filippo
fiorini
buenos aires
I novanta dipendenti dello stabilimento Lexmark di
Ciudad Juarez, appena licenziati per rappresaglia dalla compagnia, vogliono
essere ricevuti da Papa Francesco, quando tra circa due mesi dirà messa in
città. Le loro richieste non erano affatto esorbitanti: volevano costituirsi in
un sindacato indipendente, ridurre gli standard di produzione che considerano
estenuanti, vedere nero su bianco le ferie annue e ricevere un aumento di 6
pesos al giorno, 32 centesimi, per otto ore quotidiane che attualmente fruttano
in tutto 6 euro. Eppure, i dirigenti hanno detto di no, cessando i rapporti con
88 operai e negando loro anche la tredicesima di dicembre.
Dietro a questa politica di tolleranza zero davanti ai reclami delle maestranze, sta la realtà di una città spaccata dalla frontiera tra Stati Uniti e Messico. El Paso, New Mexico, metà nord di questo agglomerato urbano, può vantare uno standard di vita occidentale. Ciudad Juarez, Chihuahua, la metà sud, ha il maggior tasso di omicidi al mondo a causa delle scorribande dei narcotrafficanti. Inoltre, le «maquiladoras», grandi fabbriche in cui si producono a poco prezzo le merci per l’esportazione, sono tuttora un luogo di sfruttamento.
Da qui, migliaia di
giovani donne vengono rapite dai cartelli della droga e fatte sparire per
sempre, dopo essere state usate nella prostituzione o per spacciare oltre la
frontiera. La linea dura adottata dal colosso delle stampanti Lexmark, però,
finora non ha avuto una risposta positiva. I dipendenti di altre quattro
compagnie statunitensi, la Foxconn, la Eaton Bussman, la Scientific Atlantic e
la Commscope, impiegati nelle maquiladoras di Juarez, hanno aderito alla
mobilitazione dei colleghi. Ieri, gli operai Lexmark hanno incrociato
nuovamente le braccia e, dopo alcune ore con la produzione bloccata, la
patronale ha ordinato di sgomberare gli stabilimenti. A rappresentare i loro
reclami è l’avvocato Susana Prieto Terrazas, la quale ha spiegato ai giornali
messicani che l’azienda espone i propri lavoratori a un rischio sanitario,
obbligandoli a manipolare i toner con l’inchiostro di stampa senza le dovute protezioni.
«Salario minimo anche per il gerente, così vede quel che si sente», cantavano i
circa mille e cinquento operai che al momento mantengono attiva la protesta, in
riferimento ai meno di 4 euro al giorno, garantiti dal minimo sindacale
messicano.Dietro a questa politica di tolleranza zero davanti ai reclami delle maestranze, sta la realtà di una città spaccata dalla frontiera tra Stati Uniti e Messico. El Paso, New Mexico, metà nord di questo agglomerato urbano, può vantare uno standard di vita occidentale. Ciudad Juarez, Chihuahua, la metà sud, ha il maggior tasso di omicidi al mondo a causa delle scorribande dei narcotrafficanti. Inoltre, le «maquiladoras», grandi fabbriche in cui si producono a poco prezzo le merci per l’esportazione, sono tuttora un luogo di sfruttamento.
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