NEWSLETTER PER LA TUTELA DELLA SALUTE
E DELLA
SICUREZZA DEI LAVORATORI
INDICE
LE “FREQUENTLY
ASKED QUESTIONS” DI SICUREZZA SUL LAVORO - KNOW YOUR RIGHTS! - N.7
Nella
mia attività di diffusione della cultura della salute e sicurezza sul lavoro,
spesso sono chiamato, da lavoratori o associazioni sindacali di base, a
svolgere delle vere e proprie “consulenze” (ovviamente del tutto gratuite) di
ampio respiro, che poi riporto, per condividere l’esperienza con tutti, nella
mia newsletter, nella rubrica “Le consulenze di
Sicurezza sul Lavoro – Know Your Rights!”.
In qualche caso invece le richieste che mi
pervengono non richiedono consulenze di ampio respiro, ma brevi e sintetiche
risposte a domande su temi molto specifici e limitati.
Anche in questo caso mi sembra giusto e doveroso
diffondere questi brevi consulenze che hanno la forma delle cosiddette “Frequently Asked
Questions”.
Ovviamente,
per evidenti motivi di privacy e per non creare motivi di ritorsione verso i
lavoratori che le hanno poste, riportando le domande ometto il nominativo del
lavoratore e dell’azienda coinvolti.
************
DOMANDA
Ciao Marco.
Un lavoratore che, facendo parte
della squadra antincendio e pertanto anche addetto all’emergenza, in caso di
incendio o terremoto abbandona il proprio posto di lavoro e relativo incarico
senza avvertire nessuno (preso dal panico o per altro motivo), quali
conseguenze potrebbe avere?
RISPOSTA
Ciao,
il
D.Lgs.81/08 pone a carico del lavoratore in generale gli obblighi
(sanzionabili) di cui all’articolo 20.
Tali
obblighi prevedono (articolo 20, comma 2, lettera b) quello di “osservare le disposizioni
e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti,
ai fini della protezione collettiva ed individuale”.
Pertanto
si deve intendere che anche i compiti specifici assegnati ai lavoratori
nominati nella squadra antincendio ed emergenza debbano essere osservati.
Tali
compiti non sono indicati nel D.Lgs.81/08, ma devono essere contenuti all’interno
del Piano di Emergenza Aziendale di cui all’articolo 43, comma 1, lettera d)
del Decreto e di cui all’articolo 5 del D.M.10/03/98.
In caso
di emergenza vale comunque quanto stabilito dall’articolo 44 comma 1 del
D.Lgs.81/08, secondo il quale:
“Il lavoratore che, in caso di pericolo
grave, immediato e che non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro
o da una zona pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno e deve essere
protetto da qualsiasi conseguenza dannosa”.
Pertanto,
in condizioni di rischio limitato, come può essere un principio di incendio,
l’addetto antincendio si deve attenere a quanto disposto dal Piano di emergenza
e se non lo fa può essere passibile di sanzione disciplinare e sanzione
dell’organo di vigilanza.
Ma se
l’addetto si trova in una condizione di “pericolo
grave, immediato e che non può essere evitato”, anche in considerazione
delle sue attitudini psico-fisiche, come ad esempio un incendio di vaste
dimensioni o un terremoto di magnitudo elevata, egli può abbandonare il posto
di lavoro senza subire alcun pregiudizio.
In ogni
caso il lavoratore dovrà comunicare alla struttura aziendale di gestione
dell’emergenza che egli ha dovuto abbandonare il posto di lavoro spiegando i
motivi per cui lo ha fatto.
In
altre parole l’addetto antincendio non deve per forza fare l’eroe, perché non
ha la preparazione e l’esperienza che ha un Vigile del Fuoco, ma si deve
limitare a seguire quelle che sono le indicazioni riportate nel Piano di
Emergenza.
Rimane
comunque di sua responsabilità avvertire l’azienda o i soccorsi esterni del
pericolo presente chiedendone l’intervento.
Un caro
saluto.
Marco
************
DOMANDA
Ciao Marco,
la mia azienda ha appaltato una
ditta esterna per attività di pulizia di una fossa Imhoff, che è di fatto uno spazio
confinato.
Io, come RLS, ho chiesto di
verificare l’idoneità tecnico professionale della ditta, tenendo conto del
particolare rischio di lavorare in spazi confinati.
La mia azienda mi ha passato la
documentazione fornita dalla ditta esterna, tra cui compaiono, tra le altre
cose, anche gli attestati di formazione per lavori in spazi confinati ai sensi
del D.P.R.177/11.
Quindi credo vada bene.
Ti chiedo però se tali attestati
prevedono un aggiornamento e, se sì, ogni quanto.
Occorre poi una sorveglianza
sanitaria specifica per i lavoratori che operano in spazi confinati?
Grazie per il gentile riscontro.
RISPOSTA
Ciao,
le mie
risposte/osservazioni a seguire.
Come
giustamente osservi, per tali attività trova applicazione, oltre al
D.Lgs.81/08, anche il D.P.R.177/11 “Regolamento recante
norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in
ambienti sospetti di inquinamento o confinanti” che trovi, ad esempio, al link:
Per quanto
riguarda la formazione, il D.P.R.171/11 non prevede aggiornamento.
Poiché però
tale formazione rientra nella formazione specifica di cui all’articolo 37 del
D.Lgs.81/08 e di cui all’Accordo Stato Regioni 21/12/11, deve essere previsto
un aggiornamento (di tutta la formazione specifica di cui una parte dedicata a
quella per gli ambienti confinati) di almeno 6 ore ogni 5 anni.
Per quanto
riguarda la sorveglianza sanitaria essa è dovuta, secondo il D.Lgs.81/08 “nei casi previsti dalla normativa vigente”.
Né il D.Lgs.81/08, né il D.P.R.171/11 prevede sorveglianza sanitaria specifica
per le lavorazioni in ambienti confinati.
E’ però vero
che l’articolo 18, comma 1, lettera c) del D.Lgs.81/08, pone come obbligo sanzionabile
a carico del datore di lavoro o del dirigente quello di “nell’affidare i compiti ai lavoratori, tenere
conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro
salute e alla sicurezza”.
E’ chiaro che a seguito di tale obbligo il datore di
lavoro dovrà verificare (anche con semplice visita preventiva e non periodica
da parte del medico competente) che il lavoratore addetto al lavoro in spazi
confinati sia idoneo a tali compiti e quindi non sia affetto da patologie che potrebbero
aumentare i fattori di rischio (epilessia, sbalzi di pressione, labirintite,
sindrome da crisi di panico o da claustrofobia, ecc.).
Oltre ai requisiti formalizzati dalla ditta appaltata,
occorre poi, ai sensi del D.P.R.171/11 che essa fornisca:
-
dichiarazione
in merito all’integrale applicazione delle vigenti disposizioni
in materia di valutazione dei rischi, sorveglianza sanitaria e misure di
gestione delle emergenze;
-
dichiarazione
in merito alla presenza all’interno dell’azienda di personale,
in percentuale non inferiore al 30 per cento della forza lavoro, con esperienza
almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o
confinati, assunta con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato
(ovvero anche con altre tipologie contrattuali o di appalto, a condizione che i
relativi contratti siano stati preventivamente certificati ai sensi del Titolo
VIII, Capo I, del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276);
-
possesso di dispositivi di protezione individuale,
strumentazione e attrezzature di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi
propri delle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o
confinati e avvenuta effettuazione di attività di addestramento all’uso
corretto di tali dispositivi (quindi se usa delle imbracature salva vita o
degli autorespiratori deve essere fornita attestazione dell’addestramento
specifico di tali dispositivi);
-
dichiarazione in merito all’integrale
applicazione della parte economica e normativa della contrattazione collettiva
di settore.
Ti ricordo inoltre che in relazione alle attività
lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati non é ammesso il
ricorso a subappalti, se non autorizzati espressamente dal datore di lavoro
committente e certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del Decreto
Legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
A disposizione per ulteriori chiarimenti.
Marco
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DOMANDA
Ciao Marco,
mia moglie è stata in malattia più
di 60 giorni per una frattura al polso sinistro per una caduta accidentale in
un giorno festivo.
Mia moglie rientra al lavoro lunedì
e per cui volevo avere una dritta sulla procedura, prevista da Testo Unico, sul
rientro dopo assenze prolungate..
Non vorrei che lunedì non essendoci
il medico competente in azienda la rimandino a casa senza essere retribuita e
con proprie ferie.
Grazie.
RISPOSTA
Ciao,
l’articolo 41, comma 2, lettera e-ter) del D.Lgs.81/08
prevede che:
“La
sorveglianza sanitaria comprende [...]
visita medica precedente alla
ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata
superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità
alla mansione”.
La “ratio” di tale disposto legislativo è quella di
stabilire se un lavoratore a seguito di una lunga assenza per motivi di salute
(a seguito di malattia o di infortunio) sia ancora idoneo fisicamente a
svolgere il lavoro specifico della sua mansione.
E’ compito del medico competente stabilire se la lunga
assenza dal lavoro e la patologia che l’ha causata possano avere annullato o
ridotto la idoneità del lavoratore a svolgere i compiti lavorativi propri della
sua mansione, a fronte dei rischi specifici della mansione stessa.
Mi spiego con due esempi.
Se un videoterminalista (che svolge la sua mansione in
un ambiente climaticamente adeguato, cioè con adeguato impianto di
riscaldamento) manca per più di 60 giorni per una polmonite, il medico
competente non potrà che, una volta acquisiti i referti medici relativi alla
malattia, confermare l’idoneità del lavoratore alla sua mansione specifica che
non comporta (a seguite della adeguata climatizzazione degli ambienti di
lavoro) rischi di natura climatica fredda.
Se, al contrario, un addetto al magazzino (che svolge
la sua mansione con ripetuti sollevamenti di carichi pesanti) manca per più di
60 giorni per un’ernia discale, il medico competente dovrà, una volta acquisiti
i referti medici relativi alla malattia, verificare se lo stato di salute del
lavoratore sia già in grado di riprendere un’attività lavorativa potenzialmente
a rischio per la colonna vertebrale interessata dalla patologia, esprimendo, in
alternativa un giudizio di non idoneità totale, oppure di idoneità totale,
oppure ancora di idoneità con prescrizione (non sollevare più di...kg).
Pertanto non ci sono regole assolute, ma solo relative
alla patologia subita e alla mansione svolta.
E questo lo può stabilire solo il medico competente.
In ogni caso vale il principio fissato dall’articolo
15, comma 2 del D.Lgs.81/08, secondo il quale:
“Le misure relative alla sicurezza, all’igiene ed alla salute durante
il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i
lavoratori”.
Pertanto, in attesa della visita del medico
competente, tua moglie non può tornare a svolgere la sua mansione. Ma poiché
ciò dipende dalla azienda, che aveva il dovere di programmare la visita di
controllo prima del ritorno al lavoro di tua moglie, ella potrà non recarsi al
lavoro a seguito di prolungamento del periodo di assenza per infortunio e non
dovrà pertanto prendere ferie.
A disposizione per ulteriori chiarimenti.
Un caro saluto.
Marco
************
DOMANDA
Ciao
Marco,
sono
RLS di un’azienda metalmeccanica.
Poiché
nella linea produttiva vengono movimentati pezzi di acciaio taglienti, dopo
vari infortuni, siamo riusciti a convincere l’azienda a fornire ai lavoratori
DPI antitaglio.
Quelli
che ci hanno presentati sono però molto spesso e rigidi e impediscono di
movimentare i pezzi più piccoli o fare lavori più fini (tipo imboccare le viti
nelle loro sedi) per cui temiamo che poi i lavoratori non li indossino per
comodità di lavoro e diventino loro i colpevoli in caso di infortunio.
Possibile
che non ci siano dei guanti antitaglio adatti anche a lavori di precisione?
Nei
sai qualcosa?
Grazie
RISPOSTA
Ciao,
innanzitutto
riporto i riferimenti normativi utili per il caso che mi hai segnalato.
Il
datore di lavoro deve individuare i DPI in funzione del rischio presente ed
eseguire analisi di mercato per individuare i DPI idonei.
Ciò
è stabilito dall’articolo 77, comma 1, lettere b) e c) del 81/08:
“Il datore di lavoro ai fini della scelta dei
DPI:
[...]
b) individua le caratteristiche dei DPI
necessarie affinché questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a),
tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli
stessi DPI;
c) valuta, sulla base delle informazioni e
delle norme d’uso fornite dal fabbricante a corredo dei DPI, le caratteristiche
dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla
lettera b);
[...]”.
I
DPI devono essere adeguati ai rischi, ma nel contempo tenere conto delle
condizioni di lavoro e delle esigenze ergonomiche. Ciò è stabilito
dall’articolo 76, comma 2, lettere a), b) e c) del 81/08:
“I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi da prevenire,
senza comportare di per sé un rischio maggiore;
b) essere adeguati alle condizioni esistenti
sul luogo di lavoro;
c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o
di salute del lavoratore;
[...]”.
Il
RLS deve essere consultato anche sulla scelta dei DPI, in quanto essi
costituiscono misure di prevenzione dei rischi. Ciò è stabilito dall’articolo
50, comma 1, lettere b) del 81/08:
“Il rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza:
[...]
b) è consultato preventivamente e
tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione,
programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda o unità
produttiva;
[...]”.
In
merito ai guanti antitaglio, ne esistono sul mercato di quelli che oltre ad
avere una elevata resistenza al taglio (seconda cifra della marcatura secondo
norma EN 388), sono anche tali da garantire una finezza soddisfacente e quindi
una facilità di utilizzo anche per la manipolazione di piccoli oggetti.
Si
tratta di guanti ottenuti con filati di fibre di kevlar che è un materiale
molto fine ed elastico, ma molto resistente al taglio. Questi guanti costano
ovviamente di più dei guanti antitaglio tradizionali che però non garantiscono
le medesime caratteristiche di confort e agilità.
Pertanto
la tua azienda dovrà dotare i lavoratori di guanti antitaglio con tali
caratteristiche, indipendentemente dal loro costo.
Per
ulteriori chiarimenti chiamami pure.
Marco
************
NOTA
Nel
testo delle “Frequently Asked Questions” sopra riportate sono state usati i
seguenti acronimi e termini:
ASL
= Azienda Sanitaria Locale
CCNL
= Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro
DPI
= Dispositivi di Protezione Individuali
DVR
= Documento di Valutazione dei Rischi
DUVRI
= Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza in caso di lavori
in appalto
RSPP
= Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione
RLS
= Rappresentate dei Lavoratori per la Sicurezza
D.Lgs.81/08
o Decreto: Decreto Legislativo n.81 del 9 aprile 2008 e successive modifiche e
integrazioni (cosiddetto “Testo Unico sulla sicurezza”)
JOBS ACT: UNA PANORAMICA DEI
PRINCIPALI PROVVEDIMENTI
Da Articolo
19
Articolo 19
Numero 4
Anno 2015
In
attuazione della Legge Delega 183/2014 il Governo ha emesso otto Decreti
attuativi che hanno così completato il percorso di approvazione della riforma
del lavoro nota come Jobs Act, una serie di provvedimenti di portata
estremamente vasta che non mancano di toccare nel vivo anche le tematiche
riguardanti la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Volendo
svolgere una panoramica dei principali provvedimenti, in maniera per forza di
cose semplificata, innanzi tutto non vanno trascurate le disposizioni contenute
in uno dei Decreti attuativi della riforma già approvati in estate, il Decreto
Legislativo 81/15 “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione
della normativa in tema di mansioni”, che hanno senza dubbio riflessi di natura
prevenzionale se letti alla luce del tema Salute e Sicurezza.
E’
sufficiente infatti citare la nuova disciplina della mansioni, con la
possibilità di mutare le mansioni del lavoratore in caso di modifica degli
assetti organizzativi aziendali, e la nuova disciplina lavoro a orario ridotto
e flessibile che agevola il ricorso al lavoro supplementare e straordinario per
i lavoratori part time e la possibilità di trasformazione del rapporto di
lavoro da tempo pieno a tempo parziale dei lavoratori affetti da patologie
oncologiche o da gravi patologie cronico-degenerative.
Di impatto
ancora più significativo la previsione con cui nello stesso Decreto si abroga
il comma 5 dell’articolo 3 del D.Lgs.81/08, eliminando così l’obbligo in capo
all’utilizzatore degli adempimenti riguardanti la prevenzione e la protezione
dei lavoratori somministrati. Una disposizione importante che comunque non
potrà trascurare quanto previsto in tema di formazione per i lavoratori
somministrati dall’Accordo Stato-Regioni del 21/12/11 e la definizione di lavoratore
offerta dal D.Lgs.81/08, laddove si individua come destinatario delle tutele la
più ampia platea di soggetti che “indipendentemente dalla tipologia contrattuale
svolge un’attività lavorativa” presso un datore di lavoro.
Pur
contenendo interventi di portata inferiore rispetto a quanto annunciato e a
quanto contenuto nel titolo dello schema di Decreto (il 176 del giugno 2015) è
però sicuramente il D.Lgs.151/15 “Disposizioni di razionalizzazione e
semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e
imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari
opportunità”, approvato ad inizio settembre e pubblicato in Gazzetta Ufficiale
il 23/09/15, quello che maggiormente interviene in tema di salute e sicurezza
sul lavoro andando a modificare all’articolo 20 alcuni punti specifici del
D.Lgs.81/08.
TRE REGIMI
PER IL LAVORO ACCESSORIO
Ai
lavoratori occupati presso un committente imprenditore o professionista saranno
applicate tutte le disposizioni previste dal D.Lgs.81/08, con tutti i diritti
di natura prevenzionale, mentre per i lavoratori occupati in tutti gli “altri
casi” sono assicurate le sole disposizioni dettate all’articolo 21 del
D.Lgs.81/08 (nel quale per le disposizioni inerenti sorveglianza sanitaria e
formazione sono le facoltà, anziché gli obblighi, a trovare regolazione). Viene
poi confermata l’esclusione dall’applicazione delle disposizioni in materia di
salute e sicurezza sul lavoro per i prestatori di lavoro di accessorio che
svolgono piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compreso
l’insegnamento privato e l’assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani,
agli ammalati e ai disabili.
COMMISSIONE
PERMANENTE
Si assiste
ad una ricomposizione della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza
sul lavoro con un ridimensionamento dei numeri delle tre compagini istituzioni
(Ministeri e Regioni), parte datoriale e parte sindacale e introducendo la
“rappresentanza” di “esperti in medicina del lavoro, igiene industriale e
impiantistica industriale”, nel numero di tre e del “rappresentante
dell’ANMIL”, nel numero di uno.
La novità
introdotte nella composizione della Commissione, oltre a superare l’elemento
del tripartitismo perfetto (principio cardine delle disposizioni dettate anche
dal livello europeo), apre una domanda su quali siano le professionalità
tecniche che troveranno collocazione in un organismo di carattere politico in
considerazione del fatto che i quattro voti corrispondenti a tali nuovi
soggetti introdotti nella Commissione, acquisiscono un peso numerico superiore
a quanto singolarmente rappresentato dalle tre compagini costitutive
(istituzioni e parti sociali), fino ad oggi perfettamente equilibrate nei
numeri.
VALUTAZIONE
DEI RISCHI
La modifica
introdotta riguarda la formalizzazione del contributo tecnico dell’INAIL, in
collaborazione con le aziende sanitarie locali, verso i datori di lavoro ai
fini dell’elaborazione della valutazione dei rischi (secondo modalità operative
che dovranno essere definite) e la possibilità di utilizzare strumenti
informatizzati secondo il prototipo europeo OIRA per le aziende di piccole
dimensioni (da attuare previo parere della Commissione consultiva permanente e
previo Decreto del Ministero del Lavoro).
SERVIZIO DI
PREVENZIONE E PROTEZIONE
Viene
introdotta la possibilità da parte del datore di lavoro di svolgere
direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dai
rischi, di primo soccorso, nonché di prevenzione incendi e di evacuazione e
viene eliminata la soglia numerica del “fino a cinque lavoratori”, oggi in
tutte le imprese o unità produttive (salvo ancora i casi previsti all’articolo
31, comma 6) il datore di lavoro che rientra nei termini dettati dall’articolo
34, è libero di svolgere direttamente i compiti di primo soccorso, nonché di
prevenzione degli incendi e di evacuazione, oltre a quelli del servizio di
prevenzione e protezione dai rischi.
ATTREZZATURE
DI LAVORO
Su questo
tema viene effettuata una esplicitazione importante in quanto, con riferimento
all’articolo 69 comma e) del D.Lgs.81/08, si indica anche il datore di lavoro
al pari del lavoratore nella definizione di “operatore” come incaricato
dell’utilizzo delle attrezzature e dei DPI.
FORMAZIONE
Si introduce
un obbligo di formazione specifica per gli operatori destinati alla conduzione
di generatori di vapore e, con riferimento ai cantieri temporanei o mobili, si
modificano i requisiti professionali necessari per le figure di Coordinatore
per la progettazione (CSP) e Coordinatore per l’esecuzione (CSE), anche
attraverso la modalità e-learning, i cui contenuti dovranno essere ratificati
in sede di Conferenza Stato-Regioni come per i precedenti provvedimenti inerenti
gli obblighi formativi sulla sicurezza.
SANZIONI
Corpose e di
impatto significativo le modifiche apportate sul tema in particolare dalla
lettera i) del comma 1 del già richiamato articolo 20 e dell’articolo 22, comma
4, lettera c).
Si
inaspriscono notevolmente le sanzioni a carico del datore di lavoro in caso di
violazione riferita alla mancata formazione dei lavoratori, degli addetti alle
emergenze, dei preposti, dei dirigenti e dei Rappresentanti dei lavoratori per
la sicurezza, nonché del mancato rispetto dell’obbligo a carico del datore di
lavoro e/o dei dirigenti di inviare i lavoratori a visita medica. Nello
specifico le sanzioni sono raddoppiate se coinvolgono più di cinque lavoratori
e triplicate se la violazione riguarda più di dieci lavoratori.
Sono altresì
raddoppiate le sanzioni a carico del datore di lavoro che non abbia protetto in
maniera sufficiente il lavoratore degli effetti derivanti dal rischio elettrico
e che non sia in grado di dimostrare all’organo di vigilanza di aver cercato in
tutti i modi di ridurre le probabilità di accadimento del danno a carico del
lavoratore che utilizza attrezzature di lavoro.
Su questo
fronte, in considerazione del fatto che le sanzioni vengono comminate dagli
organi di vigilanza solo a seguito di controlli effettuati in azienda, assume
ancora maggiore rilievo l’attività di monitoraggio degli RLS/RLST.
AGENZIA
UNICA DI VIGILANZA
Infine, non
certo per ordine di importanza, occorre considerare quanto previsto nel
D.Lgs.149/15 “Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione
dell’attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale” con il
quale si istituisce il “famoso” Ispettorato nazionale del lavoro voluto dal
legislatore per razionalizzare e semplificare l’attività di vigilanza in
materia di lavoro e evitare la sovrapposizione di interventi ispettivi.
E’
l’articolo 2 in
particolare a descrivere l’operatività del nuovo Ispettorato nazionale del
lavoro come un’agenzia unica per le ispezioni del lavoro che integra i ruoli e
le funzioni ispettivi oggi svolte ad opera rispettivamente del Ministero del
lavoro, dell’INPS e dell’INAIL oltre che fornire pareri su interpelli e a
svolgere un coordinamento dell’attività formativa.
E’ esclusa
dal Decreto in questione, contrariamente alle prime versioni circolate,
un’adozione anche dell’attività ispettiva oggi svolta dalle ASL attraverso i
SPAL territoriali.
Il Decreto è
in vigore dalla data successiva alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale
(avvenuta come per il precedente 151/15 il 23/09/15), ma occorrerà attendere
quarantacinque giorni successivi a tale data per l’adozione tramite Decreto
interministeriale dello statuto dell’Ispettorato unico.
MEDICO COMPETENTE E FORMAZIONE DEI
LAVORATORI
Da:
PuntoSicuro
25 novembre
2015
Quali sono
le cause del mancato coinvolgimento del Medico Competente nella formazione in
tema di salute e sicurezza sul lavoro?
Cosa prevede
il D.Lgs.81/08?
Quali
sanzioni sono previste per il datore di lavoro?
Rifletto sui
motivi che escludono il medico competente dai programmi di formazione in tema
di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Partiamo
dalla normativa.
L’articolo
25 (Obblighi del medico competente) del Testo Unico, al comma 1, lettera a)
prevede che il medico competente partecipi alle attività di formazione e
informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza (articolo
non sanzionato per il medico):
“Il medico
competente collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e
protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove
necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione
delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei
lavoratori, all’attività di formazione e informazione nei confronti dei
lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di
primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e
le peculiari modalità organizzative del lavoro. Collabora inoltre alla
attuazione e valorizzazione di programmi volontari di promozione della salute,
secondo i principi della responsabilità sociale”.
Tuttavia
l’articolo 18 (Obblighi del datore di lavoro e del dirigente), comma 1, lettera
g) del D.Lgs.81/08 prevede che il datore di lavoro richieda al medico
competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel Decreto
stesso:
“Il datore
di lavoro, che esercita le attività di cui all’articolo 3, e i dirigenti, che
organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze
ad essi conferite, devono inviare i lavoratori alla visita medica entro le
scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e richiedere al
medico competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel
presente decreto”.
Gli obblighi
del medico competente sono quelli previsti dall’articolo 25 che, al comma 1,
lettera a) prevede appunto che il medico competente partecipi alle attività di
formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di
competenza.
L’inosservanza
del citato comma dell’articolo 18 comporta una sanzione, per il datore di
lavoro, stabilita dall’articolo 55, comma 5, lettera e) costituita da
un’ammenda da 2.192 a
4.384 euro.
Quindi il
mancato coinvolgimento del medico competente non prevede sanzioni per il medico
quanto piuttosto per il datore di lavoro.
Il motivo
invece per il quale le aziende non coinvolgano il medico sono, a mio avviso, le
seguenti:
-
la mancata
conoscenza delle norme da parte dei datori di lavoro (e questo è comprensibile)
e da parte di molti RSPP (e questo lo è un po’ meno);
-
la scarsa
attenzione degli RSPP sul fatto che debbono coinvolgere il medico anche per tutelare
il datore di lavoro oltre che per il fatto che erogherebbero una formazione un
po’ più completa;
-
l’affidamento
della formazione a società esterne che sono dotate di struttura propria e forniscono
ore di formazione standard poco attinenti alla reale organizzazione aziendale e
che quindi non hanno alcun interesse nel coinvolgere il medico;
-
il fatto di
dover retribuire il medico per la prestazione; questo ovviamente non succede se
il medico assumesse solo incarichi con retribuzioni forfettarie in modo che
siano inclusive tutte le attività che gli competono; quindi se il
contratto/lettera di incarico prevedesse tutti gli obblighi come dovrebbe, ciò
sarebbe una tutela per tutti;
-
l’assenza di
audit interni in tema di qualità della formazione;
-
l’assenza di
controlli esterni;
-
l’inerzia
degli RLS molto spesso passivi nel loro ruolo;
-
l’inerzia
dei medici che, privi di sanzione, non premono certamente fuori dalle porte
delle aule per partecipare alla formazione;
-
la fornitura
del medico competente alle azienda da parte di società intermediarie: poliambulatori,
società di servizi che retribuiscono il medico a prestazione erogata e non per
gli obblighi che gli competono
E allora mi
chiedo: ma cosa spiegheranno i formatori in tema di rischi per la salute, in
tema di effetti su organi bersaglio, in tema di anatomia, fisiologia,
patologie, risposte dell’organismo, prevenzione medica, malattie professionali,
ecc.?
Quale
sarebbe quindi l’iter corretto?
Il servizio
di prevenzione e protezione, stabilendo il programma formativo dovrebbe
condividere i contenuti con il medico competente, affidandogli un monte ore
quale docente formatore.
Consiglio ai
medici competenti di verbalizzate, nel corso dei sopralluoghi o altre relazioni
la vostra disponibilità a partecipare ai programmi formativi aziendali.
Consiglio
alle aziende e agli RSPP, considerata la pesante sanzione prevista qualora il
datore di lavoro non richiami il medico competente agli obblighi previsti dal
Testo Unico, di richiedere in forma scritta al medico competente la
partecipazione alla formazione.
dottor
Cristiano Ravalli
LE REGOLE VITALI PER LE ATTIVITA’ IN
PRESENZA DI TRAFFICO VEICOLARE
Da:
PuntoSicuro
27 novembre
2015
Raccolte da
SUVA le nove regole vitali di sicurezza per gli operatori che lavorano sulle
vie di traffico.
La
pianificazione dei lavori, la segnaletica, la visibilità, le zone di pericolo,
la movimentazione dei carichi, gli accessi sicuri e gli scavi.
Anche in
Svizzera, come in Italia, non sono pochi gli infortuni mortali che riguardano
gli operatori che lavorano sulle vie di traffico, nei cantieri stradali, ad
esempio impegnati nella pavimentazione o nella manutenzione stradale.
E se a
questi incidenti gravi e mortali spesso non sono immuni neanche i lavoratori
con maggiore esperienza, è necessario rivedere e migliorare non solo le regole
di prevenzione, ma anche il loro rispetto effettivo.
E’ proprio
con questo obiettivo che in Svizzera SUVA, l’Istituto per l’assicurazione e la
prevenzione degli infortuni, pubblica e aggiorna costantemente documenti con le
“regole vitali” per la prevenzione, correlate alla campagna “Visione 250 vite”
(per salvare nella Confederazione elvetica 250 vite nell’arco di dieci anni in
tutti i settori professionali).
Nel caso
delle attività cantieristiche in strada, SUVA (in collaborazione con
associazioni professionali e sindacali elvetiche) ha pubblicato un documento
dal titolo “Nove regole vitali per chi lavora sulle vie di traffico e nel genio
civile”.
Regole che,
come sempre, si rivolgono, con un linguaggio semplice e diretto, sia ai
lavoratori che ai superiori delle imprese e presentano, nella forma del
“vademecum”, precise informazioni su come preparare, per ciascuna regola
vitale, una mini-lezione.
Sottolineando
anche l’importanza di dire comunque “stop” ai lavori in caso di pericolo, per poterli
riprendere solo dopo aver provveduto ad eliminare i pericoli per i lavoratori.
Riportiamo
innanzitutto l’elenco delle nove regole, che sono anche nove principi
salvavita:
-
pianificazione
accurata dei lavori;
-
attenzione
al traffico;
-
vedere ed
essere visto;
-
contatto
visivo;
-
sicurezza
nella guida di macchine;
-
movimentazione
corretta dei carichi;
-
solo accessi
sicuri;
-
messa in
sicurezza degli scavi;
-
uso dei DPI.
Vediamole
più nel dettaglio.
Prima
regola: pianifichiamo con cura ogni intervento
Lavoratore:
mi informo dal mio superiore su eventuali pericoli legati all’ambiente
circostante (traffico, linee aeree elettriche, ecc.) e sulla presenza di
condotte interrate
Superiore:
faccio in modo che eventuali pericoli legati all’ambiente circostante siano
noti e adeguatamente segnalati, anche nel caso di condotte interrate
Seconda
regola: ci proteggiamo dai pericoli legati al traffico
Lavoratore:
elimino subito eventuali carenze a livello di segnaletica e sbarramenti oppure
avviso il mio superiore
Superiore:
in accordo con le autorità locali provvedo affinché il cantiere sia segnalato e
sbarrato a norma
Terza
regola: vedere ed essere visto
Lavoratore:
indosso gli indumenti ad alta visibilità e mi comporto in modo da essere visto
dagli altri
Superiore:
procuro ai miei dipendenti adeguati indumenti ad alta visibilità e dispositivi
di illuminazione
Quarta regola:
stabiliamo un contatto visivo con il macchinista
Lavoratore:
entro nella zona di pericolo della macchina edile solo se ho stabilito un
contatto visivo con il macchinista
Superiore:
istruisco i miei dipendenti sul comportamento da tenere nelle vicinanze delle
macchine edili e non tollero le imprudenze
Quinta
regola: manovriamo le macchine secondo le disposizioni
Lavoratore:
manovro le macchine per le quali sono stato istruito
Superiore:
impiego solo dipendenti che sono stati istruiti ad utilizzare le macchine edili
Sesta
regola: trasportiamo e movimentiamo i carichi in sicurezza
Lavoratore:
aggancio i carichi solo se sono stato istruito in materia e mi tengo lontano
dalla zona di pericolo dei carichi e delle macchine edili
Superiore:
faccio in modo che siano a disposizione accessori di imbracatura adeguati e
faccio agganciare, trasportare e movimentare i carichi solo da personale
addestrato
Settima
regola: realizziamo accessi sicuri per ogni postazione di lavoro
Lavoratore:
uso solo accessi sicuri
Superiore:
faccio realizzare accessi sicuri e faccio in modo che lo siano sempre
Ottava
regola: mettiamo in sicurezza gli scavi a partire da una profondità di 1,5 m
Lavoratore:
non entro mai in uno scavo non messo in sicurezza
Superiore:
faccio mettere in sicurezza gli scavi prima di farvi entrare qualcuno
Nona regola:
utilizziamo i dispositivi di protezione individuale
Lavoratore:
sul lavoro utilizzo i dispositivi di protezione individuale
Superiore:
faccio in modo che i lavoratori ricevano e utilizzino i dispositivi di
protezione individuale e questo vale anche per me
Ci
soffermiamo in particolare sulla prima regola, relativa alla pianificazione
accurata dei lavori.
Il documento
indica che i lavori sulle vie di traffico e nel genio civile devono essere
pianificati accuratamente. I pericoli legati all’ambiente circostante
(traffico, linee aeree elettriche, impianti industriali, ecc.) e le condotte
interrate (gas, acqua e corrente elettrica) devono essere accertati prima di
iniziare i lavori. Inoltre, bisogna mettere a disposizione attrezzature di
lavoro, macchinari e apparecchi adeguati.
Nelle regole
vitali vengono date ulteriori informazioni sulla presenza di linee aeree
elettriche, ferrovie e vie di traffico nelle zone circostanti il cantiere,
sulla presenza di condotte di servizio interrate e sulle attrezzature,
macchinari e apparecchi necessari.
Veniamo
invece, per concludere, al dettaglio della terza regola: vedere ed essere
visto.
Bisogna fare
in modo che tutti i lavoratori abbiano indumenti ad alta visibilità adeguati.
In
particolare gli indumenti ad alta visibilità servono a rendere riconoscibili le
persone in condizioni di scarsa luminosità. Sono necessari soprattutto nelle
vicinanze di macchine edili e fondamentali in condizioni di scarsa visibilità o
in caso di buio.
E anche un
indumento leggero deve possedere queste caratteristiche. Questi indumenti
devono essere sempre indossati, anche quando fa caldo. Senza dimenticare che
indumenti sporchi non sono più efficaci, e che pertanto vanno lavati
regolarmente.
Il documento
si sofferma anche sull’illuminazione dei posti di lavoro. Infatti i posti di
lavoro devono essere correttamente illuminati (ricordarsi: vedere ed essere
visti!).
Il documento
di SUVA “Nove regole vitali per chi lavora sulle vie di traffico e nel genio
civile” edizione agosto 2015 è scaricabile all’indirizzo:
ESPOSIZIONE E RISCHIO AMIANTO:
PROBLEMI NORMATIVI E ANALITICI
Da:
PuntoSicuro
30 novembre
2015
Indicazioni
sull’esposizione ad amianto, sulle criticità normative e sulle difficoltà e
problemi nelle analisi dei materiali.
La relazione
richiesta dalla Legge 257/92 e i limiti di rilevabilità delle fibre di amianto.
La presenza
diffusa di manufatti in cemento-amianto fa supporre che le esposizioni in campo
edile possano costituire un reale rischio anche negli anni futuri. In
particolare al momento della messa al bando le stime dei quantitativi dei
Materiali Contenenti Amianto (MCA) in opera parlavano di circa 30 milioni di
tonnellate di materiali compatti fuori terra e della presenza di circa 83.000 km di condotte per
acquedotti e in misura minore gasdotti. E dai dati disponibili al ritmo attuale
l’ultimo manufatto verrebbe rimosso tra circa 60 anni.
A presentare
in questo modo la situazione dei materiali contenenti amianto in Italia è un estratto
del rapporto ReNaM ( Registro Nazionale dei Mesoteliomi), in relazione al
settore edile. Rapporto citato in un intervento che si è tenuto nel corso di
formazione ASUR Marche e SNOP dal titolo “Asbesto, asbestosi e cancro: dal
riconoscimento e controllo del rischio alla qualità della sorveglianza
sanitaria degli esposti ed ex esposti” (1 ottobre 2015, Civitanova Marche).
L’intervento
“Attualità dell’esposizione ad amianto” a cura di Stefano Silvestri (Istituto
per lo Studio e la
Prevenzione Oncologica Firenze), oltre a citare il rapporto
ReNaM, affronta diversi aspetti del rischio amianto (livelli di esposizione,
normativa, azioni di censimento, stime degli esposti, efficacia delle misure di
prevenzione attuate in passato, ecc.).
Ad esempio
il relatore si sofferma ampiamente sulla Legge 27 marzo 1992, n. 257 recante
“Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto”, entrata in vigore
il 28 aprile 1992.
E in
particolare sulla relazione indicata all’articolo 9 (Controllo sulle dispersioni
causate dai processi di lavorazione e sulle operazioni dismaltimento e
bonifica) che dispone:
“1. Le
imprese che utilizzano amianto, direttamente o indirettamente, nei processi
produttivi, o che svolgono attività di smaltimento o di bonifica dell’amianto,
inviano annualmente alle regioni, alle province autonome di Trento e di Bolzano
e alle unità sanitarie locali nel cui ambito di competenza sono situati gli
stabilimenti o si svolgono le attività dell’impresa, una relazione che indichi:
a) i tipi e
i quantitativi di amianto utilizzati e dei rifiuti di amianto che sono oggetto
dell’attività di smaltimento o di bonifica;
b) le
attività svolte, i procedimenti applicati, il numero e i dati anagrafici degli
addetti, il carattere e la durata delle loro attività e le esposizioni
dell’amianto alle quali sono stati sottoposti;
c) le
caratteristiche degli eventuali prodotti contenenti amianto;
d) le misure
adottate o in via di adozione ai fini della tutela della salute dei lavoratori
e della tutela dell’ambiente.
2. Le unità
sanitarie locali vigilano sul rispetto dei limiti di concentrazione di cui
all’articolo 3, comma 1, e predispongono relazioni annuali sulle condizioni dei
lavoratori esposti, che trasmettono alle competenti regioni e province autonome
di Trento e di Bolzano ed al Ministero della sanità.
3. Nella
prima attuazione della presente legge la relazione di cui al comma 1 deve
riferirsi anche alle attività dell’impresa svolte nell’ultimo quinquennio ed
essere articolata per ciascun anno”.
L’intervento
si sofferma anche sulla lettura e interpretazione del contenuto dell’articolo 9
della Legge 257/92, ad esempio con riferimento a quanto indicato dall’Ufficio
Legislativo del Ministero della Salute.
Un’altro
intervento al corso che si è soffermato sugli aspetti normativi si intitola
“Igiene industriale e amianto oggi: problemi e criticità nelle analisi dei
materiali e nelle misure di esposizione” ed è a cura di Cavariani della ASL di
Viterbo.
Riportiamo
alcune indicazioni relative al quadro normativo, un quadro che è caratterizzato
dall’esistenza di fatto di un regime parallelo dovuto alla presenza
contemporanea di norme comunitarie e nazionali (non sempre compatibili).
In
particolare le norme sull’amianto trattano in modo abbastanza esauriente, anche
per la parte analitica:
-
esposizione
professionale ad amianto;
-
cessazione
dell’impiego di amianto;
-
limiti per
scarichi in ambiente;
-
omologazione
e/o classificazione di materiali fibrosi sostitutivi dell’amianto;
-
idoneità dei
laboratori pubblici e privati per l’esecuzione di analisi di amianto;
-
gestione dei
rifiuti di amianto: classificazione, collocazione in discarica, recupero.
Mentre su
altre questioni la normativa non è ancora perfettamente esauriente e permangono
pertanto problemi di valutazione del rischio per assenza di adeguati standard e
procedure:
-
gestione
cemento-amianto sia coperture, sia a contatto con acqua potabile (tubazioni, serbatoi);
-
qualità
dell’aria (valori limiti ambiente);
-
definizione
delle esposizioni sporadiche e a debole intensità (ESEDI);
-
gestione dei
siti contaminati (naturali e non);
-
definizione
di procedure e metodi analitici vari.
E ci sono
anche carenze in relazione ai limiti di esposizione professionale a fibre
minerali artificiali: fibre ceramiche refrattarie (classificate cancerogene) e
vetrose.
Un altro
problema su cui si sofferma la relazione è quello tecnico, con riferimento alle
problematiche analitiche dei limiti intrinseci di rilevabilità delle fibre di
amianto.
Infatti la
prima difficoltà è intrinseca ed è dovuta al fatto che l’amianto è propriamente
definito solo attraverso la contemporanea determinazione della sua triplice
natura di silicato, cristallo e fibra. Nella determinazione dell’amianto è
indispensabile determinarne la chimica, la mineralogia, la morfologia.
Inoltre la
criticità della natura fibrosa come causa degli effetti dannosi si è
manifestata dai numerosi studi clinici ed epidemiologici e ha portato i medici
del lavoro a basare la valutazione di rischio di esposizione a fibre secondo il
loro numero e la dimensione.
Tuttavia per
le dimensioni delle fibre non vi sono modelli di respirabilità come per le
polveri tali da mettere a punto dispositivi per la selezione aerodinamica (ad
esempio cicloni o simili) già in fase di campionamento. Per le fibre si utilizza
un criterio puramente geometrico che il microscopista applicherà ad ogni fibra.
Si segnala
poi che non in tutte le circostanze le norme prevedono di contare le fibre, ma
a seconda della matrice (e del contesto normativo) si devono adottare metodiche
analitiche diverse (nell’intervento sono indicate diverse metodologie).
E per
ottenere campioni finali leggibili allo strumento (ad esempio microscopio o
diffrattometro), è necessario ridurli in polvere il che comporta la macinazione
del campione di partenza. Macinare significa alterare il parametro
“liberabilità” delle fibre e le loro dimensioni, inoltre lo stress da
macinazione influenza fortemente la risposta strumentale.
Il problema
analitico è pertanto complesso e, anche il legislatore nell’introduzione ai
metodi analitici dell’Allegato I del D.M.06/09/94 indica che a tutt’oggi non è
stata data una soluzione soddisfacente.
Tuttavia in
particolari condizioni e per determinati intervalli di significatività (che non
necessariamente coincidono con gli intervalli di applicazione delle norme) le
analisi possono essere effettuate e possono essere forniti dati riproducibili.
Con queste premesse è possibile affrontare il panorama delle determinazioni
analitiche più importanti per amianto (e fibre minerali) e i relativi limiti.
Il documento
“Attualità dell’esposizione ad amianto” a cura di Stefano Silvestri (Istituto
per lo Studio e la
Prevenzione Oncologica Firenze) è scaricabile all’indirizzo:
Il documento
“Igiene industriale e amianto oggi: problemi e criticità nelle analisi dei
materiali e nelle misure di esposizione” a cura di Cavariani (ASL Viterbo) è
scaricabile all’indirizzo:
RADIAZIONI OTTICHE ARTIFICIALI: COSA
DEVONO FARE LE AZIENDE?
Da:
PuntoSicuro
04 dicembre
2015
di Tiziano
Menduto
Un
intervento riporta alcuni concetti base delle radiazioni ottiche e indica cosa
devono fare le aziende se sono presenti sorgenti di ROA.
In quali
casi si può ritenere giustificato il non procedere ad una valutazione
dettagliata?
Non è mai
facile parlare delle radiazioni elettromagnetiche e dei rischi correlati per i
lavoratori esposti. E’ un tema tecnico, che presuppone alcune conoscenze di
base per poter comprendere, ad esempio, le differenze tra le tipologie di
radiazioni e i possibili effetti sulla salute dei lavoratori.
Per questo
motivo ci soffermiamo oggi sui concetti base relativi a quelle particolari
radiazioni elettromagnetiche che chiamiamo “Radiazioni Ottiche Artificiali”
(ROA). E lo facciamo attraverso il contenuto di un intervento che si è tenuto
al seminario “Campi elettromagnetici negli ambienti di lavoro”, promosso da
Assoservizi e Unindustria Rimini, in collaborazione con Elettroprogetti (19
Maggio 2015, Rimini).
L’intervento
“Radiazioni Ottiche Artificiali”, a cura dello Studio Tecnico Elettroprogetti,
riporta infatti alcuni concetti base che possono essere utili alle aziende per
sapere come comportarsi con le sorgenti di ROA.
L’intervento
ricorda innanzitutto che per radiazioni ottiche si intendono tutte le
radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezza d’onda compresa tra 100
nm (nanometri) e 1 mm
e lo spettro delle radiazioni ottiche si suddivide in radiazioni ultraviolette,
radiazioni visibili e radiazioni infrarosse:
-
radiazioni
ultraviolette: radiazioni ottiche di lunghezza d’onda compresa tra 100 e 400
nm; la banda degli ultravioletti è suddivisa in UVA (315-400 nm), UVB (280-315
nm) e UVC (100-280 nm);
-
radiazioni
visibili: radiazioni ottiche di lunghezza d’onda compresa tra 380 e 780 nm;
-
radiazioni
infrarosse: radiazioni ottiche di lunghezza d’onda compresa tra 780 nm e 1 mm; la regione degli
infrarossi è suddivisa in IRA (780-1.400 nm), IRB (1.400-3.000 nm) e IRC (3000
nm-1 mm).
Inoltre le
sorgenti di radiazioni ottiche sono classificate in coerenti e non coerenti.
Le prime
emettono radiazioni in fase fra di loro (i minimi e i massimi delle radiazioni
coincidono), e sono generate da laser, mentre le seconde emettono radiazioni
sfasate e sono generate da tutte le altre sorgenti non laser e dal sole.
Inoltre
tutte le radiazioni ottiche non generate dal sole (radiazioni ottiche naturali)
sono di origine artificiale, cioè sono generate artificialmente da apparati.
L’intervento
si sofferma ampiamente sui principali effetti dannosi per la salute del
lavoratore della radiazione ottica.
Ad esempio
riguardo ai principali effetti dannosi sull’occhio e la pelle si indica che la
tipologia di effetti associati all’esposizione a ROA dipende dalla lunghezza
d’onda della radiazione incidente, mentre dall’intensità dipendono sia la
possibilità che questi effetti si verifichino che la loro gravità.
Nelle slide
dell’intervento è presente una tabella contenente i possibili effetti dannosi
in relazione alla lunghezza d’onda.
E oltre ai
rischi per la salute dovuti all’esposizione diretta alle radiazioni ottiche
artificiali esistono ulteriori rischi indiretti da prendere in esame quali:
-
sovraesposizione
a luce visibile: disturbi temporanei visivi, quali abbagliamento, accecamento
temporaneo;
-
rischi di
incendio e di esplosione innescati dalle sorgenti stesse e/o dal fascio di
radiazione;
-
ulteriori
rischi associati alle apparecchiature/lavorazioni che utilizzano ROA quali
stress termico, contatti con superfici calde, rischi di natura elettrica, di
esplosioni od incendi come nel caso di impiego di laser di elevata potenza.
E la qualità
degli effetti, la loro gravità, o la probabilità che alcuni di essi si
verifichino dipendono dalla esposizione radiante, dalla lunghezza d’onda della
radiazione e, per quanto riguarda alcuni effetti sulla pelle, dalla
fotosensibilità individuale che è una caratteristica geneticamente determinata.
Il documento
si sofferma nel dettaglio dei possibili effetti sugli occhi.
Veniamo ora
agli aspetti normativi e alla valutazione dei rischi.
L’intervento
segnala il Titolo VIII (Agenti Fisici), Capo V (Protezione dei lavoratori dai
rischi di esposizione a radiazioni ottiche artificiali) del Decreto Legislativo
9 Aprile 2008 n. 81 e i vari articoli presenti (articolo da 213 a218).
Vengono
ricordate anche alcune grandezze fisiche e unità di misura:
-
irradianza
(E) o densità: la potenza radiante incidente per unità di area su una
superficie espressa in W/m2;
-
esposizione
radiante (H): integrale nel tempo dell’irradianza espressa in J/m2;
-
radianza
(L): il flusso radiante o la potenza per unità di angolo solido per unità di
superficie;
-
livello: la
combinazione di irradianza, esposizione radiante e radianza alle quali è
esposto un lavoratore.
L’intervento
si sofferma poi sullo spettro di una sorgente (la radiazione ottica artificiale
è sempre prodotta da una sorgente e le sorgenti possono avere uno spettro di
emissione diverso) e sui limiti di esposizione. Il rispetto dei limiti di
esposizione garantisce i lavoratori esposti a ROA dagli effetti nocivi sugli
occhi e sulla cute.
Si segnala
che in data 26 aprile 2010 è entrato in vigore il Capo V del titolo VIII del
D.Lgs.81/08 sulla protezione dei lavoratori dai rischi fisici associati
all’esposizione alle Radiazioni Ottiche Artificiali (ROA).
Ma quali
sono i rischi per la salute e la sicurezza che si vogliono prevenire?
In generale
i rischi che il legislatore intende prevenire sono quelli per la salute e la
sicurezza che possono derivare dall’esposizione o dal loro impiego durante il
lavoro, con particolare riguardo agli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute,
inoltre non bisogna dimenticare il rischio di incendio e di esplosione, stress
termico, contatti con superfici calde, rischi di natura elettrica.
Dato poi che
l’articolo 28 del Testo Unico impone la valutazione di “tutti i rischi per la
salute e la sicurezza dei lavoratori” si comprende dunque come il Datore di
lavoro debba intervenire in azienda per verificare la necessità o meno di
svolgere studi approfonditi.
In
particolare cosa deve fare l’azienda?
Innanzitutto
è necessario fare il censimento delle sorgenti di emissione.
Nelle slide
dell’intervento sono indicati vari esempi di radiazioni ottiche artificiali
nelle attività lavorative.
Inoltre è
necessario verificare la disponibilità in azienda di:
-
dati forniti
dai fabbricanti;
-
documenti
tecnici/dati di letteratura che trattano analoghe sorgenti;
-
norme
tecniche specifiche riguardanti la classificazione delle sorgenti.
E si deve
passare poi alla identificazione delle modalità espositive:
-
le modalità
di impiego (ad esempio ciclo chiuso);
-
i locali in
cui sono adoperati;
-
i tempi di
esposizione dei lavoratori.
E in quali
casi si può ritenere giustificato il non procedere a una valutazione
dettagliata (che non significa non fare la valutazione).
Il relatore
indica che costituisce esperienza condivisa che talune sorgenti di radiazioni
ottiche, nelle corrette condizioni di impiego, non danno luogo ad esposizioni
tali da presentare rischi per la salute e la sicurezza; in questi casi è
giustificato non dover procedere a una valutazione del rischio più dettagliata.
Sono giustificabili tutte le apparecchiature che emettono radiazione ottica non
coerente classificate nella categoria 0 secondo lo standard UNI EN 12198:2009
così come le lampade anche a led classificate nel gruppo “Esente” dalla norma
CEI EN 62471:2009 (esempi di sorgenti di gruppo esente sono l’illuminazione
standard per uso domestico e di ufficio, i monitor dei computer, i display, le
fotocopiatrici, le lampade e i cartelli di segnalazione luminosa); tutte la
sorgenti laser classificate nelle classi 1 e 2 secondo Io standard IEC 60825.
E per le
sorgenti di ROA classificate come “giustificabili” non è necessario effettuare
la valutazione del rischio, ma è obbligatoria la redazione del documento che
attesti il censimento e la classificazione delle stesse.
E in quali
casi si deve procedere ad una valutazione dettagliata?
Il relatore
indica che l’approfondimento della valutazione del rischio dovrà essere
comunque realizzato nei seguenti casi:
-
laser di
categoria 1M, 2M 3R, 3B e 4 (nella nuova classificazione) o nelle classi 3A, 3B
e 4 nella vecchia classificazione;
-
saldatura
elettrica ad arco;
-
utilizzo di
plasma per il taglio e la saldatura;
-
lampade
germicide;
-
sistemi LED
per fototerapia;
-
lampade
abbronzanti;
-
lampade ad
alogenuri metallici;
-
corpi
incandescenti (metalli o vetro liquido);
-
apparecchi
con sorgenti IPL per uso medico od estetico.
E quando è
necessario attivare la sorveglianza sanitaria?
Sicuramente
per quei lavoratori che sulla base della valutazione del rischio, debbano
indossare DPI degli occhi o della pelle in quanto potrebbero risultare esposti
a livelli superiori ai valori limite.
Concludiamo
ricapitolando i passi da seguire indicati nella relazione:
-
censire le
proprie attrezzature identificando quelle che possono emettere ROA;
-
se presenti,
recuperare la documentazione del costruttore;
-
nel caso
siano sorgenti ROA giustificabili non e’ necessario eseguire una valutazione di
dettaglio, ma andrà comunque integrato il documento di valutazione dei rischi,
per cui assieme al consulente si provvederà ad aggiornare celermente la documentazione
essendo un adempimento già in vigore (26 aprile 2010);
-
nel caso
siano sorgenti ROA non giustificabili è quindi necessario procedere a una valutazione
di dettaglio, forse di tipo strumentale; in tal caso si suggerisce una riunione
ad hoc con il consulente per valutare i passi da seguire sempre considerato il
fatto che parliamo di un adempimento già in vigore.
Il documento
“Radiazioni Ottiche Artificiali”, a cura dello Studio tecnico Associato
Elettroprogetti è scaricabile all’indirizzo:
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