noi non vogliamo che
l’industria siderurgica del nostro paese
noi vogliamo
il potere operaio
Slai Cobas
per il sindacato di classe
Ma il gruppo
prova a ripartire a Cornigliano tappi e scatoletteSONO sempre quelle due parole al centro del rilancio possibile, banda stagnata. Perché l'Ilva di Cornigliano può tornare a essere un grande stabilimento, e non una struttura che cerca di sopravvivere come può, ma a condizione che chi comanda e dispone dei mezzi per sostenere l’attività, decida di investirci sul serio. Chiusa con l’accordo di programma l’attività fusoria, Cornigliano si è concentrata sull’attività di laminazione dei rotoli d’acciaio prodotti dallo stabilimento di Taranto. E dare valore aggiunto al prodotto può realmente essere una carta vincente. D’altra parte, la gestione commissariale sta tentando con molta fatica e qualche primo risultato di seguire questa strada. Ora al timone operativo dell’azienda ci sono nuovi manager e il portafoglio ordini è tornato a salire. Più 20% a novembre rispetto a ottobre, che già aveva fatto registrare un più 23% su settembre. Nei giorni scorsi, poi, l’Ilva si è aggiudicata la gara bandita dalla Snam (vecchio cliente che è tornato) per la fornitura di 45 chilometri di tubi, valore 5 milioni, non certo una cifra astronomica ma un segnale che si può tornare protagonisti del mercato siderurgico, mentre in tanti già confidavano di potersi togliere di mezzo un concorrente.
La strategia dei vertici del gruppo è tesa ora a valorizzar e prodotti tecnicamente più “verticalizzati”, ad alto valore aggiunto, come i tubi saldati e rivestiti (ormai un quinto della produzione). Una politica che per la prima volta ha fatto scendere il fabbisogno di cassa a 20 milioni di euro al mese. Sono tornati anche gli investimenti in nuove tecnologie e macchinari e anche Cornigliano ha beneficiato di questo nuovo scenario. Intendiamoci, la situazione resta critica e difficile, ancor più dopo il pronunciamento di Bruxelles sulla procedura d’infrazione e la decisione del governo di vendere il gruppo. Ma in attesa che le scelte della politica facciano il loro corso, conta il lavoro. E a Cornigliano, come si diceva all’inizio, molto può arrivare dal rilancio della banda stagnata, sempre annunciato e che ora dopo anni comincia a dare segnali concreti. Da gennaio a novembre, infatti, sono prodotte oltre 80mila tonnellate di banda stagnata e cromata per 60 milioni di euro di ricavi. Quanto si pensava di fare in tutto l’anno, mentre invece si chiuderà più su, a 90mila tonnellate. Sono numeri che rappresentano solo un dato di partenza, visto che valgono poco più del 10% del mercato italiano (stimato in 800mila tonnellate), ma che per questo possono garantire ampi margini di crescita, anche perché ci si rivolge a un mercato ricco quale quello dell’industria agroalimentare, in particolare del “Food Cans e” dei “Tappi Corona”, di cui l’Ilva detiene già una quota del 30%. L’Ilva è di fatto tornata sul mercato da fine 2014, riuscendo non solo a consolidare il suo bacino storico, Italia, Spagna e tutta l’area del Mediterraneo, ma ad ampliarlo con nuovi paesi come Francia e Stati Uniti.
Inevitabilmente, riuscire a proporre un prodotto e un servizio migliori, si traduce in nuovi clienti, come il colosso “Crown Cork and Seals”, leader mondiale nel packaging metallico, con cui è stato siglato un nuovo contratto di fornitura che scatterà nel 2016. Ed è proprio qui che ci si prepara a giocare una bella fetta del rilancio di tutto il gruppo. In questo settore, infatti, servito principalmente proprio dallo stabilimento di Cornigliano, su cui è sempre alta l’attenzione delle principali multinazionali del packaging sia sugli aspetti tecnologici che su quelli logistici, il gruppo sembra voler giocare un ruolo ancor più strategico allargando la gamma dei prodotti verso il mercato delle capsule e dei coperchi “easy open”.
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