venerdì 23 settembre 2016

22 settembre - Strage di Stato? Amianto killer sulle navi: oltre cento spezzini uccisi dal killer silenzioso



La Spezia - Parla sempre più spezzino, il processo Marina 2, in corso a Padova: processo che vede sotto accusa altissimi ufficiali della Marina Militare, e lo stesso Ministero della Difesa, per il reato di omicidio colposo, o comunque per cooperazione nel delitto colposo: per centinaia di casi di mesotelioma e asbestosi, malattie purtroppo incurabili, derivanti dall’esposizione all’amianto. In aula, come parte civile, non c’è solo l’associazione Afea , fondata dallo spezzino Pietro Serarcangeli: che ha contratto l’asbestosi, nel lungo periodo trascorso nella Marina Militare. Ci sono anche militari spezzini, ammessi come parti lese, perché hanno contratto gravissime malattie da esposizione. E per chi purtroppo è già morto, ci sono i familiari: vedove, figli Moltissimi sono spezzini. E dalle ultime udienze emerge la conferma: i morti spezzini d’amianto superano almeno il centinaio. E tantissimi sono i casi diagnosticati di recente. Eppure, se ne parla molto poco.
Processo Marina 1

Il processo in corso, Marina 2, deriva dal precedente, Marina 1, partito dall’inchiesta del 2005, del procuratore Sergio Dini, incentrato sulla morte di due militari, Giuseppe Calabrò e Giovanni Baglivo. Erano otto, gli ammiragli accusati. E nel 2009 il ministero aveva risarcito le due famiglie, con 850 mila euro, prima ancora che si arrivasse a sentenza: ammettendo, di fatto, la colpa. A sorpresa, nel 2013, il giudice Nicoletta De Nardus aveva invece assolto tutti. Motivo: il fatto non sussiste. Il procuratore Dini aveva impugnato. In appello, la Corte di Venezia ha riformato la sentenza, e ha dichiarato i reati prescritti: assoluzione cancellata, dunque. E in Cassazione, è arrivato l’ordine di rifare tutto.
Processo Marina 2
E’ quello che si sta svolgendo a Padova. Gli imputati sono 14, capi di stato maggiore e direttori generali di Navalcostarmi e squadra navale. E la Procura - che era partita con i due casi iniziali - ha raccolto ora centinaia di schede, su altri militari, vittime dell’amianto. E la gran parte, riguarda famiglie spezzine.
Sapevano L’Ona, osservatorio amianto, ha trovato un documento inquietante. E’ del 1969. E’ uno studio effettuato all’Arsenale di Taranto. Su 269 persone esaminate, 27 erano malate, e 42 erano a rischio. Venne tenuto riservato. C’è scritto: «i risultati non saranno forniti ad organizzazioni sindacali o politiche ma resteranno a disposizione esclusivamente della Direzione di Sanità Militare Marittima».
L’accusa Per la Procura, la Marina “non prese misure idonee ad impedire, o almeno a ridurre, secondo le possibilità della tecnica, il diffondersi di polveri di amianto, prodotte dalle lavorazioni e dall’uso delle dotazioni”. I capi “contribuirono, con il loro silenzio, a cagionare le patologie, o quantomeno non ne impedirono l’insorgenza”.
Le cartelle Il procuratore Dini, in aula, illustra le cartelle personali dei militari. E ogni cartella, è un calvario. Sebastiano B., di Portovenere, congedato nel 1991, e poi ucciso dal mesotelioma, aveva lavorato su tantissime navi: dalla Sesia alla Carabiniere, e poi Artigliere, Alicudi, Cavezzale, Ercole, Ape, Centauro. E Mauro B., di Santo Stefano Magra, aggiustatore meccanico, portato via dal mesotelioma, aveva lavorato dal 1981 al 1996, al centro interforze di munizionamento avanzato, ad Aulla. Giordano Benvenuti, di Follo, portato via dal plasmocitoma, era frigorista, fonditore, e staffatore a mano: aveva fatto la scuola allievi operai, dal 1953 al 1957, e poi operaio e aggiustatore, a Marinarsen.
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