domenica 11 ottobre 2015

11 ottobre - Haier: delocalizzazione in salsa cinese. I lavoratori non ci stanno e presidiano la fabbrica





Solo pochi anni fa la Haier di Campodoro (PD) è stata protagonista di un servizio sui canali della RAI, in cui se ne tessevano le lodi. Dopo gli investimenti fatti nel 2013 dalla multinazionale cinese, tutti erano convinti che la produzione di frigoriferi di alta gamma sarebbe proseguita nello stabilimento padovano, dove lavoravano, fino a pochi giorni fa, 102 dipendenti. Ma i lavoratori a settembre sono venuti a conoscenza tramite i giornali del fatto che Haier aveva deciso di abbandonare il sito produttivo senza minimamente preoccuparsi del futuro di lavoratori e lavoratrici e delle loro famiglie.
Dal 2001, anno in cui la Haier si è insediata a Campodoro, di frigoriferi ne sono usciti circa 400 al giorno e sono finiti su tutto il mercato europeo con il marchio "made in Italy" e con una logistica centrale per il continente. Oggi l'azienda dice che la fabbrica è sempre stata in perdita negli ultimi 14 anni, ma a questo punto non si capirebbe perché l'abbiano lasciata aperta per così tanti anni, abbiano riassunto come consulente il direttore che era andato in pensione e abbiano fatto investimenti fino a due anni fa. I lavoratori si stanno chiedendo se piuttosto questa multinazionale in crescita a livello globale non abbia usufruito dei vantaggi di una forza lavoro qualificata, della posizione geografica e magari di qualche incentivo per entrare nel mercato europeo e ora abbandoni la fabbrica per approfittare dei salari più bassi della Polonia o magari per approfittare di Jobs Act, decontribuzione e della desiderata abolizione dei contratti nazionali, chiudendo oggi e riaprendo fra qualche tempo.
Qualunque sia il motivo, in questo caso come in quello della Allison di Padova quello che è chiarissimo è che padroni di nazionalità diverse, di dimensioni diverse e in rami dell'industria diversi si comportano in modo molto simile: sfruttano e licenziano alla prima occasione disinteressandosi completamente della vita di lavoratrici e lavoratori e approfittando di tutti gli strumenti messi a loro disposizione dal governo.
Ma lavoratrici e lavoratori, dopo che hanno impiegato le loro forze fisiche e mentali nella produzione dello stabilimento di Campodoro, non ci stanno a vedersi trattati come carta straccia. Dopo una settimana consecutiva di sciopero, da mercoledì 7 ottobre sono in cassa integrazione straordinaria, ma hanno deciso di presidiare i cancelli impedendo l'uscita di materiali e prodotti finiti. L'obiettivo più alto è la ripresa della produzione, ma in caso contrario l'azienda deve come minimo offrire loro una ricollocazione e una buona uscita degna di questo nome.
In uno scenario di erosione profonda dei diritti di tutti i lavoratori e le lavoratrici che vediamo svilupparsi tutti i giorni nel contesto produttivo del "bel Paese", la richiesta di una buonauscita economica per coloro che si troveranno presto senza un lavoro è la più concreta rivendicazione prospettabile. Ma la dignità di chi lavora e produce ricchezza, di cui spesso non vede che le briciole, non può ridursi in denaro contro diritti. Questo sarebbe quello che vogliono ora imprenditori e imprenditucoli e il governo che li appoggia. La lotta dei lavoratori Haier non è però una battaglia persa, perché da una rivendicazione ne possono nascere molte altre, dalla lotta stessa emerge la dignità e la consapevolezza di chi non può più lasciare passare sotto silenzio storie di vite sacrificate sull'altare dei profitti dei padroni.



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