Ci
riprovano con le case chiuse, con la prostituzione di Stato
per
fare cassa pure sul corpo delle donne
Il
ritorno dello “Stato pappone” è indice del “Moderno Medioevo”
che
avanza e della barbarie di questa società!
È con un decreto del 1859, voluto da
Camillo Benso conte di Cavour per favorire l'esercito francese che appoggiava i
piemontesi contro l'Austria, che è stata autorizzata l'apertura di case di
tolleranza, case controllate dallo Stato per l'esercizio della prostituzione in
Lombardia. Il 15 febbraio 1860 il suddetto decreto fu trasformato in legge.
Agli inizi del ‘900, in Italia, dal sud al
nord del Paese, erano già migliaia i bordelli, ovvero quei luoghi legalizzati
per dare sfogo agli istinti sessuali bestiali maschili, dove l’uomo cerca di
riaffermare anche con la violenza, il proprio ruolo di dominio al di fuori
della coppia. Per anni, con valanghe di lettere, le prostitute denunciarono
alla senatrice Merlin le brutali violenze subite tra le mura dei casini,
oltreché le pessime condizioni di lavoro, di igiene e di retribuzione.
Il 20 febbraio 1958, con la legge n. 75 -
approvata dal Parlamento ed entrata in vigore il 20 settembre dello stesso
anno, che aveva come prima firmataria la senatrice Lina Merlin, veniva decisa
l'abolizione della regolamentazione della prostituzione in Italia.
Negli anni passati, soprattutto le forze
politiche del centrodestra hanno tentato di buttare nella spazzatura la Legge
Merlin, e nel mese di luglio 2013, la Lega, con il sindaco di Mogliano Veneto,
ha lanciato il referendum per l’abrogazione predetta legge. La scusa addotta è
sempre la stessa, ovvero quella di cercare di arginare il problema della
prostituzione nelle strade, di stroncare il racket della tratta e il
diffondersi di malattie veneree, ma in verità, per fare del mercato del sesso
un’attività imprenditoriale per fare cassa : “Potremmo togliere l’Imu, evitare
l’aumento dell’Iva…”. Altro che “battaglia di civiltà”! Si tratta di parole
tese a imbellettare, soprattutto in tempi di crisi, il ricorso dello Stato e
delle sue istituzioni all’uso, allo sfruttamento, ancora una volta, del corpo
delle donne, venduto come merce ai clienti dei casini.
Si parla di decoro, di morale, di salute
pubblica da salvaguardare, si attacca il comportamento “non etico” delle
prostitute, ma poi si vuole speculare “legalmente” su tale comportamento,
attraverso le mazzette.
Basti pensare che In Italia, nel 2008, è
risultato che le donne dedite alla prostituzione fossero oltre 70 mila, con un
giro d’affari per gli sfruttatori, stimato sui 2 miliardi di euro all’anno.
Con la reintroduzione delle “case chiuse
statali”, il predetto e grande giro d’affari sarebbe gestito dallo Stato. E la
cosa altrettanto grave è che ovviamente vi sarebbe una strettissima
collaborazione da parte della malavita con le istituzioni: le mafie procurano
la “carne” da vendere, attraverso la tratta, e le donne costrette a vendere il
proprio corpo pagheranno due volte. Una marchetta per lo Stato e una per gli
aguzzini e papponi illegali.
La putrida favola della regolamentazione
per ridurre il fenomeno non regge affatto, basti pensare che nei Paesi dove la
prostituzione è stata legalizzata questa è aumentata enormemente, come in Germania(da100
a mila a 300 mila donne, rese schiave), o in Olanda, dove le ragazze chiuse
negli appartamenti, nei locali, nei night ed esposte nelle vetrine, vengono lo
stesso sfruttate dai clan malavitosi.
All’appello per il referendum abrogativo,
allora risposero diversi sindaci, dal Veneto all’Abbruzzo, tra cui quella Pdl
di Miane (TV), Angela Commellere, che ha ammesso spudoratamente di essere
pronta ad ospitare un bordello nel suo paese, al fine di risanare il bilancio
comunale con le tasse, con le “marchette” delle prostitute.
Oggi, la regione Lombardia rilancia
l’appello, e a unirsi al coro, oltre al populista e reazionario M5S, è anche il
Pd, con la senatrice Maria Spillabotte, che ha presentato un disegno di legge
per legalizzare la prostituzione. “…il mio obiettivo- afferma- è far rispettare
l’autodeterminazione delle donne, strappandole da quello sfruttamento cui le
sottopongono oggi 60 cartelli della criminalità. Le prostitute avrebbero
tessera professionale e partita Iva e pagherebbero le tasse”.
Ma quale autodeterminazione, ma quale
libera scelta delle donne? Come si può essere così ipocrite, false e meschine!
La verità, sotto gli occhi di tutti, è che
la prostituzione è lo “sfruttamento più antico del mondo”, è una violenza
dell’uomo contro la donna, donna considerata ” pezzo di carne al servizio della
sessualità maschile”.
La prostituzione, fin dall’antichità e
nella quasi totalità dei casi, è dettata dalla necessità di sopravvivenza,non è
un caso che sia diffusa soprattutto tra le donne più povere. Anche in Italia,
la maggioranza delle prostitute proviene soprattutto dai paesi dell’Est e
dell’Africa, da dove fuggono dalla miseria più nera e dalla disperazione. Molte
vengono ingannate con le false promesse di un lavoro e poi invece vengono
costrette al marciapiede, con la violenza e il ricatto di farle rimpatriare. I
magnaccia tolgono loro i documenti per impedirne la fuga e per schiavizzarle
del tutto.
Dalle cronache e dalle statistiche emerge
che queste donne sono costrette a vivere in condizioni disumane, ammassate in
catapecchie, picchiate, stuprate e rischiano la vita se cercano di denunciare e
sfuggire al controllo del racket.
E’ vero che vi sono anche delle donne che
vendono il proprio corpo per non dipendere dalla famiglia, da un uomo o per
fare una vita più agiata o di lusso. Anche la storia delle ragazzine
dell’Aquila che si prostituivano per le ricariche telefoniche o per il
cellulare, le baby squillo di Roma ( che avevano come clienti imprenditori, tra
cui il marito della Mussolini, avvocati, funzionari della FAO) ne sono un
esempio inconfutabile. Ma altrettanto inconfutabile è il fatto che anche questa
“scelta” è solo formalmente libera, giacché viviamo in un sistema dove il
possesso e il benessere materiale sono il valore predominante. Valore che ci
viene inculcato fin da bambini, attraverso la cultura del profitto, della
ricchezza, dell’avere; attraverso la pubblicità quotidiana di tv, riviste,
cartelloni ecc.. .
Pertanto nessuna scelta è realmente libera
in questa società, tranne che quella di lottare per rovesciarla.
Ora, che a parlare di ritorno alle “case
chiuse” siano degli uomini non ci stupisce affatto, ma che a farsi
pubblicamente carico dello sfruttamento legalizzato della prostituzione,
mercificando il corpo femminile e offendendone la dignità umana, siano anche
delle donne, peraltro rappresentanti delle istituzioni, da il volta stomaco e
il senso della società in cui viviamo, dove, come dice Marx, è il mercato che
regola ogni cosa, compreso le relazioni sociali e umane.
Ciò dimostra anche come, in questo
sistema, la questione di classe conta più di quella di genere, e come le donne
borghesi/istituzionali/pur di mantenere il potere e i propri privilegi,
divengono addirittura promotrici dell’oppressione e degli attacchi al corpo,
alla vita, alla dignità e all’insieme delle condizioni dell’universo femminile.
E’ vero che la prostituzione esiste dalla
“notte dei tempi”, da quando esiste lo Stato, la proprietà privata e la
famiglia, così come è vero che essa si pone come puntello per il mantenimento
di un certo ordine sociale, in cui rappresenta il concentrato della violenza e
dell’oppressione sessuale delle donne, come schiave del sesso, del genere
maschile.
Anche la prostituzione, così come le
relazioni umane, familiari, uomo/donna, è un prodotto sociale e, pertanto, può
avere fine soltanto attraverso la trasformazione radicale della società,
l’abbattimento di questo sistema.
Come donne non possiamo che essere contro
ogni sfruttamento e mercificazione del corpo delle donne, in famiglia, per
strada e nella società. Siamo contro tutte le violenze, sessuali, fisiche,
psicologiche, morali,materiali, che i maschi e questa barbara società ci
costringono a subire quotidianamente e sempre più.
Come donne siamo contro la repressione e
la persecuzione delle prostitute da parte di Stato, polizia, magnaccia. Siamo
contro la riapertura delle “case chiuse”, delle cooperative del sesso e di
qualunque altro luogo in cui si vogliono segregare le donne per l’appagamento
sessuale, il “piacere fallico” di porci, maniaci, imprenditori, avvocati,
politici, preti, vescovi, sindaci bottegai, magistrati, poliziotti, militari,
medici ecc.. .
Noi, donne in lotta, che il 25 novembre
abbiamo fatto lo sciopero delle donne contro il femminicidio, gli stupri, la
violenza, la doppia oppressione e il peggioramento dell’insieme delle
condizioni di vita delle donne.
Noi che l’8 marzo abbiamo ribadito a gran
voce a uomini,stato,governi,padroni,Chiesa, politicanti,sindacati di regime,che
odiano le donne, “MAI PIU’ COME PRIMA, TUTTA LA VITA DEVE CAMBIARE!”
SIAMO PER LA RIBELLIONE DELLE DONNE, PER LA RIVOLTA, LA RIVOLUZIONE, LA
DISTRUZIONE DI QUESTO SISTEMA E DELLE DOPPIE E LUNGHE CATENE CHE QUESTA
SOCIETA’ CI OBBLIGA A PORTARE!
Pa, 15.03.2014
Lavoratrici Policlinico aderenti SLAI
Cobas s.c. ed MFPR
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