Riprende l’Eternit Bis: in aula a ottobre. La Procura
torna a chiedere il processo per Schmidheiny
L’accusa per
la quale i magistrati vogliono portare in tribunale l’ex magnate dell’Eternit è
omicidio volontario di 258 persone
silvana mossano
casale
monferrato
Si riparte da dove, il 24 luglio dello scorso anno, ci
si era fermati. L’udienza preliminare del procedimento «Eternit Bis»
ricomincerà a Torino il 27 ottobre, davanti allo stesso gup Federica Bompieri
che l’aveva iniziata a maggio 2015. Quando il giudice l’aveva interrotta,
riconoscendo legittimi i dubbi dei difensori di Stephan Schmidheiny sulla
possibilità che si potesse incorrere nel principio del «ne bis in idem» (cioè
non si può processare due volte una persona per gli stessi fatti) e aveva
girato il quesito alla Corte Costituzionale, alcuni casalesi non l’avevano
presa bene. Quello stop fu considerato un ulteriore inciampo nei garbugli di
una giustizia avvertita talora come incomprensibile, se pur accettata e
rispettata.
Invece, a distanza di un anno si può dire che non è
stato un anno perso. La Corte Costituzionale ha affrontato in maniera
dirimente, e una volta per tutte, una questione che, altrimenti, si sarebbe
trascinata riproponendosi a ogni grado di giudizio e in eventuali altri
processi. Ora c’è un parere supremo cui attenersi e che dà al gup la facoltà di
proseguire. Non si pensi, tuttavia, che la difesa arretrerà chinando il
capo. I legali Astolfo Di Amato e Guido Carlo Alleva già hanno fatto capire che
anche il responso della Consulta può consentire più interpretazioni
applicative. Quindi, nell’udienza preliminare è prevedibile che di «ne bis in
idem» si sentirà ancora parlare. Quel che è certo è che il percorso non è
interrotto. Sono già state fissate cinque date: a giovedì 27, seguono venerdì
28 ottobre, venerdì 4, giovedì 17 e venerdì 18 novembre. Nell’Eternit Bis, la
Procura chiede che Schmidheiny sia mandato a processo con l’accusa di omicidio
volontario di 258 persone (un numero che potrebbe aumentare in successive
contestazioni) uccise dalla fibra d’amianto che, sostengono i pm, il patron
dell’Eternit non fece nulla per limitare o eliminare. La fabbrica, poi, pur
dismessa nel 1986, fu lasciata lì ad agonizzare nel degrado, con piaghe infette
sempre più esposte e virulente tanto che la chiusura dell’Eternit non coincise
affatto con la fine della diffusione della polvere; al contrario, caso mai si
aggravò per la mancanza totale di contenimenti e precauzioni. Bomba a
orologeria, hanno detto alcuni. È impreciso, perché una bomba, prima o poi,
esplode e segna una data precisa da cui si cominciano a conteggiare i tempi di
una possibile, se pur umiliante (per lo Stato, prima di tutto) prescrizione.
Invece, lo stillicidio continuo e duraturo di contaminazione con conseguenti
vittime ha lasciato spazio alle interpretazioni (legittime, ma non unanimemente
condivise) su cui è franato il maxiprocesso Eternit Uno. Ora, tuttavia,
si riparte, anche con la forza che scaturisce dal Parco Eternot (si inaugura
sabato, al posto dell’Eternit) che contiene in sé un monumento in movimento: è
un vivaio in cui ogni anno, ad aprile, per la Giornata mondiale delle vittime
dell’amianto, le piante faranno fiorire dei «fazzoletti bianchi». Non solo
asciugheranno le lacrime, ma, come ha scritto Gea Casolaro, l’artista creatrice
dell’opera, «metteranno le ali e voleranno lontano per sviluppare profonde
radici di giustizia».
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