NEWSLETTER PER LA TUTELA DELLA SALUTE
E DELLA
SICUREZZA DEI LAVORATORI
INDICE
I PARERI DELLA
COMMISSIONE DEGLI INTERPELLI - N.3
L’articolo
12 del D.Lgs.81/08 (Testo Unico sulla sicurezza) ha previsto la costituzione
della Commissione degli Interpelli, composta da rappresentanti del Ministero
del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero della salute, della
Conferenza delle Regioni e delle Province autonome con lo scopo di rispondere a
“quesiti di
ordine generale sull’applicazione della normativa in materia di salute e
sicurezza del lavoro” posti da Organismi associativi, Enti pubblici,
Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, Consigli
nazionali degli ordini.
La Commissione degli
Interpelli è stata effettivamente costituita con Decreto del Ministero del
lavoro e delle politiche sociali del 28 settembre 2011.
Secondo il comma 3 dell’articolo 12 del D.Lgs.81/08 “Le indicazioni fornite
nelle risposte ai quesiti di cui al comma 1
[quelli posti alla Commissione] costituiscono
criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio delle attività di vigilanza”.
Riporto
pertanto in una nuova rubrica della mia newsletter tali pareri con il link per
scaricare il testo completo del quesito e del parere della Commissione.
Marco
Spezia
OBBLIGO VISITA MEDICA PREVENTIVA PER STAGISTA MINORENNE
Interpello in materia di sicurezza n.1 del 2 maggio
2013
RICHIEDENTE
Federcasse e Consiglio Nazionale dell’Ordine dei
Consulenti del Lavoro
QUESITO
L’interpello è relativo alla corretta
interpretazione della norma di cui all’articolo 41 del D.Lgs.81/08, con
particolare riferimento all’obbligo di effettuare la visita medica preventiva
nei confronti dei soggetti minori di età, i quali, in veste di partecipanti ai
corsi di istruzione/formazione scolastica (stage), siano coinvolti in momenti
di alternanza scuola/lavoro ovvero effettuino un periodo di tirocinio formativo
e di orientamento presso le aziende.
In particolare l’interpello
pone i seguenti quesiti alla Commissione:
-
se
una banca che impegni in stage o tirocini formativi, i soggetti minori di età
sia tenuta a sottoporre tali soggetti a visita medica preventiva ai sensi
dell’articolo 41 del D.Lgs.81/08;
-
se
agli allievi che seguono corsi di formazione professionale nei quali si fa uso
di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici e fisici, ivi
comprese le apparecchiature fornite di videoterminali (dato che ai sensi
dell’articolo 2 comma 1, lettera a), del D.Lgs.81/08, limitatamente ai periodi
in cui gli allievi sono effettivamente applicati alla strumentazione o ai
laboratori in questione, essi sono equiparati ai lavoratori) sia applicabile la
normativa sul lavoro minorile (Legge 977/67) in particolar modo l’articolo 8;
-
se,
anche alla luce del D.Lgs.81/08, lo stagista minorenne deve essere sottoposto a
visita medica preventiva, premesso che ai sensi e per gli effetti della Legge
977/67, lo studente minorenne di un istituto scolastico in nessun caso acquista
la qualifica giuridica di “lavoratore
minore”, tanto è che nel campo di applicazione di tale normativa rientrano
esclusivamente “i minori di diciotto anni
che hanno un contratto o un rapporto di lavoro, anche speciale, disciplinato
dalle norme vigenti”; contemplandosi, quindi, tutti i rapporti di lavoro,
anche di natura autonoma, inclusi quelli speciali dell’apprendistato, il lavoro
a domicilio, ecc., ma non i rapporti didattici che coinvolgono gli studenti
quand’anche partecipanti a stage formativi presso imprese terze rispetto all’Istituto
scolastico.
CHIARIMENTO
Riguardo
agli interpelli posti la
Commissione ha ritenuto formulare un’unica risposta in considerazione
della circostanza che le questioni poste hanno caratteristiche analoghe.
Lo
stage, o tirocinio formativo e di orientamento, rappresenta una forma
d’inserimento temporaneo all’interno dell’azienda, non costituente rapporto di
lavoro, finalizzato a consentire ai soggetti coinvolti di conoscere e di
sperimentare in modo concreto il mondo del lavoro, attraverso una formazione e
un addestramento pratico direttamente in azienda.
Il
rapporto, regolato da un’apposita convenzione, coinvolge tre soggetti:
-
il soggetto promotore che procede all’attivazione
dello stage;
-
il tirocinante che, di fatto, è il soggetto
beneficiario dell’esperienza di stage;
-
azienda ospitante.
La Legge
977/67 si applica ai minori di 18 anni che hanno un contratto o un rapporto di
lavoro, anche speciale (come ad esempio, l’apprendistato e il lavoro a
domicilio).
Ai
sensi dell’articolo 8 della Legge 977/67, gli adolescenti possono essere
ammessi al lavoro a condizione che venga riconosciuta, mediante una visita
medica preassuntiva, l’idoneità degli stessi all’attività lavorativa cui
saranno adibiti. Tale idoneità deve essere accertata, in seguito, con visite
periodiche da effettuare almeno una volta l’anno. I minori che sono inidonei a
un determinato lavoro non possono esser ulteriormente adibiti allo stesso.
Ai sensi
dell’articolo 2 del D.Lgs.81/08, i soggetti beneficiari delle iniziative di
tirocini formativi e di orientamento, nonché gli allievi degli istituti di
istruzione e universitari e i partecipanti ai corsi di formazione professionale
nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti
chimici, fisici e biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di
videoterminali limitatamente ai periodi in cui l’allievo sia effettivamente
applicato alla strumentazioni o ai laboratori in questione, sono equiparati ai
lavoratori ai fini e agli effetti delle disposizioni di cui al D.Lgs.81/08.
L’equiparazione
fatta dall’articolo 2 del D.Lgs.81/08, tra i soggetti anzidetti e i lavoratori
che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolgono un’attività
lavorativa, ha valenza solo e unicamente per le misure di salute e sicurezza
previste dal D.Lgs.81/08, misure che devono pertanto essere attuate anche nei
confronti di coloro che sono equiparati ai lavoratori.
Al riguardo si
osserva che, a norma dell’articolo 41 del D.Lgs.81/08, l’obbligo di attivazione
della sorveglianza sanitaria sussiste, nei casi previsti dalla normativa
vigente, anche nei riguardi dei soggetti equiparati ai lavoratori quali i
tirocinanti, di cui all’articolo 18 della Legge 196/97, gli allievi degli
istituti di istruzione e universitari e i partecipanti ai corsi di formazione
professionale nei quali si faccia uso di laboratori,
attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi
comprese le apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente ai periodi
in cui l’allievo sia effettivamente applicato alla strumentazioni o ai
laboratori in questione.
Da quanto richiamato si evince che l’obbligatorietà
della visita di cui all’articolo 8 della legge 977/67 vige solo nei casi in cui
vi sia un rapporto di lavoro, anche speciale, circostanza che non sussiste per
“l’adolescente stagista” e “lo studente minorenne” che dovranno pertanto essere
sottoposti a sorveglianza sanitaria solo nei casi previsti dalla normativa
vigente.
Il testo completo dell’Interpello in materia di sicurezza n.1 del 2 maggio 2013
è scaricabile al link:
REQUISITI PROFESSIONALI DEL COORDINATORE PER LA PROGETTAZIONE E
PER L’ESECUZIONE DEI LAVORI
Interpello in materia di sicurezza n.2 del 2 maggio
2013
RICHIEDENTE
Consiglio Nazionale degli Ingegneri
QUESITO
Il
Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha avanzato istanza di interpello per
conoscere il parere della Commissione in merito alla documentazione
che il coordinatore per la progettazione o l’esecuzione dei lavori deve
possedere per comprovare il periodo di attività lavorativa nel settore delle
costruzioni, ai sensi dell’articolo 98, comma 1, lettere a), b) e c) del D.Lgs.81/08.
In
particolare l’interpellante ha prodotto un elenco esemplificativo e non
esaustivo delle attività svolte con riferimento a cantieri temporanei o mobili,
come definiti dall’articolo 89, comma 1, lettera a) del D.Lgs.81/08, atte a
integrare il requisito in questione.
L’elenco
è il seguente:
-
attività di direttore di cantiere;
-
attività di capo cantiere;
-
attività di capo squadra;
-
attività di direttore dei lavori;
-
attività di direttore operativo di cantiere;
-
attività di assistente ai soggetti di cui ai punti
precedenti con mansioni che comportino precipuamente la frequentazione del
cantiere;
-
attività di responsabile d’azienda per la sicurezza in
lavorazioni di cantiere anche specifiche;
-
attività di responsabile dei lavori;
-
attività di datore di lavoro di impresa operante nel
settore delle costruzioni;
-
attività di progettazione nel settore delle
costruzioni, in aggiunta ad altre attività di cui ai punti precedenti.
CHIARIMENTO
L’articolo
98, comma 1, lettere a), b) e c), del D.Lgs.81/08 definisce i requisiti
professionali del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per
l’esecuzione dei lavori.
In
particolare questi soggetti devono essere in possesso di una laurea magistrale
o specialistica o di una laurea, conseguite in una delle classi indicate nel
citato articolo 98, oppure di un diploma di geometra o perito industriale o
perito agrario o agrotecnico, nonché documentare l’espletamento di attività
lavorativa nel settore delle costruzioni.
Ai
fini della individuazione delle attività lavorative, nel settore delle
costruzioni, atte a soddisfare il requisito previsto dall’articolo 98, comma 1,
si ritiene che tutte le attività indicate nell’elenco presentato
dall’interpellante, pur non esaustivo, siano coerenti con le finalità normative.
Le attività svolte devono fare riferimento ai cantieri temporanei e mobili,
cosi come definiti dell’articolo 89, comma 1, lettera a), del D.Lgs.81/08.
Il testo completo dell’Interpello in materia di
sicurezza n.2 del 2 maggio 2013 è scaricabile al link:
OBBLIGO DI REDAZIONE DEL PSC E LAVORAZIONI URGENTI
Interpello in materia di sicurezza n.3 del 2 maggio 2013
RICHIEDENTE
Federazione delle Imprese Energetiche e Idriche
QUESITO
La Federazione
delle Imprese Energetiche e Idriche ha chiesto alla Commissione di pronunciarsi
riguardo alla corretta interpretazione dell’articolo 100, comma 6, del
D.Lgs.81/08, laddove prevede che le disposizioni sul Piano di Sicurezza e
Coordinamento (di seguito, PSC), ove previsto, “non si applicano ai lavori la cui esecuzione immediata è necessaria per
prevenire incidenti imminenti o per organizzare urgenti misure di salvataggio o
per garantire la continuità in condizioni di emergenza nell’erogazione di
servizi essenziali per la popolazione quali corrente elettrica, acqua, gas,
reti di comunicazione”.
Al
riguardo, la richiedente ha evidenziato che:
-
le aziende “multiutility” (aziende
di servizi pubblici locali che operano nei settori dell’energia elettrica, del
gas, dell’acqua e dei servizi funerari) che si occupano della erogazione di servizi
“a rete” sul territorio, provvedono anche al pronto intervento per garantire la
continuità nell’erogazione dei servizi e per garantire la sicurezza delle
persone;
-
in territori anche ampi (si pensi ad una Provincia) a
possibile che simili interventi siano anche migliaia in un anno;
-
i lavori di pronto intervento sono caratterizzati da
una grande ripetitività consistendo spesso in attività di poche ore e di
limitata entità (anche in termini di uomini-giorno);
-
a titolo esemplificativo, i lavori di pronto
intervento sono relativi ai seguenti servizi: acqua potabile; acque reflue; gas
(metano e GPL); teleriscaldamento; energia elettrica; telecomunicazioni; reti
informatiche;
-
i suddetti lavori di pronto intervento tesi a
garantire la continuità dei servizi essenziali per la popolazione si compongono
di attività sequenziali quali: ricerca e individuazione del guasto; apertura
e/o sezionamento tratto guasto; alimentazione di emergenza; accesso e scavo;
riparazione e sostituzione del tratto di rete; ripristino normale
configurazione di rete ripristino e collaudo di reti di comunicazione;
-
in relazione a tali lavori le aziende “multiutility” sono solite
predisporre singole procedure operative per ogni tipologia di lavori, che
comprendono la redazione di PSC per ogni singola tipologia di attività, e
applicano tutte le disposizioni di cui al Titolo IV del D.Lgs.81/08 (quali, ad
esempio, quelle relative alla notifica preliminare di cui all’articolo 99 e
alla verifica della redazione del Piano Operativo di Sicurezza di cui
all’articolo 89, comma 1, lettera h) da parte dei datori di lavoro delle
imprese affidatarie ed esecutrici).
CHIARIMENTO
Al riguardo, va evidenziato che l’articolo 100, comma 6 del D.Lgs.81/08
dispone che: “Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai lavori la cui
esecuzione immediata è necessaria per prevenire incidenti imminenti o per
organizzare urgenti misure di salvataggio o per garantire la continuità in
condizioni di emergenza dell’erogazione dei servizi pubblici essenziali per la
popolazione quali corrente elettrica, gas, reti di comunicazione”.
Tale disposizione è quella risultante all’esito della modifica introdotta
dal D.Lgs.106/09, in ordine alla quale, in sede di Relazione illustrativa del
provvedimento è dato leggere quanto segue: “L’articolo 100 viene modificato in
modo che non sia necessaria la redazione del Piano di Sicurezza e Coordinamento
quando sia necessario garantire la continuità essenziali per la popolazione”.
La Commissione ritiene opportuno rimarcare come la previsione del comma 6 dell’articolo
100 del D.Lgs.n.81/08 si riferisca anche a ipotesi nelle quali è necessario
contemperare tra loro esigenze di livello costituzionale, quali la tutela della
salute e sicurezza sul lavoro e l’erogazione (o la continuità nella erogazione)
di servizi pubblici essenziali per la popolazione.
In simili situazioni, il Legislatore ha ritenuto opportuno favorire la
rapidità nello svolgimento dei lavori prevedendo che i medesimi lavori si
possano svolgere anche senza la redazione di un PSC.
Ciò, beninteso, ferma restando la necessità di applicare, senza altre
eccezioni, ogni altra disposizione del D.Lgs.81/08 in particolare,
del Titolo IV, che regolamenta i lavori nei “cantieri temporanei e
mobili” del medesimo Decreto.
In relazione a tale regolamentazione legislativa, la Commissione ritiene
che i lavori necessari a garantire la continuità nell’erogazione di servizi
essenziali per la popolazione (quali, ad esempio, quelli relativi alla
erogazione di acqua, energia elettrica, gas o alla funzionalità delle reti
informatiche) possano essere effettuati senza necessità di redazione del PSC a
condizione che essi siano lavori necessari a fronteggiare una emergenza nella
erogazione o comunque garantire la continuità della erogazione dei servizi
essenziali per la popolazione, la cui interruzione determina in ogni caso
l’insorgere di un’emergenza. In questo senso l’articolo 100, comma 6 del
predetto D.Lgs.81/08 prevede che il PSC possa non essere redatto per quei
lavori la cui esecuzione immediata è necessaria per prevenire incidenti
imminenti.
Il testo completo dell’Interpello in materia di
sicurezza n.3 del 2 maggio 2013 è scaricabile al link:
LO SFRUTTAMENTO SUL POSTO DI LAVORO
PEGGIORA VITA E SALUTE
Da
Cortocircuito
LO
SFRUTTAMENTO SUL POSTO DI LAVORO PEGGIORA VITA E SALUTE: UN INTERVENTO DEI
DELEGATI FIOM AL CONGRESSO NAZIONALE DI MEDICINA DEMOCRATICA
Sono una
delegata RSU e RLS in Piaggio, azienda con circa 3.000 dipendenti di cui 2.000
operai.
Insieme ad
altri lavoratori e delegati (della RSU FIOM) provo a dare il mio contributo a
una linea sindacale, nata in Piaggio a metà anni ‘90, di contrasto alle pretese
aziendali, ma anche a quella pratica sindacale, che ha una maggioranza
praticamente assoluta nelle dirigenze sindacali, e che ha contribuito
fortemente al nostro indebolimento di operai.
Accordi che
hanno accettato lavoro precario, aumento della produttività e flessibilità,
sono stati passaggi determinanti che hanno peggiorato notevolmente la nostra
vita e la nostra salute, e segnato un distacco tra sindacato e lavoratori.
Spesso,
anche all’interno della CGIL ci accusano di non firmare gli accordi.
Sì in questi
anni non abbiamo firmato questi tipi di accordi e lo rivendichiamo, lo
consideriamo l’unica cosa da fare per tenere aperta una prospettiva che porti
verso accordi migliorativi, una resistenza necessaria da parte dei delegati di
fabbrica che negli ultimi anni sono riusciti a metterla a tacere in tante
realtà, spingendo queste forze essenziali nello scoraggiamento.
Pensiamo sia
quindi utile tenere un rapporto di confronto e sostegno soprattutto con chi
svolge tutti i giorni questa attività di resistenza e verità nei posti di
lavoro per ristabilire una vera contrattazione tra padroni e lavoratori
rispettando alcuni punti fermi consolidati dalle lotte di chi ci ha preceduto.
In questo
senso diventa dirimente rendere veramente partecipi i lavoratori delle
piattaforme rivendicative da presentare alla controparte e renderli
protagonisti delle vertenze con la discussione e la lotta. Solo per questa via
è possibile ritrovare un rapporto di forza più favorevole.
Oggi, invece
il sindacato viene di fatto utilizzato, dalle aziende per ottenere, da un lato
ammortizzatori sociali e licenziamenti mascherati e, dall’altro, aumento della
flessibilità e della produttività. Questo fino a prima della crisi avveniva con
uno scambio a perdere per il lavoratore, ora invece questi accordi si basano
solamente sulla paura della perdita del lavoro.
Anche sugli
aspetti specifici della sicurezza abbiamo imparato sulle nostre braccia che non
possiamo affidarci a una legge, buona o cattiva che sia, perché un’azienda
medio grande è in grado di organizzarsi e far apparire migliorata una
situazione che migliorata non è.
Ad esempio
sui rischi da movimenti ripetitivi in catena, di fronte alle nostre denuncie, la Piaggio ha pensato di
mettersi al sicuro pagando dei consulenti che attraverso l’applicazione di un
metodo riconosciuto, l’OCRA, sono riusciti a far diventare sicure, a costo 0,
postazioni di lavoro senza interventi significativi.
Questo è
stato possibile, nonostante l’alto numero di malattie professionali e di operai
che hanno conseguito, per il lavoro che fanno, ridotte capacità lavorative,
grazie al fatto che queste valutazioni non sono verificabili da noi e spesso
gli organi di sorveglianza si accontentano di una valutazione del rischio
solamente formale senza andare a fondo dei problemi.
Anche il
metodo per la valutazione dello stress-termico, dopo una denuncia che facemmo
alla USL, la USL
inviò la denuncia alla Procura della Repubblica e la Procura della Repubblica
incaricò un tecnico che impose all’azienda la valutazione del rischio caldo con
un calcolo WGBT che non ha portato nessun risultato ai lavoratori che operano
in reparti non climatizzati, anzi con questo sistema di calcolo l’azienda
risulta in regola ed è stata anche premiata per buona prassi e i lavoratori
continuano a lavorare in reparti dove la temperatura in estate supera anche 40°
in alcune ore giornaliere.
Ci chiediamo
spesso a chi sono utili questi metodi utilizzati da alcune aziende per le
valutazioni dei rischi? Se in questi anni con una valutazione OCRA, o NIOSH o
WBGT le condizioni di lavoro dei lavoratori sono peggiorate!
Per questo
siamo convinti che il cambiamento possa ripartire solamente dai lavoratori e
dalla loro ritrovata consapevolezza.
Adriana
Tecce RLS e RSU FIOM
con la
condivisione di:
Massimo
Cappellini RSU FIOM
Massimiliano
Malventi RSU FIOM
Rossella
Porticati RSU FIOM
Giorgio
Guezze RSU FIOM
Antonella
Bellagamba Direttivo FIOM
MOBBING: IL DANNO
ESISTENZIALE VA RISARCITO SOLO SE È PROVATO IL PEGGIORAMENTO DI VITA DEL
LAVORATORE
Da
Studio Cataldi
30
novembre 2015
di
Lucia Izzo
Per
la Cassazione, non basta l’isolamento, il demansionamento o la forzata
inoperosità: deve provarsi l’alterazione dello stile di vita.
In
caso di condotte persecutorie da parte del datore di lavoro (cosiddetto
mobbing) il danno esistenziale al lavoratore non può essere liquidato laddove
manchino concreti elementi indicativi di un peggioramento del suo stile di vita.
Il
danno esistenziale, infatti, essendo legato indissolubilmente alla persona,
necessita imprescindibilmente di precise indicazioni che solo il soggetto
danneggiato può fornire, indicando le circostanze comprovanti l’alterazione
delle sue abitudini di vita.
Lo
ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, nella sentenza n.
23837/2015 nel decidere una controversia in tema di “mobbing” e circa il
risarcimento del cosiddetto danno esistenziale che, nel caso di specie, era
stato prima riconosciuto dal giudice di prime cure e poi escluso dalla Corte
d’Appello.
Palese
la condotta “mobbizzante” posta in essere dal datore, per non aver il
ricorrente avuto accesso ad alcun corso di qualificazione istituito per i
dipendenti, restando così emarginato dal contesto della ristrutturazione e
ammodernamento dell’azienda; a ciò si aggiungono le pretestuose iniziative
disciplinari di cui il lavoratore è stato oggetto, oltre che le condotte di
ferma resistenza alle pronunce giudiziali che ne imponevano il tangibile riconoscimento
professionale.
Ciò
non era bastato ai giudici per accogliere la pretesa attinente al danno
cosiddetto esistenziale, stante la mancata allegazione e prova di episodi
attestanti l’effettiva mutazione “in peius” del trend di vita.
Dello
stesso avviso anche gli Ermellini: non è sufficiente la prova della
dequalificazione, dell’isolamento, della forzata inoperosità, dell’assegnazione
a mansioni diverse e inferiori a quelle proprie, perché questi elementi
integrano l’inadempimento del datore, ma, dimostrata questa premessa, è poi
necessario dare la prova che tutto ciò, concretamente, ha inciso in senso
negativo nella sfera del lavoratore, alterandone l’equilibrio e le abitudini di
vita.
Il
danno esistenziale, strettamente collegato alla persona, non è passabile di
determinazione secondo il sistema tabellare come avviene per il danno
biologico, in cui si manifesta l’uniformità dei criteri medico legali
applicabili in relazione alla lesione dell’indennità psicofisica.
D’altronde,
non può escludersi che la lesione degli interessi relazionali, connessi al
rapporto di lavoro, resti sostanzialmente priva di effetti, cioè non provochi
alcuna conseguenza pregiudizievole nella sfera soggettiva del lavoratore,
essendo garantito l’interesse prettamente patrimoniale alla prestazione
retributiva.
In
pratica, pur esistendo l’inadempimento, non necessariamente emergerebbe un
pregiudizio, quindi non vi sarebbe nulla da risarcire.
Mancando,
nel caso di specie, la necessaria prova della sussistenza del danno cosiddetto
esistenziale, il ricorso no può essere accolto.
La
Sentenza numero 23837/2015 della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro è
scaricabile (previa registrazione gratuita) all’indirizzo:
PRESENTE E FUTURO DELLA NORMATIVA:
JOBS ACT, ACCORDI RSPP E SINP
Da:
PuntoSicuro
20 novembre
2015
Di Tiziano
Menduto
Indicazioni
e anticipazioni sul presente e futuro della normativa a partire dalle
conseguenze delle modifiche sul D.Lgs.81/08.
Ne parliamo
con Cinzia Frascheri, Responsabile Nazionale CISL salute e sicurezza sul
lavoro.
Le interviste
che PuntoSicuro ha fatto in questi anni a Cinzia Frascheri, Responsabile
Nazionale CISL di salute e sicurezza sul lavoro e di responsabilità sociale
delle imprese, ci hanno sempre permesso di avere informazioni non solo sulle
normative in attesa di approvazione, ma anche sui temi in materia di salute e
sicurezza in via di discussione nella Commissione Consultiva permanente per la
salute e sicurezza sul lavoro.
Il problema
è che la
Commissione Consultiva sta affrontando con difficoltà le
novità delle modifiche apportate al D.Lgs.81/08 dal D.Lgs.151/15 attuativo del
Jobs Act.
Per questo
motivo nella nuova intervista a Cinzia Frascheri (raccolta il 15 ottobre scorso
durante la 16a edizione della manifestazione “Ambiente Lavoro” che si è tenuta
a Bologna) partiamo proprio dalle difficoltà della Commissione.
Cosa sta
accadendo in Commissione Consultiva Permanente? Le modifiche del D.Lgs.
151/2015 che conseguenza hanno sulle attività attuali della Commissione?
Ricordiamo,
a questo proposito, che il 4 novembre scorso si è tenuta una nuova riunione
della Commissione Consultiva. Nella riunione si è deciso con il Ministero del
Lavoro di andare avanti con il lavori, i compiti della Commissione finché sarà
emanato il Decreto richiesto dal comma 5 dell’articolo 6 del Testo Unico, come
modificato dal D.Lgs.151/15.
Non potevamo
poi non arrivare a parlare delle deleghe in materia di semplificazioni del Jobs
Act: di quella “montagna” di anticipazioni e intenti che sembra, in realtà,
aver “partorito un topolino”...
Quali sono
gli effetti del D.Lgs.151/15 e delle nuove modifiche al Testo Unico?
Parlando poi
delle deleghe del Jobs Act, non si può non fare cenno anche al D.Lgs.81/15 recante
“Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in
tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre
2014, n. 183”.
Il D.Lgs.81/15 ha o meno un impatto sul mondo della salute e sicurezza sul
lavoro?
Secondo
Cinzia Frascheri è importante leggere il D.Lgs.81/15 anche sotto l’ottica della
salute e sicurezza perché pur trattando di contratti di lavoro e di mansioni ha
tutte una serie di ricadute sugli aspetti che attengono alla salute e sicurezza
di non poco conto. E’ importante che si legga tra le righe del D.Lgs.81/15 per
comprendere quali sono anche i punti di caduta e i maggior rischi che si
potrebbero venire a creare con la sua applicazione.
Non può
mancare una domanda sul tema delle competenze in materia di salute e sicurezza.
Quale saranno il futuro e le conseguenze della riforma costituzionale e della
cosiddetta “Agenzia unica per le ispezioni”?
E’ atteso,
da diversi anni, Decreto per il (Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione (SINP)?
Che fine ha fatto il Decreto che dovrebbe rendere operativo il SINP? C’è la
possibilità che venga reso operativo una sorta di SINP ridotto?
Infine
abbiamo chiesto qualche anticipazione sui testi e le normative sul tavolo della
Commissione.
Di cosa si
deve parlare in Commissione? Quali sono le possibili normative che potrebbero diventare
entrare in vigore nel prossimo futuro?
In
particolare Cinzia Frascheri si sofferma nelle sue risposte sulla revisione
degli Accordi sulla formazione degli RSPP e ASPP del 26 gennaio 2006 e sui
testi relativi alla regolamentazione della sorveglianza sanitaria relativa alla
assunzione di alcol e droga.
Articolo e
intervista a cura di Tiziano Menduto
CERCHIAMO DI
CAPIRE COSA STA ACCADENDO IN COMMISSIONE CONSULTIVA PERMANENTE. MI PARE CHE LE
ATTIVITA’ DELLA COMMISSIONE STIANO RISCHIANDO DI FERMARSI...
Prima delle
modifiche al Decreto 81, che hanno coinvolto l’articolo 6 che riguarda la Commissione Consultiva,
noi eravamo arrivati ad aver varato finalmente il regolamento interno e si era
pronti per partire con i Comitati tecnici per affrontare i vari temi. A questo
punto è intervenuto il Decreto 151/15. Una delle modifiche riguarda la
composizione della Commissione Consultiva Permanente. Composizione, non gli
obiettivi.
Potrebbe
sembrare un aspetto di poco conto per chi sul territorio opera, ma non è così
secondario perché nell’ambito della Commissione Consultiva Permanente andare a
modificare l’assetto incide sulla riduzione dei numeri dei componenti. La Commissione Consultiva
Permanente aveva effettivamente dei numeri pletorici. Ma questo nuovo assetto incide
sulla perdita del cosiddetto tripartitismo perfetto, come indicato anche da una
Direttiva Europea. Cosa è successo con la riduzione? Nella riduzione non ci
sono più le tre compagini datoriali, sindacali e ministeri e istituzioni con le
Regioni, ma si è inserito un quarto polo che non è neanche rappresentativo,
perché diversi componenti sono esperti tecnici che nella Commissione
Consultiva, seppur tratta di temi tecnici, non hanno quel ruolo di
rappresentatività e rappresentanza che invece gli altri hanno.
PARLIAMO
DELLE DELEGHE IN MATERIA DI SEMPLIFICAZIONI DEL JOBS ACT...COSA NE PENSA LA CISL DEL DECRETO 151/15?
Concentrandoci
sul Decreto 151/15, noi non possiamo che essere contenti del fatto che gli interventi
di semplificazione sono stati minimi sul piano della quantità e non hanno
potuto essere dirompenti sugli assetti di tutela. D’altra parte gli interventi
previsti non sono così leggeri, inefficaci su un piano più strutturale. Per
questo motivo noi abbiamo fatto le nostre rimostranze, sia prima dell’approvazione
del Decreto che dopo...
Anche se ora
bisognerà operare ad assetto dato...
FACCIAMO UN
BREVE COMMENTO SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE CHE ANDRA’ A RIPORTARE ALLO STATO
LE COMPETENZE IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA.
LEI HA
SPESSO DIFESO IL RUOLO DELLE REGIONI IN QUESTA MATERIA.
E COSA NE
PENSA DELLA COSIDDETTA AGENZIA UNICA PER LE ISPEZIONI?
Intanto va
sottolineato che l’Agenzia comunque non coinvolge le ASL come soggetti. Questa
Agenzia collaborerà con il sistema delle ASL.
Ormai è
certo che, tra un anno o più tardi, ci sarà la modifica dell’articolo 117 della
Costituzione. Modifica che andrà a togliere la materia concorrente della salute
e sicurezza e a riportarla allo Stato.
Questo
aspetto come CISL noi l’abbiamo considerato un passo indietro proprio perché si
va necessariamente a perdere quella che è stata l’esperienza di questi anni.
Abbiamo però al contempo sempre ribadito che a oggi il sistema delle Regioni
non era più sostenibile. Un intervento era utile e necessario. Bisogna trovare
un “fil rouge” che passi tra le due situazioni e che tenga conto e valorizzi la
presenza sul territorio di esperienza e compenetrazione con il sistema
produttivo, e al contempo che vada ad uniformare il tutto. A oggi le Regioni
stanno rappresentando un campo di mille fiori e in questo modo è complicato
poter avere uniche regole e sapere quale può essere la risposta degli organi di
vigilanza su determinati tipi di prescrizioni.
CERCHIAMO DI
SAPERE QUALCOSA SULL’ETERNO ATTESO SINP, IL SISTEMA INFORMATIVO NAZIONALE PER LA PREVENZIONE NEI
LUOGHI DI LAVORO.
IN TEORIA UN
DECRETO INTERMINISTERIALE DOVEVA ESSERE EMANATO SEI MESI DOPO L’ENTRATA IN
VIGORE DEL D.LGS.81/08.
SONO PASSATI
SETTE ANNI...
Intanto
vorrei puntualizzare che ancora oggi manca una strategia nazionale di
prevenzione. Può sembrare qualcosa di lontano dall’immediatezza delle
necessità, delle urgenze delle imprese, del lavoro, ma non è così. Avere una
strategia nazionale di prevenzione servirebbe anche per avere un unico percorso
di armonizzazione del lavoro che fanno le Regioni in confronto alle istituzioni
e alle parti sociali.
Il SINP
(questa banca dati che va a mettere in relazione tutta una serie di flussi
informativi che provengono dalla ASL, dal sistema produttivo, da diverse fonti
informative, creando un terreno fertile per le attività di prevenzione) era una
delle novità più importanti del Decreto 81.
E per
rimarcare ancor più il ritardo del SINP si può dire che non si hanno a oggi
informazioni certe su quando uscirà.
A un
convegno di Ambiente Lavoro organizzato dal sistema paritetico nazionale del
settore artigiano, avevamo come relatore Giuseppe Monterastelli, che ricordo
che oltre ad essere l’espressione della prevenzione in Emilia Romagna, oggi ha
preso anche il ruolo di coordinatore, attraverso la Regione Emilia
Romagna, del sistema di Coordinamento interregionale.
Monterastelli
diceva che non si hanno segnali che il SINP verrà reso operativo, ma parlava di
un SINP ridotto su cui però neanche lui ha voluto esprimersi.
C’è poi
anche il problema che nelle modifiche si fa riferimento al registro degli
infortuni, che in questo caso non è stato messo in collegamento con il SINP.
Aspetto che nell’ambito dell’articolato è anche molto confuso nella sua
espressione di dettato normativo.
VEDIAMO
INFINE DI COMPRENDERE QUALI SONO I TESTI, GLI ACCORDI, LE NUOVE NORMATIVE CHE
DOVREBBERO ESSERE DISCUSSE IN COMMISSIONE E CHE POTREBBERO USCIRE A BREVE.
Ad esempio
sul tavolo della Commissione c’è il testo relativo alla formazione del RSPP, un
testo che poi non andrà a riguardare la sola formazione di RSPP, ma che arriva
a modificare anche l’Accordo del 21 dicembre 2011 relativo alla formazione.
Su questo
testo come organizzazioni sindacali ci siamo mossi in maniera molto, molto
critica. E’ un testo scritto, in realtà, in maniera non chiara, è un testo che
va a modificare quello che stava cominciando a diventare consolidato in materia
di formazione degli attori principali aziendali. Non sappiamo tuttavia se
questo testo (anche nell’eventuale fase di stand-by della Commissione
Consultiva) verrà portato avanti da parte del Coordinamento delle Regioni che
sono i titolari del testo.
Un altro
testo è quello che dovrebbe prendere il posto della regolamentazione che
riguarda l’uso e abuso di sostanze psicotrope e stupefacenti e il consumo di
alcol. Anche questo testo ha subito, da parte sindacale e datoriale, grosse
critiche per come è stato scritto, per come maldestramente incide sulle altre
normative.
Segnalo il
fatto che abbiamo scritto congiuntamente (Confindustria, CGIL, CISL e UIL) una
proposta articolata non solo per criticare, ma anche proporre un articolato
autoconsistente e puntuale in grado di suggerire le possibili e concrete vie
per intervenire in questo ambito, anche in relazione all’aumento straordinario
dell’uso e abuso di sostanze stupefacenti e di alcol.
D.LGS.151/15: I COMPITI DI PRIMO
SOCCORSO E PREVENZIONE INCENDI
Da:
PuntoSicuro
24 novembre
2015
di Tiziano
Menduto
Una modifica
al Testo Unico rende possibile lo svolgimento diretto da parte del datore di
lavoro dei compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli incendi e di
evacuazione, anche nelle imprese o unità produttive che superano i cinque
lavoratori.
Riprendiamo
ad analizzare le modifiche che, in attuazione delle deleghe del “Jobs Act”, il
D.Lgs.151/15 ha apportato al Testo Unico in materia di tutela della salute e
della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs.81/08).
Parliamo
oggi di una delle modifiche di maggior peso in relazione alle deleghe per la
semplificazione e razionalizzazione di procedure e adempimenti in materia di
sicurezza e salute: la possibilità di svolgimento diretto da parte del datore
di lavoro dei compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli incendi e
di evacuazione, anche nelle imprese o unità produttive che superano i cinque
lavoratori.
Per parlarne
riportiamo innanzitutto il testo dell’articolo 34 del D.Lgs. 81/08 prima delle
modifiche del D.Lgs. 151/15, modifiche entrate in vigore lo scorso 24
settembre:
Articolo 34
- Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione
e protezione dai rischi
1. Salvo che
nei casi di cui all’articolo 31, comma 6, il datore di lavoro può svolgere
direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dai
rischi, di primo soccorso, nonché di prevenzione incendi e di evacuazione,
nelle ipotesi previste nell’Allegato II dandone preventiva informazione al
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai
commi successivi.
1- bis.
Salvo che nei casi di cui all’articolo 31, comma 6, nelle imprese o unità
produttive fino a cinque lavoratori il datore di lavoro può svolgere
direttamente i compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli incendi e
di evacuazione, anche in caso di affidamento dell’incarico di responsabile del
servizio di prevenzione e protezione a persone interne all’azienda o all’unità
produttiva o a servizi esterni così come previsto all’articolo 31, dandone preventiva
informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle
condizioni di cui al comma 2-bis;
2. Il datore
di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare
corsi di formazione, di durata minima di 16 ore e massima di 48 ore, adeguati
alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività
lavorative, nel rispetto dei contenuti e delle articolazioni definiti mediante
Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni
e le Province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di dodici mesi
dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo. Fino alla
pubblicazione dell’Accordo di cui al periodo precedente, conserva validità la
formazione effettuata ai sensi dell’articolo 3 del decreto ministeriale 16
gennaio 1997, il cui contenuto è riconosciuto dalla Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano
in sede di definizione dell’Accordo di cui al periodo precedente.
2-bis. Il
datore di lavoro che svolge direttamente i compiti di cui al comma 1-bis deve
frequentare gli specifici corsi formazione previsti agli articoli 45 e 46.
L’articolo
era stato già modificato in passato rispetto al testo originale del
D.Lgs.81/08: il comma 1-bis e il comma 2-bis erano stato introdotti dal
D.Lgs.106/09. Si indicava esplicitamente la possibilità per il datore di
lavoro, nelle imprese o unità produttive fino a cinque lavoratori (e dunque non
oltre questo limite), di svolgere direttamente i compiti di primo soccorso,
nonché di prevenzione degli incendi e di evacuazione, anche in caso di
affidamento dell’incarico di responsabile del servizio di prevenzione e
protezione a persone interne all’azienda o all’unità produttiva o a servizi
esterni.
Limite che
ora viene superato con le modifiche operate con il punto g), del comma 1
dell’articolo 20 del D.Lgs. 151/2015:
Articolo 20
- Modificazioni al Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81
1. Al
Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sono apportate le seguenti
modificazioni:
(...)
g)
all’articolo 34 sono apportate le seguenti modificazioni:
1) il comma
1-bis è abrogato;
2) al comma
2-bis le parole “di cui al comma 1-bis” sono sostituite dalle seguenti: “di
primo soccorso nonché di prevenzione incendi e di evacuazione”;
(...)
Vediamo come
risulta ora l’articolo 34 con le nuove modifiche:
Articolo 34
- Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione
e protezione dai rischi
1. Salvo che
nei casi di cui all’articolo 31, comma 6, il datore di lavoro può svolgere
direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dai
rischi, di primo soccorso, nonché di prevenzione incendi e di evacuazione,
nelle ipotesi previste nell’Allegato II dandone preventiva informazione al
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai
commi successivi.
2. Il datore
di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare
corsi di formazione, di durata minima di 16 ore e massima di 48 ore, adeguati
alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività
lavorative, nel rispetto dei contenuti e delle articolazioni definiti mediante
Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di
dodici mesi dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo. Fino alla
pubblicazione dell’Accordo di cui al periodo precedente, conserva validità la
formazione effettuata ai sensi dell’articolo 3 del decreto ministeriale 16
gennaio 1997, il cui contenuto è riconosciuto dalla Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano
in sede di definizione dell’Accordo di cui al periodo precedente.
2-bis. Il
datore di lavoro che svolge direttamente i compiti di primo soccorso nonché di
prevenzione incendi e di evacuazione deve frequentare gli specifici corsi
formazione previsti agli articoli 45 e 46.
E per
comprendere gli obiettivi del legislatore, possiamo fare riferimento alla
relazione illustrativa del D.Lgs.151/15: “il comma 1, lettera g) modifica
l’articolo 34 del Testo Unico. Si prevede che lo svolgimento diretto da parte
del datore di lavoro dei compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli
incendi e di evacuazione, viene consentita anche nelle imprese o unità
produttive che superano i cinque lavoratori. La formazione specifica per
svolgere tali compiti viene comunque assicurata al comma 2-bis”.
Ricordiamo
ora alcuni riferimenti normativi dell’articolo 34.
Innanzitutto
il contenuto dell’Allegato II del Testo Unico riguarda i casi in cui è
consentito lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di
prevenzione e protezione dei rischi:
Allegato II
Casi in cui
e’ consentito lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti
di prevenzione e protezione dei rischi (articolo 34)
1. Aziende
artigiane e industriali fino a 30 lavoratori
2. Aziende
agricole e zootecniche fino a 30 lavoratori
3. Aziende
della pesca fino a 20 lavoratori
4. Altre
aziende fino a 200 lavoratori
Questi
invece sono i casi (elencati al comma 6 dell’articolo 31 del D.Lgs.81/08) in
cui il comma 1 dell’articolo 34 non può essere applicato:
Articolo 31
- Servizio di prevenzione e protezione
(...)
6.
L’istituzione del servizio di prevenzione e protezione all’interno
dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, è comunque obbligatoria nei
seguenti casi:
a) nelle
aziende industriali di cui all’articolo 2 del Decreto Legislativo 17 agosto
1999, n. 334, e successive modificazioni, soggette all’obbligo di notifica o
rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8 del medesimo decreto;
b) nelle
centrali termoelettriche;
c) negli
impianti e installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del Decreto
Legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni;
d) nelle
aziende per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e
munizioni;
e) nelle
aziende industriali con oltre 200 lavoratori;
f) nelle
industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;
g) nelle
strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori.
(...)
Dunque siamo
sì di fronte ad una modifica probabilmente rilevante ma che, riguardo perlomeno
alla chiarezza e alla sua interpretazione, sconta le difficoltà che si hanno
quando si cambia una norma attraverso abrogazioni di articoli e commi.
Per
confermare comunque gli obiettivi del Ministero possiamo concludere riprendendo
le parole dette ai nostri microfoni da Giuseppe Piegari, del Segretariato
Generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, all’indomani dell’
approvazione da parte del Consiglio dei Ministri in via definitiva del D.Lgs.
151/15 (approvazione avvenuta il 4 settembre scorso).
In relazione
alla modifica dell’articolo 34, il dottor Piegari fa presente che inizialmente
“l’articolo prevedeva che i datori di lavoro che intendono svolgere i compiti
di prevenzione e protezione dei rischi potevano svolgere anche i compiti di
primo soccorso e prevenzione incendi soltanto nelle imprese e unità produttive
soltanto fino a 5 lavoratori”. Con la modifica “abbiamo eliminato questo
limite. E quindi il datore di lavoro potrà svolgere i anche i compiti di primo
soccorso e prevenzione incendi senza il limite dei cinque lavoratori, ma dovrà
frequentare gli specifici corsi di formazione”.
Il Decreto
Legislativo 14 settembre 2015, n. 151 “Disposizioni di razionalizzazione e
semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e
imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari
opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” è scaricabile
all’indirizzo:
Il documento
“Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome
di Trento e di Bolzano - Accordo del 22 febbraio 2012 concernente
l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una
specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il
riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi
ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell’articolo
73, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive
modifiche e integrazioni” è scaricabile all’indirizzo:
IL FUMO PASSIVO NEGLI AMBIENTI DI
LAVORO
Da:
PuntoSicuro
24 novembre
2015
La
valutazione del rischio da fumo passivo negli ambienti di lavoro:
classificazione e lavoratori a rischio esposizione.
E’ stato
stimato che nell’Unione europea circa 7.300 adulti, di cui 2.800 non fumatori,
sono deceduti nel 2002 a
seguito dell’esposizione al fumo di tabacco presente negli ambienti di lavoro;
per i lavoratori del settore della ristorazione che lavoravano in locali in cui
era possibile fumare, il rischio di carcinoma polmonare risultava superiore del
50% rispetto ai lavoratori che non erano esposti.
Il fumo
passivo è stato classificato come “agente cancerogeno noto per l’uomo”
dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti nel 1993, dal
Dipartimento della sanità e i servizi sociali degli Stati Uniti nel 2000 e dall’Agenzia
internazionale per la ricerca sul cancro dell’OMS nel 2002. Recentemente,
l’Agenzia per la protezione dell’ambiente della California ha classificato il
fumo di tabacco un “inquinante tossico dell’aria”.
Inoltre, è
stato classificato come agente cancerogeno sul luogo di lavoro dai governi
finlandese (2000) e tedesco (2001).
A livello
europeo ancora oggi, però, il fumo passivo (assimilabile a una miscela di più
sostanze) non è classificato come preparato cancerogeno, in base alla Direttiva
sui preparati pericolosi (1999/45/CE), nonostante il Parlamento Europeo abbia
invitato nel 2005 la
Commissione delle Comunità Europee a presentare una proposta
di modifica del quadro legislativo vigente al fine di classificare il fumo
ambientale da tabacco come cancerogeno sui luoghi di lavoro.
Nel Libro
Verde della Commissione delle Comunità Europee si asserisce che i locali per
fumatori chiusi, con impianti di aerazione separati, riducono solo in misura
marginale l’inquinamento da fumo ambientale negli esercizi di ristorazione e in
altri ambienti interni.
Quindi il
solo modo efficace di eliminare i rischi per la salute derivanti
dall’esposizione al fumo passivo sarebbe quello di vietare il fumo negli
ambienti interni, come affermato dall’OMS e dall’ASHRAE nel 2005 e anche con il
documento del 2010. Tra l’altro i locali riservati ai fumatori sono costosi,
richiedono una complessa infrastruttura di ispezione e controllo, sono difficilmente
realizzabili dai piccoli esercizi e quando sono in funzione spesso non rispondono
ai requisiti stabiliti dalla legge, esponendo a sostanze nocive i lavoratori
che in essi prestano opera.
Il Datore di
Lavoro è tenuto ad assicurare la salubrità degli ambienti di lavoro e a
proteggere la salute dei lavoratori prevenendo l’insorgere di patologie da
lavoro, quindi la valutazione dei rischi in azienda deve riguardare tutti i
rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori (articolo 28, comma 1 del
D.Lgs.81/08), compresi quelli che non derivano dai soli processi produttivi (in
questo caso presenza di fumo di tabacco).
In base
all’articolo 15 del D.Lgs.81/08, le misure generali di tutela della salute e
della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, riguardano innanzitutto:
-
l’eliminazione
dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in
relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico;
-
la riduzione
dei rischi alla fonte;
-
la
limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono o che possono essere
esposti al rischio;
-
la priorità
delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione
individuale;
-
l’informazione
e formazione adeguate per i lavoratori;
-
l’uso di
segnali di avvertimento e di sicurezza.
Il fumo
passivo è formato da agenti chimici pericolosi e deve essere incluso nella
valutazione dei rischi in base al Titolo IX, Capo I “Protezione da agenti
chimici” del D.Lgs.81/08 e in particolare al comma 1, lettera b), punto 3
dell’articolo 222.
Appare
evidente la necessità di valutare i rischi per la salute dei lavoratori che potrebbero
trovarsi, anche per brevi periodi, a operare nei locali riservati ai fumatori,
tenendo conto della capacità di abbattimento dei fumi da parte dei sistemi di
ventilazione, del numero di fumatori presenti, della quantità di tabacco
fumato, del periodo di esposizione del lavoratore, ecc.
Come agente
cancerogeno il fumo passivo ancora non rientra nella classificazione europea delle
sostanze cancerogene di categoria 1 e 2 (anche se dal 2002 è stato riconosciuto
dalla IARC come cancerogeno certo per l’uomo), quindi l’applicazione del Titolo
IX Capo II “Protezione da agenti cancerogeni e mutageni” del citato Decreto
risulta non obbligatoria non essendo “il fumo passivo” neppure una sostanza
prodotta durante un ciclo lavorativo o un preparato o un processo di cui
all’Allegato XLII, o una sostanza o un preparato emessi durante un processo
previsto dall’Allegato XLII dello stesso Decreto.
Tuttavia, è da considerare che dal 2008, sulla base
della classificazione IARC, il tumore polmonare da esposizione a fumo passivo è
stato incluso nella Lista I delle malattie professionali per le quali è
obbligatoria la denuncia (malattie la cui origine è di elevata probabilità
Gruppo 6: Tumori professionali) e che oggi è ancora incluso nel Decreto
Ministeriale 10/06/14 (Approvazione dell’aggiornamento dell’elenco delle
malattie per le quali e’ obbligatoria la denuncia).
Quindi il Datore di Lavoro, in modo cautelativo,
potrà fare una valutazione mirata e prendere le dovute precauzioni assimilando
il fumo passivo a un cancerogeno.
Infine,
viste la normativa vigente che impone al Datore di Lavoro di ridurre al minimo
l’esposizione ai rischi lavorativi, le evidenze della cancerogenicità del fumo
di tabacco, la mancanza di livelli di esposizione sicuri, l’ingente spesa per i
locali per fumatori (costruzione e manutenzione) e la politica europea, l’unica
soluzione di tutela appare l’adozione di ambienti di lavoro liberi dal fumo al
100%, con il divieto di ingresso dei lavoratori nelle sale per fumatori finché
i rischi per la salute non vengano abbattuti o ridotti a livelli irrilevanti
per la salute.
Per
lavoratori esposti a fumo passivo si intendono coloro che per la propria
mansione o per lo svolgimento di un incarico sono costretti a lavorare in
ambienti per fumatori a norma del D.P.C.M.23/12/03 dove sono presenti i
prodotti della combustione di tabacco fumato da altri.
Un parere
interpretativo del Ministero della Salute - Dipartimento della Prevenzione e
della Comunicazione riguardo la sua Circolare del 17/12/04 in tema di disposizioni
in materia di tutela dal fumo passivo nei luoghi di lavoro (locali chiusi
pubblici e privati dove è possibile adibire sale per fumatori e dove possono
prestare servizio i lavoratori) indica che “nei locali per fumatori, anche
nelle situazioni sopra descritte che vedano la presenza temporanea di
lavoratori, non possono in nessun caso essere previste attività che comportino
la presenza continuativa di lavoratori, né che obblighino i clienti non
fumatori all’accesso al fine di usufruire dei servizi offerti dalla struttura;
la presenza di questi lavoratori deve essere temporanea e supportata dalla
valutazione di tutti i rischi (in particolare di quello chimico) in base al
D.Lgs.81/08, anche se i locali rispondono ai requisiti di legge”.
Il documento
INAIL “La gestione del fumo di tabacco in azienda” è scaricabile all’indirizzo:
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