INDICE
NotizieInMARCIA! redazione@ancorainmarcia.it
NAPOLI: OPERAIO MUORE FOLGORATO SU FRECCIAROSSA IN
MANUTENZIONE
Partito
dei Comitati di Appoggio alla Resistenza (CARC) carc@riseup.net
SOLIDARIETA’ A NICOLETTA DOSIO DEL MOVIMENTO NO TAV
E AL COMITATO CASSINTEGRATI E LICENZIATI FIAT DI POMIGLIANO!
Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza (CARC) carc@riseup.net
SEGUIRE L’ESEMPIO DI NICOLETTA DOSIO DEL
MOVIMENTO NO TAV
Muglia La
Furia fmuglia@tin.it
LE 150 MILA VISUALIZZAZIONI
DEL BLOG E LA TORRE DI
BABELE
Medicina Democratica segreteria@medicinademocratica.org
NEWSLETTER MEDICINA DEMOCRATICA
Clash
City Workers cityworkers@gmail.com
TEMPI
DI LAVORO, TEMPI DI VITA
Clash
City Workers cityworkers@gmail.com
DAL
CAPORALATO ILLEGALE A QUELLO LEGALE
Clash
City Workers cityworkers@gmail.com
SICUREZZA
CONTRO PROFITTI: L’AGO PENDE VERSO I SECONDI E NOI CONTINUIAMO A MORIRE
Medicina Democratica segreteria@medicinademocratica.org
NEWSLETTER MEDICINA DEMOCRATICA
Clash
City Workers cityworkers@gmail.com
“SICUREZZA
SUL LAVORO? TROPPE REGOLE” AL VIA LA RIFORMA DEL GOVERNO
Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
ANCORA MORTI PER INFORTUNI, MA NON DIMENTICHIAMOCI MAI DEL TERREMOTO
Unione
Sindacale di Base Ospedale Gaslini ospedalegaslini.sanita@usb.it
OSPEDALE GASLINI: COMUNICATO STAMPA LETTERA ALLA GIUNTA REGIONALE
AIEA Paderno Dugnano aieapadernodugnano@gmail.com
COMUNICATO STAMPA AMIANTO E TERREMOTO
Clash City Workers cityworkers@gmail.com
FOGGIA:
I BRACCIANTI BLOCCANO PER ORE LA
FILIERA DEL POMODORO
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From: NotizieInMARCIA! redazione@ancorainmarcia.it
To:
Sent: Sunday, August 07, 2016 12:42 PM
Subject: NAPOLI: OPERAIO MUORE FOLGORATO SU FRECCIAROSSA IN MANUTENZIONE
L’infortunio mortale è avvenuto nell’Impianto
Manutenzione Corrente dei treni alta velocità ETR 500 e 1000 a Napoli Gianturco.
Si allunga il tragico elenco dei morti sul lavoro
nel settore ferroviario:
Napoli, 7 agosto 2016
Infortunio mortale
questa notte per un operaio di Trenitalia su un treno Frecciarossa questa notte
a Napoli. Il nostro collega, Vincenzo Viola, di 33 anni è
rimasto folgorato all’interno dell’officina mentre lavorava alla manutenzione
di un pantografo. I disperati tentativi di salvarlo dalle fiamme che l’hanno
carbonizzato sono risultati vani.
Non conosciamo ancora
i dettagli della tragedia ma siamo certi che tutte le lavorazioni intorno ai
convogli alimentati ad alta tensione presentano un altissimo grado di rischio
folgorazione che non sempre viene tenuto nella debita considerazione. Vincenzo
era conosciuto dai compagni di lavoro come una persona consapevole e scrupolosa
abituata a rispettare tutte le procedure.
D’altra parte per
lavorare a contatto fisico con le parti alimentate ad alta tensione (a
differenza di altre situazioni potenzialmente rischiose) non si può azzardare o
sperare che non accada nulla: infatti, toccando un pantografo alimentato non vi
è il “rischio” di morire... ma la certezza assoluta di rimanere fulminati. Per
questo riteniamo improbabile una distrazione o un’azzardata scorciatoia
lavorativa, ma riteniamo molto più credibile una gravissima lacuna
organizzativa e tecnologica sulle quali auspichiamo l’Autorità giudiziaria
effettui tempestivamente i necessari accertamenti, anche per prevenire nuove
sciagure.
Le procedure che in
teoria sono specificamente pensate per salvaguardare l’incolumità dei
lavoratori, anche in caso di errori o distrazioni, si rivelano troppo spesso
tragicamente insufficienti. A volte per cattive prassi, tollerate da chi ha la
responsabilità della sicurezza, altre per l’accelerazione dei ritmi o per il
clima di “produzione a tutti i costi”.
E’ solo di ieri, un
altro preoccupante episodio accaduto con i Frecciarossa, quando un convoglio
ETR 1000 (treno di ultima generazione che viaggia a 300 km/h) durante una
manovra di preparazione nella stazione di Napoli Centrale per un malore del macchinista o un anomalia ai freni, ha
urtato a bassa velocità il paraurti del binario 16. Nessun ferito e pochi danni
ma un campanello d’allarme sull’intera “organizzazione” della sicurezza nel più
prestigioso settore di Trenitalia.
Seguiremo la vicenda
dell’infortunio mortale di questa notte convinti che debba essere chiarito
senza nessuna ombra l’accaduto, sia in merito a possibili carenze organizzative
e strumentali che a eventuali responsabilità dell’intera piramide aziendale.
Assieme al dolore per
la tragedia che colpisce un giovane lavoratore non possiamo fare a meno di
riflettere sulle condizioni di lavoro cui tutti siamo sottoposti, anche nelle
aziende che (sulla carta) si presentano come virtuose; i risultati positivi in
termini di riduzione degli infortuni all’interno di Trenitalia, divulgati solo
da pochi giorni, sono in parte stati ottenuti attraverso una aumento dei “mancati
riconoscimenti” da parte dell’INAIL e con una impennata delle sanzioni
disciplinari ai lavoratori che denunciano l’infortunio.
Purtroppo la cruda
realtà ci dimostra che convegni, slide e comunicati stampa non bastano a salvaguardare
le vita di chi lavora. Evidentemente sulla sicurezza negli ambienti di lavoro,
anche in quelli “blasonati”, come i treni Frecciarossa di Trenitalia, c’è
ancora molto, ma molto da fare.
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To:
Sent: Sunday, August 07, 2016 8:45 PM
Subject: SOLIDARIETA’ A NICOLETTA DOSIO DEL MOVIMENTO NO TAV E AL COMITATO
CASSINTEGRATI E LICENZIATI FIAT DI POMIGLIANO!
I partecipanti al dibattito “Difendere e applicare la Costituzione: le amministrazioni locali che servono”, tenutosi il 30 luglio scorso nell’ambito della VI edizione della Festa di Riscossa Popolare presso il Parco dei Camaldoli di Napoli, esprimono piena e incondizionata solidarietà all’esponente del movimento No TAV, Nicoletta Dosio, e agli operai del Comitato Licenziati e Cassintegrati Fiat di Pomigliano.
L’appello
al dibattito ha visto decine e decine di adesioni in tutta Italia e ha visto la
partecipazione di numerosi comitati di lotta: dagli operai dell’ILVA di Taranto
agli operai della FCA di Melfi, dai disoccupati organizzati del VII Municipio
di Roma al Comitato degli Insegnanti Precari, da esponenti del movimento No TAV
e del nascente coordinamento per la sanità pubblica in Campania, dall’ex OPG “Je
so pazz” al Comitato per l’acqua Pubblica, dai collettivi studenteschi al
Comitato Cassintegrati e Licenziati Fiat di Pomigliano. Diversi sono stati i
rappresentanti istituzionali che sono intervenuti: la consigliera comunale
Eleonora De Majo e l’assessore Carmine Piscopo esponenti dell’Amministrazione
Comunale di Napoli, Michele Tripodi sindaco di Polistena (RC), il portavoce di
Paolo Maddalena presidente emerito della Corte Costituzionale.
La
discussione ha messo in luce che la Costituzione nata dalla vittoria della Resistenza
sul fascismo non è mai stata applicata fino in fondo e che in particolare negli
ultimi 40 anni si è avviato un processo di crescente e sistematica violazione
dei principi e delle prescrizioni in essa contenuti, a fronte dell’avanzare
della seconda crisi generale del sistema capitalista e dell’azione dei governi
asserviti al Vaticano, alle Organizzazioni Criminali e ai capitalisti.
Il
referendum contro la “riforma” con la quale Renzi mira ad accelerare lo
smantellamento della Costituzione é una battaglia contro il suo governo,
portavoce degli interessi della Comunità Internazionale, degli affaristi e
speculatori USA, UE e sionisti che operano nel nostro Paese. Il governo Renzi
vuol portare a compimento l’opera criminale della P2 di Gelli e quella dei
governi che lo hanno preceduto.
Bisogna
votare NO al referendum per la modifica della Costituzione, ma il voto è solo
uno degli aspetti della lotta.
La
principale arma della battaglia sono e saranno le azioni di mobilitazione e di
organizzazione che si metteranno in campo per applicare realmente la Costituzione (lavoro,
casa, diritto di sciopero e di manifestazione)!
Le
organizzazioni politiche e sindacali che già oggi organizzano la resistenza delle
masse popolari agli effetti peggiori della crisi e alle misure del governo
Renzi, gli esponenti della società civile che non intendono chinare il capo di
fronte all’arroganza e ai soprusi del governo centrale, le Amministrazioni
Locali nate col mandato esplicito di fare gli interessi delle masse popolari
senza se e senza ma, insieme possono e devono operare per far saltare i piani
reazionari che sottendono alla riforma costituzionale, possono e devono
organizzare e mobilitare le masse popolari per attuare le misure concrete oggi
necessarie a risolvere i problemi generati dalla crisi e aggravati dalle misure
del governo centrale. E’ così che oggi possiamo e dobbiamo costruire l’alternativa
di governo allo stato di cose presenti, che possiamo avanzare e guadagnare
terreno cacciando il governo Renzi e preparare la strada alla riscossa popolare
sul piano nazionale.
Il
primo passo da compiere è prendere posizione e compiere azioni di sostegno
verso coloro che vengono colpiti dalla repressione perché con il proprio
attivismo lottano per l’applicazione della Costituzione.
Nel
particolare della discussione del 30 luglio è stato messo in luce che è
necessario sostenere la posizione di rottura che l’attivista No TAV Nicoletta
Dosio ha assunto nel sottrarsi alle misure restrittive cui è stata condannata
dal tribunale di Torino. Il movimento No TAV in questi anni è stato e continua
a essere un esempio da diffondere e da emulare su come le masse popolari
possono effettivamente scompaginare i piani speculativi e mettere in crisi
istituzioni a essi asservite. Oggi Nicoletta con il suo esempio ci insegna che
è giusto e legittimo fare ciò che è negli interessi della maggioranza anche
quando è illegale!
E’
parimenti necessario sostenere gli operai e compagni del Comitato Cassintegrati
e Licenziati Fiat di Pomigliano che il prossimo 20 settembre andranno a
discutere in Cassazione se è legittimo o meno contestare con una manifestazione
rappresentativa della violenza repressiva che il gruppo FCA esercita
quotidianamente contro gli operai e che in questi anni ha indotto diversi
operai al suicidio. Giustamente questi compagni hanno richiamato l’attenzione
sull’articolo della Costituzione che sancisce la libertà di espressione e hanno
rivendicato la legittimità di ogni manifestazione. Hanno denunciato il
licenziamento e il processo che hanno subito quale aperta violazione del più
elementare dei diritti democratici affermando che se si vuole veramente
difendere la Costituzione
bisogna difendere gli operai che lottano schierandosi dalla loro parte. In
particolare i rappresentanti istituzionali che sono per il NO al Referendum
sulla Costituzione devono partecipare al processo e alle mobilitazioni che si
metteranno in campo in loro sostegno per creare un movimento di opinione
pubblica di condanna senza se e senza ma di tali abusi di potere!
E’
evidente che organizzare la mobilitazione per non lasciare impuniti questi atti
repressivi è necessario e indispensabile non solo a evitare lo sdoganamento su
ampia scala di tali misure da parte del governo centrale, ma soprattutto per
dare carne ed ossa alla battaglia in difesa della Costituzione!
In
tutti i processi che vedono imputati coloro che oggi si battono per esercitare
i principi costituzionali dobbiamo ribaltare il tavolo, saremo noi gli accusatori
dei Renzi e dei Marchionne che vogliono fare carta straccia della Costituzione.
Tutti
i difensori della Costituzione, a partire da coloro che hanno poteri
istituzionali, sono chiamati a sostenere in ogni modo la lotta di questi
compagni! Tutti i difensori della Costituzione, a partire da coloro che hanno
poteri istituzionali, sono chiamati a sostenere moralmente, politicamente e
praticamente questi compagni!
W
il movimento NO TAV!
W
la lotta dei lavoratori FCA!
Partito dei Comitati
di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo (CARC)
via Tanaro, 7
20128 Milano
telefono e fax: 02 26
30 64 54
e-mail: carc@riseup.net
sito: www.carc.it
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To:
Sent: Sunday, August 07, 2016 8:45 PM
Subject: SEGUIRE L’ESEMPIO DI NICOLETTA DOSIO DEL
MOVIMENTO NO TAV
SEGUIRE L’ESEMPIO DI NICOLETTA DOSIO DEL MOVIMENTO
NO TAV
E’ LEGITTIMO TUTTO CIO’ CHE E’ NELL’INTERESSE
DELLE MASSE POPOLARI ANCHE SE ILLEGALE
Ieri mattina
sono arrivate ulteriori restrizioni contro Nicoletta Dosio del movimento No TAV:
obbligo di dimora a Bussoleno con prescrizione di non allontanarsi dall’abitazione
di residenza dalle ore 18:00 alle ore 8:00. La compagna ha ribadito che “Amo troppo la mia casa e il mio paese per
doverci stare forzatamente. Libera sono, libera resto. Per loro ho una
personalità estremamente negativa, intollerante delle regole e totalmente priva
del minimo spirito collaborativo. Sì, non tollero la loro arroganza, non
accetto le regole del potere che vorrebbe l’uomo e la natura proni al suo
dominio, non collaborerò mai con coloro che si credono padroni del mondo, della
vita di ognuno di noi, del futuro di chi verrà dopo di noi. Mi sento libera e
felice”.
Nel numero
di Resistenza 7/8 del 2016 scrivevamo che le violazioni dei provvedimenti, il
rifiuto di rispettare gli arresti domiciliari o gli obblighi di firma in
caserma, il presentarsi pubblicamente nei cortei, facendo comizi, rilasciando
interviste in cui pubblicamente si rivendica la pratica della violazione e il
sostanziale non riconoscimento dell’autorità costituita, la promozione di
presidi solidali che impediscono di mettere in esecuzione gli arresti: sono
atti che portano in sé e mettono in evidenza il principio che se si passa dalla
difesa all’attacco, sono le autorità borghesi a doversi mettere sulla
difensiva. La forza di ognuno di quegli atti di insubordinazione sta nel fatto
che è reso possibile e si avvale della vasta complicità e mobilitazione delle
masse popolari, che trasforma l’insubordinazione individuale in atto politico,
in linea di prospettiva, in organizzazione popolare.
Ribadiamo la
nostra solidarietà a Nicoletta Dosio, il suo è esempio di riscossa popolare
delle masse popolari!
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To:
Sent:
Thursday, August 11, 2016 5:45 PM
Ebbene si, siamo arrivati a superare la
soglia delle 150 mila visualizzazioni del blog di Muglia La Furia; 50 mila solo nel
2016.
Uso il plurale perchè i veri protagonisti
di questo exploit sono proprio i lettori del blog, prima di tutto quelli fissi.
Mi sento come uno scalatore che riesce ad
arrivare sulla cima di una torre e che, guardando di sotto, ripercorre il
percorso seguito, rivede i punti critici, gli anfratti superati, le cenge
sulle quali ha rifiatato e recuperato energie.
In verità, più che sulla cima di una vetta
alpina, io mi sento come se fossi in uno dei gironi infernali o, se preferite,
sulla cima della Torre di Babele.
Guardando in basso posso leggere e
interpretare la situazione che stiamo vivendo con il numero di infortuni
che non cala grazie anche alla mattanza dei contadini che molti continuano
volutamente a ignorare e quello delle malattie professionali in continua
ascesa; il caos legislativo con il mantra della ”semplificazione” a
giustificare la riduzione dei livelli di tutela; l’inefficienza degli
organi di vigilanza, anzi no, di prevenzione, che tutto fanno meno che
prevenzione, appunto; l’insufficiente preparazione e professionalità dei
tecnici e degli operatori della prevenzione in preda a convulsioni
intellettuali che manifestano nei social su questioni prive di rilevanza; la
perdita di autorevolezza degli ordini professionali e delle parti sociali.
Tutti nelle fauci degli squali del mercato
della formazione alla sicurezza che nessuno riesce e vuole controllare. Saranno
briciole ma è pur sempre qualcosa e a Bologna nella prossima edizione di
Ambiente Lavoro ne avremo l’ennesima dimostrazione.
E del disastro di Marcinelle qualcuno se ne ricorda
ancora? Beh leggendo i social pare proprio di no. Peraltro allora le
questioni non erano mica se si dovesse fare il POS in presenza di soli autonomi
in cantiere o cosa fare quando mancano gli RLS in un’azienda con tre
lavoratori. Oppure del disegno di legge “Sacconi” che ne pensate? Questi sono i
temi che spopolano sui social. Questioni irrilevanti ai fini della prevenzione!
La tragedia di Marcinelle avvenne poco
dopo le 8 del mattino dell’8 agosto del 1956 nella miniera di carbone Bois du
Cazier in Belgio. L’incendio, causato dalla combustione d’olio ad
alta pressione innescata da una scintilla elettrica e sviluppatosi
inizialmente nel condotto d’entrata d’aria principale, riempì di fumo tutto l’impianto
sotterraneo, provocando la morte di 262
persone delle 274 presenti, in gran parte emigranti italiani.
E dalla cima delle 150 mila
visualizzazioni, rivedo il percorso fatto, le tappe della mia “carriera” di
blogger, le difficoltà e le frustrazioni patite, le persone incontrate in rete
e penso... penso che comunque ne è valsa la pena.
Grazie a tutti
voi.
Franco
Mugliari alias Muglia La Furia
mail: fmuglia@tin.it
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From: Medicina Democratica segreteria@medicinademocratica.org
To:
Sent: Saturday, August 13, 2016 10:55 AM
Subject: NEWSLETTER MEDICINA DEMOCRATICA
AMPLIAMENTO DELL’AEROPORTO DI FIRENZE, IL TAR DA’ RAGIONE AI COMITATI
Con
sentenza del TAR Toscana 01310/2016 sono state riconosciute le ragioni dei
ricorsi contro le Delibere Regionali relative all’ampliamento dell’aeroporto di
Firenze.
Le
Delibere (a partire da quella del Consiglio della Regione Toscana n. 61
del 16/07/14) riguardavano una apparente neutra “Approvazione
dell’integrazione al Piano di Indirizzo Territoriale (PIT) per la definizione
del Parco agricolo della Piana e per la qualificazione dell’aeroporto di
Firenze secondo le procedure previste dall’articolo 17 della legge regionale 3
gennaio 2005, n. 1”.
Leggi tutto
al link:
UN ARCHIVIO PER RICORDARE E DOCUMENTARSI SULLE LOTTE AMBIENTALISTE E OPERAIE A PORTO MARGHERA
Segnaliamo e
riportiamo la seguente notizia per ricordare e continuare a mantenere l’iniziativa
a tutela dell’ambiente e della sicurezza sul lavoro a Porto Marghera.
AMBIENTE VENEZIA NOTIZIE
Ti invitiamo a vedere su Facebook questa pagina che
abbiamo appena aperto dedicata a Porto Marghera.
Clicca anche “mi piace”
Ambiente Venezia
Archivio documento su Porto Marghera
La nostra storia e le
nostre lotte
Leggi
tutto al link:
LA SENTENZA DI CORTE D’ASSISE D’APPELLO PER LA CLINICA SANTA RITA
Proponiamo
il testo integrale e una lettura della sentenza della Corte d’Assise d’Appello
contro Brega Massone e altri per la ex Clinica Aanta Rita, oggi Clinica
Città studi di Milano (Sentenza n. 61/2015 depositata in Cancelleria il 13/06/16).
Si tratta
del processo di secondo grado, d’Appello, manca ancora l’ultimo passaggio,
quello della Corte di Cassazione (sempre che sia effettivamente l’ultimo).
Leggi
tutto al link:
MEDICINA DEMOCRATICA SI OPPONE ALLA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE PARZIALE NEL PROCEDIMENTO CONTRO TIRRENO POWER DI VADO LIGURE
Medicina
Democratica si oppone alla richiesta di archiviazione delle posizioni degli
amministratori pubblici nel procedimento contro la società Tirreno Power per la
centrale termoelettrica di Vado Ligure/Quinzano (SV).
Leggi
tutto al link:
MEDICINA DEMOCRATICA
MOVIMENTO DI LOTTA PER LA SALUTE ONLUS
SITO WEB: www.medicinademocratica.org
FACEBOOK: www.facebook.com/MedicinaDemocratica
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From: Clash City
Workers cityworkers@gmail.com
To:
Sent:
Sunday, August 14, 2016 10:50 AM
Subject: TEMPI DI LAVORO,
TEMPI DI VITA
Qualche giorno fa
Repubblica ha proposto un’intervista di Businessweek a Marissa Meyer, CEO di
una delle più grandi corporations al
mondo:
In questa intervista la Meyer ci svela la chiave del
successo del gigante statunitense e più in generale di ogni grande azienda:
secondo lei “Il segreto della fortuna delle aziende è
quello di avere dipendenti che si impegnano duramente. Si può arrivare a una
media di 130 ore alla settimana”.
In barba a tutta la
retorica sulle “High-Tech companies”, sul lavoro agile e smart, alla fine il vecchio caro sfruttamento,
quello dell’allungamento della giornata lavorativa, rimane ancora una strategia
chiave per gli imprenditori tutti.
Si tratta della
sempre valida estrazione di plus-valore assoluto: si lavora di più, la notte, i
festivi, si cancella ogni possibile pausa, annullando il tempo libero e
lasciando il minimo tempo di riposo necessario al lavoratore per reintegrare le
forze. Nell’Ottocento si collocavano i dormitori direttamente nelle fabbriche
proprio per ridurre questo tempo: oggi accade ancora nelle fabbriche-dormitorio
di Shenzen, ma chi si sarebbe aspettato che accadesse anche nelle modernissime
Yahoo e Google (dove la Meyer
ha lavorato in passato)? “Nella sede di Google c’erano le nap room”. In diverse
società americane (ma anche giapponesi e il trend è di crescita), dove il
lavoro è ininterrotto giorno e notte, ci sono le stanze del pisolino, ma anche
veri e propri dormitori: “Per i miei primi cinque anni ho fatto più o meno una
notte bianca di lavoro a settimana”.
Sembra l’Inghilterra ottocentesca di Dickens ed
invece è il lavoro nelle grandi corporations americane nel 2016. Più di un secolo, in cui i
lavoratori si sono organizzati, hanno strappato le 8 ore lavorative (in Italia
dal 1923), il giorno di riposo, le ferie, sembra non essere mai esistito: oggi
tutti questi diritti sono rimessi in discussione e non solo nelle aziende
americane, ma anche qui da noi.
...E IN ITALIA?
In questo ultimo anno
in Italia c’è stata un’accelerazione sul tema: aumento del tempo di lavoro e
riduzione del tempo di vita. Già, perché finché non si aumenta la durata della
giornata (ma non diamogli questa idea) non c’è scampo, le due cose sono
strettamente interrelate: se lavoro più ore, avrò meno tempo libero. Pensiamo soprattutto al settore commerciale con i supermercati di molte
grandi catene (Carrefour e Auchan per prime) che hanno deciso di aprire H24,
con lavoro domenicale e notturno obbligatorio. Qui non ci
poteva essere la retorica del self made man, la
promessa che in cambio dell’impegno totale ed assoluto puoi diventare il nuovo
genietto dell’informatica e vedere ripagati i tuoi sforzi come un novello Steve
Jobs o Bill Gates. In questo settore questa retorica non poteva funzionare ed
infatti è stata sostituita dal più diretto ricatto: o così o stai a casa. Per i
nuovi assunti, contratti in cui si deve accettare l’orario flessibile
(straordinari non pagati, turni notturni e domenicali obbligatori, ti chiamo
all’ultimo quando mi servi, stai a casa quando decido io); per chi aveva il
vecchio contratto (teoricamente blindato) ecco il trasferimento punitivo,
comminato in caso di rifiuto, come accaduto all’Auchan di Torino.
Ma pensiamo anche allo straordinario comandato per i lavoratori FCA,
costretti a lavorare la domenica fino a quando, sfiniti per i carichi di
lavoro, non si sono organizzati e hanno imposto all’azienda la sospensione.
O pensiamo ai turni di 20 ore di tanti facchini della logistica, turni che
erano la regola finché, anche qui, molti lavoratori non hanno cominciato ad
organizzarsi con alcuni sindacati di base e sono riusciti, in molti siti, a
porre un freno a questo sfruttamento selvaggio.
Sembra che nel 2016,
nelle società dell’industria 2.0, il tanto agognato aumento della produttività
passi ancora per l’aumento dello sfruttamento assoluto, quindi del tempo di
lavoro che mangia sempre più tempo di vita. Per fortuna la Meyer ci rassicura che
lavorare 130 ore è possibile, basta pianificare tutto, anche quando andare in
bagno! La chiamano “conciliazione del tempo di vita e lavoro”, ma molto più
banalmente è la drastica e diretta riduzione del tempo libero in favore del
tempo di lavoro supplementare (per altro non pagato con maggiorazioni). Una fregatura che di fatto impedisce ogni possibile organizzazione della
propria vita: la sera non si può uscire, la domenica niente giornata libera,
impossibile programmare qualunque attività sociale o sportiva perché non
esistono orari fissi. Esiste solo l’interesse dell’azienda che è bene supremo e
per il suo profitto occorre sacrificare qualunque cosa, soprattutto la vita
delle persone che vi lavorano.
Così arriviamo al
paradosso di oggi: una società tecnicamente evoluta, la più evoluta di sempre,
che continua a far lavorare allo sfinimento le persone. Una società in cui c’è chi è costretto a lavorare 60/70 ore la settimana
(per rimanere su soglie leggermente più “umane”) e una massa sconfinata di
disoccupati. Secondo una ricerca dell’ILO, l’Organizzazione Internazionale
del Lavoro, nel 2007 un lavoratore su cinque in tutto il mondo (ovvero 600
milioni di persone) lavorava ancora per più di 48 ore la settimana, e nella
maggior parte dei casi solo per riuscire ad arrivare alla fine del mese.
Oltre all’impossibilità
di organizzarsi una propria vita al di fuori del lavoro, occorre fare anche
valutazioni sui costi sociali e umani che questo aumento netto dello
sfruttamento si trascina dietro. Orari di lavoro molto lunghi, soprattutto per
lavori pesanti, combinati con età pensionabile sempre crescente e sempre minori
obblighi per le imprese nel campo della sicurezza sul lavoro, aumentano
drammaticamente i rischi di incidenti. Con costi spesso drammatici per chi si
infortuna (o peggio perde la vita) e costi sociali alti per tutti.
Lavorare 130 ore la
settimana è possibile ci dice la
Meyer. Sì, forse standosene comodamente seduta al
sessantesimo piano di un ufficio con aria condizionata e sedia ergonomica, con
governante e baby-sitter che pensano a tutto il resto a casa lo è. Ma quanto lo
è per la maggioranza delle persone normali che non guadagnano 6.500 dollari all’ora
come la protagonista dell’intervista? E, soprattutto, quanto è desiderabile un
mondo in cui tutti lavorano sempre, senza orari, senza soste?
Ma davvero vogliamo lavorare tutto il giorno, essere
costretti a fare la spesa la notte costringendo così una cassiera a fare il
turno notturno? Ma che senso ha? Non è un cortocircuito da cui dovremmo uscire
pretendendo orari di lavoro più umani per tutti e più tempo libero per
coltivare i nostri interessi, le nostre passioni, i nostri affetti?
Non è impossibile
economicamente, basti pensare alla grande quantità di ricchezza di cui si
appropriano i padroni, né tecnicamente, lo è solo e soltanto perché il
capitalismo si regge sul fatto che i padroni comprano la nostra forza-lavoro e
pretendono di disporne a loro piacimento per trarne ogni anno guadagni che noi
ci sogniamo in tutta una vita di fatica.
Lo è perché questo
sistema economico (fatto su misura per aziende e persone concrete, come la Meyer) in preda a una crisi
epocale, mostra il suo vero volto, mettendo il profitto davanti ai bisogni più
elementari dell’essere umano, compresa la vita stessa.
Lo abbiamo già detto:
le lotte alla FCA e nella logistica ci hanno
dimostrato che è possibile fermare queste pretese dei padroni,
ma solo noi possiamo farlo.
Il buon vecchio “lavorare meno lavorare tutti” non è
mai stato così attuale.
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From: Clash City
Workers cityworkers@gmail.com
To:
Sent:
Sunday, August 14, 2016 10:50 AM
Subject: DAL CAPORALATO
ILLEGALE A QUELLO LEGALE
Dormivano in stalle e
porcili, mentre di giorno gli imprenditori agricoli della piana di Sibari li sfruttavano fino al midollo
nei loro campi, con paghe da fame e orari di lavoro massacranti. È soltanto
una, né la prima né l’ultima, delle tante storie di sfruttamento, che quando
giunge al disonore delle cronache ci si affretta ad ammantare di eccezionalità:
è colpa delle agromafie che
controllano pezzi della nostra agricoltura, è colpa dei caporali malavitosi e
criminali, è colpa di qualche imprenditore senza scrupoli.
Meno di una settimana
fa viene approvato in Senato il Disegno di Legge 2217, che tecnicamente si
intitola “Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero e
dello sfruttamento del lavoro in agricoltura”, ma che tutti hanno rinominato “legge contro il caporalato”, perché nei fatti questo è:
una legge che, esattamente come la precedente, è rivolta essenzialmente a
punire i caporali, inasprendo le pene contro questi, che ci vogliono far
credere siano all’origine di tutti i mali.
È una retorica che
conviene, farci credere che questo schifo, lo sfruttamento, non sia la regola,
piuttosto un’eccezione, il risultato di una qualche attività malavitosa portata
avanti da spregevoli personaggi. In questo modo si circoscrive il problema a
poche mele marce, non si generalizza la discussione, si evita l’incombenza di
interrogarsi su un intero sistema produttivo.
C’è chi direbbe che
questa volta però la legge tenta di colpire chi da questo meccanismo poi ne trae
il vero vantaggio in termini di profitti, i padroni. E’ vero: con la
riscrittura dell’articolo 603 bis del Codice Penale si attribuisce una responsabilità anche agli imprenditori che
sottopongono i lavoratori a condizioni di sfruttamento. Un
passaggio importante, perché la relazione di sfruttamento è quella tra
lavoratore e datore di lavoro, il caporale solitamente non è responsabile delle
condizioni lavorative generali. Ma in questo paese sembra non si riesca a fare
un passo in avanti senza aver regalato prima qualcosa alla classe che ci
sfrutta, facendocene fare quindi dieci di passi indietro.
Infatti, mentre si
sono dovuti attendere 5 lunghi anni per estendere la responsabilità a chi ci fa
davvero i soldi sfruttando, il Ministro dell’Agro-alimentare, così ora è stato
ribattezzato, e suo seguito, sembrano aver dato immediato seguito alle
richieste di padroni e Agenzie del Lavoro, che, sapendo perfettamente quanto
sia profittevole per loro il sistema del caporalato, quest’inverno, durante un
forum tenuto presso Palazzo Chigi a Roma, “Attiviamo Lavoro – Le potenzialità
del lavoro in somministrazione nel settore dell’agricoltura”, a gran voce
hanno, in sostanza, richiesto la legalizzazione della pratica di
intermediazione in agricoltura. Così accade che, nella nuova
legge contro il caporalato, si trova anche un importante integrazione alla
misura relativa alla Rete del Lavoro Agricolo di Qualità. Tale Rete nasce a
settembre dello scorso anno e rappresenta sostanzialmente un sistema pubblico di certificazione etica del lavoro: le
imprese che chiedono di accreditarsi presso tale circuito, e che devono
presentare alcuni requisiti per farlo, ricevono in cambio un bollino etico con
cui possono marchiare i loro prodotti. Il nuovo comma 1-bis va ad apportare una
sottile ma insidiosa modifica alla Rete del Lavoro Agricolo di Qualità, a cui
da ora possono aderire anche, si legge, “le agenzie per il lavoro [...] e gli
altri soggetti autorizzati all’attività di intermediazione [...]”.
Vi può sembrar poco,
ma intanto così si inizia ad aprire le porte ai desideri famelici dei padroni
che nel caporalato ci vivono e ci sguazzano. Così forse ora le aziende “buone”
possono davvero far finta di esserlo un po’ di più, almeno sulla carta, e
vantare finalmente una parvenza di legalità.
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From: Clash City
Workers cityworkers@gmail.com
To:
Sent: Sunday,
August 14, 2016 10:50 AM
Subject: SICUREZZA CONTRO
PROFITTI: L’AGO PENDE VERSO I SECONDI E NOI CONTINUIAMO A MORIRE
Fine settimana
tragico alla stazione ferroviaria di Napoli Piazza Garibaldi.
Sabato 6 agosto un
treno che stava entrando in stazione a bassa velocità è andato a finire contro
il paraurti della “stazione di testa”. Il macchinista stava conducendo il Frecciarossa
9610 al binario 16, provenendo dall’impianto di manutenzione. Il treno sarebbe
poi stato destinato a viaggiare verso Torino. Ma il macchinista è stato colto
da malore, ha cercato di rallentare ulteriormente, ma non è stato purtroppo in
grado di arrestare del tutto il treno. Di qui l’impatto.
E qui si dovrebbe
riaprire la pagina sul “macchinista unico”, vale a dire sulla politica delle
aziende ferroviarie che mira ad eliminare il doppio macchinista, così da
evitare “sprechi”. Si dovrebbe, ma in realtà nessuno ne parla. Eppure il
macchinista “solo” è un rischio alla sicurezza dei lavoratori e dei passeggeri,
come denunciato più volte dagli operatori del settore. E’ solo un caso che
stavolta non ci siano stati morti e feriti. La prossima volta la fortuna
potrebbe voltarsi dall’altra parte.
L’altro episodio, di
gran lunga più grave, è accaduto domenica 7 agosto. Un operaio di 31 anni,
stando a quanto riferito dall’ANSA, è morto folgorato mentre era al lavoro in
uno dei capannoni che Trenitalia utilizza come deposito e per la manutenzione,
nella notte tra sabato e domenica.
I colleghi hanno
immediatamente incrociato le braccia per un’ora. Più una manifestazione di
lutto che di lotta, sebbene nei comunicati ufficiali dei sindacati ci sia il
richiamo alla volontà di “sensibilizzare azienda, istituzioni e forze politiche”.
Ma sensibilizzare non
è sufficiente. La direzione intrapresa da aziende e governo è chiara ed è la
stessa. La sicurezza può essere un ostacolo al raggiungimento di maggiori
profitti. Allora al diavolo la sicurezza. Come mostra, ad esempio, la spinta
forte per il macchinista “solo”.
Caso vuole che questi
due episodi abbiano avuto luogo in concomitanza con la presentazione di un
nuovo disegno di legge sulla sicurezza che, dietro la retorica della
semplificazione del Testo Unico sulla Sicurezza 81/08, prevede in realtà un
allentamento dei controlli sulla sicurezza in capo agli imprenditori e uno
spostamento delle responsabilità sui lavoratori stessi. Insomma, più impunità
per le imprese e meno sicurezza per i lavoratori stessi. Una “riforma”
presentata in piena estate, così che passi in sordina...
E noi, intanto,
continuiamo a farci male e a morire.
FONTI
Il Messaggero
ANSA
Punto sicuro
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From: Medicina Democratica segreteria@medicinademocratica.org
To:
Sent: Wednesday, August 17, 2016 11:07 PM
Subject: NEWSLETTER MEDICINA DEMOCRATICA
IL MITO DI PROMETEO OFFUSCA LA VISIONE DELLA SOCIETA’ ITALIANA DI IGIENE
Medicina
Democratica Onlus esprime profondo sconcerto e totale disaccordo sul documento
della Società Italiana di Igienisti (SII) a supporto dell’incenerimento dei
rifiuti, attraverso impianti di terza generazione, posizione condivisa anche
dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Le nostre osservazioni si limitano a
quanto riportato dall’Agenzia ADN Kronos, poiché i documenti non sono
disponibili sui siti ufficiali.
Leggi
tutto al link:
NO ALLE DEFORME COSTITUZIONALI. TUTELIAMO LA COSTITUZIONE.
Medicina
Democratica Onlus per il NO alla controriforma costituzionale e per il NO alla
legge elettorale “Italicum”.
Medicina
Democratica Onlus: le modifiche costituzionali e l’Italicum sono atti insalubri
da respingere al mittente L’attuale esecutivo ha inaugurato il suo mandato con
la parola d’ordine dell’innovazione e delle riforme
Leggi
tutto al link:
SICUREZZA SUL LAVORO : LA CIOFECA DELL’ONOREVOLE SACCONI
Disegno di
Legge Sacconi sulla sicurezza sul lavoro: un ritorno al passato per distruggere
il diritto alla sicurezza.
Il
Senatore Sacconi ha presentato un Disegno di Legge beffardemente denominato “Disposizioni
per il miglioramento sostanziale della salute e sicurezza dei lavoratori” in
cui riscrive da capo la normativa esistente, nello specifico il D.Lgs. 81/08.
Leggi
tutto al link:
BUCHI PER TERRA: LE TRIVELLE SONO (ANCORA) TRA NOI
Segnaliamo
questo libro il cui autore è anche socio di Medicina Democratica. Di seguito
una breve presentazione.
“Buchi per
terra ovvero cinquanta sfumature di greggio”, in uscita per le edizioni Reality
Book il nuovo libro di Maurizio Bolognetti, segretario di Radicali lucani e
collaboratore di Radio Radicale.
Leggi
tutto al link:
MEDICINA DEMOCRATICA
MOVIMENTO DI LOTTA PER LA SALUTE ONLUS
SITO WEB: www.medicinademocratica.org
FACEBOOK: www.facebook.com/MedicinaDemocratica
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From: Clash City
Workers cityworkers@gmail.com
To:
Sent:
Sunday, August 21, 2016 4:09 PM
Subject: “SICUREZZA SUL
LAVORO? TROPPE REGOLE” AL VIA LA
RIFORMA DEL GOVERNO
Presentata in
commissione la riforma del Testo unico sulla sicurezza sul lavoro. Crescono
infortuni e morti bianche, l’attività ispettiva è carente, ma per
Maurizio Sacconi bisogna “semplificare” la normativa e
deresponsabilizzare il datore di lavoro.
Le morti e gli
infortuni sul lavoro sono di nuovo in crescita, così come le malattie
professionali. E’ scritto sul rapporto 2015 dell’INAIL: più di 600.000 denunce di infortuni, più di 1.200 quelle di morte (694
quelle accertate). Si tratta però di stime al ribasso, visto
che non tengono conto né di lavoratori indipendenti (partite IVA, liberi
professionisti...), né di lavoratori in nero che, va da sé, non sono assicurati
INAIL (e quindi non risultano nei loro conti) e sono particolarmente presenti
nei due settori a più alto rischio di incidente e con la quota più alta di
vittime mortali: agricoltura ed edilizia.
Un conteggio più
veritiero lo fornisce l’Osservatorio Indipendente di Bologna:
che si basa sulle
notizie di incidenti mortali pubblicate sui giornali: l’anno scorso sono
stati almeno 678 quelli sul luogo di lavoro (quest’anno sono già 405). Tenendo
conto anche dei morti in itinere (vittime
di incidenti mentre vanno o tornano dal lavoro), che per l’INAIL sono il 55%
del totale, si arriva ben oltre i 1.200.
Cifre che hanno
ricominciato a salire negli ultimi anni, nonostante l’effetto “positivo” della
crisi e dell’aumento della disoccupazione. Calerebbero certamente se fosse
pienamente applicato il Testo unico sulla sicurezza sul lavoro entrato in
vigore nel 2008 (il Decreto Legislativo 81 del 2008), un testo che ora
il governo vuole riformare, o piuttosto, abbattere.
Le intenzioni sono
chiarite subito nell’introduzione al testo, presentato dai suoi relatori
Sacconi e Fuksia (ex M5S, ora anch’ella parte della maggioranza) alla
commissione del Senato: la legge 81/2008 è caratterizzata
da “un’eccessiva complessità, legislativa e di attuazione” ben “esemplificata
dal numero degli articoli”.
Non solo, la
legislazione sulla sicurezza sarebbe stata disegnata sul modello di
funzionamento della grande fabbrica, mentre oggi “la diffusione delle
nuove tecnologie digitali” trasforma il modo di produrre “nel senso di una
maggiore autonomia e responsabilità del prestatore d’opera”.
E’ la solita vecchia retorica che ha
accompagnato le riforme del lavoro degli ultimi trent’anni: il mondo del lavoro
non è più quello rigido della catena di montaggio, ai lavoratori è richiesta
autonomia di decisione, intraprendenza, disponibilità al cambiamento.
Un affresco smentito
dai fatti, come abbiamo cercato di riportare due anni fa nel nostro primo libro
e come testimoniato
quotidianamente dalle storie riportate su questo sito che parlano di addetti
alla pulizie, facchini, braccianti agricoli, operatori di cooperative sociali,
operai metalmeccanici, insomma milioni di lavoratori per i quali la tecnologia
(quando c’è) non ha certo rappresentato maggiore indipendenza dal datore di
lavoro, semmai un’intensificazione dei ritmi, della pressione psicologica,
delle prestazioni richieste, e quindi: un aumento dei rischi e delle malattie
professionali (quasi 60.000 quelle denunciate nel 2015, la maggioranza per
malattie osteoarticolari e muscolo scheletriche).
Il discorso dei relatori è fin troppo semplice: se
un imprenditore ha dato ordine di predisporre tutti i sistemi di sicurezza e di
prevenzione necessari, ed avviene un incidente, non ha nessuna responsabilità. La colpa è di
eventuali preposti alla sicurezza o dell’operaio stesso. Ma un operaio pressato
dai propri superiori, al quale vengono fatte svolgere mansioni che non gli
competono (e quindi, per cui non ha avuto la formazione necessaria), a cui
viene detto di non tener conto di normative considerate esagerate perché il
tempo è denaro, è veramente responsabile delle sue azioni? Un operaio a cui
viene detto “questa è la minestra, se non la vuoi dietro di te c’è la fila” è
veramente responsabile di quanto gli accade?
Finora no, la
responsabilità era comunque del datore di lavoro, dev’essere sua cura (o di
suoi agenti) approntare i sistemi di prevenzione, fornire i dispositivi di
protezione, vigilare che vengano utilizzati, garantire la formazione in
corsi certificati. Norme in tanti casi eluse, anche per la carenza dell’attività
ispettiva: nel 2015 sono state solo 21.000 le aziende controllate dall’INAIL,
di queste l’87% registrava irregolarità, 61.000 i lavoratori non in regola, più
di 6.500 i lavoratori totalmente in nero.
Ma per i relatori il problema non è questo, ma
ridurre le sanzioni per i padroni, e lo dicono chiaramente: oggi la
sicurezza è “un accessorio burocratico detestato perché subito dal timore di
sanzioni sproporzionate”.
Detestato anche
perché negli allegati al testo le misure di sicurezza da prendere sono
prescritte nei particolari, caso per caso. Una volta abrogati questi allegati,
la prescrizione spetterà allo stesso “professionista” incaricato della
certificazione: la valutazione di come eliminare i rischi non spetterà più al
legislatore, ma ad un privato pagato dall’impresa. Nel processo di “disboscamento”
del Testo Unico (si passa da 306 articoli e 51 allegati a 22 articoli e 5
allegati), i cambiamenti principali sono:
-
eliminazione
della valutazione dei rischi e della definizione delle misure
di prevenzione e protezione e sostituzione con una “certificazione” redatta da
un professionista (tecnico della prevenzione e/o medico del lavoro) pagato dal
datore di lavoro;
-
deresponsabilizzazione
del datore di lavoro in relazione a infortuni e a malattie professionali, se
avrà dimostrato, tramite la “certificazione”, di avere adempiuto agli obblighi
di legge;
-
sostanziale
eliminazione dell’obbligo di vigilanza a capo del datore di lavoro e
trasferimento della responsabilità a dirigenti, preposti e lavoratori stessi;
-
sgravi
fiscali
per le aziende “virtuose”, sempre sulla base della semplice “certificazione” del
professionista;
-
riduzione
delle sanzioni,
con l’introduzione, in caso di violazioni, di “disposizioni esecutive”. Le
sanzioni ci saranno solo in caso di mancato rispetto di queste ultime.
Inoltre, come si
legge dal commento alla proposta di legge scritto da Medicina Democratica
il nuovo testo è
occasione per abbassare ulteriormente le tutele di lavoratori “formalmente”
autonomi e saltuari: si arriva infatti a tutelare la “persona
impiegata in modo non episodico per attività di lavoro”, un concetto totalmente
differente da quello esistente in cui la tutela è “universale” qualunque sia la
forma e la durata della prestazione lavorativa ed è legata principalmente ad un
qualunque rapporto di subordinazione con un “datore di lavoro”.
Purtroppo le
motivazioni di quest’ennesimo attacco alla condizione di chi lavora
sono evidenti: la tutela della salute dei lavoratori è un costo da
abbattere per le aziende, specialmente se le conseguenze si vedono a distanza
di anni.
Come spiega un
tecnico della sicurezza in questo approfondimento su salute e
sicurezza sul lavoro di Corrispondenze Operaie:
“tutti gli
obblighi a tutela dei lavoratori sono visti dall’azienda come un costo. Perché
fare formazione ai lavoratori ha un costo, aggiornare le macchine secondo le
nuove normative ha un costo” e sono spese che le aziende vogliono tagliare,
perché non comportano un profitto.
Questa riforma è appena stata presentata, parliamone
con i colleghi sul posto di lavoro, organizziamoci per non farla passare e per
esigere che le norme sulla sicurezza vigenti vengano rispettate, facciamo
pressione sui sindacati perché non accettino compromessi al ribasso. Non
accettiamo sconti sulla nostra salute!
Fonti
Medicina Democratica
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From: Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
To:
Sent: Friday, August 26, 2016 9:47 AM
Subject: ANCORA MORTI PER INFORTUNI, MA NON DIMENTICHIAMOCI MAI DEL TERREMOTO
ANCORA MORTI PER INFORTUNI. MA NON DIMENTICHIAMOCI MAI DEL TERREMOTO IN
EMILIA CHE HA MESSO IN LUCE CHE LA MAGGIORANZA DEI CAPANNONI INDUSTRIALI SONO
CASTELLI DI SABBIA, E NESSUNO FA NIENTE PER METTERLI IN SICUREZZA.
Ovviamente in quella
zona li stanno ricostruendo con criteri antisismici. Ma gli altri costruiti con
la stessa tipologia negli anni settanta-ottanta e novanta che sono la
maggioranza in Italia? Non mi risulta nessun intervento.
Se dovesse
verificarsi un altro terremoto, anche più lieve di quello di pochi giorni fa ad
Amatrice nelle zone industriali del Paese ci sarebbe una catastrofe. Se poi il
terremoto accade, e accadrà prima o poi, e non ci sarà di notte o nei giorni
festivi come in Emilia, ma in giornate lavorative la strage sarebbe
incalcolabile.
Ma nessuno fa niente,
nessuno se ne occupa, nessuno che prende a mano la situazione e li fa mettere
in sicurezza. Tanto la vita di chi lavora. In questo periodo non conta niente e
non ha rappresentanza parlamentare.
Mi stupisce anche il
silenzio dei sindacati su questo. Possibile che anche loro non ne parlino e non
se ne occupino?
Io comunque nella
pagina d’introduzione da quel terremoto ho messo uno scritto a futura memoria.
In centomila di migliaia l’hanno visto in questi anni, se capiterà qualcosa, e
capiterà, lo dicono anche gli esperti, poi spero che i giudici indaghino e
vadano a colpire chi avrebbe il dovere d’occuparsene e non lo fa. Se capiterà
non si potrà parlare di fatalismo, ma di indifferenza criminale. Poi tremate
quando andate a far la spesa in certi supermercati costruiti in quegli anni.
Meglio che non guardiate in alto le travi in cemento armato solo appoggiate
sulle colonne come i capannoni. Solo solo appoggiate?
Tra l’altro con
incentivi per la messa in sicurezza ripartirebbe anche l’economia italiana.
Carlo Soricelli
Osservatorio
Indipendente di Bologna morti sul lavoro
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From: Unione
Sindacale di Base Ospedale Gaslini ospedalegaslini.sanita@usb.it
To:
Sent:
Friday, August 26, 2016 3:32 PM
Subject: OSPEDALE GASLINI: COMUNICATO STAMPA LETTERA ALLA GIUNTA REGIONALE
Genova, 26/08/16
COMUNICATO
STAMPA
LETTERA ALLA
GIUNTA REGIONALE
Siamo un gruppo
di lavoratrici/lavoratori del Gaslini, fiore all’occhiello della sanità ligure
e nazionale.
Siamo allibiti di fronte all’indifferenza che
state mostrando nei confronti del personale e di conseguenza sull’assistenza
dei piccoli pazienti.
Continuiamo a sentire snocciolare cifre sull’organico
non corrispondenti al vero. Vi invitiamo a chiedere i numeri reali del
personale adibito all’assistenza nei reparti. Manca personale nei reparti!!!
Carenza di organico e mancato rispetto di
normative sulla sicurezza.
Vi invitiamo a sostare un’ora in reparti come
Osservazione, Ostetricia oppure Chirurgia per verificare da voi se l’impianto
di climatizzazione funzioni o meno.
Innumerevoli sarebbero le questioni di cui
discutere, molte delle quali potrebbero risolversi semplicemente.
Da settembre inizieremo un ciclo di vertenze
sindacali ma alcune di queste non sarebbero necessarie se veniste a vedere con
i vostri occhi ciò che sta accadendo. Ma tutto viene coperto, la trasparenza
non va a braccetto con la recente politica.
Invitiamo insieme a voi i consiglieri regionali
degli altri partiti poiché crediamo che il Gaslini non debba avere interessi di
parte.
In caso contrario, per favore, abbiate il pudore
di non utilizzare il lavoro svolto al Gaslini come vanto di questa politica
USB LIGURIA PUBBLICO IMPIEGO SANITA’
USB FEDERAZIONE REGIONALE LIGURIA
via Cantore 29/2
16149 Genova
telefono: 010 41 69 34
fax: 010 46 61 06
web: www.genova.usb.it
e-mail: liguria@usb.it
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From: AIEA Paderno
Dugnano aieapadernodugnano@gmail.com
To:
Sent: Monday,
August 29, 2016 12:09 PM
Subject: COMUNICATO
STAMPA AMIANTO E TERREMOTO
Buongiorno
in allegato
invio Comunicato Stampa di Medicina Democratica e di Associazione Italiana
Esposti Amianto.
Cordiali
saluti
Lorena Tacco
MEDICINA DEMOCRATICA E ASSOCIAZIONE
ITALIANA ESPOSTI AMIANTO
COMUNICATO STAMPA: AMIANTO E TERREMOTO
Il Terremoto che si è verificato nel centro Italia qualche giorno fa che ci
ha fatto contare oltre 250 morti, molti altri feriti e una distruzione quasi
totale di numerosi paesi ha mostrato ancora una volta, come già molti hanno
osservato, che per l’Italia nonostante le leggi e la cultura scientifica
presente, la prevenzione è una chimera. Poi piangiamo i morti.
Vi è stata e vi è una grande solidarietà nei confronti delle comunità
colpite; le istituzioni si sono mosse si è capito che è necessario intervenire
subito, che per recuperare per quanto possibili i danni e ricostruire è
necessario che:
-
la popolazione non va allontana dalla
propria terra;
-
la popolazione deve essere coinvolta in
tutte le scelte che la riguardano.
Un tema che appare secondario di fronte al disastro generato dal terremoto
è quello della presenza di amianto che in quantità grandi o piccole, secondo le
peculiarità delle costruzioni, può contaminare i soccorritori per primi e i
cittadini che stazionano nelle vicinanze dei paesi distrutti.
L’esposizione all’amianto, sappiamo bene, produce danni anche a grande
distanza di tempo. In particolare l’amianto ridotto in polvere è
pericolosissimo. Non pratichiamo l’incuria della mancata prevenzione, non avendo
pensato che in zona sismica si possono manifestare dei terremoti, ma agiamo da
subito con tutte le precauzioni per evitare la contaminazione.
Ci rivolgiamo alla Protezione Civile, ai Vigili del Fuoco, ai sindaci dei
territori devastati e tramite loro a tutti i volontari che si sono adoperati e
continuano a farlo in questo doloroso frangente. Consideriamo la presenza di
amianto che il terremoto ha reso pericolose. Attuiamo tutte le possibili misure
di prevenzione a partire dall’informazione alle persone che in qualunque modo
sono coinvolte e preoccupiamoci altresì dei luoghi in cui i materiali di
risulta verranno scaricati.
Associazione Italiana Esposti Amianto
Medicina Democratica, movimento di lotta per la salute
Milano, 28 agosto 2016
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From: Clash City
Workers cityworkers@gmail.com
To:
Sent: Monday,
August 29, 2016 7:56 PM
Subject: FOGGIA: I BRACCIANTI
BLOCCANO PER ORE LA
FILIERA DEL POMODORO
Ieri grande giornata di lotta dei braccianti in
Puglia! In più di 400 hanno bloccato per sei ore la Princes, la più grande
fabbrica di trasformazione del pomodoro d’Europa, 3 miliardi di fatturato l’anno,
alla periferia di Foggia.
Pomodoro che raccolgono in condizioni indegne nei
campi della provincia, senza rispetto dei contratti, vivendo in ghetti alla
periferia della città. Abbiamo più volte dato notizia della loro mobilitazione
sulle nostre pagine. Pubblichiamo di seguito il comunicato del Comitato dei
lavoratori delle Campagne e di Campagne in lotta che fa una cronaca della
giornata.
COMUNICATO STAMPA
Si è concluso il
blocco dei lavoratori delle campagne davanti alla Princes, ma la loro lotta non
si ferma. Oggi è stata una grande giornata: 400 lavoratori delle campagne hanno
scioperato e bloccato per oltre sei ore la trasformazione del pomodoro a
Foggia. Le due grandi aziende della zona industriale, la Futuragri e la Princes, non hanno potuto
lavorare il pomodoro né far uscire dalle fabbriche conserve e pelati. Molti i
camionisti solidali con la lotta, visto il trattamento che ricevono dall’azienda.
Questo è solo l’ultimo
capitolo di una mobilitazione che prosegue dallo scorso settembre, e che
pretende la regolarizzazione di tutti i lavoratori senza permesso di soggiorno
e il rispetto dei contratti collettivi. Grazie al blocco, i lavoratori hanno
ottenuto un impegno da parte dell’associazione nazionale delle industrie
conserviere (ANICAV) a partecipare ad un incontro in cui pretenderemo che
riconoscano le loro responsabilità nel garantire il rispetto dei diritti
contrattuali, e un incontro con il questore riguardo ai permessi di soggiorno.
Dal canto suo, il governo preferisce trincerarsi dietro ad un muro di silenzio.
Siamo consapevoli che
questo è solo l’inizio, ma oggi è una giornata storica per la lotta dei
braccianti! Dalle campagne, WE STILL NEED YES!!
Comitato Lavoratori delle Campagne
Rete Campagne in
Lotta
Solidaria Bari
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