silvana mossano
alessandria
Tutti assolti, «il fatto non
sussiste». È la sentenza pronunciata questa mattina dal giudice del tribunale
di Alessandria Milena Catalano, dopo due anni e mezzo di processo alla Michelin
di Spinetta Marengo, in cui 5 ex dirigenti rispondevano di lesioni e omicidi
colposi per la malattia e la morte di ex operai (nel capo d’imputazione sono
indicati 12 morti e 20 malati) che si sono ammalati di tumore. Sul banco
degli imputati: Gian Carlo Borella, 87 anni, originario di Casale Monferrato e
residente a Torino, Giovanni Alberti, 87, di Torino, Emilio Toso, 78, di
Alessandria, Bartolomeo Berello 70, di Alessandria, e Jean Michel Belleux, 62,
nato a Parigi e abitante a Torino.
Il pm Marcella Bosco sosteneva che non avessero adottato tutte le misure di prevenzione e protezione per impedire che i lavoratori si ammalassero di tumore al polmone o alla vescica. E al termine della requisitoria, conclusa il 20 luglio, aveva chiesto che venissero condannati Borella e Alberti a 5 anni, Toso a 4 anni, Berello a 3 anni, mentre aveva proposto l’assoluzione piena per Belleux che assunse un ruolo dirigenziale quando i casi di malattia e morte, oggetto del processo, si erano ormai verificati. Le parti civili avevano rimarcato la responsabilità dei dirigenti sotto accusa. I difensori Giovannandrea Anfora, Luigi Stella, Alberto Vercelli e Fulvio Simoni hanno sempre chiesto, invece, l’assoluzione sostenendo la mancanza di nesso di causalità tra l’attività professionale nella fabbrica di Spinetta e l’insorgenza di tumori.
Il pm Marcella Bosco sosteneva che non avessero adottato tutte le misure di prevenzione e protezione per impedire che i lavoratori si ammalassero di tumore al polmone o alla vescica. E al termine della requisitoria, conclusa il 20 luglio, aveva chiesto che venissero condannati Borella e Alberti a 5 anni, Toso a 4 anni, Berello a 3 anni, mentre aveva proposto l’assoluzione piena per Belleux che assunse un ruolo dirigenziale quando i casi di malattia e morte, oggetto del processo, si erano ormai verificati. Le parti civili avevano rimarcato la responsabilità dei dirigenti sotto accusa. I difensori Giovannandrea Anfora, Luigi Stella, Alberto Vercelli e Fulvio Simoni hanno sempre chiesto, invece, l’assoluzione sostenendo la mancanza di nesso di causalità tra l’attività professionale nella fabbrica di Spinetta e l’insorgenza di tumori.
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