Mentre
familiari, compagni di lavoro, i migranti anche degli altri settori della
logistica in lotta al nord piangevano e manifestavano forte la loro rabbia
contro l'assassinio dell'operaio a Piacenza, Abd Elsalam Ahmed Eldan, travolto
da un tir mentre lottava per i diritti insieme agli altri operai, il Corriere
della sera di Venerdì 16 settembre, usciva con una "analisi" del
giornalista Dario Di Vico, che già nel titolo - "Autisti e facchini: guerra tra ultimi tra i pacchi di Amazon e Ikea"
- indicava chiaro il segno reazionario dell'articolo.
Lo riprendiamo perchè esso esprime, non solo l'humus fortemente antioperaio
del commento (certo niente affatto strano in un giornale padronale), ma anche
l'humus presente ed espresso in altre realtà, compresi i sindacati confederali.
L'articolo comincia: "La filiera
italiana della logistica, un settore decisivo per lo sviluppo delle economie
moderne, opera in totale spregio alla qualità del lavoro...
La modernità e il suo contrario. L’e-commerce e il lavoro da schiavi. Le
contraddizioni che attraversano i grandi poli logistici come Piacenza sono
laceranti e purtroppo episodi luttuosi come quello di ieri si possono ripetere
quasi quotidianamente. I committenti pur di risparmiare si servono di un
sistema di appalti e subappalti con pochi controlli e nel quale si può
infiltrare letteralmente di tutto, Padroncini senza scrupoli, false
cooperative, caporalato etnico, criminalità organizzata e piccoli sindacati
spregiudicati...".
Già all'inizio, questo "giornalista-voce del padrone", pur
descrivendo la realtà di "lavoro da schiavi", fa due operazioni:
mette una copertura sui grandi committenti, le grandi catene commerciali - al
massimo responsabili di non fare controlli su chi svolge il lavoro; ma soprattutto
nel descrivere chi opera nel settore mette insieme padroncini senza scrupoli, false
cooperative, caporalato etnico, criminalità organizzata e piccoli sindacati spregiudicati.
(L'articolo continua) - "...È la realtà di una terza classe
operaia, assai differente dalle tute bianche dell’industria 4.0 o anche dai
tradizionali operai delle linee di montaggio, è un proletariato dei servizi
composto al 90% da lavoratori extracomunitari.
Sono per lo più marocchini, tunisini e pachistani, reclutati anche tramite
gli imam, che accettano di lavorare in dumping con paghe e orari assai distanti
da quelli previsti dal contratto nazionale. Straordinari compresi si arriva ai
mille euro. Mentre tra i metalmeccanici gli operai immigrati sono vicini alle
organizzazioni confederali e li si può vedere facilmente nei cortei e nei
volantinaggi, tra i 400 mila facchini che lavorano in Italia per Cgil-Cisl-Uil
lo spazio è stretto e ad aver la meglio sono i vari Cobas. Nelle loro mani
gli extracomunitari diventano delle «macchine per la lotta selvaggia», quasi
mai gli scioperi vengono indetti regolarmente e invece la modalità prevalente
di lotta è il blocco selvaggio".
L'obiettivo da colpire dell'articolo sono i cobas. Continuando, infatti, con descrizioni e frasi chiaramente razziste, che intrecciano anche stupidità e faziosità, da giornalista da poltrona, che parla delle condizioni di lavoro degli operai immigrati della logistica usando luoghi comuni, per cui i lavoratori accetterebbero di "lavorare con paghe e orari assai distanti da quelli previsti dal contratto nazionale", e non che vi sono costretti dalle cooperative, come dai tempi produttivi dei grandi committenti, Di Vico si scatena in una operazione squallida di divisione, contrapposizione dei lavoratori, tra i cattivi (gli operai della logistica) e i buoni (gli operai metalmeccanici); perchè lì vi sono i cobas (che fanno le lotte selvagge) e nelle fabbriche metalmeccaniche invece Cgil,cisl, uil (che tengono buoni i lavoratori).
La conseguenza inevitabile, neanche tanto nascosta, di questa "spazzatura di analisi" è che la colpa dell'assassinio di Abd Elsalam non è dell'azienda, del padroncino del tir, ma è dei cobas che farebbero diventare gli "extracomunitari... macchine per la lotta selvaggia".
L'obiettivo da colpire dell'articolo sono i cobas. Continuando, infatti, con descrizioni e frasi chiaramente razziste, che intrecciano anche stupidità e faziosità, da giornalista da poltrona, che parla delle condizioni di lavoro degli operai immigrati della logistica usando luoghi comuni, per cui i lavoratori accetterebbero di "lavorare con paghe e orari assai distanti da quelli previsti dal contratto nazionale", e non che vi sono costretti dalle cooperative, come dai tempi produttivi dei grandi committenti, Di Vico si scatena in una operazione squallida di divisione, contrapposizione dei lavoratori, tra i cattivi (gli operai della logistica) e i buoni (gli operai metalmeccanici); perchè lì vi sono i cobas (che fanno le lotte selvagge) e nelle fabbriche metalmeccaniche invece Cgil,cisl, uil (che tengono buoni i lavoratori).
La conseguenza inevitabile, neanche tanto nascosta, di questa "spazzatura di analisi" è che la colpa dell'assassinio di Abd Elsalam non è dell'azienda, del padroncino del tir, ma è dei cobas che farebbero diventare gli "extracomunitari... macchine per la lotta selvaggia".
(E continua) - "...E qui scatta la contrapposizione violenta con i camionisti, che spesso vengono dall’Est Europa, e sono anch’essi espressione di un altro dumping sociale. Per lavorare con un minimo margine di guadagno sovente saltano anche i riposi e se sono bloccati ore e ore ai cancelli delle fabbriche dalle lotte dei facchini finiscono per dare i numeri. La loro retribuzione a forfait diventa sempre più magra... Le imprese serie e i sindacati hanno denunciato già in passato questo clima da far west ma non è servito praticamente a niente. Le autorità seguono le vicende legate ai blocchi selvaggi e ai picchi di conflittualità con timore e spesso finiscono per spingere gli imprenditori a ricercare il compromesso a tutti i costi per chiudere le vertenze e quindi a venire a patti con i Cobas. Ma così non si risolve nulla, le agitazioni si ripetono regolarmente e si cerca sempre la contrapposizione più dura. Come si diceva una volta, si alza la posta.
"... si tratta solo di ripristinare la legalità e corrette relazioni industriali. Non è impossibile".
Inevitabile, poi, lo stravolgimento di quanto è avvenuto e avviene durante i presidi, i blocchi degli operai della logistica. Non è la prima volta che i "poveri" camionisti, il più delle volte padroncini che passerebbero sopra il corpo della madre per fare i loro guadagni, insieme a dirigenti delle cooperative hanno tentato di forzare i blocchi di lotta, hanno caricato i picchetti di lotta, aggredendo i lavoratori con mazze, ecc. (tempo fa è successo nella provincia di Bergamo, con gravi feriti tra gli operai immigrati della logistica); questi "poveri camionisti" sono ben volentieri massa di manovra per spezzare i presidi. Ma la conclusione è sempre e comunque l'attacco ai cobas, e di fatto l'esortazione verso le "autorità", in nome del ripristino della "legalità", a interrompere ogni rapporto, ogni trattativa con i cobas (in realtà già rarissime)... a passare alla repressione aperta. Una esortazione/denuncia, come scrive lo stesso giornalista, portata avanti da cgil, cisl, uil.
Ma c'è da dire una cosa. Pur con una volontà apertamente reazionaria, Di
Vico ha detto anche una verità: è vero che dove stanno cgil, cisl e uil non vi
sono lotte vere, dure, quelle necessarie per difendere condizioni e diritti dei
lavoratori; anzi, i sindacati confederali sono i primi "attivisti"
nell'impedire, reprimere queste lotte e chi vuole organizzarle - anche nella
fabbriche metalmeccaniche citate dal giornalista, in cui non è affatto vero che
gli operai sia italiani che immigrati sono "buoni" e rispettosi delle
loro "regole", e seguirebbero tranquillamente gli inutili cortei dei
sindacati confederali. E' vero, invece, che dove i lavoratori si
autorganizzano, dove nascono i cobas, si lotta realmente e, a volte, si
strappano anche risultati.
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