La Spezia - Parla sempre più spezzino, il processo
Marina 2, in corso a Padova: processo che vede sotto accusa altissimi
ufficiali della Marina Militare, e lo stesso Ministero della Difesa, per il
reato di omicidio colposo, o comunque per cooperazione nel delitto colposo: per
centinaia di casi di mesotelioma e asbestosi, malattie purtroppo incurabili,
derivanti dall’esposizione all’amianto. In aula, come parte civile, non c’è solo
l’associazione
Afea , fondata dallo spezzino Pietro
Serarcangeli: che ha contratto l’asbestosi, nel lungo periodo trascorso
nella Marina Militare. Ci sono anche militari spezzini, ammessi come parti
lese, perché hanno contratto gravissime malattie da esposizione. E per chi
purtroppo è già morto, ci sono i familiari: vedove, figli Moltissimi sono
spezzini. E dalle ultime udienze emerge la conferma: i morti spezzini
d’amianto superano almeno il centinaio. E tantissimi sono i casi diagnosticati
di recente. Eppure, se ne parla molto poco.
Processo Marina 1
Il processo in corso, Marina 2, deriva dal precedente,
Marina 1, partito dall’inchiesta del 2005, del procuratore Sergio Dini,
incentrato sulla morte di due militari, Giuseppe Calabrò e Giovanni Baglivo.
Erano otto, gli ammiragli accusati. E nel 2009 il ministero aveva risarcito le
due famiglie, con 850 mila euro, prima ancora che si arrivasse a sentenza:
ammettendo, di fatto, la colpa. A sorpresa, nel 2013, il giudice Nicoletta De
Nardus aveva invece assolto tutti. Motivo: il fatto non sussiste. Il
procuratore Dini aveva impugnato. In appello, la Corte di Venezia ha
riformato la sentenza, e ha dichiarato i reati prescritti: assoluzione
cancellata, dunque. E in Cassazione, è arrivato l’ordine di rifare tutto.
Processo Marina 2
E’ quello che si sta svolgendo a Padova. Gli imputati
sono 14, capi di stato maggiore e direttori generali di Navalcostarmi e
squadra navale. E la Procura - che era partita con i due casi iniziali - ha
raccolto ora centinaia di schede, su altri militari,
vittime dell’amianto. E la gran
parte, riguarda famiglie spezzine.
Sapevano L’Ona, osservatorio amianto, ha trovato un documento
inquietante. E’ del 1969. E’ uno studio effettuato all’Arsenale di Taranto. Su
269 persone esaminate, 27 erano malate, e 42 erano a rischio. Venne tenuto
riservato. C’è scritto: «i risultati non saranno forniti ad organizzazioni
sindacali o politiche ma resteranno a disposizione esclusivamente della
Direzione di Sanità Militare Marittima».
L’accusa Per la Procura, la Marina “non prese misure idonee ad
impedire, o almeno a ridurre, secondo le possibilità della tecnica, il
diffondersi di polveri di amianto, prodotte dalle lavorazioni e dall’uso delle
dotazioni”. I capi “contribuirono, con il loro silenzio, a cagionare le
patologie, o quantomeno non ne impedirono l’insorgenza”.
Le cartelle Il procuratore Dini, in aula, illustra le cartelle
personali dei militari. E ogni cartella, è un calvario. Sebastiano B., di
Portovenere, congedato nel 1991, e poi ucciso dal mesotelioma, aveva lavorato
su tantissime navi: dalla Sesia alla Carabiniere, e poi Artigliere, Alicudi,
Cavezzale, Ercole, Ape, Centauro. E Mauro B., di Santo Stefano Magra,
aggiustatore meccanico, portato via dal mesotelioma, aveva lavorato dal 1981 al
1996, al centro interforze di munizionamento avanzato, ad Aulla. Giordano
Benvenuti, di Follo, portato via dal plasmocitoma, era frigorista, fonditore, e
staffatore a mano: aveva fatto la scuola allievi operai, dal 1953 al 1957, e
poi operaio e aggiustatore, a Marinarsen.
© Riproduzione riservata
Nessun commento:
Posta un commento