miliardi di euro. Nel
dettaglio, il distretto di Santa Croce comprende i comuni di Bientina,
Castelfranco di Sotto, Montopoli Valdarno, Santa Croce sull’Arno, Santa
Maria a Monte, San Miniato e Fucecchio. Qui la maggior parte delle
aziende è di piccole dimensioni, con una media 11 lavoratori per impresa.
Ma il rapporto sottolinea il dato sulla diffusione della precarietà,
soprattutto negli ultimi anni. “Nel 2012 – spiega la ricerca – i lavoratori
interinali presenti nel distretto di Santa Croce erano 1.733. Nel 2014
li troviamo a 3.451, il doppio esatto. Segno che nel distretto il lavoro
è cresciuto, ma in forma sempre più precaria”. Nel 2014, prosegue il documento,
tre posti su quattro sono stati trovati tramite agenzia interinale. La
ricerca evidenzia anche il dato sulla frammentazione del lavoro. “Nel
2014 – precisa il testo – i lavoratori interinali sono stati 3.451, ma i contratti
stipulati sono stati 5.021: uno e mezzo a testa. Il che indica che
molti dipendenti lavorano a singhiozzo per periodi che possono essere
anche molto brevi”. Tania Benvenuti, sindacalista Cgil, riporta
un caso limite: un lavoratore con un contratto di quattro ore, assunto alle
otto di mattina e licenziato a mezzogiorno. Al di là della precarietà, il
problema è anche l’occupazione irregolare. “Nel distretto – spiegano gli autori
del documento – continua a persistere il ricorso al lavoro nero che è la forma
più grave di violazione dei diritti dei lavoratori perché li priva
dell’assicurazione contro gli infortuni e dei versamenti ai fini
pensionistici”. Nel corso delle ispezioni dal 2011 al 2014, nelle aziende
esaminate, gli ispettori del lavoro hanno riscontrato irregolarità relative al 21%
degli addetti, uno su cinque. Di questi oltre la metà, pari a 116
persone, erano totalmente in nero. E i numeri reali potrebbero essere ancora
più alti: “Sulla rispondenza fra irregolarità appurate dalle autorità e quelle
realmente esistenti nel distretto, esistono molti dubbi perché la capacità ispettiva
dell’autorità competente è assolutamente sottodimensionata rispetto alla
vastità del territorio”. Un altro capitolo è dedicato alla questione salute.
“Nelle concerie c’è il problema delle malattie professionali – afferma
il rapporto – Di quei disturbi, cioè, che si instaurano nel tempo, per contatto
con sostanze pericolose, per permanenza in ambienti insalubri, per svolgimento
di lavori logoranti”. I casi di malattie professionali riconosciuti nel
distretto di Santa Croce dal 1997 al 2014 sono stati 493: si trattava
soprattutto di disturbi muscolo-scheletrici, ma nel 19% dei casi si
parlava di tumori, in particolare alle vie nasali e alla vescica. A questo
proposito, la dottoressa Tonina Enza Iaia, responsabile della medicina
del lavoro della Asl di Empoli, scrive in un rapporto: “È assai
verosimile che tutti i conciatori inclusi nella nostra casistica abbiano avuto,
in ragione delle mansioni svolte, ripetute occasioni di inalare polveri di tannini
o polveri e fibre di cuoio trattato con tannini che, come è noto, si sono da
tempo rivelati cancerogeni in sistemi sperimentali”.
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