mercoledì 31 marzo 2021

31 marzo - VACCINI/SANITA' - CAPIRE... PER AGIRE - ASSEMBLEA TELEMATICA 1° APRILE COL RICERCATORE FABRIZIO CHIODO

 Giovedi 1 aprile filo diretto con l'immunologo e ricercatore CNR palermitano Fabrizio Chiodo che fa parte anche dell'equipe che sta realizzando i vaccini anticovid a Cuba.

Dalle ore 17: in presenza a Palermo presso la sede Slai Cobas sc con tutte le misure di sicurezza e anche on line a livello nazionale...

Per una corretta informazione e controinformazione, per fare il punto della situazione, per porre quesiti domande ... i lavoratori le lavoratrici... hanno diritto a documentarsi scientificamente e a pretendere informazione e un serio piano di vaccinazione contro le speculazioni e la guerra delle multinazionali e dei governi per il profitto capitalistico a scapito della salute a livello di massa.

Slai Cobas sc Palermo

 

Il 1° aprile ore 17 collegarsi on line 

https://meet.google.com/wxc-tywk-sjy




31 marzo - info solidale, sosteniamo e diffondiamo: PRECEDENTE MOLTO PREOCCUPANTE! LA CASSAZIONE FA SI CHE I FERROVIERI RLS, PARTI CIVILI NEL PROCESSO PER LA STRAGE DI VIAREGGIO DEL 29 GIUGNO 2009, DEBBANO RESTITUIRE CIRCA 80 MILA EURO!!! MOBILITIAMOCI

 

Strage di Viareggio: dalla Cassazione una sentenza politica, anche contro i lavoratori.

La sicurezza si paga: per noi semplici RLS quasi 80.000 euro di spese legali

Viareggio, 29 marzo 2021. Al nostro giudizio fortemente negativo sul merito della sentenza di Cassazione per la Strage di Viareggio, per la mancata applicazione del Testo unico sulla sicurezza del lavoro, si aggiunge un grave fatto che ci riguarda direttamente come Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza che hanno partecipato al processo in qualità di parte civile: siamo stati chiamati, dai legali delle FS, a versare una somma complessiva di quasi 80.000 euro destinate a risarcire agli imputati le ingenti spese legali dei primi due gradi di giudizio, oltreché a pagare le spese processuali del terzo grado di giudizio.

La Corte (leggi il dispositivo), avendo escluso l’applicazione delle aggravanti previste per la violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro per l’immane disastro ferroviario, ha delegittimato tutte le parti civili di rappresentanza dei lavoratori – sindacati e RLS – già riconosciute in primo e secondo grado, con la conseguenza degli addebiti economici.

La strage di Viareggio è ormai tragicamente nota a tutti. Erano le 23.45 circa del 29 giugno 2009 quando, nella stazione, un treno merci carico di gas GPL deragliò e si compì l’immane tragedia: 32 morti, decine di feriti gravissimi, un intero quartiere distrutto. Il processo che ha coinvolto varie società, amministratori delegati e manager, l’8 gennaio 2021 dopo quasi 12 anni, è giunto ad un esito tanto inatteso quanto pericoloso per il futuro della sicurezza sul lavoro e delle ferrovie.

La controversa sentenza della Corte di Cassazione ha incomprensibilmente determinato un ribaltamento delle decisioni del Tribunale di Lucca in 1° grado (2017) e confermate dalla Corte d’Appello di Firenze (2019), le quali avevano riconosciuto le responsabilità delle società e dei manager coinvolti, ha ritenuto non applicabile il Testo unico sulla sicurezza del lavoro e le relative aggravanti. Ha dichiarato conseguentemente prescritto l’omicidio colposo, pur condannando in via definitiva alcuni degli imputati per il reato di disastro ferroviario, rimandato ad un appello bis altri e prosciolto tutte le imprese.

Oltre all’amarezza di una decisione così clemente nei confronti del potere, rappresentato dalle imprese e dal sistema economico finanziario del settore, subiamo oggi la gravissima conseguenza dell’addebito delle spese legali da affrontare come singoli lavoratori.

E’ evidente che il pagamento di somme così elevate rappresenta un vero problema per tutti i soggetti coinvolti – e anche per quei sindacati che pure possiedono maggiori strumenti – ma per noi risulta un onere gravissimo, quasi insormontabile. Sottolineiamo che non abbiamo mai ricevuto un centesimo dei risarcimenti riconosciuti nei primi due gradi di giudizio.

A fronte dell’impegno di questi anni, ad una sentenza percepita come profondamente ingiusta si va a sommare un’ulteriore ingiustizia cui far fronte con evidenti ripercussioni sulla nostra vita privata.

In questi oltre 11 anni, con i familiari delle vittime e con i tanti cittadini di Viareggio che hanno vissuto da vicino la tragedia, assieme a centinaia di ferrovieri di tutta Italia, abbiamo condiviso la battaglia per sicurezza, verità e giustizia, abbiamo messo a disposizione la nostra esperienza diretta offrendo un contributo e un supporto di conoscenze, di carattere tecnico, documenti, prove e testimonianze, sia per la formazione delle determinazioni processuali che nella incessante opera per la divulgazione e la comprensione presso l’opinione pubblica delle regole di dettaglio del funzionamento del sistema ferroviario, un ambito specialistico con processi produttivi sconosciuti ai più. E lo rifaremmo con la stessa convinzione.

L’attacco frontale a questa partecipazione delle figure di rappresentanza dei lavoratori, è politico, pericoloso e inaccettabile, quasi a relegare questa tragedia alla sola sfera privata dei soli congiunti diretti, “ammonendo” le singole parti civili con la mannaia economica delle spese legali. Nelle pieghe del dispositivo della sentenza, letto nell’aula della Cassazione l’8 gennaio scorso, c’è il tentativo di fiaccarci anche individualmente e l’obiettivo ideologico di dissuadere chiunque, in futuro, ad occuparsi delle vicende processuali per questi disastri, nonostante i ferrovieri siano sempre coinvolti e spesso anche vittime.

Siamo determinati a respingere questa deriva giudiziaria e questa ondata di cultura intimidatoria con la forza dell’unità e solidarietà dimostrata in questi anni tra familiari, cittadini di Viareggio, associazioni democratiche, sindacati, enti, ferrovieri, viaggiatori e da tutti coloro che hanno a cuore la sicurezza. Soprattutto perché se non affrontata e risolta collettivamente, questa vicenda rischia di divenire un micidiale deterrente alla partecipazione civica dei lavoratori nella difesa dei diritti individuali e collettivi e per la tutela della salute nei luoghi di lavoro, nonché alle battaglie sociali per la sicurezza ferroviaria.

Lanciamo un appello per un sostegno diffuso, anche economico, per far fronte alle conseguenze di questa sentenza che – se subita passivamente – rischia di neutralizzare quell’indispensabile anticorpo interno e di controllo del sistema produttivo nelle ferrovie, rappresentato dagli stessi lavoratori.

Da parte nostra confermiamo l’impegno a proseguire la battaglia sul fronte legale e soprattutto sui nostri luoghi di lavoro, che sono i binari, officine, treni e stazioni, tutti luoghi in cui anche cittadini e viaggiatori devono sentirsi al sicuro.

Per la sottoscrizione abbiamo aperto un apposito conto corrente.

IBAN: IT96V0760103200001053269260

intestato a Dante De Angelis.

Per i versamenti la causale è:

“Contributo di solidarietà per spese legali e processuali RLS Processo Viareggio”.

I lavoratori RLS coinvolti:

Vincenzo Cito (Torino), Filippo Cufari (Livorno), Dante De Angelis, (Roma), Maurizio Giuntini (Pisa), Alessandro Pellegatta (Milano), Giuseppe Pinto (Bologna)

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Il Comunicato della Corte di Cassazione relativo alla sentenza

Fonte: https://www.cortedicassazione.it/

31 marzo - MORTI SUL LAVORO SCENDIAMO IN PIAZZA CONTRO LA STRAGE INARRESTABILE. Sosteniamo e partecipiamo, Slai Cobas sc Milano

 

Con il coronavirus la condizione operaia è peggiorata a livelli ottocenteschi. Da una parte si licenzia e si mettono i lavoratori in Cassa Integrazione e quelli che hanno la “fortuna” di avere un lavoro sono costretti a ritmi massacranti, a fare straordinari con turni anche di 12 ore al giorno come succede oggi in molte fabbriche, nelle logistiche, negli ospedali e molti altri luoghi di lavoro.

Alla “normalità” dei morti sul lavoro e delle malattie professionali si aggiungono quelli del covid e tutto questo non è un residuo dell’800; questa è la modernità del capitalismo, perché IL CAPITALISMO CONTINUA A NUTRIRSI DEL SANGUE OPERAIO E A UCCIDERE I LAVORATORI, e i sindacati confederali, che accettano come legittimo il profitto siglando in ogni accordo il Peggioramento delle condizioni di lavoro si rendono parte integrante e complici di quel sistema di sfruttamento dei lavoratori che si chiama capitalismo.

I morti sul lavoro non sono mai una fatalità: sono il costo pagato dagli operai alla realizzazione del profitto.

Gli omicidi dei lavoratori sono chiamati candidamente “morti bianche”, come se non fosse colpa di nessuno, mentre continua a persistere un muro di omertà e complicità da parte dello stato, partiti e tutte le istituzioni.

Rompiamo il silenzio e alziamo la voce: scendiamo in piazza contro i morti sul lavoro.

Anche quest’anno sabato 24 aprile, alle ore 16.00, come ogni anno, il Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio manifesterà a Sesto San Giovanni contro i morti sul lavoro, dell’amianto, delle malattie professionali, e del profitto davanti alla lapide in via Carducci che ricorda tutti i morti dello sfruttamento capitalista con i famigliari delle vittime, le associazioni e tutti i lavoratori e cittadini che dicono basta a questa strage proletaria.

Basta morti sul lavoro, basta morti di lavoro, invitiamo tutti a partecipare.

Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio

Mail: cip.mi@tiscali.it

26 marzo 2021


martedì 30 marzo 2021

30 marzo - Operai ex Fiat Termini Imerese di nuovo in campo, non è mai troppo tardi…

                                  

Gli operai ex Fiat di Termini Imerese sono tornati in questi giorni a riprendersi la piazza, e per certi versi anche l’attenzione dei giornali… e non è mai troppo tardi, pensiamo, per riprendersi anche la lotta nelle proprie mani!

Da 10 anni, infatti, gli operai sono stati trascinati - e si sono fatti trascinare - dai sindacalisti Fim Fiom Uilm in lungo corteo funebre che ha portato prima alla chiusura dello stabilimento per mano di Marchionne e poi ad una lunga attesa, infarcita di “cassa integrazione perenne”, della reindustrializzazione dell’area.

I sindacalisti, che sono diventati in questi 40 anni strumenti totalmente nelle mani dei padroni per far passare ogni peggioramento delle condizioni delle operaie e degli operai,  firmando contratti e “patti” sempre a perdere, continuano a fare il loro sporco mestiere: più puntuali di un orologio svizzero, nell’imminenza della scadenza della CIG, o del mancato pagamento di qualche mensilità, quando rischia di traballare anche la loro poltroncina, chiamano alla mobilitazione gli operai prima con una assemblea, poi con la finta occupazione del Comune di Termini Imerese, poi con la tenda davanti lo stabilimento e un passaggio davanti la presidenza della Regione, minacciando ulteriori terribili iniziative come il… pellegrinaggio a Roma, al Ministero dello Sviluppo Economico, se non arrivano risposte.

La cassa integrazione, infatti, scadrà a giugno, ma “Molto dipende dal destino del programma presentato dagli amministratori straordinari Blutec al ministero. Un’eventuale via libera potrebbe consentire di destinare il mega stabilimento spostando gli operai su una NewCo e consentirebbe agli operai (poco più di 600) di avere la Cig fino a ottobre”, mentre “Un’eventuale bocciatura porterebbe alla liquidazione e dunque alla vendita all’asta dell’asset Blutec e a giugno la fine della Cig per gli operai.” (Il Sole24Ore 20 marzo). Nell’un caso e nell’altro il destino degli operai resta sempre incerto!

Questi sindacalisti, questa orda di piccola borghesia incistata dentro la classe operaia, è affiancata di volta in volta dai politici sempre pronti ed affamati di voti e pubblicità gratuita come Musumeci e Orlando, che scrivono “lettere al ministero” con una mano mentre con l’altra, in questo caso proprio Musumeci, fa sparire, anche lui, come l’avventuriero padron Ginatta della Blutec, i soldi pubblici: insomma non ci sono più i 250 milioni che per anni sono stati accantonati per la reindustrializzazione! Gli ultimi 90 milioni che erano rimasti sembra siano stati destinati ad “attrarre” investimenti in tutta l’area, nel raggio di 50 chilometri.


Le risposte attese dagli operai quindi non arrivano, perché i sindacalisti ripetono da anni lo stesso copione: stendono di volta in volta tappeti rossi alle promesse dei vari politici di turno “sette governi e otto ministri dello Sviluppo Economico” ha il coraggio di ammettere Mastrosimone della Fiom (il suo servilismo nei confronti di Renzi e Di Maio è stato vomitevole, solo per citare due di questi episodi), lasciando di fatto nelle loro mani il destino dello stabilimento e degli operai, per poi lamentarsi che tutti questi non sono riusciti a risolvere il problema della reindustrializzazione.

Altro che industrializzazione! Nelle mani di questi sindacalisti tutta la zona industriale del palermitano, da Termini Imerese a Carini è di fatto desertificata, a dimostrazione del fatto che in tutti questi anni i sindacati confederali non hanno mai mosso un dito veramente nella direzione giusta! In realtà quello che continuano a chiedere con insistenza è il rinnovo della cassa integrazione. A questa parola d’ordine adesso se ne aggiunge un’altra, che la Cgil già sta sbandierando come grande trovata, quella dei soldi del Recovery Fund. Ma durante l’incontro, la Cgil si è dovuta prendere le critiche dagli stessi padroni di Sicindustria (che spesso finiscono in galera), che come si vede conosce i suoi simili: “Su Termini Imerese – ha detto ieri Alessandro Albanese, vice presidente vicario di Sicindustria, nel corso di un dibattito della Cgil – abbiamo assistito a un combinato disposto di politica e amministrazione, e mi riferisco a Invitalia, che ha preferito privilegiare, forse d’accordo con il sindacato e con una posizione silente di Confindustria, la tranquillità di quei lavoratori che in realtà tranquilli non sono perché hanno sempre la spada di Damocle del rifinanziamento della Cig.”, e poi ha aggiunto: “Qual è quell’imprenditore pazzo che assume direttamente 700 cassaintegrati? Questo è un problema che va risolto a monte”.

Come si “risolve a monte” il problema? Da un lato certamente cercando di scaricare gli operai in qualche modo, dall’altro pretendendo gli “incentivi” dal governo. E proprio su questo punto, il quotidiano dei padroni, insiste sul fatto che bisogna mettere in atto la ZES, Zona Economica Speciale, perché “a questo pensano gli imprenditori”. È la stessa “zona” in cui speravano le aziende raccolte nello Smart City Group che dovevano rilanciare l’industria “green” e ad alta tecnologia e che permette a chi “investe” di usufruire di incentivi di ogni genere, abbassare di fatto il salario e ottenere così il cosiddetto vantaggio competitivo.

Vantaggio che a quanto pare non dispiacerebbe neanche alla multinazionale Amazon che secondo la stampa ha chiesto e ricevuto le planimetrie dell’area industriale. Ma anche se il “colosso dell’e-commerce” dovesse decidersi (passando da un sito produttivo ad un sito di distribuzione, dalla metalmeccanica alla logistica) i problemi degli operai rimarrebbero tutti sul tappeto.

È vero che la storia di questi 10 anni mette a dura prova anche i più ottimisti, e gli operai sanno, dalla loro storia di classe, che senza una lotta dura non si ottengono risultati, ma gli operai tornati alla mobilitazione, sanno anche che ci sono momenti in cui con lo slancio di protagonismo, prendendo nelle proprie mani la lotta, strappandola a chi se ne serve sulla loro pelle per fare carriera, si può buttare a mare il copione di questa brutta storia e le tessere sindacali di questi eterni fiancheggiatori di tutti i governi! E così mostrare che uno sbocco diverso è possibile!

30 marzo - Riunione del PDA del 28: INTERVENTO DEL COMPAGNO DELLO SLAI COBAS SC SANITÀ, MILANO

 

Innanzitutto mi unisco all’abbraccio a Carlo e Arafat e a tutti i lavoratori della Fedex, parto dalla questione repressione per esprimermi sulle proposte all’odg: concordo con quanto espresso da Sergio, BG, e Carlo sulla necessità di allargare il fronte contro la repressione, che la grande mobilitazione messa in campo ha mostrato essere possibile, nella direzione di unire tutte le realtà colpite dalla repressione. Condivido anche coinvolgere e costruire una rete di avvocati non tanto come una maggiore “incidenza” tecnicista, ma perché la repressione che colpisce le lotte, le avanguardie, etc, è parte stessa della lotta di classe e quindi terreno di lotta e organizzazione.

Sono d’accordo con una manifestazione nazionale il 1° maggio e in presenza nel centro dello scontro in questa fase, Milano/Piacenza, e se non ci sono le condizioni due manifestazioni, una al nord e una al sud.

Sul 17: parto da quanto detto da Michelino che mi ha preceduto, è importante per rimettere al centro al centro la battaglia per salute e sicurezza sui posti di lavoro e territorio. L’incontro non solo deve essere informativo/formativo invitando quanti più esperti, da Fabrizio Chiodo e medici a comitati per il diritto alle cure, perché è importante il contributo degli esperti nella direzione di rafforzare l’azione dei lavoratori in questo ambito. Ma è importante anche per mostrare da un lato la continuità col governo Conte2, in peggio, nella gestione della pandemia e dall’altro introducendo una una militarizzazione, un generale al comando, in piena sintonia con quanto fatto in Lombardia dalla Lega: faccio un esempio per spiegarmi meglio. È partita una campagna per punire gli operatori sanitari che non si vogliono vaccinare. Dico subito che se in questo paese vi fosse un governo operaio questo provvedimento sarebbe giusto e sacrosanto, ma così non è. Questa operazione va nella direzione di rovesciare il piano e mettere sul banco degli imputati i lavoratori e giustificare l’azione di governo e Regioni, per continuare indisturbati. Ma il 17 deve essere anche l’avvio di un processo per rompere l’ingabbiamento/repressione e la cappa di silenzio dei lavoratori della sanità repressione che va avanti da un anno, fatto di provvedimenti disciplinari/licenziamenti, ma anche di mancate nuove e massicce assunzioni, turni massacranti che tolgono letteralmente il fiato, e riallacciandomi a quanto ricordato da Michelino in merito al risultato del 1978 (SSN) ricordo che questo risultato fu anche il frutto della lunga e dura battaglia fatta dai lavoratori della sanità, che prendendo esempio dal protagonismo operaio del biennio 68/69, ruppero gli argini dell’inerzia e rompendo, principalmente, le regole della lotta concertativa furono parte di un grande movimento di classe. Ecco il 17 deve essere anche questo perché oggi come ieri senza questo lavoro tra i lavoratori della sanità, manca un pezzo e non secondario nella battaglia generale.

30 marzo - COBAS SCUOLA.......COSÌ NON VA

 

ROMA - I FASCI E LA LEGA AL MICROFONO DEL COBAS CONFEDERAZIONE

(Da una informazione di un lavoratore della scuola - OGNI COMMENTO E' SUPERFLUO...)

Venerdì scorso, il 26 marzo, giorno dello sciopero della scuola, ai microfoni della Confederazione dei Cobas davanti a Montecitorio hanno parlato anche due deputate di destra, rispettivamente della Lega e di Fratelli d'Italia. Quest'ultima, Paola Frassinetti, vice presidente della Commissione cultura della Camera, ha rivendicato pubblicamente il suo intervento alla manifestazione dei lavoratori della scuola.

È da ritenersi grave che gli organizzatori, Confederazione dei Cobas e Priorità alla scuola, abbiano consentito questa incursione neofascista in una piazza di lavoratori.

I responsabili si giustificano dicendo che l'invito era rivolto alla totalità dei politici, ma che solo due deputati lo avrebbero raccolto, appunto un esponente della Lega e un altro di Fratelli d'Italia. Insomma, non sarebbe stato possibile negargli la parola dopo averli invitati...

Riportare alla memoria un fatto puoi aiutare a capire meglio che non può darsi una vera lotta autorganizzata se l'obiettivo del sindacato è essere riconosciuti dal palazzo.
Roma, 7 luglio 2015, via Cesare Battisti, altezza Piazza Santi Apostoli, il responsabile Cobas trova il coraggio, stavolta sì, di togliere a qualcuno la parola, ma non si tratta di deputati, bensì di lavoratori in lotta che protestavano contro la Legge 107 di Renzi.

I manifestanti, autorganizzandosi, bloccarono la strada per protestare e riunirsi in assemblea all'aperto, ma il responsabile Cobas, per dissociarsi da loro, di fronte alle pressioni della polizia, li privó del microfono e li invitò ad andare via. Alcuni tra i collaboratori di quest'ultimo insultarono i manifestanti più attivi. La stessa cosa fece il capetto Cgil, che insieme ai Cobas gestiva la piazza. Poi fu il momento degli Autoconvocati della scuola (Cgil), che tentarono di strappare a forza il megafono dalle mani dei manifestanti. Alla fine venne il turno della polizia, puntuale come sempre, disperse i manifestanti a spinte, ne fermò e ne identificó alcuni. Retourn a la normale...

Il 26 marzo 2021 è stato dato spazio nella piazza degli scioperanti a due nemici della scuola e dei lavoratori. I professionisti del buon senso trovano non contraddittorio far parlare i deputati e tappare la bocca ai lavoratori...


30 marzo - info: Illegittimo il ricorso alle ferie dell'anno corrente per fronteggiare la emergenza covid

 

 È stata giudicata illegittima la condotta di un ente locale che, in virtu' dell'articolo 87, comma 3, del decreto legge 18/2020 (Cura Italia), abbia imposto a un dipendente non utilizzabile nella modalità agile,  di fruire delle ferie maturate nell'anno in corso (anno 2020),

Riviamo al Tribunale di Milano  sentenza N.R.G. 7831/2020 del 17 marzo 2021

Il comma 3 dell'articolo 87 del decreto Cura Italia  prevedeva infatti «qualora non sia possibile ricorrere al lavoro agile, le amministrazioni utilizzano gli strumenti delle ferie pregresse, del congedo, della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva. Esperite tali possibilità, le amministrazioni possono motivatamente esentare il personale dipendente dal servizio».

 Per questa ragione, la prassi seguita da alcuni dirigenti che, prima di concedere l'art 87 e la esenzione dal servizio per il quale non era prevista la modalità agile, hanno imposto ferie dell'anno 2020 è da ritenersi illegittima

 Il tribunale di Milano ha stabilito il  ripristino del monte ferie dell'anno 2020 escludendo il principio che le ferie dell'anno possano essere considerate alla stregua di ferie maturate nell'anno, o negli anni precedenti.

La norma in questione ha stabilito quindi di  regolare in via del tutto eccezionale le sole ferie pregresse per far fronte alla situazione emergenziale della pandemia.



lunedì 29 marzo 2021

DALLE FABBRICHE ALLE CAMPAGNE, AI MAGAZZINI, UN UNICO GRIDO PER LE MOBILITAZIONI: PERMESSO DI SOGGIORNO PER TUTTI!

UNA RIVENDICAZIONE CHE DEVE ENTRARE NELLE PIATTAFORME DEI LAVORATORI IN LOTTA.

DOMENICA NOTTE SCIOPERO COMPATTO ALLA GASER, PER IL MANCATO RINNOVO DI DUE CONTRATTI DI LAVORO, UNA VERA E PROPRIA RAPPRESAGLIA PER LE RIVENDICAZIONI IN CORSO

IN FABBRICA PRESENTI ABITUALMENTE DIVERSI LAVORATORI IMMIGRATI, RICHIEDENTI ASILO, PERCHÈ PRIMA CHE SI ORGANIZZASSERO NEL SINDACATO, RITENUTI PIÙ FACILI DA INTIMIDIRE.

foto di archivio, operai Gaser allo sciopero generale del 29 gennaio

SABATO 27 MARZO, I LAVORATORI SLAI COBAS DEL MAGAZZINO MC GARLETT IN SCIOPERO PER DIRE BASTA ALLA REPRESSIONE INTERNA, USATA PER SPAVENTARE I LAVORATORI, CON CONTESTAZIONI DISCIPLINARI PRETESTUOSE, TRASFERIMENTI ARBITRARI, PER IMPORRE RITMI E ORARI TANTO PESANTI QUANTO VESSATORI E UNA DISCIPLINA DA CASERMA,

ALLA MANIFESTAZIONE DI PIACENZA, CONTRO LA MONTATURA POLIZIESCA, SOLIDALI E CONTENTI PER LA LIBERAZIONE DI CARLO E ARAFAT. TOCCA UNO TOCCANO TUTTI, LOTTA UNO LOTTANO TUTTI.

sabato 27 marzo 2021

27 marzo - LA SOLIDARIETA' DI CLASSE E'UN'ARMA!

DA TARANTO A PALERMO IERI NELLA GIORNATA DI SCIOPERO AL FIANCO DEI LAVORATORI DI PIACENZA TNT-FEDEX E DI TUTTI I LAVORATORI, ATTIVISTI... REPRESSI DAI PADRONI, DA QUESTO STATO BORGHESE CON TUTTI I SUOI APPARATI 

LA LOTTA CONTRO LA REPRESSIONE E' GIUSTA E NECESSARIA! 


 




venerdì 26 marzo 2021

26 marzo - da Taranto: COME LO SLAI COBAS SC HA PREVISTO E DENUNCIATO QUESTA MATTINA ALLA FABBRICA

 

ArcelorMittal/Appalto/lavoratori cigs Ilva AS

Basta parole

bisogna passare alla lotta generale

  ArcelorMittal e governo scaricano la crisi sui lavoratori con la cassa integrazione permanente, che ha come effetto il taglio dei salari e il ricatto costante sui lavoratori con aggravio di sfruttamento e sicurezza.

Padroni e padroncini a loro volta la scaricano sugli operai dell’appalto mettendo a rischio stipendi e lavoro.

Gli incontri di Roma e prefettura risultano sempre più inconcludenti.

Questa situazione non può cambiare senza la lotta autonoma, unitaria e generale degli operai su una piattaforma operaia che difenda i loro interessi immediati e futuri su cui abbiamo raccolto firme di diverse centinaia di lavoratori che ora si devono trasformare in fatti e azioni.

Si deve andare allo sciopero generale subito dopo pasqua.

Costruire la presenza in fabbrica dello Slai Cobas per il sindacato di classe è necessario per spingere tutti a fare di più e meglio.

SLAI COBAS per il sindacato di classe

info slaicobasta@gmail.com

tel 3475301704 - WhatsApp 3519575628

sede via Livio Andronico 47 Taranto

martedì e giovedì 17.30/19.30

                                       Per ArcelorMittal/Ilva AS


 
                                        Per appalto AM


info stampa

Incontro al Mise sull'ex Ilva

"Il ministro Giorgetti ha manifestato una preoccupazione rispetto all'accordo del 10 dicembre scorso che non da, a suo avviso, grande chiarezza sugli impegni e sul vero rilancio, soprattutto sul fatto che lo Stato deve mettere i soldi ma deve anche controllare che il rilancio dell'attività industriale occupazionale avvenga". E' il leader Fim, Roberto Benaglia, a sintetizzare così l'esito del confronto al Mise sull'ex gruppo Ilva. "Giorgetti ci ha anche confermato che nell'arco delle prossime settimane, fatti i dovuti passaggi con l'avvocatura, Invitalia concederà la ricapitalizzazione indispensabile per dare sicurezza il lavoro e consentire il rilancio dell'attività produttiva", conclude.  Critici anche Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, e Guglielmo Gambardella, responsabile siderurigia della categoria "Nell'incontro di oggi con i ministri Giorgetti e Orlando abbiamo assistito di nuovo a uno scaricabarile, questa volta ancora più eclatante perché avviene tra due ministeri importanti come Mise e Mef. 

 

26 MARZO SCIOPERO NAZIONALE DELLA LOGISTICA. AL CENTRO IL RINNOVO DEL CONTRATTO NAZIONALE E LA LOTTA CONTRO LA REPRESSIONE, AL TEMPO DEL GOVERNO DRAGHI.  MA PER UN MILIONE DI LAVORATORI DEL SETTORE LA LOTTA CONTRO I PADRONI DEVE FARE I CONTI CON CGIL CISL UIL E LA LORO PIATTAFORMA CHE RIPORTA INDIETRO IL SETTORE DI 10 ANNI. È UNO SCONTRO PER IL POTERE. I CASI DEI MAGAZZINI ITALTRANS DI CALCIO, E EX AUCHAN DI CHIARI, CHE SI INTRECCIANO SOTTO IL MONOPOLIO ‘LOCALE’ DI ITALTRANS



Oggi anche i lavoratori di alcune cooperative del magazzino Italtrans di Calcio, sono in sciopero. Contratto nazionale, condizioni di lavoro, salario, sicurezza, contro la repressione pesante nel magazzino e a fianco dei lavoratori Tnt Fedex di Piacenza.

I lavoratori della coop Prometeo, del magazzino di Chiari ex Auchan, invece tecnicamente non possono scioperare, sono in cassa integrazione da ottobre, magazzino chiuso per cambio del committente, ma tenacemente difendono il loro posto di lavoro e le condizioni contrattuali raggiunte dopo 10 anni dentro il magazzino.

Le sorti di due magazzini che si incrociano, per il passaggio del secondo sotto il controllo di Italtrans, in crescita esponenziale per magazzini aperti, volumi di merci, numero di mezzi pesanti e di lavoratori concentrati nelle piattaforme logistiche, con un forte livello di sfruttamento: le famigerate ‘medie’ di Italrans, 22/24 pallets l’ora da movimentare per i carrellisti, 180/200 colli l’ora da prelevare per i pikeristi, a tutti i costi, con giornate di 12 ore molto frequenti.

I lavoratori di Chiari tengono da mesi una difficile mobilitazione permanente per il loro posto di lavoro, tanto semplice nella rivendicazione, quanto sovversiva verso il sistema ricattatorio degli appalti: anche se cambia il padrone delle merci, il posto di lavoro è nostro, siamo operai del magazzino, non schiavi della cooperativa.

giovedì 25 marzo 2021

25 marzo - Manifestazione operaia dal magazzino di Piacenza per lo sciopero nazionale della logistica del 26/3

 

Venerdì 26 marzo

SCIOPERO NAZIONALE DELLA LOGISTICA

Manifestazione ad Amazon di Castel San Giovanni (PC)

Il contratto nazionale del Trasporto Merci, Spedizioni e Logistica è scaduto dal dicembre del 2019 e al momento non si è aperto alcuno spiraglio nel riconoscere anche le nostre due OO.SS. al tavolo nazionale, ma nell’ultimo incontro del 23 febbraio con i sindacati confederali le Associazioni padronali si sono presentate con una loro “piattaforma rivendicativa”, nella quale viene manifestata l’esplicita volontà di cancellare buona parte delle conquiste che sono state il frutto delle lotte che come Si Cobas e Adl Cobas abbiamo costruito assieme negli ultimi dieci anni.

É evidente che queste “rivendicazioni” (tra le quali troviamo riduzione diritti sindacali; taglio delle integrazioni per malattia; aumento della flessibilità; ulteriore limitazione del diritto di sciopero, e molto altro…) sono di per sé una gravissima provocazione che si inquadra in un contesto nel quale lo Stato, per impedire che il rinnovo del CCNL diventi una occasione per rafforzare la presenza di organizzazioni sindacali che non si sono mai piegate alle logiche delle compatibilità, è intervenuto per colpire la punta più avanzata delle lotte sindacali nel settore della logistica in Fedex/Tnt a Piacenza.

mercoledì 24 marzo 2021

24 marzo - TARANTO IN PIAZZA 26 MARZO

 



24 marzo - info/aggiornamento Texprint-Prato: COMUNICATO STAMPA: SOSPESO IL PICCHETTO AI CANCELLI, MA CONTINUA IL PRESIDIO PERMANENTE. #TEXPRINT CESSI LA SERRATA E VENGA AL TAVOLO

 

L'azienda minaccia la chiusura dando la colpa a chi sciopera, ma la responsabilità di questa situazione è della stessa Texprint che ha deciso di chiudere qualsiasi trattativa a fronte di una sacrosanta e semplicissima richiesta di regolarizzazione dei contratti. Per questo invitiamo ancora una volta l'azienda a sedersi ad un tavolo, entro questo venerdì, per dimostrare se davvero esiste la volontà di risolvere questa situazione oppure si vuole continuare soltanto a piangere lacrime di coccodrillo.

La Texprint vuole invece continuare la serrata? Siamo di fronte ad un’azienda che richiede la licenza di sfruttare minacciando i posti di lavoro. E' un messaggio inquietante che dovrebbe trovare la condanna durissima di tutte le istituzioni. Non si può e non si deve scegliere tra diritti e lavoro.

Il comunicato diffuso dall’azienda è un fiume di menzogne e calunnie nei confronti del sindacato e di chi sciopera. In questi due mesi il picchetto si è svolto senza alcun atto di violenza e senza mai impedire a chi voleva farlo di recarsi al lavoro. Con altrettanta chiarezza rivendichiamo il blocco delle merci come diritto di sciopero dinanzi allo sfruttamento selvaggio.

L’azienda la smetta nei tentativi di presentarsi all’opinione pubblica come “la vittima” di questa storia.

Siamo di fronte ad una serie incredibile di paradossi. Un'azienda interdetta per infiltrazioni mafiose che prova a far passare come delinquenti i lavoratori che denunciano lo sfruttamento e chiedono un contratto regolare; un'azienda che mentre prepara i licenziamenti disciplinari di tutti gli iscritti al sindacato accusa lo sciopero “di mettere a rischio i posti di lavoro”; un'azienda che prima annuncia l’indisponibilità ad ogni trattativa con le rappresentanze sindacali e poi piange pubblicamente il prolungarsi degli scioperi e delle agitazioni.

L’azienda faccia vedere chiaramente se ha intenzione o meno di trovare una soluzione a questa vertenza. Chiediamo pubblicamente alla Texprint di sedersi ad un tavolo e riaprire la trattativa il prossimo venerdì. Nel frattempo è stato sospeso il picchetto ai cancelli. Non vogliamo che questo venga strumentalizzato per sfuggire dal tavolo o giustificare una serrata. Sarà la terza volta in un mese che il sindacato sospenderà il picchetto in maniera unilaterale. Il presidio permanente in via Sabadell continuerà.

L’azienda la smetta di mettere avanti gli impiegati dell’amministrazione in imbarazzanti messe in scena come quelle di sabato scorso e si assuma le proprie responsabilità. Non si può prima chiudere tutte le trattative e poi lamentarsi della continuazione dello sciopero e dell’agitazione sindacale. Soprattutto quando in gioco c'è nient'altro che il rispetto del contratto nazionale e delle leggi in materia di lavoro.

SI Cobas Prato e Firenze

24 marzo - info Napoli: Assemblee proletarie! Avanza la lotta per salario e salute, lavoro o non lavoro dobbiamo campare

 

Marzo 23, 20210

ASSEMBLEE PROLETARIE!

 

Oggi abbiamo spiegato e socializzato con i disoccupati e le disoccupate che partecipano all’assemblea del movimento gli ultimi passaggi della vertenza, ricordato il regolamento interno per gli iscritti, riportato la situazione repressiva ed i processi che ci vedono coinvolti e siamo ritornati a spiegare per gli iscritti recenti le ragioni profonde della nostra nascita come movimento. Riportiamo solo una parte del materiale distribuito.

CHI SIAMO?

Il movimento dei disoccupati 7 novembre nasce formalmente nel Novembre del 2014 dopo una grande mobilitazione a Bagnoli contro le politiche del governo Renzi finito con scontri molto duri.

L’obiettivo è costruire un movimento di massa e di lotta fatto da disoccupati e disoccupate, precari e proletari della città di Napoli uniti dalla necessità di un salario e di un lavoro.

Il movimento lotta quindi per un salario garantito, per un lavoro utile e dignitoso.

Il movimento è autonomo ed indipendente da qualsiasi partito politico istituzionale, non ha governi o istituzioni amiche, non partecipa né sostiene nessuno per le campagne elettorali.

Il movimento ha sportelli in vari quartieri ma è unitario e compatto.

l movimento scende in piazza per la propria lotta ogni qual volta è necessario per dare visibilità alle proprie rivendicazioni e per gli incontri istituzionali che si strappano con la lotta.

Ogni qual volta possibile promuove e sostiene tutti i momenti di lotta e di piazza finalizzati ad unire i proletari ovunque collocati: lavoratori, disoccupati, precari, immigrati, studenti, comitati territoriali per costruire un fronte unico di lotta e di classe contro governo, padroni e chi detiene il potere e la ricchezza di questo paese.Il movimento è anticapitalista perché contro un sistema economico basato sui profitti di pochi che ci porta a questa situazione di sfruttamento, precarietà, lavoro nero, disoccupazione, inquinamento ambientale, ingiustizia sociale.

Il movimento è antifascista perché lotta contro tutte le discriminazioni sociali, è antisessista perché lotta contro qualsiasi discriminazione tra donna e uomo iniziando a combatterla al suo interno.

COSA RIVENDICHIAMO?

Il movimento rivendica un salario garantito o un lavoro stabile e sicuro.

Il lavoro ci sarebbe e come: vogliamo un piano per il lavoro sulla messa in sicurezza dei territori, la riqualificazione delle nostre periferie, la valorizzazione del patrimonio culturale, la lotta allo spreco alimentare costruendo un ciclo di riutilizzo virtuoso, la prevenzione contro roghi e sversamenti illeciti, il potenziamento della raccolta differenziata ed i servizi legati al ciclo dei rifiuti, la manutenzione delle poche spiagge a disposizione, la manutenzione stradale, la cura del verde e degli spazi inutilizzati della città, la valorizzazione dei beni comuni, il potenziamento delle piante organiche in riferimento ai servizi per il trasporto pubblico, la scuola pubblica e la sanità soprattutto nella sua accezione territoriale e di vicinanza, l’allargamento e svecchiamento delle piante organiche delle aziende partecipate comunali, lo sviluppo delle opere di ripascimento e rifunzionalizzazione del litorale, Bagnoli e la sua riqualificazione e rigenerazione, il ciclo dei rifiuti e la messa in sicurezza dei territori, progetti per una migliore vivibilità di Napoli fino alle questioni legate alla sanità ed al trasporto pubblico locale.

I soldi per progetti inutili e finalizzati a dividersi finanziamenti, bandi e torte elettorali i vari partiti li trovano sempre.

I soldi si possono andare a prendere dai grandi patrimoni e miliardi nelle tasche di pochi, dalle spese militari, dalle grandi opere inutili e dannose come la Tav, dai super stipendi di manager, industriali e banchieri, dalle pensioni d’oro e finanziamenti ai privati.

Movimento di Lotta – Disoccupati “7 Novembre”


martedì 23 marzo 2021

23 marzo - APPELLO SUGLI ARRESTI DEI SINDACALISTI DI PIACENZA

 

Il 10 marzo a Piacenza 29 persone sono finite sotto processo per uno sciopero in un magazzino della logistica, due di loro sono tutt’ora agli arresti domiciliari, cinque sono state allontanate dalle loro famiglie con il divieto di dimora, ad altre persone migranti è stata minacciata la revoca del permesso di soggiorno.
Questi sindacalisti e questi lavoratori appartengono al sindacato S.I.Cobas, uno dei più attivi e da anni e anni impegnato nel concreto miglioramento delle condizioni di lavoro nel mondo della logistica, un settore strategico dove tuttavia sussistono altissimi livelli di sfruttamento che arrivano spesso a ledere la dignità di chi vi lavora. Alle lotte che sono state portate avanti in questi anni a Piacenza (e non solo) si deve l'emergere di un "mondo di sotto" fatto di caporalato e sfruttamento che fa da contraltare all'ascesa di poteri economici e politici globali dei grandi marchi dell'e-commerce e delle piattaforme digitali.
La logistica è di fatto il terreno in cui si è andata realizzando la nuova rivoluzione industriale, quella appunto del commercio on line e del just-in-time. Piacenza è da sempre una delle capitali della logistica, e ne è stata capofila sia nella ristrutturazione territoriale e produttiva che in termini di percorsi di vertenzialità operaia sin dal 2011.
Per lo stato italiano, ciò ha significato il recupero di centinaia di milioni di euro ogni anno in termini di fiscalità e di contribuzione. Soldi che vanno quindi a pagare le opere pubbliche e le pensioni, e che prima dell'intervento del S.I.Cobas venivano spesso eluse tramite le condizioni di nero o semi-nero nelle quali erano intrappolati i lavoratori.
Carlo Pallavicini e Mohamed Arafat, i due sindacalisti arrestati, sono tra le persone che da oltre dieci anni costruiscono questo percorso di riscatto sociale, equità e dignità. Hanno giocato un ruolo fondamentale sia nell'organizzazione delle singole vertenze quanto nel far conoscere al grande pubblico questo lato sommerso del capitalismo 4.0. E proprio per questo sono stati colpiti. I loro avvocati sostengono che l'operazione coordinata fra Procura e Questura di Piacenza, che ne determina ora la condizione di arresto domiciliare, presenta una lunghissima serie di macroscopiche contraddizioni di merito e di metodo. Sottolineano come sia del tutto inusuale che la procuratrice di Piacenza abbia sostenuto l'assenza di reali motivazioni sindacali all'origine degli scioperi incriminati. È infatti materia ben nota in tutta Europa il tentativo di ristrutturazione messo in atto da Fedex-TNT, che avrebbe avuto, senza lo sciopero del S.I.Cobas, una pesantissima ricaduta in termini occupazionali anche nel piacentino. Questa vertenza è stata coordinata con altre sigle sindacali in 7 paesi europei, e questa accusa della procura risulta pertanto destituita di ogni fondamento logico.
L’operazione che coinvolge queste 29 persone è inoltre avvenuta a pochi giorni di distanza dalle manifestazioni promosse a Piacenza per i lavoratori dello spettacolo e di fronte ai cancelli di Amazon in occasione dello sciopero femminista dell’8 marzo. Questi ultimi fatti fanno propendere un occhio attento a cogliere una malcelata volontà di stroncare la grande capacità di catalizzazione che il lavoro del sindacato aveva in città anche all'infuori della logistica e soprattutto, cosa ancora più grave, per un ruolo di "esecutori" nel contrasto alla sindacalizzazione svolto dalle istituzioni per conto di poteri economici multinazionali ed esteri (la stessa Fedex-TNT, alla quale si riferisce l'impianto accusatorio, è come Amazon una multinazionale statunitense, la seconda dopo il colosso di Jeff Bezos per dimensioni).
I temi che sollevano gli scioperi come quello in questione ci pare che non possano essere oggetto delle aule di tribunale, ma in primo luogo di un dibattito pubblico e politico. Ci auguriamo che Pallavicini, Arafat e gli altri lavoratori incriminati possano al più presto tornare alle loro attività, poiché il loro lavoro sindacale che svolgono parla non solo della società presente ma anche di quella futura. Parla di cos’è il mondo del lavoro oggi, di cosa può essere il nuovo paradigma digitale per chi lavora, parla della ricerca di una strada che ponga in primo luogo al centro l’umanità, l'ambiente e un equilibrio ecologico dai tratti umani piuttosto che lo sfruttamento e la distruzione dell'ecosistema.
Per aderire all’appello scrivere il proprio nome, cognome (e affiliazione) nel form sottostante
Per contatti: appelloperpiacenza@gmail.com

PRIME ADESIONI:
Zerocalcare, fumettista
Valerio Evangelisti, scrittore
Roberto Ciccarelli, giornalista Il Manifesto
Cristiano Armati, editore Red Star Press
Emanuele Caon – Fondazione Feltrinelli
Davide Grasso, scrittore e ricercatore
Eugenio Losco, avvocato
Mauro Strani, avvocato
Marina Prosperi, avvocato

23 marzo - da tarantocontro: Aprite gli asili in sicurezza! Per farlo, far tornare subito al lavoro le lavoratrici delle pulizie/ausiliariato - Lo Slai Cobas lo ha proposto al Comune ma il Comune non risponde... Venerdì 26 presidio in piazza Castello

 

 Chiusura asili nido comunali: agitazione tra i lavoratori

Lo Slai Cobas avanza al Comune, alla ditta, alla Regione ed alla Prefettura le richieste per tutelare gli operatori dell'ausiliarato

pubblicato il 18 Marzo 2021, 18:49

C’è agitazione tra le lavoratrici ed i lavoratori degli asili comunali. “A fronte della chiusura da lunedì 15 marzo al 6 aprile 2021 degli asili comunali per cui 82 lavoratrici e lavoratori dell’ausiliariato, dipendenti della Ditta Servizi Integrati srl, rischiano di perdere 20 giorni di lavoro e di salario, che pesa enormemente su stipendi già molto miseri, dopo l’assemblea con le lavoratrici e lavoratori, le lavoratrici Slai Cobas hanno chiesto al Comune, alla Ditta, alla Regione ed alla Prefettura quanto segue: “Le lavoratrici non vogliono che questa nuova situazione di chiusura degli asili sia “tamponata” con la richiesta della Fis, che per le lavoratrici l’anno scorso è stata solo una vessazione, con ritardo di mesi del pagamento dell’Inps (alcune lavoratrici ancora oggi stanno attendendo il pagamento degli assegni familiari) e una copertura salariale solo del 60%; nè detraendo ferie che per legge devono servire solo al recupero psicofisico”. Pertanto sono state avanzate delle proposte alternative “che hanno lo scopo sia di difendere i lavoratori, sia di migliorare lo stato degli asili per la salute dei bambini e del personale educativo per una riapertura in sicurezza.

1) pur con gli asili chiusi, le lavoratrici e lavoratori ausiliari possono lavorare all’interno per fare con accuratezza pulizie straordinarie (anche di mobili/strutture varie/centinaia e centinaia di giocattoli, ecc.) e sanificazione degli ambienti – si sottolinea che la chiusura degli asili avvantaggia questo lavoro, permettendo alle lavoratrici di rispettare al massimo il distanziamento che nella ordinaria attività con asili aperti, non è possibile;

2) utilizzare una parte dei giorni di chiusura per fare in smart working i corsi di aggiornamento e formazione professionale sulla sicurezza, tenendo conto che oltre una formazione per la situazione in corso di epidemia, a tutt’oggi devono essere ancora fatti corsi per antincendio e primo soccorso;

3) in subordine – recupero dei giorni di fermo dal 15/3 al 6/4 nel periodo estivo: luglio e agosto; anche in questo caso le scuole chiuse permetterebbero una più efficare attività lavorativa;

4) In ulteriore subordine: le lavoratrici e i lavoratori accetterebbero la FIS, solo e soltando all’attuarsi di due condizioni: l’anticipazione da parte della Ditta della Fis; l’integrazione dell’indennità da parte del Comune, perchè copra il salario perso – tenendo conto che per il Comune non è un costo in più, avendo posto in bilancio il pagamento di tutte le giornate, e che non è giusto che a risparmiare sia solo il Comune e a perdere solo le lavoratrici”.

Per tutto quanto sopra gli Slai cobas hanno chiesto “un immediato incontro con il Comune a cui sarebbe opportuna e necessaria la presenza del responsabile della Servizi Integrati” conclude RSA Cavalieri Enza Slai Cobas sc.

23 marzo - info FCA Stellantis: qualcosa si muove a livello nazionale e internazionale 1° aprile 2021 sciopero di due ore

 il 1° aprile 2021 sarà indetto uno sciopero di due 

ore negli stabilimenti Stellantis di Melfi, 

Pomigliano, Mirafiori, Cassino, Sevel Val di 

Sangro e Termoli, con incontri per discutere 

nuove iniziative da attuare.

per un coordinamento internazionale dei lavoratori dell’auto sullo sciopero in Stellantis (ex-FCA)

No. 20 – Marzo 2021

Cari colleghi,

La fusione di PSA e FCA è ora ufficiale. Il mega-gruppo Stellantis appena creato comprende 14 marchi, oltre 100 stabilimenti di produzione in più di 30 paesi e oltre 400.000 dipendenti.

Il CEO del gruppo Tavares ha detto che la fusione crea uno “scudo per i posti di lavoro” e non ci saranno chiusure di impianti come parte della fusione. Ha detto cose simili quando PSA si è fusa con Opel. Da allora, migliaia di posti di lavoro sono stati distrutti alla Opel. L’annuncio che la fusione dovrebbe risultare in un “effetto sinergico” annuale di cinque miliardi di dollari non lascia dubbi sul fatto che ci si devono aspettare ulteriori attacchi ai posti di lavoro, ai salari e alle condizioni di lavoro. Una dichiarazione di Stellantis ha detto che era “completamente concentrata sulla realizzazione di tutte le sinergie promesse”.

La dichiarazione è stata sollecitata dai lavoratori dello stabilimento Chrysler di Sterling Heights (Michigan, USA) che si oppongono all’introduzione di una settimana lavorativa di 84 ore. Questo tempo di lavoro horror di 12 ore al giorno, sette giorni alla settimana è esplicitamente chiamato test. Contro questo, i colleghi Fiat di tutta Italia, con il sostegno del sindacato SI-COBAS, hanno indetto uno sciopero di protesta di due ore per il 1° aprile, con incontri per discutere nuove iniziative. Facciamo appello alla solidarietà – questo attacco deve essere respinto da tutta la forza lavoro insieme!

Pubblichiamo l’appello dei colleghi italiani come allegato a questa info-lettera [l’appello è ripreso dal nostro blog]. Fate conoscere questa iniziativa nelle aziende e nei sindacati! Pensate a iniziative per sostenere la lotta per la riduzione dell’orario di lavoro e per essere solidali con i colleghi negli USA e in Italia! In Germania questo potrebbe essere legato all’attuale ciclo di contrattazione collettiva.

Anche nello stabilimento di Eisenach (Germania) Tavares arriva con il ricatto che lo stabilimento ha un futuro solo se vengono introdotti modelli di turni flessibili oltre gli attuali dieci turni.

lunedì 22 marzo 2021

22 marzo - Contro l'arroganza, le intimidazioni e il supersfruttamento di Amazon Siamo con voi!

 

Lavoratori/trici,

come Coordinamento delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi siamo qui, oggi, al vostro fianco! A sostegno delle vostre rivendicazioni, della vostra lotta contro le infami condizioni di supersfruttamento presenti in questo come in tutti i magazzini Amazon. Siamo con voi contro i sistemi di controllo e sorveglianza estrema sul vostro lavoro, contro l'imposizione di ritmi di lavoro infernali per la vostra salute, contro l'oppressione e le aggressioni razziste e sessiste ai danni delle giovani operaie (come a Piacenza). Siamo con voi contro l'allungamento degli orari di lavoro,

contro il sistema della precarietà, i bassi salari, l'arroganza padronale di Amazon volta a

contrastare con ogni mezzo il protagonismo e l'organizzazione sindacale dal basso dei lavoratori.

A fronte di un periodo di pandemia globale e di crisi economica Amazon ha visto andare alle stelle i suoi profitti, mentre le condizioni dei lavoratori diretti e dei lavoratori degli appalti, che questi profitti producono, sono ai limiti della vecchia schiavitù, specie per le lavoratrici e i più precari.

I drivers sono costretti a correre per consegnare oltre 200 pacchi al giorno. Ai magazzinieri, controllati e ipersfruttati, sono richiesti fino a 1200 pezzi all'ora. E nella caserma Amazon non ti puoi permettere il lusso di sbagliare, altrimenti fioccano contestazioni, provvedimenti disciplinari,

multe, sopensioni.

Ma contro Amazon, cambiare si puo! Lo dimostrano le lotte dei facchini e dei driver della logistica che uniti, organizzati e determinati hanno saputo strappare in questi anni delle vittorie contro

TNT, SDA, BRT, DHL, GLS, ottenendo condizioni migliori anche rispetto allo stesso CCNL di categoria, siglando accordi al rialzo con migliori condizioni di lavoro e forti aumenti salariali. E questo quasi sempre con il SI Cobas e altri organismi sindacali di base.

Nella vostra iniziativa di lotta non siete soli, perché in tanti paesi del mondo, dagli Usa alla Germania alla Polonia, altri lavoratori come voi sono in lotta contro la multinazionale di Bezos. Amazon è forte, ma con la globalizzazione delle nostre lotte e della organizzazione operaia possiamo essere forti, fortissimi, anche noi.

  • Diminuzione dei carichi e dei ritmi di lavoro! Forti aumenti salariali, non mance!

  • I danni e le franchigie non siano a carico dei lavoratori.

  • Stop alla precarietà e ai continui ricatti, stabilizzazione di tutti i lavoratori!

  • Contrattazione dei turni di lavoro.

  • Adeguamento dell’indennità di trasferta per i drivers, con riduzione dell'orario di lavoro.

  • Libertà di sciopero e di agibilità sindacale!

  • Contro sessismo e razzismo dentro e fuori i posti di lavoro.

  • Clausola sociale in caso di cambio di appalto.

  • Autodifesa della salute da parte dei lavoratori. Creazione in tutti i posti di lavoro di comitati dei lavoratori che vigilino sul rispetto dei protocolli. Per la prevenzione delle malattie e la tutela della salute sui luoghi di lavoro.

  • I costi della crisi e della pandemia siano pagati dai padroni, a partire da una patrimoniale del 10% sul 10% più ricco della popolazione, da destinare alle spese sociali.

Assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi

Coordinamento veneto

lavorat.combattivi.veneto@gmail.com


22 marzo - Emergenza sanitaria - cronache dall'interno - 2° parte -

Corrispondenza da un compagno di proletari comunisti Milano

Seconda parte

6) il ruolo dei sindacati confederali e corporativi: diciamo subito che l’insorgere della pandemia “ha frenato” il rinnovo contrattuale scaduto a dicembre 2020 e che già, tra finte assemblee e mobilitazioni (i soliti ed innocui presidi per distaccati sindacati), prevedeva ulteriori peggioramenti sia normativi sia salariali, incentivando meritocrazia e ulteriori restringimenti delle agibilità sindacali, e nulla per nuove e massicce assunzioni. Con l’insorgere della crisi sanitaria da subito i confederali si sono stretti in difesa delle politiche sia del governo Conte sia della giunta Fontana. Il primo passo è stata la variante “siete i nostri eroi”, utilizzando lo slogan “insieme ce la faremo”. Quindi mettendo gli operatori sullo stesso piano della giunta regionale da un lato si voleva salvare gli autori della trasformazione della pandemia in strage e dall’altro si scaricava tutto sulla pelle degli operatori sanitari. E i nefasti effetti si sono visti da subito centinaia di contagiati e morti. Ma il “meglio” lo hanno dato nel frenare/intimidire/ricattare i lavoratori, anche loro iscritti, che denunciavano la carenza dei DPI, i turni massacranti e il salto di ferie e riposi. E quando le magagne venivano fuori, si sono prodigati in proclami e lettere per chiedere i dati di contagi e “pretendere” i DPI, quando una buona fetta di RSU e RSA ricopre posizioni organizzative e davano le stesse risposte dell’azienda “non ci sono le mascherine FFP2” o “i tamponi molecolari non sono necessari”, a fronte del fatto che molti lavoratori avevano tutti i sintomi da covid19 e si costringevano i lavoratori a mettersi in malattia. Ma anche approntare in fretta e furia aree sorveglianze senza distinzione dei percorsi puliti e sporchi, o il triage all’ingresso “gestito” dai volontari in congedo dei carabinieri (alla faccia della professionalità) e con termoscanner che fanno cilecca 4 volte su 10, o alternati da delegati sindacali e personale amministrativo che hanno percepito lauti straordinari. Così nel 2020 così nel 2021. I sindacati corporativi, come Nursind e NursingUp (sindacati maggioritari tra gli infermieri), a fronte di giuste e condivisibile denunce ed esposti, le uniche cose che hanno rivendicato sono state un maggiore riconoscimento della professionalità, essere equiparati ai medici e svolgere il lavoro come liberi professionisti. Anche loro hanno fatto mobilitazioni nazionali in modalità virtuale, mentre i tanti infermieri morti chiedevano vendetta. Ma questa concezione corporativista ha scavato un solco con gli altri lavoratori, come oss e ota.

7) il ruolo dei sindacati di base: partendo dal fatto che tutti quanti, da USB ad ADL-Cobas, da Sgb a USI-Sanità o CUB, hanno “urlato che loro sono anni che denunciano la connivenza dei confederali con le politiche del governo e che sono la “vera alternativa”, per alcuni versi hanno fatto anche peggio dei confederali: USB che chiamava i lavoratori agli scioperi virtuali o ad esporre il cartello: io non posso scioperare o che chiedeva tavoli concertativi a fronte della sordità/arroganza delle Direzioni; ADL-Cobas che passava da denunce delle mascherine pannolino ed esposti alla procura all’organizzare le Brigate Sanitarie per fare i tamponi sul territorio (atto che potrebbe essere considerato lodevole, ma che nei fatti serve a fare quello che il governo e la Regione non hanno fatto, chiede ulteriori sacrifici ai già stremati operatori sanitari, li distoglie dalla lotta e dalla battaglia più generale contro questo sistema che considera la salute come una merce); o come USI-Sanità che a fronte di una pluri decennale battaglia alla fine delegano la battaglia ad interrogazioni di esponenti di M5S; o SGB che pur nell’atto costitutivo si dichiarano un sindacato di classe anziché unirsi nel percorso dell’assemblea lavoratori/lavoratrici combattivi e nel Patto d’azione non si sono uniti nelle tante mobilitazioni messe in campo, compreso lo sciopero del 29 gennaio che per la prima volta ha visto nella sanità milanese scioperare lavoratrici e lavoratori non iscritti al sindacalismo classista. Ma il peggio il sindacalismo di base l’ha dato in occasione dello sciopero dell’8 marzo in un settore che vede una maggioranza di lavoratrici e che nella pandemia sono quelle che più si sono contagiate e perso la vita.

8) il sindacalismo di classe: da un lato si è attivato per denunciare/controinformare, cercando di elaborare piattaforme che unissero non solo le altre sigle sindacali ma anche singoli lavoratori, famigliari, medici, associazioni, prendendosi le sue dosi di provvedimenti disciplinari, ma dall’altro lato, in parte scontando l’esiguità delle forze (problema secondario), e lo stress di essere in prima linea da un anno senza soluzione di continuità, pur in condizioni non certo facili non ha colto fino in fondo i cambiamenti che sono avvenuti nel settore della sanità: cioè quel processo di privatizzazione selvaggia che ha visto l’entrata di lavoratori, in maggioranza donne, nella ristorazione e nelle pulizie/sanificazioni, le cui condizioni di lavoro non sono dissimili da quelle che vivono i lavoratori della logistica, e che da un punto di vista di interesse al lavoro del sindacalismo classista sono più sensibili.

Ma per concludere e non fare la semplice fotografia dei fatti ma cercando di ragionare su quali prospettive e il lavoro da fare ricordiamo alcuni concetti e prassi dello scienziato A.G. Maccacaro:

La vera medicina, l'unica che abbia senso e verità, non è quella che il capitale ci propone ma quella cui il capitale si oppone. E' la medicina che rintraccia le cause patogene e le elimina invece di trattenersi agli effetti e mascherarli con la finzione del loro riconoscimento precoce.”

Ecco il primo spunto da comprendere e spiegare a tutti i lavoratori della sanità a cui aggiungiamo:

.....per la medicina del capitale la "gestione curativa" del lavoratore è tutta rivolta alla conservazione in lui dell'identità attribuitagli del sistema produttivo....

.... perché insomma, egli non scopra che la sua malattia è nient'altro che la sua storia e che la storia non è delle cose ma degli uomini e che la storia degli uomini è quella delle loro lotte di classe e che solo nella vittoria della sua classe lui e i suoi compagni potranno avere salvezza e salute.”

La consapevolezza del proprio ruolo antagonista con la classe dominante verso un cambiamento rivoluzionario per cambiare lo stato di cose presenti.

Ma una cosa da tenere presente è il fatto che queste non sono concezioni utopistiche ma sono fatti storici che già sono avvenuti in questo paese e che hanno visto raggiungere dei risultati anche nella sanità: parliamo della lotta degli ospedalieri negli anni settanta, dove le condizioni dei lavoratori non erano tanto dissimili dall’oggi, che portarono al risultato del SSN. Ma quello che fu determinante allora, seguendo l’esempio della classe operaia del bienno 68/69, fu di rompere le regole che proponevano i sindacati confederali e i partiti di sinistra.

Questo è stato fatto allora e perché non è possibile ora? Lo è eccome!


21 marzo - Emergenza sanitaria - cronache dall'interno - I parte -. una corrispondenza dal blog proletari comunisti

 

A che punto siamo Da dove

 partire?

Ad un anno di distanza all’interno delle strutture sanitarie la prima questione che emerge è 1) la necessità, da parte di tutte le figure degli operatori sanitari e degli altri lavoratori (interni e necessari che concorrono nel definire la sanità nel suo insieme) degli appalti, dalle pulizie/sanificazioni alla manutenzione, dalla ristorazione allo stoccaggio dei rifiuti ospedalieri, di fare un bilancio, per comprendere cosa sia cambiato, e dove e se è cambiato, tra marzo 2020 e marzo 2021; 2) le differenze? tra il governo Conte2 e quello Draghi; 3) le politiche, in particolare in Lombardia (Regione simbolo della devastazione/privatizzazione selvaggia della sanità pubblica), che rappresentano l’attuale situazione di non contenimento della pandemia; 4) le voci di denuncia – gli appelli – degli operatori sanitari, prima blandite/affascinate dalla retorica di "Eroi", poi represse e silenziate (dai provvedimenti disciplinari o licenziamenti) e infine buttate in pasto agli attacchi mediatici (sino a quelli fisici), ovvero essere i diffusori del virus, e quindi passati da eroi ad untori; 5) il ruolo dei sindacati confederali e corporativi; 6) il ruolo dei sindacati di base, da Usb a Sgb, da Adl Cobas a Usi-Ait; 7) il ruolo del sindacalismo classista comprendendo i cambiamenti reali di un settore pubblico che ha fatto passi da gigante verso la proletarizzazione dei lavoratori; 8) il piano vaccini; 9) quali prospettive e che fare.

1) Un bilancio, veloce ma non superficiale, ci dice che in parte, minima, alcune cose sono cambiate. Primo è cambiato il governo e questo non ha avuto, in una buona fetta dei lavoratori, un impatto favorevole. E non certo perché il governo Conte avesse tradotto in fatti i tanti proclami: “nuove e massicce assunzioni”, “sviluppo della medicina territoriale”, “più risorse per nuovi presidi ospedalieri, più terapie intensive, più DPI”, “più tutele per la salute e sicurezza degli operatori sanitari”; ma anche “recupero sulle altre patologie penalizzate dal collasso del sistema sanitario” o “basta alla regionalizzazione”. Tra le corsie questo è stato chiaro e via via è scemato il consenso. Allo stesso tempo tra le fila dei lavoratori, almeno tra quelli avanti negli anni e con un minimo di conoscenza della storia e

“lavoro” di Draghi, hanno “urlato”: “siamo passati dalla padella alla brace”.

2) le differenze (?) tra Conte2 e Draghi: sul fine nessuno. Ovvero al servizio degli interessi dei padroni compresi quelli della sanità privata. Sul metodo, principalmente il fatto che Conte aveva contenuto le spinte fascio populiste di Renzi (cavallo di Troia della destra e razzista di Salvini/Meloni); salvo, però, poi cadere proprio su questo fronte, a partire dal suo insediamento con la nomina di 2 ministri di IV, ma anche con la “timidezza” nel non commissariare, anche manu militare, alcuni governatori (il tutto supportato dal tam tam mass mediatico e di pseudo infettivologi/virologi/anestesisti), dalla Lombardia alla Sicilia, dalla Toscana alla Puglia, passando per Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Veneto, tutti uniti nel “riapriamo tutto” “il virus è morto” “l’economia deve riprendersi”; tutte posizioni alimentate ed al servizio dei piani di Confindustria a guida Bonomi. Che di fatto ha rappresentato, e presentato il conto, della seconda e più virulenta seconda ondata. Se nei tre mesi marzo/aprile/maggio 2020 i morti sono stati circa 35.000, da ottobre a dicembre sono più che raddoppiati e con la Lombardia in testa.

3) Le politiche delle regioni: se il governo Conte in parte aveva “imposto” zone rosse e “sollecitato” misure di contenimento quali tracciamento attraverso i tamponi, non solo per tutti i lavoratori ospedalieri; diffusione e rafforzamento dei DPI; rafforzamento delle zone filtro o triage, nei fatti si è fermato agli annunci e alle “minacce” ai governatori. Quest’ultimi operando delle grossolane operazioni di maquillage (cambiando quelli più impresentabili come Gallera) hanno continuato, e continuano, sulla strada di distruzione della sanità pubblica. Ed ora le loro teorie e pratiche sono entrate a pieno titolo nel governo Draghi. Che si può tradurre con quanto espresso da un lavoratore di Bergamo: “dopo un anno la situazione sanitaria è allo sbaraglio... la campagna vaccinale è al di sotto delle aspettative, non si intravede nessun vero piano di assunzioni e stabilizzazioni di medici e infermieri. In questo anno è cambiato il premier, il capo della protezione civile, l’assessore alla sanità lombarda, la Lega è rientrata al governo e stanno facendo le stesse identiche cose (in peggio aggiungiamo noi), ma oggi nessuno protesta”. Questa è la visione che si ha nelle corsie degli ospedali, ma sottolineiamo l’ultimo passaggio che è l’aspetto prioritario e necessario per i lavoratori.

4) Le denunce dei lavoratori dove sono finite? Non sono sparite ma sono state tacitate da una parte e dall’altra, trasformate in "operatori sanitari untori ed ostacolo alla ripresa degli interventi per le altre patologie". Questo si è tradotto negli stessi provvedimenti di un anno fa: salto di ferie e riposi - ieri perché, nonostante i lavoratori erano allo stremo, mancavano le “truppe” in una sanità, già prima della pandemia, erano al collasso; oggi, perchè bisogna “recuperare” sulle altre patologie. Qui riprendiamo un altro passaggio del lavoratore di Bergamo che dimostra come questo sia quasi impossibile, perché già prima della pandemia curarsi per tumore o problemi cardiologici ed altro era un vero e proprio rebus dove emergeva in particolare per pensionati, proletari, disoccupati, la difficoltà di potersi curare visti anche gli alti costi e le chilometriche liste d’attesa. In questo passaggio il lavoratore mette il dito nella piaga, disastrosa un anno fa e drammatica oggi:aumentano giornalmente i ricoveri x varianti covid... l’età media si è abbassata e colpisce giovani con nessuna comorbilità (cioè nessuna altra patologia concomitante)... molte unità operative sono state riconvertite in settori covid… l’ospedale è investito dalla 3° ondata... riduzione sale operatorie, attività ambulatoriale... di nuovo ferie bloccate e congedi".

5) In un altro punto sempre questo lavoratore mette in risalto la problematica campagna vaccini:è di questi giorni la notizia di focolai covid in alcuni reparti, nonostante il personale sanitario è ormai quasi tutto vaccinato... personale che pretende di eseguire il test sierologico x monitorare la carica anticorporale... ma al momento non è prevista nessuna indagine”. questo aggiungiamo noi che la stessa realtà è presente negli Hub (ospedali che in teoria dovrebbero essere libere dal covid e dove dirottare altre patologie), come è successo all’Istituto Tumori dove a novembre si è “scoperto” un alto tasso di operatori sanitari positivi, ma in una conferenza stampa la Direzione dichiarava che era tutto sotto controllo e che erano state intraprese le opportune misure come da normativa. Ma ancor più allarmante è stato per i lavoratori sentire dai giornali a febbraio che in Istituto vi era(no) stato(i) un focolaio covid in un reparto, quando a novembre era "tutto sotto controllo". Ma la cosa inaccettabile è il silenzio/il tappo che è stato messo in atto sui contagi di alcuni operatori già vaccinati.